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Autore: Viviane Danglars    28/10/2008    12 recensioni
Catherine spostò su di lui lo sguardo dei suoi occhi scuri. – Credi nei fantasmi, Heathcliff? -
- Sì. -
- Credi che perseguitino i vivi? – insisté lei, quasi beffarda. – E allora, - proseguì – perché non hai paura? -
[one-shot su Wuthering Heights; Heathcliff, Cathy, la brughiera e la morte]
Genere: Generale, Romantico, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Gimmerton



«Guarda!» esclamò con calore, «quella col lume è la mia stanza, con gli alberi che ondeggiano davanti;
l’altro lume è nell’abbaino di Giuseppe. Sta alzato fino a tardi? Aspetta che io torni a casa per poter chiudere il cancello.
Ebbene, dovrà aspettare un bel po’. E’ un viaggio duro, penoso, e il cuore è triste!... e per farlo dobbiamo passare davanti alla cappella di Gimmerton!
Spesso abbiamo sfidato gli spiriti, e ci siamo sfidati a stare tra le tombe, ad evocarli e dir loro di venire.
Ma, Heathcliff, se ora ti sfidassi, ne avresti ancora il coraggio?»




- Avresti paura? – aveva chiesto Catherine deridendolo, e aveva sollevato lo sguardo alla cappella, sollevando il viso e le mani per scostarne i capelli scuri.
Heathcliff non rispondeva, accontentandosi di guardarla con intensità, quasi si fosse accorto di potere con quel suo sguardo mantenere un contatto con lei, più efficacemente che parlandole o toccandola.
Era tardi, ma non avevano intenzione di tornare, e non sarebbe stata la prima volta: ogniqualvolta Hindley mostrava di essere troppo alterato per poter sopportare Heathcliff, Catherine preferiva gettare alle ortiche quel poco di tolleranza che il fratello dimostrava, almeno per lei, e darsi alla macchia insieme al compagno di scorribande. Non aveva mai preferito la calma o la tranquillità che avrebbe facilmente potuto ottenere, se solo avesse blandito un poco Hindley e acconsentito di starsene buona per una sera.
Almeno fino a che non erano arrivati i Linton. Da allora Catherine aveva cominciato a preoccuparsi di cose delle quali prima non si sarebbe mai preoccupata, e Heathcliff, con il suo risentimento orgoglioso, con il suo carattere ombroso, si era quasi preparato ad ammettere che non era più la sua Cathy.
Ne sarebbe stato capace; con orgoglio avrebbe rinnegato quella signorina della vallata, e con costanza avrebbe amato ciò che lei era stata e lo avrebbe nutrito di sé, nel suo ricordo, poiché lei e lui erano fatti della stessa sostanza, motivo per il quale era impensabile che lui non potesse mantenerla in vita, e alimentarla di se stesso come il combustibile con la fiamma.
Non avrebbe sofferto per una perdita, perché si può perdere solo ciò che ci appartiene; e Cathy non gli era mai appartenuta. E Cathy sarebbe rimasta viva.
Heathcliff sì ne sarebbe stato capace se fosse stato necessario, di quella e di mille altre cose, più adatte ad un demonio che ad un uomo.
Ma quella sera, Catherine aveva di nuovo gettato via lo scialle per correre con lui nella notte, e nel tempo necessario per raggiungere la cappella di Gimmerton, qualsiasi Edgar Linton era svanito dal mondo.
- Non ho paura – disse infine Heathcliff.
Catherine spostò su di lui lo sguardo dei suoi occhi scuri. – Credi nei fantasmi, Heathcliff? -
- Sì. -
- Credi che perseguitino i vivi? – insisté lei, quasi beffarda. – E allora, - proseguì – perché non hai paura? -
- Non ho paura, e basta – rispose lui, scontroso.
Catherine non si offendeva per quel tono.
- Penso che Edgar non ci creda, - osservò, pensosa, sollevando di nuovo lo sguardo. – Lui dice che questo genere di cose sono superstizioni. – Fece una piccola pausa, quasi per verificare se Heathcliff avrebbe colto la piccola esca lanciata, ma lui non lo fece, e lei proseguì: - Eppure credo che ne avrebbe paura, diversamente da noi. -
- E’ sempre così – commentò Heathcliff. – Quel tuo amichetto di un Linton non se ne starebbe qui tanto tranquillo, in una notte come questa – e la sua voce ben chiariva cosa ne pensasse; d’altronde Heathcliff non era solito stemperare il proprio malumore in nessun modo.
- No, infatti. – Catherine annuì e poi parve sorpresa, come colpita da un pensiero improvviso: - So bene che tu sei più coraggioso di lui, Heathcliff. Sei forse geloso? -
- Non lo sono, - negò il ragazzo, ma Catherine chiese ancora: - E come potresti? Non ne hai motivo, difatti. Poiché non c’è paragone, tra te ed Edgar. – Lo disse come se per la prima volta le fosse sovvenuta l’idea che Heathcliff potesse avere pensieri simili; e lui parve indispettito dal fatto che lei parlasse in quel modo, perché avanzò di qualche passo verso la cappella, come per tentare di tornare alla loro impresa notturna.
