Anime & Manga > Dragon Ball
Ricorda la storia  |      
Autore: MV_Raven    18/11/2014    6 recensioni
C’era qualcosa che rendeva Vegeta inquieto anche quel giorno; come se d’un tratto avesse paura di metter piede fuori di casa per non incombere in pericoli che lo avrebbero portato di nuovo lontano dalla sua famiglia. Dopo Majin Boo, il Principe s’era come chiuso in una sorta di depressione che non mostrava mai a nessuno, nemmeno a Bulma: operazione ampiamente fattibile, dato che non usciva mai dalla sua innata misantropia e, spesso, volava in qualche zona desertica del pianeta per riflettere ore ed ore, soffermandosi ad ammirare la magia del panorama che solo la Terra era stata in grado di regalargli.
Era fatto così, da sempre, e la Donna non faceva mai domande, capendo il bisogno del marito di passare dei momenti in completa solitudine lontano da tutti.
Genere: Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Bulma, Vegeta | Coppie: Bulma/Vegeta
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
Nick EFP/Forum: Meki_Blackraven - MekiBlackraven
Titolo: Il Quadro Perfetto
Personaggi: Bulma, Vegeta.
Coppia: Bulma/Vegeta.
Colore che rappresenta la coppia: Rosa.
Frase da far pronunciare ad un personaggio: “Dimmi che mi ami, non chiedo altro.”
Rating: Verde
Genere: Introspettivo
Note: Questa storia partecipa al Contest "Una frase per te!" di Nede



“Chi predilige il Rosa è capace di grandi amori passionali
dove dona tutto se stesso con totale abnegazione.
Ha il forte desiderio di comprendere il partner
ed amarlo con tutto se stesso.

Chi rifiuta il Rosa ha paura di uscire allo scoperto
e mostrare il suo lato debole temendo di venir ferito.
Questa paura può portare l’individuo a chiudersi in sé stesso
senza mostrare il suo lato tenero e affettuoso.
La conseguenza di questo atteggiamento
può portare la persona ad essere arida e dura.”


"I
l Quadro Perfetto"



L’alba di un nuovo giorno.

