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Autore: RubyChubb    26/11/2014    1 recensioni
“Bentornato a Westeros, Sandor Clegane.”
Fu il movimento ondulatorio dolce del cavallo a destarlo. Alzò la testa, ora non più dolorante, e i capelli neri della persona seduta davanti a lui si impigliarono con la barba incolta di giorni. Viaggiavano entrambi sul medesimo cavallo. Il suo cavallo.
Le braccia del Mastino circondavano la ragazza, i polsi di nuovo legati con quella corda fine ma indistruttibile.
Una donna, si disse, sei stato messo a terra da una donna che ha poco meno dei tuoi anni.
Una donna che, invece di starsene a casa a partorire figli, se ne andava in giro vestita come un uomo e con una spada legata al fianco.
Genere: Azione, Fantasy | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Gregor Clegane, Nuovo personaggio, Sandor Clegane
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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BURN

Capitolo Uno

Il suo cavallo si era innervosito, tutta l'imbracatura non riusciva a fermare quella sensazione che entrambi stavano provando da qualche tempo a quella parte. Il Mastino e il suo animale, a capo di quella spedizione che da giorni si stava spostando verso nord, erano certi che qualcuno li stesse osservando da tempo.

L'uomo volgeva il capo a destra ed a sinistra con fare ripetitivo, gli occhi penetravano le foglie ed i rami alla ricerca della fonte del prurito che percepiva alla base del collo. La bestia sembrava annuire in rimando, con gli zoccoli che scalciavano il terreno ogni qual volta l'uomo sulla sua schiena gli imponeva di fermarsi.
Gli uomini alle loro spalle continuavano a chiacchierare rumorosamente, certi che nessuno mai li avrebbe attaccati. Quelle erano le loro terre, le terre dei loro padroni e della borsa che li pagava, nessuno avrebbe mai avuto il coraggio di scagliare una freccia nella loro direzione, se non per sostenerli in battaglia. Oltretutto, quelle erano foreste popolate da boscaioli, poveracci buoni a nulla che non guadagnavano mai abbastanza da poter pagare le tasse dei loro signori.
I Lannister.
Gli uomini alle spalle del Mastino sapevano che si trovavano in quella parte del regno soltanto perché qualcuno di quei morti di fame non stava pagando quanto dovuto ai loro signori protettori. Una delegazione di dieci uomini per riscuotere le imposte di qualche contadino che probabilmente non avrebbe visto la fine di quell'estate iniziata da poche lune.
Il Mastino era stanco di servire soltanto come cane da riporto dei suoi padroni, ma non discuteva gli ordini, soltanto la qualità dei mezzi e dei soldati di cui era a capo.
Gli uomini alle spalle erano soltanto degli idioti. L'ultima cosa da fare era affidarsi a loro ed alle loro spade arrugginite. Era meglio continuare senza destare sospetti, si disse. Forse anche i briganti attorno a loro si trovavano nella più totale ignoranza, ma non poteva sottovalutarli.
Tolse la mano dall'elsa della sua spada e sciolse la presa nervosa sulle redini del suo animale. Fingere era l'unica alternativa possibile.
I due soldati alla testa della fila si passarono in silenzio il vino. Poteva sentirne distintamente l'odore e sentì subito il bisogno di attingere alla sua riserva, appesa ad un gancio di cuoio della sua sella, ma mai se ne sarebbe concesso un sorso. Una distrazione del genere poteva costare la vita sua e dei soldati che lo accompagnavano, ma teneva più alla sua pelle dura e deformata che a quella dei suoi uomini.
"C'è una casa in lontananza.", sentì dire.
Grugnì qualcosa in assenso e decise di aumentare il passo. Quando fu abbastanza vicino alla proprietà, un uomo con un'ascia nella mano sinistra spuntò dal retro della catapecchia in pietra e legno. Aveva qualche anno in più del Mastino ma le dita grosse e spigolose stringevano l'arma con forza e decisione. Il cuoio che indossava sopra gli abiti logori aveva visto troppe estati ma nell'aspetto dell'uomo si leggeva una grande fierezza. Non si sentivano voci di donne, forse si erano nascoste in qualche anfratto della casa. Il rumore della compagnia in viaggio si poteva sentire per chilometri e chilometri, aveva dato loro abbastanza tempo per mettere in un sacco i pochi possedimenti e fuggire.
"A cosa devo la vostra visita?", chiese con un tono che traspariva poca cortesia.
"Non avete pagato le tasse."
Il Mastino si voltò. Il soldato che aveva pronunciato quelle parole strozzò ogni suono in gola, bruciato dallo sguardo del suo capitano.
"Non ho denaro. Potete prendere quanta legna volete.", rispose l'uomo.
Il Mastino alzò la sua mano destra, due dita levate al cielo come per chiamare l'attenzione dei suoi.
Un dolore lancinante alla nuca gli tolse il fiato e si propagò per tutta la testa. Le mascelle si strinsero e gli occhi si chiusero, il corpo si accasciò sul collo dell'animale. Cadde a terra e perse i sensi, non prima di sentire il nitrito dei cavalli e le grida dei soldati attorno a lui.
Si risvegliò lentamente, la luce del giorno solleticava la pelle del suo viso e lo riscaldava dolcemente. Un fischiettare allegro ed un rumore legnoso provenivano da un punto imprecisato alla sua sinistra ma comunque vicino a lui. Ebbe sete ma un panno dal sapore sgradevole gli chiudeva la bocca, una palla chiusa tra i denti che gli rendeva difficile anche la respirazione.
Scivolò di nuovo nell'oscurità, come se una forza a lui sconosciuta avesse improvvisamente risucchiato ogni forza.


