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Autore: ToraStrife    23/11/2014    3 recensioni
Per salvare il fratello morente su un letto, devastato dall'agente patogeno più letale del mondo, Donatello avrebbe dovuto superare sé stesso. Con poche nozioni di medicina imparate su libri raccattati dall'immondizia, sarebbe stato costretto ad improvvisarsi medico, e diventare il migliore nel suo campo.
Dr Hamato, come un "Virus" ha creato un dottore.
Genere: Comico, Demenziale, Parodia | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Donatello Hamato, Un po' tutti
Note: Cross-over | Avvertimenti: nessuno
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Dr. Hamato
Medical Division


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Come un "Virus" ha creato
un dottore.



Il segnale ad intermittenza disegnava onde frastagliate sullo schermo verde.
Luci circolari e abbaglianti pendevano dall'alto, come dischi volanti in procinto di rapire malcapitate vittime.
Gli occhi di Donatello guardarono freneticamente verso il basso, le pupille in febbrile attività, cercando di non lasciarsi sfuggire il più piccolo dettaglio.
Lui lo sapeva: stava gestendo solo la sua responsabilità la bilancia che oscillava in continuazione tra la vita e la morte.
Il respiro si infrangeva sulla mascherina. La sensazione del fiato caldo sulla bocca. L'alito della vita.
Imprecò per non avere mani a cinque dita come un normale essere umano.
Imparare ad usare quei maledetti ferri, progettati e costruiti appositamente per gli esseri umani, era stato davvero difficile.
Ne avrebbe inventati di più adatti, si ripromise, se avesse avuto un'altra occasione.
Solo un'altra.

- Devo incidere. - Commentò, mentre minuscole gocce di sudore cominciarono a formarsi sulla fronte corrugata.
April passò prontamente un fazzoletto per asciugare, dopodiché si girò verso la vaschetta metallica degli strumenti e tirò su il bisturi.
Lo posò sulla mano aperta del dottore, in attesa. Questa si richiuse e con essa operò.
Il silenzio era assoluto, rotto solamente dai respiri affannosi dei presenti e dal segnale intermittente.
Dopo alcuni, interminabili attimi, il dottore annunciò nuovamente.

- Divaricatore.

La ragazza obbedì, frugò e tirò fuori l'utensile.
Gli occhi della rossa si velarono di preoccupazione appena si accorsero che il respiro del dottore si stava facendo più irregolare.
Segno che qualcosa non andava: Donatello si stava agitando.

La tartaruga poteva sentire i battiti del suo cuore accellerare.
Non quella dannata complicazione. Non ora!
Diede una rapida occhiata al complesso macchinario.
Il segnale. Aveva cominciato a farsi più debole.

- Lo stiamo perdendo!

La flemma che veniva lentamente a mancare, lui insistette.

- Dannazione!

Il panico cominciò a contagiare anche l'assistente.

- Passami quell'altro ferro, quel....

Maledizione, è la fine, si disse.
Stava perdendo la concentrazione, si dimenticava persino i nomi delle cose.
E quello era il momento più sbagliato.
In altre circostanze, e secondo termini Michelangeleschi, si sarebbe detto che 'stava andando nel pallone'.
Non poteva assolutamente permetterselo. Abbandonò per un attimo gli strumenti, alzò le mani, lorde e viscide, e si schiaffeggiò le guance con i palmi.
Calmo, doveva rimanere calmo.
Non poteva permettersi simili cedimenti. Pochi libri sull'argomento, rubati o trovati nell'immondizia, era tutto ciò che aveva potuto imparare.
Lui non aveva mai fatto quella professione. Veniva persino da ridere.
Una tartaruga....?
Sembrava una barzelletta. Ma non poteva mollare.
C'erano i suoi fratelli, che contavano su di lui.
Raffaello, distrutto dal dolore e infuriato con sé stesso.
Michelangelo, un bambinone con gli occhi da cucciolo, un pagliaccio che sapeva far ridere, ma che non riusciva a trattenere le lacrime.
Splinter, venerabile maestro trasformato in un uomo distrutto. Cercava di apparire calmo e ottimista, ma l'ansia e la stanchezza lo avevano divorato, scavando profonde occhiaie e prosciugando le sue energie.
E infine Leonardo, sofferente su quel letto, soltanto l'ombra del fiero e possente guerriero che era un tempo.
Non poteva mollare proprio ora: glielo doveva. Doveva riuscire a superare i limiti. Doveva farcela, per loro, per lui.

