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Autore: AuraNera_    26/11/2014    1 recensioni
La mia prima One Shot per il Soulwriter Team, spero che abbiate capito chi sono gli altri cinque che hanno pubblicato prima di me. Per ultima, ecco la storia di Anneke, buona lettura ;)
Genere: Drammatico | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Nuovo personaggio
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Videogioco
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FRAMMENTI - PASSO DOPO PASSO


One Shot 4 - Benedizione

Sentii il mio petto come oppresso da una forza di gravità nettamente più intensa del normale. La bocca era arida, il cuore batteva forte, troppo forte. Avevo sbagliato, avevo sbagliato tutto. Gli occhi e la mente si muovevano freneticamente, cercavano una via di fuga, mentre lui si avvicinava  con quella sua aria seria, ma triste, quasi desolata.
“No... non voglio finirla qui!”

L’odore di salsedine mi pungeva le narici e le risa dei bambini solleticavano i miei timpani. Faceva davvero caldo. Camminavo lentamente con le mani incrociate dietro la testa, godendomi il sole autunnale del tardo pomeriggio. Ero sola, sia Eclissi che Trevenant erano al fresco nelle loro Pokéball.
Ammiravo la spiaggia costituita dalla sabbia d’oro, permettevo alla brezza di insinuarsi tra i miei capelli e scompigliarmeli, mentre battevo la strada a lato costa con i miei sandali.
Mi piaceva Sinnoh. Era proprio una bella regione, e vantava un sacco di climi. Mi ero ripromessa di visitare Kalos, prima o poi. Era assurdo solo il pensiero che io non conoscessi la mia regione. Ma, dopotutto, ero dovuta scappare da essa per poter conquistare un po’ di libertà e di indipendenza, che da sempre sognavo.
Solo in quel momento mi resi conto del tempo passato. Era da più di un anno che giravo senza sosta per una regione sconosciuta, che tanto sconosciuta non era più.
Mi stavo dirigendo verso Arenipoli, città che avevo già visitato e dove alloggiavo da una settimana. Un’invenzione geniale, il Centro Pokémon. Era là che alloggiavo.
Per un periodo avevo lavorato a Flemminia per il piccolo giornale locale, per poi rimettermi in viaggio.
Un anno... mi ritrovai a pensare ai miei. Avevo promesso che sarei tornata.
Ma quando l’avrei fatto? Non sapevo rispondere a questa domanda.
Presi a calci un ciottolo che mi capitò a tiro. Lo colpii un paio di volte, prima che finisse fuori dalla mia portata. Sospirai.
“Che faccio... non mi sento ancora pronta per tornare a casa... potrei viaggiare per Kalos per poi tornare...” riflettei, mentre la grande e tecnologica città appariva davanti ai miei occhi.
Sospirai nuovamente, un po’ malinconica. Presto avrei lasciato quella regione così affascinante.
Entrai nel varco che collegava il percorso sul mare con la città. Caotica, tra l’altro. Non avevo nemmeno  fatto in tempo ad entrare, che subito mi ero imbattuta in un gruppo di ragazzi e ragazze che attorniavano un giovane sulla ventina con i capelli rossi afro, che sorrideva come un idiota, un po’ a disagio.
Schioccai la lingua, infastidita. Le persone non sanno quando è ora di smettere di comportarsi come bambini davanti a un pagliaccio che distribuisce palloncini sagomati.
- Povero, povero Vulcano, eh, Anneke? – chiese uno degli altri spettatori a quella ridicola scenetta. Io feci un mezzo sorriso.
- Mi domando come faccia a sopportarlo... io non ci riuscirei – ribattei, voltandomi a guardare il ragazzo. Corrado, il capopalestra. Lo avevo conosciuto per caso, mentre visitavo la torre. Eclissi aveva attaccato briga con il suo Luxray.
- Si, in effetti è un po’ seccante – ammise il giovane con un piccolo sorriso. Anche lui ci passava ogni tanto, dopotutto. Poi, ogni scintilla di ilarità sparì dai suoi occhi azzurri, lasciando il posto ad un’espressione seria.
- Anneke… prima ero sulla torre… e qualcuno mi ha chiesto di te. – disse.
Inclinai la testa un po’ stupita. Non conoscevo molta gente, e la maggior parte non conosceva il mio nome.
Ringraziai Corrado e mi avviai verso la torre di Arenipoli, il fulcro attivo della città. Avevo il cuore in gola per l’agitazione, ma tentai di mantenere la calma e un passo costante.
Ci mancava solo che le persone della città si accorgessero della mia agitazione e che mi fermassero per assicurarsi delle mie condizioni. Probabilmente non sarei riuscita a rispondere, avevo la bocca impastata.
La torre era piuttosto lontana, ma la si poteva vedere persino da fuori dalle mura della città. Aveva una forma curiosa, una sorta di cupola troppo alta e stretta che terminava con una sorta di punta in cima. Verso la cima partivano due… ali, o almeno davano l’impressione di essere tali. Un po’ corte effettivamente, per sorreggere la struttura, ma…
“Sto facendo dei pensieri inutili” mi sgridai, continuando a camminare verso la mia meta.
Varcai la soglia lentamente, prendendomi il tempo per chiedermi se fosse meglio prendere le scale o l’ascensore. Poi mi ricordai che la struttura possedeva unicamente le scale antincendio, adoperate solo in caso di emergenza.
Sospirai sommessamente, schiacciando il bottone. Le porte si dischiusero immediatamente, permettendomi di accedere nella stanza, che era di media grandezza, provvisto di specchio e vetro e privo di decorazioni.
Mi resi conto che Corrado aveva dimenticato di dirmi il piano, ma probabilmente dovevo salire fino all’ultimo, dove il Capopalestra passava la maggior parte del suo tempo libero.
Schiacciai il pulsante più alto e l’ascensore sobbalzò, iniziando a salire velocemente, mentre dal vetro si vedeva la città abbassarsi sempre di più. Con una nuova scossa, arrivai al piano più alto, quello poco sopra le “ali”.