Un secchio d'acqua gelida venne gettato sul suo viso ed il Mastino si svegliò ansimando. Risucchiando aria le sue pupille poterono focalizzarsi sull'ambiente circostante. Aveva bisogno di riprendere possesso di sé in fretta, altrimenti non sarebbe riuscito vivo dall'agguato.
Il bosco gli era familiare, non doveva trovarsi molto lontano dal luogo in cui i briganti lo avevano atterrato. Dovevano averlo colpito con una pietra lanciata da una fionda: si toccò la nuca e subito il gonfiore lanciò saette di dolore per tutta la sua testa. Vide del sangue sulle dita, ma non così tanto da distogliere l'attenzione dalla corda che legava i polsi.
Fine, troppo fine per poterlo arrestare.
La poca forza che aveva recuperato non gli permise comunque di strappare le fibre e cercò subito il coltello che teneva in vita. Con suo stupore lo trovò al suo posto e non perse altro tempo, doveva liberarsi, tagliare via la corda e fuggire.
Nessuno attorno a lui, era solo.
Non riusciva ad impugnare bene l'arma ma sapeva che quel filo esile non poteva che rompersi.
“Finirai per rompere il taglio della lama.”
Un calcio lo colpì proprio sulle mani e il coltello volò via. Gli occhi del mastino seguirono il profilo delle gambe del suo carceriere ma non riuscì a salire oltre il suo bacino. Gli era difficile piegare la testa, il dolore era ancora troppo fresco.
Allungò le dita e tentò di afferrare la caviglia, ma strinse soltanto aria e una foglia. Lo sbilanciamento lo fece cadere di fianco e rotolare supino. Non aveva ancora ripreso pieno possesso del suo corpo e si sentiva come un sacco di farina caduto dal carro.
“Non ti affannare, perderai di nuovo i sensi.”
Il suono era ovattato e distorto.
“Lasciami andare.”, ringhiò.
Il carceriere si sedette a cavalcioni sul suo stomaco e gli tolse quel poco di aria che i polmoni riuscivano a contenere. Posò una mano su quella del Mastino, che riconobbe subito il tocco caldo di un guanto di cuoio, mentre l'altra andò si fermò sull'enorme cicatrice che gli sfigurava il volto, il suo marchio di riconoscimento.
Immediatamente il Mastino tentò di mordere ma si sentì paralizzare. Poteva respirare, muovere gli occhi e la lingua tra i denti, ma non riusciva a spostare un singolo muscolo del suo corpo. Il panico gli formicolò la bocca dello stomaco e si impose di calmarsi, la lucidità era essenziale in quel momento.
Poteva ancora sentire il peso dell'altro su di sé.
“I tuoi uomini sono morti. Sei da solo.”
L'astuzia gli imponeva di parlare, capire che cosa volesse da lui e di conseguenza liberarsi e uccidere il suo nemico.
“Il Mastino finirà presto i suoi giorni.”
Seguirono delle parole che i suoi orecchi non percepirono, forse uno strano dialetto che non aveva mai sentito parlare fino a quel momento. L'altro si alzò e si allontanò, non seppe dire quanto.
I muscoli si rilassarono completamente e gli occhi si chiusero nuovamente.