Sfumature delicate che dipingono il cielo di colori tenui che via via si fanno sempre più caldi, come se venisse tinto da sapienti pennellate che passano dal blu scuro della notte, freddo e profondo al tempo stesso, fino al rosa intenso, con cromature che variano dal colore di un fiore a quelle più salmonate e delicate, impastate coi primi raggi solari che illuminano il Mondo.
Una delle poche cose che il saiya-jin apprezzava della Terra, erano proprio i suoi colori: dal cielo azzurro e limpido di una giornata soleggiata, decorata da spumose nuvole bianche come panna, al verde rigoglioso delle foreste, al tramonto aranciato della sera: quando il sole faceva la sua puntuale comparsa in quel lembo di pianeta, ecco che il mondo assumeva colori che Vegeta aveva goduto solo risiedendo sul quel misero astro; colori che aveva poi ritrovato nell’esotica bellezza della sua compagna, di sua moglie Bulma.
Erano passati molti anni dalla prima volta che l'aveva guardata con occhi diversi, con occhi di uomo veramente innamorato e non con quelli di un amante, bisognoso solamente di saziare i suoi istinti prima ancora di conoscere l'amore; prima che si ritrovasse a bramare, l'Amore.
Già, quello stesso -stupido- sentimento sciocco che l'aveva distratto dai suoi allenamenti dapprima, e che gli aveva dato la forza di superare i suoi stessi pregiudizi dopo, più tardi, quando scoprì la gioia di esser padre. Non che lo avesse ammesso al mondo; sinceramente aveva faticato per primo a concepire la pienezza delle emozioni che aveva provato –segretamente- la prima volta che aveva visto Trunks. Quel minuscolo esserino, che portava metà del suo corredo genetico nei tratti somatici, dormiva beato nella culla quando il saiya-jin s'era "degnato" -così come aveva sottolineato Bulma- di osservarlo per la prima volta... e i sentimenti che montarono nel suo animo pregno d'orgoglio e di odio, per un solo attimo, creparono la pietra dura che da anni circondava il suo cuore. Crepa che prontamente venne stuccata dalla sua ossessiva smania di battere Goku... eppure, piano piano, sotto il cielo di quel pianeta tanto insignificante, Vegeta il Prepotente Principe della gloriosa razza Saiyan, aveva imparato ad amare.
Buffo come si evolvono gli eventi della vita...
Mai, per un solo istante da quando si ritrovò costretto a restare sulla Terra -in attesa del ritorno di Kakaroth-, Vegeta aveva immaginato il suo futuro così come avvenne negli anni; aveva sempre visto sé stesso come un vagabondo intergalattico, fra pianeti e conquiste, combattimenti e fiumi di sangue.
Quello che per lui era una certezza, era che se ne sarebbe andato... quando, però, veniva sempre posticipato per l'uno o l'altro imprevisto. Non che non ci avesse provato, sia chiaro! Pur di rintracciare la Terza Classe era montato sulla navicella costruita del padre di Bulma e se n'era andato nello spazio da dov'era venuto: inutilmente, visto che per mancanza di carburante e accurate riparazioni si era visto costretto a tornare dall'Azzurra...
Da quel giorno in poi molte cose cambiarono nella sua vita, in primis i suoi abiti.
Non si sarebbe mai sognato di indossare quegli stracci dai colori osceni che gli amici di Kakaroth portavano quotidianamente, eppure, il Principe, per non dover uscire nudo dal bagno, aveva indossato quella stupida camicia rosa e quegli inguardabili pantaloni gialli. E avevano tutti riso di lui... che smacco!
Inaccettabile che quella "plebaglia" osasse prendersi gioco di lui e, come sempre, si rincuorò ponderando la loro morte più atroce. A mani nude.
Si, per anni Vegeta si era ripromesso di farli fuori tutti, uno dopo l'altro, compresa quella petulante donna ch'era brava solo a costruir marchingegni e a romper le palle...
Che era brava a curargli le ferite, come quando fece saltare per aria la navetta usata come Gravity Room, riducendosi in fin di vita...
Era brava Bulma, brava anche a scaldargli il letto... fin troppo.
Vegeta aveva vissuto gli anni nell'utopica concezione di aver dato un significato a ciò che sentiva per la Terrestre: quei sentimenti facevano parte del suo rammollimento psicologico -era sicuramente stato contagiato dal carisma di quell'inetta Terza Classe, non aveva dubbi- e la Donna era stata solamente una "piacevole distrazione” con cui aveva passato quelle noiose giornate terrestri dopo la fine dell'Era di Freezer.
Si era divertito, punto. Era pur sempre un uomo fatto di carne... ma queste giustificazioni non lo scagionavano affatto, giacché con la scienziata s'era concesso il lusso della perdizione, in cui la passione gli aveva annebbiato la mente a tal punto da non rendesi conto di essersi concesso a lei "fino in fondo": si era lasciato andare un'unica volta nella vita, ed il risultato fu la nascita del piccolo Trunks.
Una delle poche cose buone che aveva fatto nella vita...