La zona era circolare e piena di vetri, accanto ai quali erano posizionati a distanza uguale l’uno dall’altro, dei cannocchiali. Guardandoci attraverso si poteva intravedere la Lega Pokémon di Sinnoh. La parte centrale era accessibile solo a Corrado, e conteneva il pannello di controllo della torre.
Girai per il corridoio a ciambella, che pareva vuoto. Finché non lo vidi.
Un uomo sulla cinquantina, piegato su un cannocchiale, spiando interessato il panorama. Vestito molto elegantemente, la valigetta posata accanto alla sua gamba destra, il cappello che nascondeva parte dei capelli neri, ormai striati di grigio.
- Finalmente ci rincontriamo, Anneke – esordì con voce calma e pacata – Quanto è passato dall’ultima volta? –
Lo avevo riconosciuto subito, ma questo non aiutava la situazione. Che si aggravò ulteriormente quando l’uomo si girò a guardarmi con quelle iridi nere, talmente scure da fondersi con la pupilla.
Sentii il mio petto come oppresso da una forza di gravità nettamente più intensa del normale. La bocca era arida, il cuore batteva forte, troppo forte. Avevo sbagliato, avevo sbagliato tutto. Gli occhi e la mente si muovevano freneticamente, cercavano una via di fuga, mentre lui si avvicinava  con quella sua aria seria, ma triste, quasi desolata.
“No... non voglio finirla qui!” pensai, disperata, mentre indietreggiavo.
- Anneke… vieni. Concedi una passeggiata a tuo padre, figlia mia – disse, tendendomi una mano.
-...no…- sussurrai.
- Anneke… - provò lui.
- NO! Io non tornerò indietro con te! – gli urlai addosso. – Non mi importa quello che dice la mamma o cosa ne pensa di me “l’alta società”, io resto qui dove voglio stare! – continuai ad aggredirlo.
- ... Anneke. Calmati. – Camminò lento verso il vetro, a guardare il cielo azzurro, praticamente privo di nuvole. – Me la concedi o no questa passeggiata? Non sono qui per riportarti a casa, se non lo desideri – spiegò poi.
Riflettei. Avevo sempre i miei Pokémon con me. Ero veloce, sarei potuta scappare. E, nel caso peggiore, fare finte che lui fosse un maniaco per far venire qualcuno in mio soccorso.
Accettai e scendemmo dalla torre, in silenzio. Sempre senza proferire parola imboccammo una delle strade che costeggiava dall’altro il mare.
- Sei molto cresciuta, lo sai? E ti sono cresciuti i capelli… sei diventata proprio una signorina – ruppe il ghiaccio mio padre.
- Mmm – mormorai in risposta, tanto per fargli capire che lo stavo ascoltando.
- Sai… quando ha trovato quel biglietto, tua madre è diventata isterica. Aveva paura per te. Mi aveva chiesto di inseguirti. Ma non ho voluto, so bene che non sei insubordinata. Ho pensato che, se avessi avuto paura, saresti tornata. E invece, dopo un anno, sei diventata totalmente indipendente… - raccontò con voce lontana, quasi nostalgica.
Mi voltai ad osservarlo. Si fidava di me…? Questa era una sorpresa. Mi ero convinta della loro scarsa fiducia nei miei confronti.
Ma poi ci pensai meglio. Era mia madre quella fissata con le buone maniere, la grazia, l’eleganza, l’alto rango sociale. Era lei che voleva quella vita per me. Mio padre l’aveva sempre appoggiata, ma… mi aveva regalato Eclissi. Mi aveva lasciato andare. Quali erano le sue vere intenzioni?
- Come stanno i tuoi Pokémon? – chiese.
E io gli raccontai di Trevenant e di alcune situazioni, senza entrare troppo nei particolari. Ma… mi sentivo bene… come se mi fossi liberata da un peso.
Finalmente, non percepivo più mio padre come un estraneo, ma come una vera figura paterna.
Parlammo ancora, di lui e la mamma, di me e dei miei viaggi. Parlammo tanto, il discorso più lungo della mia vita. E probabilmente il più bello. Gli raccontai anche di Fabrian, e lui strabuzzò gli occhi, indignato.
- Come si è permesso, quel damerino…! – esclamò, e non potei non ridere per la posa da generale militare che aveva assunto. – Beh… se va bene a te… - sospirò quando si rese conto della figura che aveva fatto.
Guardò l’orologio  e sospirò.
- Dove andrai adesso, Anneke? – mi chiese, guardando verso il mare.
- Non ne sono sicura… non voglio ancora tornare a vivere a Frescovilla… mi piacerebbe viaggiare ancora… - dissi, in cerca di un consiglio.
- Se è quello che vuoi fallo. Porterò io i tuoi saluti a tua madre – mi sorrise, mentre ci avvicinavamo al porto.
- Dove mi consigli di andare? – chiesi, sperando che, almeno lui, fosse andato da qualche parte.
- Uhm… un bel posto, eh? Vediamo… - rifletté per qualche istante con la mano appoggiata sul mento. – Ci sono stato una sola volta… ma è stato affascinante… sì, credo proprio che Johto potrebbe piacerti – suggerì, sorridente.
Annuii, convinta. – Bene, allora. Andrò a Johto. E poi… tornerò a Kalos, per visitarla e tornare a trovarvi.-
Anche lui fece un cenno affermativo con la testa.
- In tal caso… - disse, tirando fuori dalla valigetta una borsa di plastica – Questi potrebbero tornarti utili. Coraggio, prendili. –
Infilai una mano nella borsetta, e le mie dita toccarono qualcosa di liscio, che vibrò sentendo la mia presenza. –Una… Pokéball? – esclamai, sorpresa.
- È un Noibat. Dato che non torni a casa, puoi portare un po’ di Kalos con te. Dai, guarda anche il resto. – mi invogliò lui.
Assicurai la sfera sulla cintura, e poi esaminai il resto. Dentro c’erano ancora un Hovolox e una strana tessera.
- Puoi utilizzare l’Hovolox per chiamarci… il mio numero e quello di tua madre sono già salvati. Su quella carta invece, trovi dei soldi. Questo viaggio deve farti crescere, ma in qualità di genitore mi sono preso la libertà di darti una mano – spiegò, sorridente.
Ricambiai il sorriso. – Grazie, papà.-
Ci abbracciammo per un po’.
- Ora devo proprio andare, Anneke. Hai la mia benedizione. Mi raccomando, divertiti e non fermarti mai davanti a nulla. Ti voglio bene, figlia mia. – disse. Ci salutammo e lui se ne andò.
Ero un po’ triste, ma l’avrei rivisto. Ora sapevo che mio padre era dalla mia parte ed ero felice.
E con il sorriso sulle labbra, mi imbarcai diretta a Johto.
 