April passò un altro pezzo di carta, per asciugare la faccia di Don, sporca di rosso.
Il viola le annuì, come a ringraziarla, dopodiché tornò al lavoro.
Il segnale si stabilizzò. Il respiro di Don tornò normale.
Voleva essere cauto nei giudizi, ma forse ce l'aveva fatta.
D'improvviso, una botola si aprì sotto i piedi della fortuna.
Il segnale era impazzito all'improvviso.

- I valori stanno scemando! - Urlò April, con voce strozzata.

- No! - Donatello non voleva crederci. - Non può finire così!

Si impegnò, ma sembrava un'impresa titanica.
D'improvviso, tutte le sue nozioni erano diventate inutili.

- No! - Ripeté il mutante. - Presto, April, passami...!

Senza bisogno di aggiungere altro, la donna annuì, frugò e gli porse l'oggetto.
Donatello  lo prese, lo esaminò e aggrottò le sopracciglia.

- Un cacciavite a stella?

Una rabbia incontenibile lo pervase, mentre con un gesto secco scaraventò a terra l'oggetto.

- Che cazzo ci fa qui un cacciative a stella! - Sbraitò il secchione.

Ad un certo punto la porta si aprì di scatto.
Raffaello non era riuscito a resistere.

- Ce la farà? -  Chiese, senza darsi il tempo di pensare.

Questa fu la goccia traboccante. Don si stracciò la mascherina e la gettò a terra.

- Sai che ti dico? - Abbaiò Donatello direttamente sulla faccia di Raf. - Il Tartafurgone ve lo riparate da soli!

Prese il bo, lo usò come sostegno, si allontanò zoppicando e uscì, sbattendo la porta.
Raf la riaprì e lo seguì.

- Quante storie, secchione! - Protestò il rosso, un po' titubante. Di solito era lui quello che urlava, e il viola a fare da paciere. - Per un piccolo inseguimento...

- Io ho cose più importanti da fare! - Fu la risposta di Don con voce stridula.

April non disse nulla: si limitò a scuotere la testa e sospirare.



Donatello non era stato più lo stesso, da quella terribile esperienza.
Quando Leonardo si era accasciato al suolo, la febbre alta, mai si sarebbe immaginato che dai sintomi di una semplice influenza sarebbe venuto fuori nientemeno che il virus dell'Ebola.

Ed era stata un'empasse che si era portata via quattro mesi della loro esistenza, tra veglie, coma indotti, analisi mediche, trasfusioni.

E come se non bastasse, c'era stata quella maledetta uscita serale a caccia di medicinali che, non potendo fare come Molly della pubblicità ("Salve, avete per caso delle capsule a mio nome?"), erano stati costretti a visitare di soppiatto un magazzino abbandonato, finendo dritti nel grinfie di un pazzo maniaco dalle tendenze psicotiche, il perfido  De Kurtis, detto "il conte".

L'unico a non esser riuscito a fuggire, il povero Don, era stato legato, il piastrone su una cassa di legno, le gambe divaricate.

- Perdincibacco, cara la mia tartarughina, hai tre possibilità. - Un sorriso malvagio si dipinse sul volto del tipaccio. - Dirmi dove sono le altre tartarughe, romperti una gamba, o possiamo sempre divertirci.

Gli ingranaggi neurali del mutante girarono a vuoto.
Vendere la famiglia, giammai, era una tartaruga d'onore, gli era stato insegnato dal Maestro Splinter. Non avrebbe mai potuto tradire i suoi fratelli, la sua famiglia.
Rompere una gamba? Stava scherzando? Leo aveva bisogno di lui. Doveva assolutamente correre a preparare l'antidoto, i continui su e giù che faceva insieme ad April (purtroppo non nel senso che avrebbe voluto lui) dal letto di Splinter allo studio medico necessitavano di assoluta velocità.

- Tanto vale divertirci. - Rispose sarcastico Don.
Cosa ci poteva essere di peggiore delle alternative, dopotutto.


- Se questo è il tuo parere, io ti do retta.... - Il viola sentì con orrore un rumore di zip. - ... e tu mi dai il retto.

Deglutendo, la tartaruga pregò. - Ripensadoci, la gamba destra, per favore.

Un futuro con il nome di Donatella Rettore non gli andava proprio.