«Sbrigati a fare colazione! Quante volte ti ho detto ieri che oggi saremmo partiti presto!?».
Ed eccola, la petulante voce di sua moglie, infrangere quel maestoso silenzio mattutino che Vegeta si stava godendo dal balcone, seduto sulla sdraio col naso all'insù, alla volta del cielo ormai azzurro.
«Ho quasi finito... uffa!» il suo piccolo Trunks rispose indispettito, urlando dalla cucina.
Ormai era un ometto di otto anni e, come suo padre, sapeva che quando sua madre s'impuntava su qualcosa, nulla poteva farla desistere dai suoi propositi; che fosse una giornata di shopping sfrenato o altro, Bulma sapeva come "coinvolgere" marito e figlio a seguirla nei suoi programmi snervanti e noiosi, adoperando astuti ricatti e solenni promesse.
Quel giorno la donna, complice della moglie di Kakaroth, aveva deciso di organizzare una riunione dei guerrieri in concomitanza con l’Hanami: l'ultima volta che gli era toccato un simile evento era stato l'anno prima, quando Bulma aveva voluto a tutti i costi festeggiare la vittoria contro Majin Boo proprio a casa loro.
Vegeta aveva cercato, anche questa volta, ogni possibile scusa -e minaccia- pur di non prender parte a quello stupido picnic che Bulma gli aveva imposto, ma senza alcun risultato. Per non contare che giusto qualche anno prima, proprio durante quella stupida usanza terrestre di salutare la Primavera ammirando i fiori di ciliegio, la giornata era stata guastata dall’arrivo del saiya-jin Parags, padre di Broly. E lui, stupidamente, lo aveva seguito… sbagliando e rischiando di lasciar sola Bulma col piccolo Trunks per sempre.
C’era qualcosa che rendeva Vegeta inquieto anche quel giorno; come se d’un tratto avesse paura di metter piede fuori di casa per non incombere in pericoli che lo avrebbero portato di nuovo lontano dalla sua famiglia. Dopo Majin Boo, il Principe s’era come chiuso in una sorta di depressione che non mostrava mai a nessuno, nemmeno a Bulma: operazione ampiamente fattibile, dato che non usciva mai dalla sua innata misantropia e, spesso, volava in qualche zona desertica del pianeta per riflettere ore ed ore, soffermandosi ad ammirare la magia del panorama che solo la Terra era stata in grado di regalargli.
Era fatto così, da sempre, e la Donna non faceva mai domande, capendo il bisogno del marito di passare dei momenti in completa solitudine lontano da tutti.
«Vegeta muoviti… ho promesso a Chichi che saremmo andati per primi a prendere il posto! Ci sarà il pienone oggi…» Bulma posò le mani affusolate sulla portafinestra della camera da letto, richiamandolo all’ordine, ma notando qualcosa di diverso nello sguardo dei saiyan «Vegeta…? Va tutto bene?» corrugò le fini sopracciglia azzurre, scrutando con attenzione il marito mentre si sollevava dalla sdraio svogliato.
A passi lenti l’uomo le si avvicinò fissandola coi suoi profondi occhi neri, in cui iridi e pupille si perdevano in un unico pozzo d’oblio; come un buco nero dell’Universo, capace di risucchiare ogni fonte di luce… e che ogni tanto risucchiava anche lei, incantandola per diversi secondi allo sguardo truce e triste del suo Principe. Quella stessa tristezza che anni prima s’era ripromessa di lenire, di curare nelle sue vesti di crocerossina pronta ad immolarsi per amore.
Per Bulma, contrariamente, concepire l’Amore per Vegeta fu una cosa del tutto diversa: improvvisa, inaspettata, come un fulmine a ciel sereno o un temporale estivo. Era accaduto e basta, e a nulla erano servite le suppliche di Yamcha -del suo ormai ex fidanzato da mesi-, così come vani furono i suoi tentativi di farla desistere dai suoi propositi di Kamikaze. L’aveva chiamata pazza, suicida... ma quando esplose la gravity room, Bulma aveva inteso che ciò che provava nel cuore per il suo scontroso ospite, rasentava qualcosa di inconcepibile. Qualcosa che la induceva ad annullarsi pur di fargli provare qualcosa, pur di fargli conoscere l’Amore…
Iniziò da allora quel suo processo di “dare senza ricevere”, un meccanismo autodistruttivo che la spingeva a donarsi al saiyan con tutta la passione di cui era capace, lasciando che lui la usasse come una sgualdrina, ma non si era mai sentita davvero tale, sebbene le parole del Principe furono come lame sulla carne tenera, pronte a ferirla sempre più a fondo. Nonostante la trattasse male e cercasse di tenerla lontano da sé stesso e dai suoi propositi di distruzione, Bulma non si era mai arresa.
Vegeta la superò senza proferir parola, entrando nella stanza dove le lenzuola del letto matrimoniale erano ancora arruffate alla rinfusa sul materasso. Forse, se si concentrava, sarebbe riuscito a sentire ancora il profumo del sesso che avevano consumato qualche ora prima, proprio fra quei teli color rosa, quel fottuto colore prediletto dalla moglie.
Quante volte avevano discusso per quelle lenzuola? Odiava quelle cromature prettamente femminili e detestava ritrovarsele ovunque per colpa di quella frivola Donna. Lenzuola, asciugamani, accessori del loro bagno padronale… ogni volta riuscivano a farlo sentire ridicolo, immerso in quel mondo femminile, e aveva minacciato Bulma di farle saltare la casa per aria se le cose non fossero cambiate; eppure lei -ogni santa volta- gli rispondeva con un sorriso, dicendogli che quello era il colore del loro amore proprio per il suo significato. Sciocca. Stupida sentimentalista…
«Vegeta? Sei lontano oggi…» a stento aveva sentito la piccola mano della donna sfiorargli il braccio. Però… non aveva voglia di spiegarle ciò che attanagliava il suo cuore.
«Penso solo che di queste sciocche usanze non mi importa un fico secco» rispose brusco, scostandosela di dosso per notare che sulla poltrona aveva riposto i suoi vestiti per quel giorno, stirati e puliti... e non poté credere ai suoi occhi! Quell’assurda camicia con la dicitura “BAD MAN” stampata a caratteri cubitali, eri lì che lo fissava nel suo roseo orrore!
No. Non avrebbe indossato quella robaccia, specialmente perché gli ricordava Majin Boo e, con esso, il suo errore più grande.
Ecco cosa c’era che non andava; ecco cosa lo disturbava da un anno a quella parte: quell’essere e quel colore, gli ricordavano costantemente le sue debolezze, il suo essersi abbassato a farsi possedere da Babidi pur di battere Goku. Aveva preso atto di quel forte Amore per i propri cari troppo tardi, accettandolo finalmente come parte di sé; eppure aveva sbagliato lo stesso, anteponendo sé stesso a sua moglie e a suo figlio. Li aveva uccisi lui…
Era stato egoista. Punto. Non riusciva a perdonarsi; non dopo aver assaggiato l’inferno che lo attendeva nell’Aldilà.
Corrugò le sopracciglia, serrando le labbra e i pugni lungo i fianchi «Dammi la mia tuta, Donna. Oppure sognati che verrò con voi.» tuonò imperioso, sparendo nel bagno per una doccia rigenerante, come se l’acqua potesse far scivolare via ogni senso di colpa che da mesi lo rendevano insofferente.

