Storie originali > Fantascienza
Segui la storia  |       
Autore: saccuz    19/11/2014    2 recensioni
In un universo in cui magia e scienza convivono, un bambino proveniente dagli estremi confini della Galassia, in possesso di poteri che non credeva di avere, crescendo, dovrà riuscire a trovare il suo posto in essa, a qualunque costo.
Se questa storia vi piace, vi fa schifo, trovate che sia zeppa di errori o se anche solo non avete niente di meglio da fare: lasciate una recensione! Grazie
1 capitolo corretto il 22-12-2014
Genere: Fantasy, Science-fiction | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
   >>
- Questa storia fa parte della serie 'L'Universo Inquieto'
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
Prologo 1
 

Alast era fermo, immobile, nascosto contro una roccia, tratteneva il respiro. Dietro il masso sentiva dei passi in avvicinamento, avvertiva il suo movimento, percepiva la sua presenza e anche uno sprazzo dei suoi pensieri. Presto avrebbe fatto il giro della roccia e sarebbe stato scoperto, e allora addio effetto sorpresa… avrebbe dovuto nascondersi meglio, ma ormai era troppo tardi per rammaricarsi… eccolo, stava girandoci attorno… desiderò intensamente di non farsi vedere, di diventare un tutt’uno con la roccia. Improvvisamente la figura entrò nel suo campo visivo, Alast sentì un brivido, pronto ad entrare in azione, eppure l’altro gli passò davanti, come se non lo avesse visto. Incuriosito allora si guardò le mani, erano dello stesso colore della roccia, completamente rosse.
Attese un attimo, aspettò che l’altro gli volgesse le spalle, e poi scattò.
Gli piombò addosso urlando e, gettandosi su di lui, lo trascinò a terra.
 
«Non vale, non vale, non vale!! Imbroglione!!» urlò il bambino! «Lo sai che io non so fare quello che fai tu!».
Ma Alast non lo ascoltava, era troppo impegnato a ridere a crepapelle delle lamentele dell’altro
«E dai Laren, che gusto c’è sennò!» esclamò sorridendo «così è molto più divertente… altrimenti sarebbe troppo facile!».
 
I due bambini discutendo e scherzando stavano correndo lungo un sentiero di terra rossa, che portava alle cupole abitative, quando si fermarono di botto: dall’atmosfera del piccolo avamposto infatti stava scendendo a forte velocità una nave. Già era un evento sensazionale che un’astronave arrivasse fino a quella colonia situata oltre i margini esterni della Via Lattea, in pieno vuoto intergalattico, ma che il vascello in questione fosse addirittura un cacciatorpediniere era incredibile! Da che il bambino ricordasse non una nave della flotta era mai passata da quelle parti.
Questa nel frattempo, circondata da un alone di aria incandescente, si dirigeva a forte velocità verso il desueto molo d’attracco della colonia.
 
Alast percepì un senso di pericolo sempre più incombente prendere forma nella sua testa. Istintivamente avvertiva una forte repulsione verso quella nave, sentiva l’impulso di mettersi a correre, di nascondersi, di trasformarsi in una pietra e di restare tale fino alla scomparsa di quel vascello. Ma la curiosità era troppa per poter essere ignorata, così, dopo aver relegato quella sensazione in un angolo remoto della sua mente, si rimise a correre, per vedere da vicino il cacciatorpediniere.
 
Quando alla fine giunsero all’astroporto la nave era già atterrata, ma nessuno era ancora sbarcato. Attorno al velivolo si era radunata la maggior parte degli abitanti della colonia che, galvanizzati dall’arrivo dell’astronave, aspettavano con ansia la discesa dell’equipaggio.
 
Improvvisamente si aprì un boccaporto, ma dalla nave non uscirono persone, bensì una fitta pioggia di raggi laser che, abbattendosi sulla folla radunatasi, falcidiavano frotte di abitanti terrorizzati che scappavano da ogni parte, cercando di mettersi al riparo.
 
Alast osservava impietrito la scena; era paralizzato dall’orrore: vide sua madre trasformarsi in una nuvola di fumo, suoi amici cadere a terra, con larghe bruciature su tutto il corpo, e non muoversi più. Le immagini arrivavano come al rallentatore al suo cervello: riusciva a distinguere le espressioni terrorizzate di quelli che scappavano; notava le smorfie di dolore di chi, scappando, cercava di tamponare il sangue che usciva dalle ferite; osservava la triste rassegnazione delle persone colpite e distese a terra, con le mani distese lungo i fianchi, che aspettavano la morte. E vide anche quella, nei volti bianchi dei cadaveri, nelle loro membra rese rigide dal decesso, nelle loro ferite ancora rosse ma che ormai non versavano più sangue: in quei corpi calpestati vide la fine di tutto ciò che conosceva.
Voleva urlare, piangere, scappare, ma non riusciva a spostarsi, era come immobilizzato, sentiva i suoi piedi farsi pesanti, la pelle cambiare colore, le orecchie avevano smesso di sentire, non sbatteva neanche più le palpebre, i polmoni non cercavano più ossigeno, improvvisamente gli occhi smisero di vedere. Tutto si era fatto nero, sordo e immobile, non percepiva neanche più il dolore, la tristezza, non percepiva più niente.
 
Intorno a lui la gente moriva, scappava, cercava di combattere, si spegneva per sempre, ma Alast non si rendeva conto di niente, era freddo, duro, immobile; come una pietra.
 