- Quindi è per quello che ora zoppica, attaccato al bastone. - Commentò April, ancora incredula per il racconto di Michelangelo.
 
Le gambe erano distese, la seggiola impennata per colpa della posizione stracca dell'infermiera. L'ennesima notte di veglia al Senzapaura l'aveva completamente distrutta.
Nell'altra stanza si sentivano i gemiti di Raffaello, impegnato con le braccia a combattere il peso di un bilanciere attaccato ad oltre ottanta chili di ghisa.
Lo sfrigolio nella padella indorava la parte dell'impasto buttata a maestria dalle mani del cuoco.

- Sì, è così. - Confermò la bandana arancione. - A proposito, il dottore dov'è ora?

- Chiuso nel suo laboratorio. - Sospirò la rossa. - Mi sta preoccupando. Va avanti solo a caffé, ormai.

- La sua sfuriata di prima non mi stupisce, allora. - Sentenziò il cuoco. - Ha rifiutato tutti i pasti che gli ho cucinato finora. - Poi si girò verso April, con gli occhi lucidi. - Non sarà che non apprezza la mia cucina?

- Vedo che almeno qualcuno qua non ha perso il senso dell'umorismo. - Fu l'atona risposta della ragazza.

- La mia era una domanda seria. - Protestò Micky inscenando un broncio. Poi tornò alla sua normale espressione, e confessò. - Ma se non mi aggrappo a queste battute, non so davvero come potrei cavarmela. Non posso fare mica come il violento di là, che pompa in palestra tutto il giorno per sfogarsi. Di questo passo gonfierà così tanto i muscoli che il guscio gli si romperà.

Il rumore di uno schianto arrivò alle orecchie della coppia, seguito da una serie di imprecazioni irripetibili.

- Appunto.




"Maremma, Alvaro, mi si è disintegrato di nuovo il mi' guscio!".

Il forte accento toscano del personaggio del cartone animato annoiò non poco il Maestro, anche più del linguaggio scurrile di  Raffaello. Spense la TV, buttando il telecomando.
Splinter bofonchiò qualcosa sulla stupidità di certi cartoni con buoi e tartarughe parlanti.
Certo, non tutti i cartoni con tartarughe parlanti erano stupidi,  si corresse.
Il pelo arruffato e le occhiaie lo avevano ridotto alla parodia del fiero maestro ninja che era un tempo. 
Si lisciò ripetutamela lunga barba incolta. Tastando l'intreccio di peli, provò invidia per la totale glabrosità dei figliocci.
Ormai l'insonnia, mista a stanchezza, lo aveva devastato. Neppure la meditazione gli riusciva più come prima.

Sin dall'inizio si era alternato con il viola nella veglia del più devoto dei suoi figlioli. Ma poi Donatello era stato irremovibile: l'esaurimento bussava alla porta dei suoi nervi.
L'intellettuale gli aveva imposto almeno sei ore di riposo assoluto, ma proprio come lo stesso Don, e come tutti gli altri, non riusciva assolutamente a riposarsi, né a mangiare correttamente.
I manicaretti di Michelangelo erano insapori. Non che fosse colpa dell'abilità del ragazzino, come sempre insuperabile, ma il senso di spossatezza aveva ingrigito ogni parte del suo essere, persino le  percezioni gustative.
Mangiava più per consuetudine, che per vera fame.
Toccare il futon non serviva a nulla: si rigirava tormentato dagli incubi che attendevano nelle tenebre, in agguato.
Il timore di non essere mai stato un buon padre, il timore di non essere all'altezza della gravosa tegola che rischiava di seppellirlo, insieme a tutto il tetto... familiare.
I fantasmi dei rimpianti, delle pecche nell'educazione, la possibilità di dover pagare gli errori, di dover perdere un altro dei suoi figli.
In quell'ultimo caso, dolore sarebbe stato troppo grande.
Donatello, lo aveva rassicurato. "Sono preparato anche alla peggiore delle ipotesi".
E da allora si era chiuso nel laboratorio e ne usciva solo saltuariamente.
Provò un giorno, spinto a curiosità, a sbirciare dal buco della serratura.

Il laboratorio aveva qualcosa di sinistro: ampolle di vetro con misteriosi liquidi gorgoglianti, pentolini cotti sopra fiamme di candela,  un alambicco in rame dal cui beccuccio gocciolava uno strano liquido rosso, che andava a riempire una fiala posta su un piccolo treppiede.
Cosa stava facendo il suo figliolo?