La giornata trascorse nel migliore dei modi.
Tutto sommato, persino Vegeta si era quasi divertito; quantomeno, s’era abbuffato a dovere. La moglie di Kakaroth sapeva cucinare meglio di Bulma, questo era un dato di fatto e anche il Principe fu costretto ad ammettere questa qualità di Chichi, ritenendola pur sempre una gallina pettegola tanto quanto sua moglie.
Nonostante le dispute con Kakaroth per la suddivisione del cibo -mai abbastanza per il loro insaziabile appetito-, il vecchio pervertito grondante di sakè e di stupidaggini, e la voce stridula del nano pelato che aveva monopolizzato il karaoke, Vegeta si era goduto quel lembo di Terra nel pieno della fioritura.
La bellezza di quel luogo era qualcosa di enigmatico e ancestrale. Nonostante il colore dei fiori di ciliegio fosse proprio quello che più odiasse al mondo, Vegeta rimase affascinato dalla loro delicatezza e dalla loro forza di fiorire nonostante l’aria non fosse ancora calda ed accogliente, un po’ come l’amore di Bulma nonostante i suoi continui rifiuti iniziali.
Resistenti entrambi nella stessa maniera.
Riflettendo su ciò che aveva combinato nella vita, il saiya-jin si sentì improvvisamente in debito con quella donna, poiché ella gli aveva dato tutto… in cambio di niente. In cambio di pretese ed ordini imperiali. Per un momento Vegeta si sentì stupido, poiché la gratitudine non aveva alcun prezzo, dopotutto, se non un piccolo smacco al proprio orgoglio.
Doveva fare qualcosa.
Doveva parlarne con Bulma, perché in quel momento sentì il viscerale bisogno di esser perdonato per le sue sconsiderate azioni e per il suo comportamento insensato, dettato delle sue stesse ossessioni.
Avrebbe atteso il ritorno alla Capsule…

