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Autore: MalkContent    29/10/2008    2 recensioni
Spin-off dalla mia precedente Fanfiction - Esperimento 1.0, Nike di Samotracia. Non tutti i momenti sono stati idilliaci nel rapporto tra Sarah e Ari. La vita nella Scuola è dura. A volte la rabbia spinge ad azioni di cui è facile pentirsi. È necessario leggere la fan fiction-madre per capire.
Genere: Romantico, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: What if? (E se ...) | Avvertimenti: nessuno
- Questa storia fa parte della serie 'Prototipo 1.0 Nike di Samotracia'
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Corro lungo il labirinto. Posso avvertire i muscoli delle gambe tendersi nello scavalcare gli ostacoli, il cuore battere velocemente contro le costole. La benda mi oscura la vista, eppure so esattamente dove devo andare e come evitare le pareti prima di sbattervi contro con violenza.

 

Sto guardando la mappa del labirinto.

 

Sto correndo nel labirinto.

 

Mappa.

 

L’allarme suona. So che devo correre più in fretta o presto il pavimento sarà percorso da scariche elettriche. Non possono uccidermi, ma faranno male. Tanto.

 

Mappa.

 

Il colpo contro il muro in fondo alla via cieca è violento e improvviso. Fa male. Le ossa scricchiolano. Mi accascio al suolo e l’elettricità mi percorre le membra, strappandomi lungi guaiti di sofferenza lancinante. Grido e grido, senza riuscire ad alzarmi, finchè le scariche s’interrompono e posso poggiare le mani ridotte a zampe artigliate a terra per alzarmi in piedi, tremando ancora di dolore, il pelo ritto.

 

Sarah! Stai cercando di uccidermi per caso?

 

Rabbrividisco riscuotendomi a quel pensiero rabbioso. Quelle sensazioni non appartengono a me, ma è come se fossi io a provarle, assieme al senso di colpa per aver fatto del male ad Ari. Non è colpa mia. Stanno cercando di farmi fare qualcosa che non sono e non sarò mai in grado di svolgere in modo da accontentarli. Hanno portato Ari in un labirinto per le cavie. L’hanno bendato e l’hanno spinto a correre il più in fretta possibile. So bene che quel pavimento è elettrificato, io stessa ho corso in quella prigione di fatica senza fine.

Quando l’ho fatto da sola, dovevo semplicemente leggere la mente di chi stava fissando la mappa del percorso. Ora vogliono che guidi Ari attraverso il labirinto, allo stesso modo. Per me è impossibile, posso entrare in comunicazione con una sola mente per volta. Per quanto mi sforzi, posso solo saltare dall’una all’altra il più in fretta possibile. Non sono ancora riuscita a farlo abbastanza velocemente.

La voce di Jeb risuona nell’altoparlante della mia stanza di isolamento.

-Coraggio mia cara… ancora una volta. Ari sta benissimo, può continuare-

 

Ari?

Vaffanculo!

 

La sua rabbia fa più male delle scariche elettriche. È esausto, anche nella sua forma completa di lupo non riuscirà ad andare avanti a lungo. L’ultimo colpo contro la parete è stato duro e gli fanno male le ali. Le mie ciondolano inerti a terra, abbattute dalla preoccupazione per lui. Sa che mi ferisce così, sa che non è colpa mia…non lo faccio apposta. Sembra ignorare capricciosamente che ogni volta che la mia mente è legata alla sua in quel modo sento la sua sofferenza come se fosse mia.

 

Finiamo questa cosa in fretta, Sarah… non ce la faccio più.

 

Torna al punto di partenza, cercando di riprendere fiato nel frattempo. Chiede un sorso d’acqua. Viene ignorato. Stringo i denti, con rabbia. Ho bisogno del contatto visivo per imporre la mia volontà ai Camici Bianchi. Non ce la faccio da qui. Maledetti.

Prendo un lungo respiro e la corsa ricomincia.

Corri, amore mio. Corri sulle ali del mio respiro.

 

*   *   *

 

La stanza grigia mi sembra ancora più vuota dopo tanto tempo passato nella mente di Ari. L’hanno trascinato fuori, per gli allenamenti con gli altri Eliminatori. Mi sento in colpa, anche se non sono io la causa di tutto questo. Siedo per terra con la schiena contro il muro, le ali lasciate flosce lungo i fianchi. Fisso la porta, come se potessi vederla, tanto intensamente che quasi non mi accorgo del rumore che produce aprendosi. Il passo di Ari è pesante, sento l’odore aspro del suo sangue e i lunghi guaiti che non riesce a trattenere mentre riprende forma umana.

 

-Stai bene?- La mia voce è poco più di un sussurro, esitante, colpevole.

 

-No che non sto bene, per la miseria!- ringhia. Riesco solo a vedermi con i suoi occhi, non ho modo di vedere il suo viso. Sono una cosetta da nulla, sorprendentemente piccola e fragile di fronte alla sua stazza, nonostante le mie ali raggiungano una considerevole apertura. –Ed è soltanto colpa TUA!-

 

Le sue parole fanno male. La sua rabbia fa male.

 

-Ari...-

 

-Ho corso come un topo in un dannato labirinto … ero troppo stanco agli allenamenti e gli altri Eliminatori mi hanno massacrato… E indovina di chi è la colpa?-

Non riesco a rispondere. Nemmeno mi sono accorta del movimento del braccio di Ari, della sua mano che si serra attorno alla mia gola. Mi manca l’aria quasi immediatamente.

 

Ari… lasciami…lasciami andare… mi stai soffocando…

 

La stretta si fa più forte… sento le forze mancarmi…

 

Ari… ti prego…

 

-Lo Stormo esiste perché TU esisti! Senza di te sarei ancora il figlio di mio padre!-

 

Ari… tu… sei tutto quello che ho

 

E poi, d’improvviso, tutto ciò che provo per lui gli si riversa dentro, nel panico del fiato che mi manca, nel dolore che mi stritola i polmoni. Il senso di colpa, l’affetto che lo rende ai miei occhi figlio, fratello, amico, amore di una vita. E mi accorgo che va bene, che non è un problema se prende la mia vita in quel modo, se serve a farlo star meglio per un po’.

Le sue dita si aprono e ricado contro il muro, in un groviglio di stoffa, piume e capelli bianchi, tossendo per cercare di riprendere fiato.

È vero.

Sarebbe stato un modo dignitoso per morire.

Posso sentire le lacrime che gli rigano il viso come fossero mie. È una sensazione che mi è estranea. Quel che non mi è estraneo sono le sue braccia che mi avvolgono, protettive e allo stesso tempo bisognose di conforto.

Non ho più voce, ma non mi serve, non mi è mai servita.

 

Ari…mi dispiace…ho lasciato che ti facessero del male.. non sono riuscita a proteggerti.

 

-E tu ti sei fatta male assieme a me e io ho corso apposta più piano perché ero arrabbiato con te… scusami.-

 

Ari. Oh, Ari. La tua innocenza è quasi crudele.

 

*    *    *

 

 

Una serata normale. Per quanto possa essere normale che una giovane donna con ali al posto delle braccia si occupi delle ferite da artiglio sul petto di un giovane uomo lupo leccandole dolcemente. Mi dispiace… non ho mani per lavare quei tagli. Come non ho mani per massaggiargli la schiena e come sempre sono costretta ad acrobazie assurde per farlo con i piedi. Qualsiasi mal di schiena vale il sorriso di Ari e il suo sollievo. Questo per me è normale.

 

E per voi?

  
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