Era una notte di tempesta, i fulmini rischiaravano le strade di New York. Decine di metri sotto terra, una tartaruga con il camice bianco si sfregava le mani, avida di successo.
Leonardo era spirato la notte prima. Tutta la famiglia lo aveva pianto, Michelangelo si era ritirato in stato catatonico nella sua cameretta, Raffaello era scappato, probabilmente in cerca di vendetta, e di lui non si erano ricevute ancora notizie.
Sensei aveva smesso di muoversi, di parlare. In quel momento era ancora nella camera di Leonardo, lo sguardo perso nel vuoto.
Il cadavere del fratello era adagiato sul lettino, senza vita, assicurato ad esso tramite alcune cinghie.
Donatello stava roteando una manovella, il cui meccanismo faceva alzare il giaciglio.

- E' una notte meravigliosa. - Commentò l'unico fratello rimasto razionale. - E' la notte in cui Zeus distribuisce le sue scintille!

 Gli occhi spalancati, le iridi minuscole, un sorriso che si estendeva da una parte all'altra della testa.

- E' una bella notte, non è vero, Leonardo? - Chiese al corpo senza vita. Poi fece un respiro e continuò.

- Tutti mi hanno detto che era troppo tardi, che il tuo cuore ormai aveva smesso di battere. Ma io volevo assolutamente salvarti. Persino April aveva cercato di farmi desistere. Quando l'ho scaraventata contro il muro, si è messa a piangere ed è sparita. Ah, le donne! Non lo capiranno mai l'amore tra fratelli, vero?

Il lettino era arrivato ormai fino al soffitto del salone. Donatello tolse le mani dal manubrio e si girò verso il generatore. Tirò una leva.
Il gigantesco marchingegno si mise in moto, un'orchestra di pistoni, rotelle e cinghie cominciò il suo moto perpetuo, le lampadine delle valvole si accesero con un bagliore intermittente.
Con un movimento meccanico, il tombino sul soffitto si aprì. Dall'apertura caddero alcune gocce di goccia, e un sinistro bagliore illuminò la penombra.

- Loro non ci credevano, ma io ti ripoterò indietro! - Urlò Don. - Possano gli dei essermi testimoni! Io ti ho fatto una promessa, e la manterrò!

Come a rispondere al richiamo dello scienziato, una scarica elettrica si dipanò dalle nubi e confluì in tutta la sua potenza dentro il buco.
La scintilla investì il cadavere esposto.
Le cinghie si slacciarono, il guscio di quello che una volta era chiamato Leonardo si animò.
Illuminata dai lampi, la creatura aprì gli occhi, e spalancò la bocca in un urlo animalesco.


Donatello alzò le braccia al cielo, esultando il suo miracolo.

- E' vivo!


Splinter aprì gli occhi. Doveva essersi infine addormentato. Quell'urlo inquietante gli era ancora nelle orecchie. Poi la voce si ripetette.

- Evviva!

Quindi, otre ad essersi addormentato, aveva pure sentito male. Grande.


Donatello  era uscito dal laboratorio, appoggiato al bastone, con un braccio alzato  e l'espressione  di chi aveva vinto la finale dei Mondiali. La fiala in mano traboccava un liquido dai colori imprecisati.

- Eureka! Eurek...

Ma prima che finisse la frase, un'esplosione investì il genio, una nuvola di fumo cinereo a ricoprirlo.
La fialetta vaporizzata, Donatello bruciacchiato, solo gli occhioni strabuzzati per la sorpresa e l'incredulità.
Sotto lo sguardo attonito del maestro, il viola se ne tornò mogio e claudicante nel laboratorio, bofonchiando qualcosa del tipo "Forse il nitrato non era una buona idea, dopotutto".


Abituati a quelle situazioni, in cucina non ci facevano neppure più caso. Michelangelo fece fare una piroetta alla frittata, per riprenderla al volo con la padella... giusto un attimo prima che finisse sulla testa dell'amica.

- Scusa, stavo per fare la frittata... - Scherzò, con un sorriso colpevole.

- Spiritoso, davvero spiritoso. Ma mi stavi dicendo?

- ... Che nel frattempo, Donnie era stato nominato capitano della squadra. Ma un trio di tartarughe assolutamente era insufficiente. E' come togliere uno dei Fantastici Quattro, voglio dire! Finché, modestamente, non trovai la soluzione...


