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Autore: Keiko    20/11/2014    2 recensioni
Mia e Seiya.
Seiya e Mia.
Un appuntamento al tramonto, l'Egeo testimone e la voglia di essere adolescenti normali.
Anche solo per una manciata d'ore.
Genere: Sentimentale, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Pegasus Seiya
Note: Missing Moments, What if? | Avvertimenti: nessuno
- Questa storia fa parte della serie 'La rabbia delle stelle'
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Seiya l’attende sulla battigia. Il tramonto tinge d’arancio cielo e costa, rendendo l’Egeo una distesa di oro liquido che toglie la vista e il respiro. Le ha dato appuntamento nella mattinata, dopo essere fuggito dagli allenamenti con Marin, caracollandosi giù dal promontorio e scendendo a valle, verso la parte più bassa del Santuario di Grecia dove alla Casa delle Vergini, Mia si stava allenando. Mia detesta chiamarlo con quel nome, per cui si concede sempre di indicare il luogo degli ultimi anni del suo addestramento di Saint come il Gineceo. Deve avergli parlato Aiolia di quella tradizione, in quelle lunghe disquisizioni di storia che a lui vengono subito a noia. Dice che nell’antichità, probabilmente, quel luogo era davvero chiamato con quell’appellativo. Poi, a causa forse del tono dispregiativo con cui era nata quella parola, qualcuno aveva preso a chiamarlo in altro modo.
“A me non sembra niente di così atroce. Certo, nell’antichità il gineceo era un luogo che richiamava la sudditanza della donna all’uomo di casa, ma guardalo ora: non ti sembra che Casa delle Vergini sia un tantino… esagerato? Insomma, credo sia piuttosto sciocco. Siamo le sacerdotesse di Athena, non vestali. Il Gineceo è un luogo che raccoglie le donne, le racchiude come un utero. Al Gineceo nessun uomo vi può mettere piede.”
“E se voglio parlarti?” le ha chiesto lui, quando invece avrebbe voluto dirle: se volessi vederti?
Lei gli ha sorriso, appoggiando il capo sulla sua spalla.
“Non puoi entrare. Ma se mi aspetti sul perimetro posso raggiungerti. Basta che non passi per un guardone!”
Era scoppiata a ridere a quelle parole, quasi si immaginasse già la scena di un suo scontro con qualcuna delle guardie poste a tutela del luogo riservato loro.
“A me piace stare lì” gli ha detto pochi istanti dopo, quasi volesse rassicurarlo. Aiolia era stato il primo ostacolo, la prima paura vera che potesse accaderle qualcosa, sei anni e mani troppo grandi che la costringevano a colpire con forza sempre maggiore senza possederla.
“È diverso dagli allenamenti con Aiolia, ma mi permette di stare anche con altre persone. Imparo cose differenti. Imparo a conoscere altri avversari. Con Aiolia era uno scontro impari: lui avrebbe sempre vinto.”
Seiya l’attende perdendosi nei ricordi.
È in ritardo, e si domanda se sia il caso di farle perdere il tramonto lasciandola lì, sola, ad aspettarlo, allontanandosi solo per dispetto. In genere è lui quello mai puntuale ma per una volta – una sola – in cui era importante esserci all’ora stabilita, la stupida non si è presentata. Solo, in compagnia del mare e di un gabbiano solitario che lo osserva con aria crudele, Seiya si annoia.
“Che hai da guardare, pennuto?”
Il gabbiano non lo degna di attenzione, torna a raspare con le zampe tra i rami secchi abbandonati sulla battigia in cerca di qualcosa per cena.
“Dio che noia!”