Inizialmente lei lo seguì, e non disse altro. Si fermarono di fronte alla cappella, sapendo di non potersi inoltrare oltre senza perdersi in quel terreno infido; poi Catherine gli prese la mano, come faceva da bambina quando uno con l’altra si trascinavano correndo fuori casa, lontano dalle ire di Hindley e dai rimproveri di Joseph. Se Heathcliff avesse creduto che in qualsiasi modo quel gesto fosse segno di pietà, lo avrebbe rifiutato; ma non gli parve così, in quel momento, perché tenersi per mano gli parve invece naturale, come mettere in comunicazione due elementi fatti per legarsi ed equilibrarsi tra loro.
- Pensi a quando moriremo, Heathcliff? - riprese allora Catherine a voce bassa. – Sai, potrebbe essere presto. Potrebbe esserci la nostra tomba, tra qualche anno, tra queste, e forse qualcun altro guarderà con timore quel cimitero senza osare avventurarsi dove riposiamo tu ed io. -
- Come fai a sapere che moriremmo insieme? – domandò Heathcliff.
- Non ho detto che moriremmo insieme. Ma se anche uno dei due dovesse precedere l’altro, è comunque qui che finiremo – osservò Catherine, come se fosse totalmente ovvio.
Heathcliff non rispose a lungo; poi osservò, non era chiaro se contrariato o meno: - Tu sarai sepolta con la tua famiglia, Cathy. -
- Con Hindley, e Frances? – rise lei, e non stette più attenta a contenere la voce. – Sarei sola, se mi trovassi in una tomba di fianco alle loro ossa. Sarebbe come seppellirmi senza una parte di me, e sostenere che io sia intera solo perché mi hanno messo un bel vestito. No, per essere completa non mi servono loro, né qualsiasi famiglia possa mai avere o avere avuto, nemmeno mio padre; non voglio riposare in compagnia di qualcuno; voglio soltanto essere sepolta intera. Per questo tu devi essere con me. Perciò promettilo. -
Heathcliff scosse il capo, irritato dalla discussione, con l’atteggiamento burbero che gli era tipico; - Perché sono io a dover promettere a te? – disse solo.
- Non importa se non lo fai, è come se l’avessi fatto, lo so – disse lei. – Tu vivrai più a lungo di me, ma non importa. Dal momento che sarò nella tomba, continuerò a chiamarti poco a poco, finché dovrai venire. -
Heathcliff non le chiese da dove venisse quell’idea, né si stupì troppo per la macabra discussione; neppure sarebbe stato capace di provare vera sorpresa per ciò che Catherine diceva o faceva, poiché ogni suo gesto gli era familiare. Persino, dal modo col quale lei parlava, non gli era difficile crederle e pensare che lei dicesse una probabile verità.
- Se dovessi morire io per primo, farei lo stesso? – le chiese o forse chiese a se stesso.
Ma Catherine si voltò a guardarlo. – Se tu morissi per primo, non dovresti aspettare un solo giorno, Heathcliff. -
Non c’era gioia in quella dichiarazione, ma lui la prese per la promessa che era. Quella notte Catherine era suo malgrado profetica, tornò ridente già la mattina dopo, preoccupata di riccioli e nastri; ma, per qualche ora ancora, si aggirò con Heathcliff nel cimitero prima dell’alba, e rimasero insieme come tante altre volte avevano fatto, non con sommo piacere o letizia, ma semplicemente con quel sollievo che ci accoglie ogni qualvolta facciamo ritorno, dopo esserne stati allontanati, alla nostra naturale condizione di vita.


«Se vieni ti terrò con me; non voglio giacere sola. Se mi seppellissero a dodici piedi di profondità e la chiesa crollasse su di me,
io non riposerò finché tu non mi sarai vicino.»




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La cosa veramente assurda da dire su questa fic è che ho appena letto Cime tempestose, in circa 24 ore, e non so dire se mi sia piaciuto o meno. xD Direi che è un libro che richiede elaborazione, molta elaborazione, e questa fic ne è una parte.
Nasce perchè dei molti pezzi amati nel libro, quello che cito (pronunciato da Catherine durante la malattia che precede la morte) è secondo me il più tenero accenno del rapporto che la lega ad Heathcliff, che entrambi pronuncino; non il più appassionato di certo, ma sembra quasi l'unico nel quale all'amore non si sovrappone la violenza.
Mi ha ricordato la settima elegia di Properzio, dove l'amata morta e vendicativa gli promette che lo accoglierà dopo la morte, mischiando le sue ossa alle sue. Scommetto che a Cathy sarebbe piaciuto.

   
 
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