- Vorresti ripetere, per favore? - Sbottò Raffaello incredulo.

Michelangelo sbatté gli occhioni, orgoglioso della sua trovata. - Vi presento il membro sostitutivo di Leonardo. Provvisorio, ovviamente.

Alzò il braccio per indicare il nuovo venuto.

Neppure Donatello riusciva a nascondere il suo scetticismo. - Un umano?

- Beh, tecnicamente, - Precisò l'arancione. - E' un incrocio tra un uomo e un demone...

- Ehy, non sono mica un cane. - Protestò quello preso in causa.

Era in effetti un umano, molto slanciato, muscoloso. Gli inusuali ciuffi, che pendevano dalla capigliatura bianca, coprivano degli occhi un po' seccati e per nulla intimoriti dallo spettacolo dei tre mutanti.
Il lungo soprabito rosso cadeva leggero sul torso nudo, un paio di pantaloni militari conferivano un aspetto dinamico e stiloso. Una lunga spada era sistemata sulla schiena tramite un sistema di lacci borchiati.
Il sorriso che gli si era nel frattempo dipinto odorava di una strafottenza che diede sui nervi Raffaello.

- E questo damerino cosa saprebbe fare? - Sbraitò il rosso.

Subito dovette tirare fuori i sai per deviare vari fendenti che stati scoccati in direzione del suo corpo. Non li vide distintamente arrivare, li avvertiva solo come raffiche di vento e fasci di luce argentea che non riusciva a focalizzare con la vista.
Tramite i pugnali aveva percepito nettamente i tintinii di lame metalliche.
Quando il fulmineo attacco finì, Raffaello, ancora ansimante, guardò di nuovo in direzione dell'uomo.
La spada era apparentemente ancora sistemata sulla schiena, ma l'albino teneva una mano appoggiata sul manico. Il grande sorriso di scherno confermò i suoi sospetti.
Si era mosso, ma non era riuscito a vederlo.
Con una gran collera che gli cresceva, si voltò verso Michelangelo, che sorrideva a sua volta di soddisfazione.

- Visto come tira bene di spada?

- Dove l'hai trovato questo qui? - Soffiò il rosso, seccato.

Donatello ancora non era convinto. - Va bene, è un bravo spadaccino. Ma non è abbastanza per sostiuire una tartaruga ninja! Non sappiamo neppure come si chiama!

- E' proprio per il suo nome che l'ho proposto! - Esclamò Michelangelo, entustiasa. - Ha un nome italiano, proprio come i nostri!

- Dante, Dante Sparda. - Si presentò infine l'umano. - Però, caro Michelangelo, mi dispiace, ma sono io a dover rifiutare.

La rivelazione gelò l'arancione. Trafitta a tradimento, la tartaruga si voltò verso il suo candidato, la voce tremante. - Perché?

- Per quanto l'ufficio dove  viva sia una catapecchia decadente... - Dante si fece cadere sul divano, le braccia appoggiate allo schienale. - Non credo di essere pronto a vivere in una fogna.

Le gambe si distesero e i gli stivali sbatterono con violenza sul tavolino. L'impatto fece balzare in aria l'ultimo trancio di pizza rimasto dal pasto consumato prima, che venne afferrato al volo da una mano dell'uomo.
Si portò la fetta alla bocca e ne addentò un pezzo, la mozzarella filante a fare da ponte.

- Anche se si mangia abbastanza bene.


La padella veniva agitata durante la cottura del secondo lato della pietanza.

Michelangelo, per vergogna, preferì tacerle per l'altro candidato che aveva proposto, perché non era destinato a prendere il posto di Leonardo, ma di Sensei.

"Il genio della tartaruga! Potrebbe insegnarci certe Onde Energetiche che neppure il maestro Splinter..."

Si tastò il bernoccolo, ancora dolorante.
Invero, non era stato Raffaello a bocciargli l'idea sulla testa, ma Donatello.
Gli disse che non avrebbe mai accettato un maestro diverso da Splinter. Ma sapeva di quanto in realtà temesse, considerate le tendenze di quel vecchio pervertito, le sbirciatine su April.

Il cuoco sospirò.

- Insomma, Leonardo dopotutto, è insostituibile. Era per quello che Donatello si era ripromesso di trovare una cura. E per farlo aveva bisogno di un assistente.