Marin, se scopre che se n’è andato dal luogo della sua punizione prima del tempo, lo sbatterà a vita su qualche altura tra i pastori e lo lascerà ad allenarsi con pecore e capre, a parlare con loro e lamentarsi con ninfe che non si degneranno di ascoltarlo. Ogni tanto pensa a come sia Athena, la sua dea. Ogni tanto pensa che gli piacerebbe fosse come Mia: dolce, sempre troppo presa  da tutto, sempre pronta a cercare di sistemare le cose, anche quelle che non sono alla sua portata. È convinto che Athena abbia uno spirito di abnegazione totale, di quelli che ti portano a essere martire prima che dea. Seiya conosce i difetti di Mia, quella sua testardaggine assoluta, quel suo modo di fregarsene di certi dettagli, perché preferisce non vedere e non ascoltare, anziché affrontare il problema. È sfuggente, come l’onda che cerchi di prendere e che si ritira troppo in fretta per poter essere calpestata. Mia è anche quella che non usa mezzi termini, a cui hanno insegnato che la verità viene sopra ogni cosa, e poco male se tu, che l’ascolti, ti senti schiacciato da un tritasassi: lei va avanti.
Per il tuo bene, dice.
Per pulirsi la coscienza, ha pensato lui più volte.
Come quando gli ha confessato, candida come neve, che non si era presentata al loro appuntamento perché era con Aiolia, bloccata nel cuore dell’Acropoli da Lithos e Cosmas. A Seiya non vanno particolarmente a genio, fanno parte di un passato che il Saint del Leone non ama rivangare e che, pure, resta un presente normale a cui fa ritorno sempre con piacere. Lui, almeno, un’ancora di salvezza dalla vita da Saint ce l’ha, e si porta via anche Mia appena può. Lei si era giustificata dicendo che il sorriso di Xeni, la neonata dei due fiorai, aveva un sorriso così bello e sincero da farle girare la testa, che le sembrava che la vita fosse bellissima solo guardandola agitare le gambette paffute, le manine strette a pugno contro il niente.
“Sarà una grandissima guerriera, Seiya.”
E l’aveva chiusa così, la partita, con noncuranza, e lui come uno stupido ad attenderla per nulla. Anzi, ad attenderla per un sorriso che fosse solo per lui.
“Seiya! Seiya!”
Non crede alle sue orecchie.
Non vuole credere sia davvero lei.
La vede inciampare sulla rena, togliersi i sandali e proseguire a piedi nudi. Indossa un abito giallo, simbolo di un’estate che sta svanendo, che la fa apparire un girasole nel tramonto, la corolla che ancora si staglia a raccoglierne gli ultimi raggi prima di addormentarsi e riporre i petali per il giorno successivo.
Quando lo raggiunge ha il fiato corto, lo sguardo limpido, il sorriso aperto.
“Sei in ritardo” sbotta lui, scocciato. Lo è, ma d’altra parte non è in grado di portare pazienza, nemmeno sa come funzioni, attendere in silenzio.
“Scusami, al Gineceo… è stato un po’ un casino, oggi.”
“Al Gineceo?” domanda lui sollevando il sopraciglio, scettico. Non le crede e, cosa peggiore, è convinto che tutto quell’essere carina – femminile – non sia per lui. Che sia per qualcun altro, magari la presenza ingombrante di un maestro che se la sta portando via giorno dopo giorno, e nessuno l’ha ancora capito, che finirà con il perderla. Anzi, sembra sia solo lui ad averne una paura folle, mentre lei va avanti, diventa grande e lo lascia sempre un po’ indietro.
“Sì, ma non posso parlartene.”
“Non ti credo.”
“Seiya, ti prego…”
“Sei andata da Lithos anche questa volta?”
Lei sgrana gli occhi, lo fissa da una distanza che li racchiuderebbe in un abbraccio, ma vogliono lasciare le cose al loro posto, senza spostamenti pericolosi che poi, tornare indietro, sarebbe impossibile. E se poi non fosse così semplice, stare insieme senza essere amici? Seiya si tormenta con quella domanda ogni notte. Vorrebbe parlarne con qualcuno, ma non sa con chi. Il maschio più vicino a lui è Aiolia, ma è pure il suo principale concorrente, quello che gli porta via le attenzioni di Mia e che lo infastidisce proprio per questo.
“Sei un idiota quando ti comporti a questo modo.”
“Allora raccontami la verità.”
