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Autore: _Whatever_    19/11/2014    3 recensioni
Nonostante fosse il momento più caldo della giornata, sentiva una leggera sensazione di freddo, sia a causa della maglietta a maniche corte, sia per i capelli bagnati che gli ricadevano lungo le tempie. Nelle ultime settimane di tour si era letteralmente stufato di riempire la folta chioma di gel lucidi e straunti per far mantenere una piega precisa ai capelli, anche se gli davano fastidio, li lasciava liberi di ricadere come meglio credeva.
Genere: Introspettivo | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Alex Turner, Miles Kane
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
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Alex si svegliò, ma non era per colpa di una sveglia o di un dosso per la strada o perchè Matt lo stava strattonando. Non gli capitava da molti mesi di svegliarsi naturalmente, senza l'intervento di elementi terzi. Dalle persiane filtrava la luce e vedeva il pulviscolo muoversi silenzioso e innocuo. Non sapeva quanto aveva dormito, ma l'assenza di bruciore agli occhi o di debolezza alle gambe, gli fecero intendere che aveva molto probabilmente raddoppiato le sue solite sei ore di sonno.
Sistemò il cuscino sulla testiera del letto e si mise seduto nella penombra. Osservò quella che una volta era stata la loro camera da letto: aveva dormito su un lato del letto, come se inconsciamente si aspettasse di vederla apparire di fianco a sè. Una volta era piena di foto e piena di segni del suo passaggio: la sua crema per le mani, il suo profumo, la sua vestaglia appesa dietro la porta di ingresso.
Ora del suo paggiasso non c'era quasi segno, aveva lasciato solo una foto che li ritraeva insieme, seduti sulla veranda di quella grande casa sulla spiaggia. Alex sorrise, gli venne in mente quando gliel'avevano scattata, era stato Matt un pomeriggio che era andato a trovarli con Breana.
Quando li aveva visti seduti sulle poltrone di vimini aveva esclamatol "siete due vecchi!"
Nessuno dei due aveva risposto, perchè entrambi sapevano che, considerata la loro storia, l'importante era riuscire a trovare dei momenti da passare insieme; non avevano bisogno di molto, bastava la presenza dell'altro.
Non era depresso per la fine della relazione con Arielle, ma era difficile osservare quella casa senza vederla volteggiare da una stanza all'altra come se fluttuasse.
Prese il cellulare per distrarsi e vi trovò dei messaggi di Miles. Le altre scimmie erano tornate tutte dalle proprie ragazze e mogli, lui aveva Miles a dargli il buongiorno.
"Quando esci dal coma, chiamami." Recitava il testo del primo messaggio.
"Se ti va, ovviamente." Il secondo messaggio, inviato pochi istanti dopo il primo, faceva vedere quanto ancora Miles avesse paura di sentirsi fuori luogo con lui, nonostante gli anni di amicizia e le esperienze condivise.
"Faccio una doccia e ti chiamo." Scrisse dopo aver controllato l'ora e aver scontatato che a Londra erano circa le otto di sera.
Si alzò dal letto e aprì le persiane della finestra. In spiaggia c'era poca gente, forse per colpa del fatto che la domenica si passi tendenzialmente in famiglia, o incomati a letto con un hangover da film. Respirò a pieni polmoni l'aria salmastra che il vento trasportava dolcemente verso di lui e perse qualche secondo a stiracchiarsi.
Si diresse in bagno e aprì l'acqua della doccia per far arrivare quella calda e poi si tolse la t-shirt bianca che usava per dormire.
Quando viveva a casa con i suoi e non era ancora famoso, era solito fare la doccia con la radio accesa, ma con gli anni aveva perso quest'abitudine, perchè il rumore era arrivato ad annoiarlo. Era quasi sempre circondato di persone, quando era ai festival, sentiva sempre un accompagnamento musicale di fondo, gli dava fastidio pensare che non potesse vivere nel silenzio nemmeno quando era in bagno, solo che quel giorno era diverso.
Era diverso perchè se di solito sapeva che una volta uscito dalla doccia, sarebbe stato circondato da persone, voci, rumori, musica, in quel momento sapeva che l'unica cosa ad aspettarlo fuori dal bagno, erano i rumori di una casa vuota.
Avrebbe sentito il rumore delle onde che si infrangeva sul bagno asciuga, le voci dei bambini in lontananza che giocavano con i cani, il fischio del bollitore che lo avvertiva che l'acqua per il tè era pronta, tutte cose a cui non era più abituato.
Decise di correre il rischio di lavarsi senza sottofondo musicale, giusto per vedere come andava.


Dopo la lunga doccia calda, mise l'acqua per il tè a scaldare e questo semplie gesto gli ricordò che c'era qualcuno da chiamare prima di Miles.