«Bulma…» sussurrò avvicinandosi alla donna che, lentamente, consumava una sigaretta sul balcone in completo relax dopo la balorda giornata con gli amici.
L’aria della sera s’era fatta più fresca, fin quasi fastidiosa: lei ne rabbrividì «Ti sei deciso a dirmi cosa non va, finalmente…» sorrise debolmente, voltando gli occhi chiari nella direzione dei saiya-jin.
«Ho… fatto molti errori. Un anno fa sei morta. Siete tutti morti… per colpa del mio egoismo. Per non parlare delle volte in cui vi ho piantati da soli. E quelle in cui ti ho trattata male. Non… non lo meritavi. Io… mi dispiace…» all’apice di una loquacità impropria per l’uomo, Bulma si ritrovò ad assottigliare le palpebre confusa da quella confessione che mai si sarebbe aspettata da Vegeta «Mi perdonerai, Bulma…?» aveva aggiunto.
«Sei uno stupido… non sono mai stata arrabbiata con te. Perché hai pensato una cosa simile? Hai dato la vita per me e Trunks. E questa è la prova d’amore più grande e più bella che io abbia mai ricevuto…» gli carezzò il volto spigoloso e severo, guardandolo con occhi pieni d’Amore «Tesoro… perdona te stesso e andiamo avanti…» lo aveva rincuorato, scaldandogli il cuore con la delicatezza di una carezza, con la comprensione della sua voce.
Perché per tanti anni aveva rifiutato quel calore?
Perché aveva sporcato quel fiore con del fango sudicio ed abbietto?
Mai. Mai più avrebbe permesso un’onta simile alla sua Donna, alla sua sciocca terrestre… si sarebbe impegnato con tutto sé stesso per essere un marito degno di Lei e un buon padre per Trunks.
«Cosa posso fare per sdebitarmi con te?» aveva proferito quelle parole con una serietà che fece mancare un battito al cuore della moglie… per Bulma, era giunto il tempo di “ricevere”.
«Dimmi che mi ami, non chiedo altro. Vegeta, dimmelo. Solo una volta… soltanto una. Mi basterà fino alla fine dei miei giorni…» gettò la sigaretta dal balcone, voltandosi verso il suo Saiyan. Verso quell’uomo ombroso che non aveva mai manifestato i propri sentimenti a parole, ma solo con sporadici gesti che stava a Lei interpretare.
Un’occasione così succulenta, tuttavia, non poteva venir sprecata e Bulma lo sapeva, poiché non aveva la certezza di quando sarebbe potuta ricapitare. Un simile pentimento da parte del Principe, non se lo sarebbe mai aspettato: non abusarne, sarebbe stato uno peccato.
Lo vide arrossire violentemente a quella richiesta. Serrare la mascella, irrigidendola immediatamente, combattendo fra il senso di colpa e la voglia di riscatto. Poteva davvero tirarsi indietro adesso…?
«S…stupida sentimentalista» grugnì, guardando di lato «Certo che ti amo… o non mi farei torturare dalla tua scocciante presenza ogni santo giorno della mia vita!!!» sbottò sulla difensiva, imbarazzato come non mai e sparendo in camera sotto la risata cristallina della moglie.
Notò che le lenzuola erano state cambiate… finalmente aveva messo quelle verdi! Che gioia!
«Vegeta… devo dirti anche io una cosa…» Bulma trattenne a fatica un sorriso colmo di gioia e col capo indicò il comodino del saiyan, che la fissò perplesso con un sopracciglio alzato e un lieve rossore sulle gote.
Il Principe osservò quell’aggeggio che la donna gli aveva propinato dinnanzi agli occhi anni prima, giusto per metterlo “brutalmente” davanti al fatto compiuto… eppure, quella volta, di brutale non c’era più niente. Vegeta fissò quelle due lineette, sgranando gli occhi per la sorpresa e… la felicità.

Qualche mese dopo la coccarda rosa -enorme come soltanto Bulma potesse pretendere- sventolava fuori dalla porta principale della Capsule Corporation.
Una nuova nascita sanciva l’inizio di un nuovo capitolo e la conferma indissolubile che quel colore, tanto amato dalla sua Donna, chiudeva un quadro a dir poco perfetto.

Fine.


Note dell’autrice:
Ringrazio Nede per avermi ispirata col suo contest, che mi ha spinta a metter giù questa piccola shot romantica, anche se come genere centrale ho preferito l'Introspettivo.
Avevo bisogno di staccare un pochetto dal resto e devo dire che mi ha invogliata parecchio! Spero solo di essermi attenuta a quanto richiesto dalle regole… io ce l’ho messa tutta, ma essendo il primo contest a cui partecipo, ammetto di essere un po’ titubante.

Ho deciso di mettere la descrizione del colore in alto, la stessa che “conosce” Bulma e che l’ha motivata a pensare che quello fosse il loro colore, la cromatura del loro amore proprio per la differenza che intercorre fra chi ama questo colore contro chi lo rifiuta, che però non c'entra essenzialmente con la trama, perché il colore ritorna proprio fra le righe.
Per quanto riguarda la frase, all’inizio volevo farla dire a Vegeta, ma poi ho pensato –sadicamente XD- di volerlo mettere in imbarazzo per costringerlo a “dichiararsi” a Bulma 3:)
Insomma… questo è il risultato! Spero vi piaccia e che me lo facciate sapere nei commenti!
Alla prossima!
Meki

   
 
Leggi le 6 recensioni
Ricorda la storia  |       |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Torna indietro / Vai alla categoria: Anime & Manga > Dragon Ball / Vai alla pagina dell'autore: MV_Raven