- Michelangelo, so di chiederti di darmi una mano, ma non devi preoccuparti. Per cominciare direi che potresti fare una trasfusione al paziente. Micky? Micky? Perché sei sdraiato lì per terra con aria svenuta, dannazione!



- Essere emofobi non è una grande cosa, vero, April? - Disse il cuoco, con un sorriso triste.

- Non prendertela Micky. Non che gli altri si siano dimostrati più adatti.


- Lo che mi stai sentendo, Leo, non fare il finto tonto. - Ruggì Raffaello. - Ti sto sfidando, lo vedi?
Le braccia tese, i pugni roteanti, la posizione di guardia.
- Dannato vigliacco, esci fuori dal coma, se hai coraggio! Avanti, alzati!



- Maestro, devo aprire il paziente.
- Lascia fare a me, figlio mio.
- No, maestro, con il bisturi, non la katana!


Raffaello scuoteva con violenza il corpo del fratello. - Brutto bastardo! - Cominciò a schiaffeggiarlo. - Esci da quel cavolo di letto!
Donatello intervenne, urlando come un forsennato. - Dannato idiota, in nome del cielo, che stai combinando?
Raffaello si fermò, e spiegò.
- Uno schiaffo è l'immediata terapia per una crisi. L'ho letto su un libro di medicina.
Donatello non riusciva a credere che suo fratello fosse così stupido.
- Una crisi isterica, idiota. - Sbraitò con quanto più fiato in corpo possibile. - Una fottuta, dannata, crisi isterica! Lui è in coma, cervello di gallina, C-O-M-A. Hai capito? Testa di guscio rotto. E' in coma! Ah, ma per quale motivo ho scelto un pazzo assassino ad aiutarmi? Io sgobbo giorno e notte per salvare un fratello, e poi arriva questo maniaco che per poco non me lo ammazza! Ah, ma non è possibile...
Raffaello interruppe il suo sproloquio con uno schiaffo.
Donatello smise di urlare, e lo fissò attonito.
Il rosso disse solo due parole. - Crisi isterica.
- Ah. Grazie.
Alle spalle spuntò Michelangelo. - Ehy, Raf, credo che in questa storia, ci sia qualcosa che non quadra.
- Hai ragione.
Uno scapellotto arrivò anche sulla testa dell'arancione.
- Ahio! Grazie.


- Ed alla fine ha scelto te. - Concluse il cuoco, facendo volteggiare ancora una volta la frittata. Forse aveva dato troppo slancio, perché l'impasto andò direttamente sulla testa di Raffaello, sopraggiunto nel frattempo.

- Ehy, fratello, io avrei fam...AHIA! - Urlò, ustionato dalla pietanza.

- Scusa Raf. - Sorrise Micky con aria colpevole. - La situazione mi è sfuggita di mano.

- Ti è sfuggita, eh? - Commentò Raffaello, scrocchiando le dita. - Beh, vediamo se ora riesci a sfuggire a me!

Urla disperate, rumori di inseguimento, e pentole che volavano, lasciarono April da sola a tirare un sospiro di sollievo, lieta di non doversi spiegare.
Solo lei sapeva del vero motivo per cui era stata scelta. Solo lei, e Donatello, ovviamente.


- Che intendi, per 'giocare al dottore'? - Chiese sospettosa l'amica.

Erano rimasti soli in cucina.
Il maestro riposava nella sua stanza.
Leonardo, ancora in coma, era assistito da Michelangelo, che da tre ore ancora non aveva smesso di parlargli.
Raffaello era come al solito a pompare pesi in palestra.
Erano solamente loro, una teiera, due tazze vuote e nient'altro.
Avevano iniziato a parlare per rompere l'imbarazzato silenzio, ed era venuto tutto fuori.
Don aveva confessato tutte le sue ansie e paure, e alla fine si era lasciato andare a una crisi di pianto.
E lei aveva accolto tra le braccia le sue lacrime.

Alla fine, le loro dita si eano intrecciate, le loro labbra si erano avvicinate fino a quasi sfiorarsi. Poi il fischio della teiera li aveva interrotti.
Riflettendo ognuno sulla propria tazza di acqua imbrattata di foglioline, a un certo punto un'idea balenò nel dottore. E come al solito l'aveva esplicitata senza preoccuparsi di spiegarla a dovere.
April portò la tazza alla bocca, fissandolo con aria inquisitoria.

- No! no! Hai frainteso! - Urlò Donatello, paonazzo in volto e le mani agitate in aria per 'cancellare' la gaffe. - Io sarò come il Dottor Kildare!