"Pronto, Penny?"
"Heilà, americano!"
"Ciao, mamma!"
"Ti sei appena svegliato, vero?"
"Possibile... dovevo recuperare qualche decennio di sonno fatto per bene."
"Immaginavo. Allora? Sei tornato a Los Angeles?" Penny si era sempre rifiutata di definire 'casa' quella abitazione dall'altra parte dell'oceano. Suo figlio apparteneva all'Inghilterra, così come l'inghilterra apparteneva a lui e il tatuaggio sull'avambraccio sinistro lo dimostrava.
"Sì, sono a casa. Sono atterrato ieri sera."
"Bene, bene." Penny era tentata di chiedergli quando sarebbe andato a trovarli a Sheffield, ma sapeva che non avrebbe potuto farlo a cuor leggero. Sentiva che suo figlio era stanco e stremato dopo un anno e mezzo di tour e sapeva anche che avrebbe rimesso piede in Inghilterra quando se la sarebbe sentita. In quell'anno e mezzo erano successe parecchie cose, avevano gli occhi puntati addosso perchè l'album aveva riscattato l'attenzione persa con i due precedenti, Alex e Arielle si erano lasciati, avevano suonato in qualsiasi posto del pianeta, Alex sembrava cambiato parecchio per via del suo atteggiamento meno introverso e timido. Avevano risposto in mille modi diversi a mille domande uguali, a volte avevano nascosto la verità dietro a scuri occhiali da sole scuri e l'insicurezza dentro giacche appariscenti.
"Cosa farai in questi giorni?" Chiese Penny premurosa.
"Non lo so, Zackery è in città, quindi mi sa che andrò in giro con lui a far conquiste..." Scherzò Alex.
"C'è anche qualcun'altro a Los Angeles." Penny si riferiva ad Arielle. Non aveva mai smesso di pensare che i due si rimettessero insieme. Non conosceva i motivi della rottura e non voleva saperli, perchè non voleva sapere se era colpa di suo figlio, ma aveva sempre sperato che non fosse successo nulla di irrimediabile.
"Lo so, mamma, ma non credo che voglia vedermi." Ammise Alex sinceramente.
Era strano per lui sentire sua mamma spingere perchè rivedesse Arielle: all'inizio non la entusiasmava l'idea che lui frequentasse un'americana e poi dopo Alexa era difficile riuscire a farsi amare, ma era bastato un incontro per far sparire qualsiasi dubbio, sia a lei che a suo padre.
"Va bene, va bene. Cerca solo di non spezzare troppi cuori."
Alex si lasciò scappare una fragorosa risata. Sapeva benissimo che sua mamma lo stava prendendo in giro, perchè lo vedeva come l'adolescente con l'acne troppo timido e tutte le volte gli ricordava che se non fosse stato una rock star, le ragazze non l'avrebbero nemmeno considerato.
Il fischio del bollitore gli ricordò dell'acqua messa a scaldare per il teè. Sua mamma riconobbe il rumore familiare e lo salutò.
"Non so che ore siano da te, caro, ma qui è l'ora di andare a vedere un film in tv o di leggere un romanzo a letto. Ti lascio al tuo tè."
"Salutami papà."
"Lo faccio domattina, sta già dormendo sulla poltrona."
Sua mamma chiuse la conversazione dopo questa frase. Non era brava a salutarlo, non sapeva mai cosa dirgli per congedarsi. Non poteva più propinargli le raccomandazioni che si dicono a un figlio in gita alle superiori, ma non se la sentiva nemmeno di trattarlo come un uomo adulto, perchè non l'aveva visto crescere e faceva fatica a credere che avesse quasi trent'anni ormai.
Alex non si aspettava nulla di diverso da Penny, ben consapevole che sua mamma non si era del tutto abituata all'idea che non fosse più un ragazzino.
Si versò l'acqua in una tazza e mise a mollo una bustina di tè scelta a caso, qualsiasi cosa sarebbe andata bene quella mattina, poteva rifarsi il tè che più preferiva in qualsiasi momento della giornata.
Subito dopo la rottura con Arielle aveva temuto la fine del tour, perchè avrebbe dovuto affrontare la realtà della casa vuota e della vita solitaria, anche per questo erano state aggiunte al programma iniziale, ma in fin dei conti, a parte qualche dose di sana nostalgia, la giornata non stava andando male, anche se non era iniziata da molto tempo.
Si spostò sul balcone verandato che dava sulla spiaggia e si sedetta su una sedia di vimini.