“Ti ho già detto tutto quello che potevo dirti. Puoi credermi o tenermi il muso, fa poca differenza. Non posso aggiungere altro. Dico sul serio. Sono cose… da donne.”
Lui aggrotta le sopraciglia, si stringe nelle spalle e storna lo sguardo sul mare. Il sole si è tuffato oltre la linea dell’orizzonte e ciò che ne rimane è uno spicchio che affiora dalla superficie dell’acqua, una mezzaluna opalescente che fa capolino su un lato di quel dipinto onirico. Mia sbuffa, poi la sente prendere posto accanto a lui, sulla sabbia umida.
“Ti rovinerai il vestito nuovo.”
“Che m’importa? L’ho messo per venire qui, sapevo a cosa andavo incontro.”
Non la guarda, ma vorrebbe farlo.
Il cuore gli è salito in gola, e per un istante teme gli possa scivolare fuori dalle labbra, se si mettesse a parlare. A sproposito, anche, ed è certo che quella punta di fastidio che prova, quel sentirsi in balia della minaccia di un altro, possa prendere il sopravvento e rovinare tutto, prima o poi.
Questo è il prima, per cui sceglie di rimandare i drammi e scacciare la paura.
Ci sono solo loro, uno di quei momenti che la vita gli concede per essere un po’ normali, adolescenti come tutti.
“Andiamo al cinema?”
“Eh?”
“È uscito quel film di Carpenter, Essi vivono. Che dici, vediamo com’è?”
“Di che parla?”
“Lotta al consumismo in chiave fantascientifica. Te lo immagini se il mondo fosse colonizzato dagli alieni e si insediassero ai vertici del potere?”
“Veramente ci sono gli déi…”
Gli tira la manica della camicia, risvoltata sopra il gomito, costringendolo a guardarla, stanca di essere una presenza non vista. Apposta, per tenerle il muso e tenerla sulle spine un po’.
“Dai, Seiya… per una volta viviamo soltanto?”
A quel punto, vivere, vorrebbe dire baciarla. Stringersela addosso e sentire il profumo della sua pelle sulla propria. Lasciar scivolare le dita sulla cicatrice sul braccio destro, sulle ginocchia che portano i segni di troppe cadute, sui lividi recenti all’addome. Vivere vorrebbe dire sentirsela addosso e tutt’attorno. Ma hanno quattordici anni e sono promessi a un destino da guerrieri.
Che il tempo è poco, un paio di mesi al massimo e saranno Saint.
“Credi davvero agli alieni?”
“Tu credi davvero che ci siamo solo noi in tutto l’universo?”
Lui sorride e lei si alza in piedi, stringendogli la mano. È ruvida al contatto, il palmo striato di calli, ma le dita sono affusolate e tiepide. Stringe la sua nella propria, costringendolo ad alzarsi e seguirla.
“Sono in punizione.”
“E sei venuto sino qui? Tanto Marin ti metterà agli arresti domiciliari. Di nuovo. A proposito: di cosa volevi parlarmi?”
Stupida egoista.
“Nulla di particolare. Volevo solo stare un po’ con te.”
Abbassa lo sguardo, imbarazzato, dandosi una scrollata di spalle, come a stemperare l’importanza di quelle parole, che vogliono dire tutto o nulla, se le prendi per il solito verso.
Non è da lui, o dal lui che la vorrebbe reclamare tutta per sé?
“Il tramonto era bellissimo. Sono arrivata in tempo, hai visto?”
Glielo sussurra all’orecchio, alzandosi sulla punta dei piedi, e non è certo l’abbia detto davvero, che si sta alzando l’alta marea e le onde si stanno facendo più insistenti e forti contro la battigia, portandosi via un sacco di parole e di battiti del cuore.
Gli posa un bacio sulla guancia e gli sorride.
“Ti voglio bene, Seiya.”
Io non lo so cosa ti voglio.
So che ti voglio al mio fianco, sempre.
Solo quello.
Ti può bastare, Mia?

   
 
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