- Sapevi che andavo pazza per tutta la serie, da piccola? - Cinguettò la rossa, cambiando immediatamente atteggiamento. Posò la tazza, gli si avvicinò e lo guardò intensamente negli occhi.
Il viola si sentì improvvisamente come un topo guardato da una miciona, anzi, da Catwoman.

- A-April....? Ti piace Richard Chamberlain?

- E sapevi che lo stesso attore è anche Padre Ralph di Uccelli di Rovo?

La gattona dai capelli rossi rimirò il roditore che si dibatteva, ormai in gabbia.

- A-April, sei tu, in questo momento, o ti sta guidando una scrittrice di Apritello?

- Che importa, Doc Don? Siamo solo io e te... possiamo approfittarne...

- A-April...? Poi riconobbe con orrore le foglioline del té che non aveva ancora bevuto.

Era
Afrodisiaci naturali
ginkgo bilboa

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, la pianta più afrodisiaca del mondo. Da dove diavolo erano spuntate?
Ma quello non era l'importante, al momento, ora c'era solo lei, April la predatrice.
Don era roso dalla coscienza. Sulle sue spalle apparvero due versioni miniaturizzate del viola: una vestita da angelo e l'altra vestita da diavolo.
Il diavolo subitò gli suggerì l'ovvio.
- Approfittane!

L'angelo guardò storto il rivale e poi guardò alternativamente gli occhi indecisi di Don e gli occhi sensuali e intensi di April, evidentemente non in sé.
Dopodiché si girò verso il viola ed espresse il suo severo giudizio.
- Approfittane!

Al che finalmente la donna che ansimava per una scena Apritello esultò, perché i due volti stavano finalmente per incontrarsi.

Ma si fermarono e si allontanarono immediatamente, rossi come dei semafori,  perché un Michelangelo trafelato entrò di corsa in cucina urlando.
- Si è mosso! Si è mosso! Leonardo si è mosso!

Ma Donatello lo sapeva, era troppo presto per rallegrarsi.
Si alzarono tutti e tre, raggiunti da Raffaello, per andare a controllare.

- Non vedi che si è messo solo le mani sulle orecchie?

- Oh, - Constatò il fratellino. - Forse gli ho parlato troppo? - Aggiunse, guadagnadosi un pugno in testa da Raf.


Ritornarono tutti alle loro mansioni, Don ed April di nuovo da soli in cucina.
Le condizioni da Apritello si ripeterono, quando vennero interrotti nell'ordine da:

.Splinter che non aveva sonno e voleva farsi un té. Donatello fece attenzione a non sbagliare foglioline;

.Michelangelo che entrava affermando che il fratello aveva mosso le mani...per tappargli la bocca. Gliela tappò anche Donatello, lo imbavagliò con la sua stessa fascia arancione e lo buttò fuori a calci;

.Splinter che volle farsi un'altra tazza di té;

.Splinter che ormai andava avanti solo a té. Questa volta, Donatello gli drogò la bevanda con del valium;

.Una formale E-mail sul T-cel da parte del conte De Kurtis.

"Signor Donatello, vengo con questa mia addirti che che che che
scusa se è poco ma una rottura di gamba un pò po popò po'poco.
Riprendo, ripropongo, rioffro lofferta s'offerta,
l'offreta, l'offerta sofferta che non si può rifiutare,
per salvare il fratello tuo medesimo sangue
dall'Ebola bola bola l'Ape Maya,
il vaccino, il cambio del tuo bacino.

Salutandoti indistintamente
il conte De Kurtis
(che poi il conte De Kurtis sono io)"

Donatello gli rispose con un: "A me serve l'antidoto, idiota!";


Nel frattempo ormai l'effetto dell'intruglio era svanito, ed April scappò via con una scusa, livida di vergogna.

Raffaello si presentò sulla porta, con un sorrisone eloquente.

- Ecco dov'era finita la mia ginkgo bilboa!

Don si girò verso di lui, fulminandolo con gli occhi. - Tu usi quella roba?

Raffaello spiegò.

- Si capisce. Mi dicono tutti che sono acido e irascibile. Finché non ho incontrato una strega. Litigavo anche con lei, sempre. Fino a che un giorno lei per canzonarmi mi disse: "Zitello inacidito, scopa di più!".

- E come hai risposto all'insulto?

- Quale insulto? Era un invito!