Nonostante fosse il momento più caldo della giornata, sentiva una leggera sensazione di freddo, sia a causa della maglietta a maniche corte, sia per i capelli bagnati che gli ricadevano lungo le tempie. Nelle ultime settimane di tour si era letteralmente stufato di riempire la folta chioma di gel lucidi e straunti per far mantenere una piega precisa ai capelli, anche se gli davano fastidio, li lasciava liberi di ricadere come meglio credeva. Si era addirittura preso la libertà di non asciugarli, cosa che non faceva dall'autunno precedente, quando una prepotente lariginte lo aveva messo fuori uso per qualche giorno.
Appoggiò la tazza sul tavolino davanti ai suoi piedi e stese le gambe senza fare movimenti bruschi e rischiare di rovesciare tutto.
Prese a giocare con l'anello dei Death Ramps, quello di argento con la placca nera, quello grande e pesante messo sul mignolo. Era veramente ingombrante e non si ricordava nemmeno più da quanto lo indossasse. Provò a sfilarselo, ma dopo la doccia calda, le mani e le dita in particolare erano un po' gonfie, così dovette metterci forza. Alla fine ci riuscì a toglierlo e se lo passò tra le dita, osservandolo e pesandolo accuratamente.
Quell'anello rappresentava la sua vita: la musica, gli amici di sempre, la band, la sua infanzia. Tutto quello che c'era stato nella sua vita, e quello che sperava avrebbe continuato ad esserci per molto tempo, era rappresentato da quelle due parole.
Non voleva mollare tutto e tutti, ma quella mattina stava bene senza anello al mignolo, forse avvertiva la mancanza di qualcosa, ma stava bene lo stesso. Non voleva lasciare indietro tutto quello che l'anello rappresentava, volevo solo smettere di essere tutto quello che l'anello diceva, voleva sentirsi solo Alexander, non Al per gli amici, non Alex per i fan, solo Alexander.
Uno sconosciuto, uno con un lavoro normale, una vita normale, fatta di persone comuni, persone che si vestono normalmente, persone che in settimana non fanno tardi perchè il giorno dopo devono andare a lavorare, persone che non sentono il bisogno di trincerarsi dietro a degli occhiali da sole, persone a cui non vengono fatte decine di foto al giorno come agli animali allo zoo. Ecco come si era sentito: come un animale allo zoo. Un soggetto esotico in mostra a uno zoo, circondato da esemplari altrettanto rari di altre specie: questo succedeva in particolare ai festival, quando doveva passare almeno cinque minuti con una ragazza pseudo carina e con opinabili qualità di giornalista musicale mentre a dieci metri di distanza da lui succedeva la stessa cosa a Josh Homme o ad Alex Kapranos.
Fu distratto da queste considerazioni poco felici dalla vibrazione del cellulare.
"Al, io sto uscendo, quindi se non ti rispondo è per quello." Era di nuovo Miles che si giustificava ancora prima di non rispondere al telefono.
Alex fece immediatamente partire la chiamata per Miles.
"Pronto?" Rispose titubante il cantante di Liverpool.
"Miles!"
"Alex, scusa non volevo disturbarti, era solo per avvisarti." Balbettò Miles imbarazzato.
"Stai tranquillo, stavo per chiamarti. E poi quante volte devo dirti che non mi disturbi mai tu?"
Alex sentì perfettamente Miles tirare un sospiro di sollievo.
"Come stai?"
"Io? Molto bene e tu?"
"Bene."
La conversazione si interruppe un attimo, perchè Miles stava per riempire di domande Alex sul rientro a casa, sulla fine del tour e mille altre cose, ma sapeva che al mattino era poco propenso a parlare, in particolare a rispondere a delle domande, così restò in silenzio, per lasciar decidere ad Alex l'argomento e il tono della telefonata.
"Dove vai di bello?" chiese Alex interessato.
"Esco con Jeff, è a Londra perchè il tuor di Damon si è fermato qui e quindi ne approfittiamo per vederci."
"Ah, bene bene. Voglio conoscerlo prima o poi, non ne ho mai avuto l'occasione!"
"E' un personaggio!" disse Miles entusiasta di questa dimostrazione di interesse di Alex per una cosa che riguardava i suoi amici.
"Ci credo."
"Già." sussurrò Miles.
La conversazione si era di nuovo fermata e Miles stava per provare a chiedere dove fosse o almeno cosa stesse facendo, ma Alex lo precedette.
"La settimana prossima vieni a Los Angeles?" Chiese tutto d'un fiato Alex.
"Certo, Al. Domani organizzo tutto."
"Grazie."
Forse, dopo tutto, Alex non era più abituato alla solitudine e la presenza di Miles era quello che ci voleva per non farlo ammattire, perchè il cambiamento sarebbe stato troppo radicale, in fondo doveva abituarsi all'idea che un'era importante della sua carriera e della sua vita era finita e doveva abituarsi all'idea di non avere niente da fare. Con Miles era più semplice passare il tempo a far niente.
  
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