Angolino nascosto nell'ombra:

Wei. Ho pubblicato prima delle 10, cosa che non succede praticamente mai. Quanto sono brava.
.....................
Certo, Aura, ceeeeeeeerto...
Dicevamo! Questa è la mia ultima one - shot e penso di essere anche l'ultima a pubblicare. E menomale. Perché chi mi conosce bene sa che io sono lenta come una lumaca.
Ma questo non vi inateressa.
Probabilmente chi ha letto il titlo avrà pensato che Anneke si è andata a confessare o è stata in qualche modo santificata.
SORPRESA!
Io con "benedizione" intendo quella che le da il padre per continuare il suo viaggio, infischiandosene della madre, tra l'altro. E perché ho scritto proprio questa cosa?
Non c'è un motivo particolare. Ho già detto che sto provando a parafonare Anneke alla sottoscritta, almenoun po'. E quindi, ripescando avvenimenti vari a una (buona) dose di fantasia, è saltato fuori questo.
E tutto sommato non mi fa così schifo. È un po' noiosa, ma questa è una caratteristica che hanno tutte le mie storie. Almeno dal mio punto di vista.
È anche un po' cortina, ma pazienza. L'importante è che non siano semplicemente tre righe, no?
Bene, non voglio annoiarvi ulteriormente. Io e il resto del gruppo vi aspettiamo per la long.
A presto!

Aura_

  
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