 
Inalò aria fredda. Il suo cuore fece un battito, poi un altro, poi un altro ancora, infine ricominciò pompare sangue con forza, come al solito. Le sue orecchie percepivano un lieve ronzio, come una cantilena. Avvertiva il vento fra i capelli; sentiva le dita tornare sensibili, venne inondato da una luce accecante, segno che anche gli occhi era tornati in funzione. Le ginocchia gli cedettero di schianto, cercò di proteggersi con le braccia, ma queste non si mossero. Batté violentemente la faccia a terra. Solo allora si accorse della presenza di altre persone: erano in tre, indossavano un lungo vestito grigio, che arrivava fino ai piedi, in una mano tenevano un bastone di legno lavorato.
 
Lentamente, con un grande sforzo, si tirò in piedi. Avvertì le ginocchia scricchiolare, la schiena gemere, mentre le braccia inviavano dolorose fitte al suo cervello.
 
Infine si rese conto dell’ambiente circostante: intorno a lui vedeva edifici smembrati, rovine di palazzi anneriti dal fumo, strade ingombre di macerie che nascondevano solo in parte il bianco inconfondibile delle ossa umane. Tutto l’ambiente era devastato e in rovina, riusciva a stento a riconoscere i resti del molo di attacco della colonia.
 
Istantaneamente lo assalirono i ricordi dei suoi genitori, dei suoi amici, di Laren, di tutte le persone che bene o male conosceva. Fu come se un macigno gli fosse entrato nel petto. Avvertiva un peso dentro di lui, che aumentava man mano che la consapevolezza di quello che era successo prendeva forma nella sua mente. Più ripensava ai suoi parenti, più quel peso cresceva, fino a diventare insopportabile. Alla fine Alast non riusciva più a respirare, era schiacciato dal dolore, il suo corpo e la sua mente si ribellavano a tutto quel dolore, si sentiva soffocare, non riusciva ad avere un pensiero razionale, tremava, era come sul punto di esplodere.
Senza nessun preavviso, uno di quei tre uomini, che non avevano ancora detto una parola, coprì la distanza che lo separava dal ragazzo e lo abbracciò.
Quell’improvviso e spontaneo gesto di affetto finalmente lo liberarono: iniziò a singhiozzare contro il petto di quell’uomo; non gli importava se tre sconosciuti lo vedevano piangere, non gli importava se stava facendo la figura del bambino, non gli importava più di niente, voleva solo piangere e basta.
 
Pianse a dirotto per alcuni minuti, inzuppando di lacrime il vestito dell’uomo, fino a che quest’ultimo, non gli appoggiò una mano sulla fronte, mormorò alcune parole e si alzò in piedi. Subito la mente di Alast fu invasa da una luce calda e rassicurante, mentre una dolce melodia gli risuonava nelle orecchie. Sentiva la sua mente ricomporsi, i suoi pensieri riprendere un filo logico, le immagini dei defunti diventare sempre meno vivide e finire in un piccolo angolo della sua mente, percepiva distintamente il macigno che si era formato nel petto e che, nonostante il pianto liberatorio non era sparito, polverizzarsi, mentre il suo animo era invaso da una tranquillità incredibile. Tutto a un tratto si scoprì più calmo, smise di piangere, si asciugò gli occhi e, analizzando con più calma la situazione, metabolizzò finalmente la presenza di quei tre uomini.
 
Quasi gli avesse letto nel pensiero, il più giovane dei tre, che lo aveva abbracciato, disse: «Gran bel trucco il tuo! Ho visto raramente una forma di auto-pietrificazione così completa, i miei complimenti.»
Alast si concesse un sorriso e, toccandosi la testa disse: «Beh, anche il tuo non è male!»
«Grazie – rispose quello - ma ne conosco anche di migliori.».
Il ragazzo si incupì all’improvviso: «Chi ha fatto questo? – disse indicando le macerie alle sue spalle – chi siete voi? Quanto tempo sono rimasto una pietra? E soprattutto, come avete fatto a farmi tornare normale?»
«Quante domande – disse l’uomo – meglio andare con ordine: il responsabile, o meglio i responsabili di questo scempio sono dei pirati che, da un paio d’anni, battono queste zone, razziando e distruggendo le colonie minerarie. Spuntano dal nulla, atterrano, massacrano la popolazione, prendono ciò di cui hanno bisogno e se ne vanno. Tu sei uno dei pochissimi superstiti che abbiamo ritrovato.
Sei rimasto pietra per circa sei mesi, se non fossimo passati di qui probabilmente non saresti mai tornato umano. Ritrasformarti non è stato troppo difficile, la tua era una semplice ma ben eseguita metamorfosi, non troppo complicata da annullare. Infine, noi siamo stati inviati qui per eliminare la minaccia pirata in questo settore.»
«Ma chi vi ha mandato? Come avete fatto a capire che io ero umano?»
«Sempre più domande… ci ha inviato un’organizzazione della Terra, che ha sedi in tutta la galassia. Ti abbiamo riconosciuto come umano per un semplice motivo, tutti quelli come noi lasciano delle tracce del loro passaggio, noi siamo solo incappati nella tua…»
«Tutti quelli come noi come?» chiese Alast
«Beh – rispose l’uomo sorridendo – non avrai mica pensato di essere l’unico mago della galassia!».
   
 
Leggi le 2 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
   >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Storie originali > Fantascienza / Vai alla pagina dell'autore: saccuz