Il sorrisone che si era dipinto sul volto di Raffaello, decisamente insolito per un grugnone come lui, era inquietante.

- Erboristeria da Isabel, la Wicca. - Annunciò, come uno slogan pubblicitario. -
Da allora mi sento molto meglio.

- Che mi presti un po' di quella pianta?

- Scordatelo.

- Allora non ti rimonto più il guscio quando si spacca.

- Va bene, ma solo una manciata!


Raffaello stava punendo Michelangelo con un Cobra Twist, subito dopo averlo fermato con laccio californiano ed averlo mandato al tappeto con una Body Slam.
L'infermiera non fece troppo caso all'esibizione di Smackdown, e continuò a stiracchiarsi pigramente sulla sedia.

- Scusate, sono venuto a prendere un bicchiere d'acqua.

L'entrata in scena del nuovo venuto gelò sul posto sia i lottatori, sia l'infermiera.
Davanti agli sguardi attoniti dei presenti, egli ricambiò con tono seccato.

- Ma che avete da guardarmi cosi?

April fu quella che fece la domanda per tutti e tre.

- Leonardo, ma tu non dovresti essere a letto?

Il blu la squadrò perplesso. - Ma ormai l'influenza è bella che passata! - Protestò.

Di corsa entrarono Donatello e il Sensei.

- Figlio mio! - Esclamò con tono duro Splinter.

- Sei impazzito? - Aggiunse Donatello. - Sei fresco di coma! Non puoi andartene in giro come se niente fosse!

- Adesso basta! - Sbottò Leonardo. - Quella storia si è conclusa un mese fa. Sono uscito dal coma, son guarito dall'Ebola, sono completamente guarito e sano come una tartarugahaaaaaacciù! - Starnutì rumorosamente.

Subito Raf e Mick si mobilitarono per prendere di peso Leo, che si dibatteva.

- Lo vedi? Potresti non essere del tutto guarito. - Sentenziò Donatello. Con un gesto fece cenno ai fratelli di riportare il degente a letto.

- Maledettei voi e la vostra psicosi! - Urlò Leo, dibattendosi inutilmente. - Vi dico che sono guaritoooo!

Lentamente, tutti uscirono dalla stanza, lasciando April da sola, a sospirare.


Alcuni mesi dopo.

- Leo, sei in grande forma oggi! - Disse Michelangelo.

- Era ora che vi convinceste! - Affermò Leo, con il sollievo.

- Era necessario un periodo di osservazione, lo dovresti capire. - Si giustificò Donatello.

- Sì. sì... Ma lasciamo stare! Mi hanno appena spedito una lettera.

Leonardo sventolò una busta sigillata sotto lo sguardo meravigliato dei fratelli.

- Una lettera d'amore? - Insinuò Michelangelo, con una gomitata di complicità. - Magari Karai?

- Non sono affari tuoi. C'è firmato solo "K".

- Karai, allora, senza dubbio! - Puntualizzò Raffaello.

- Aaaprila, siamo curiosi! - Pregò Michelangelo.

- Neppure per idea. La aprirò da solo. In privato.

E dicendo questo il blu si rinchiuse nel suo spazio privato.
Michelangelo mugugnò. - Bah, il solito riservato.

Donatello osservò Raf con aria preoccupata.

- Che c'è?

- Riflettevo su quella lettera. - Rispose il rosso. - Quella 'K' e di come abbiano saputo del nostro indirizzo.

- In effetti noi un recapito non ce l'abbiamo proprio. - Convenne Donatello.

- E se quella 'K' non fosse Karai? - Si chiese il piccolo Micky.

Donatello pose la mano sul mento, l'espressione corrucciata. - Stai a vedere che quella lettera...

Poterono quasi sentire la risata maniacale del pazzo conte maniaco De Kurtis.

Tutti si mossero verso la stanza di Leo, dando voce al loro orrendo sospetto.

- ....Antrace!




FINE?

Questa fiction è dedicata a Larapink777 e a Switch, come tributo alle loro "Virus" e "September in the Rain", sperando che non mi  mandino l'Ebola o mi fulminino direttamente per avere citato le loro opere in sede di parodia
Oltre che naturalmente tutti i gentili lettori di questo fandom.
Il cartone che guarda Splinter è Fantazoo.
Il personaggio proposto da Michelangelo è Dante Sparda di Devil May Cry
Long Live The Turtles.
 
   








  
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