 
“Bentornato a Westeros, Sandor Clegane.”
Fu il movimento ondulatorio dolce del cavallo a destarlo. Alzò la testa, ora non più dolorante, e  i  capelli neri della persona seduta davanti a lui si impigliarono con la barba incolta di giorni. Viaggiavano entrambi sul medesimo cavallo. Il suo cavallo.
Le braccia del Mastino circondavano la ragazza, i polsi di nuovo legati con quella corda fine ma indistruttibile.
Una donna, si disse, sei stato messo a terra da una donna che ha poco meno dei tuoi anni.
Una donna che, invece di starsene a casa a partorire figli, se ne andava in giro vestita come un uomo e con una spada legata al fianco.
Sputò rabbiosamente il catarro che si era accumulato nella sua gola. Riusciva a pensare a mille modi diversi per potersi liberare ed il più semplice di tutti era disarcionarla. Gli bastava soltanto stringere le braccia e portarsela giù dal cavallo, a terra, in quel modo l'avrebbe stordita per la sorpresa ed avrebbe avuto il tempo di risalire verso il collo e romperlo in un istante.
Si trattenne.
Osservò ciò che lo circondava. Direzione sud-ovest, un ruscello scorreva alla loro destra. Non si vedevano case o segni della presenza di uomini, se non per quel rivolo disegnato a terra. Non si trovavano in luoghi a lui familiari, dovevano essersi spostati di diversi chilometri dal momento in cui erano stati attaccati.
“Hai sete?”, gli chiese.
Grugnì un sì.
Continuarono a percorrere il sentiero.
“Posso avere dell'acqua?”
“Certo.”
Il passo lento ma deciso del cavallo non venne fermato. Stupide donne che non sanno stare al loro posto.
“Non posso prenderla.”
La ragazza si voltò quel poco che le bastava ad avvicinargli alle labbra la borraccia di cuoio.
“Dove mi stai portando?”, le chiese dopo aver tracannato quanta più acqua poté.
“Dove potrò fare giustizia.”
Roteò gli occhi e sbuffò, gli venne quasi da ridere. Donne. Non aveva mai conosciuto migliori portatori di rancore. Erano imbattibili, nessun uomo era capace di covare così tanto odio verso una persona.
Ci sono eccezioni.
Lui non sapeva dirsi quale torto poteva averle arrecato o chi dei suoi cari aveva ucciso in passato, tanto da costringerla a tendergli un agguato in mezzo al bosco mentre riscuoteva le tasse per conto del vecchio Lannister.
Purtroppo non sarebbero venuti a cercarlo presto, dato che nessuno aspettava il loro rientro prima di almeno due settimane.
“Quante notti sono passate da quando ci avete attaccati.”
“Uno.”
“A breve saranno sulle nostre tracce.”, le mentì.
“Non credo, ma so anche che stai pensando di disarcionarmi e rompermi le ossa del collo.”
Rise.
“Potrei farlo anche adesso.”
“Avanti.”
La ragazza scostò i capelli neri e lisci e li raccolse sulla spalla destra. Il cuoio della tunica era ben lavorato e si chiudeva con precisione attorno al suo collo, regalandogli una presa perfetta. Avrebbe anche potuto morderla e lasciarla dissanguare.
“Arriveremo a destinazione ben prima che i tuoi ci raggiungano.”, disse lei, lasciando che i capelli tornassero al loro posto.
“Non contarci.”
Rimasero in silenzio per il resto del tragitto, il Mastino ebbe modo di pensare così tanto da scoppiare, se avesse continuato ancora a lungo lo avrebbero fatto Maestro alla Cittadella con tutti gli onori. Si chiese come aveva potuto una sola donna fare fuori la sua intera squadra, era impossibile, qualcuno aveva dovuto aiutarla. Si ricordava bene il volto del boscaiolo, la casa in pietra e la mano con cui stringeva l'ascia. Forse era stata tutta una messinscena per farli fermare e dare il tempo ai briganti di assaltarli, era l'unica spiegazione convincente che il Mastino sapeva darsi. Di certo quella ragazza non sarebbe stata in grado di farlo salire in groppa al suo cavallo senza morire schiacciata sotto il peso del suo corpo.
Era ben armata: i suoi pugni legati toccavano un coltello stretto nella cintura, con cui riusciva a pensare all'ennesima via di fuga. Probabilmente la ragazza teneva anche qualche piccola lama nascosta nello stivale e, ora che si era voltato, il Mastino vide anche un arco e delle frecce appese alla sella, assieme ad un sacco da spalla.
Notò anche la bella decorazione che adornava l'elsa della spada, la cucitura perfetta dei vestiti ed il buon tessuto. Il cuoio era di una lavorazione abbastanza pregiata.
La donna non era una popolana ma sicuramente la figlia di qualche signorotto locale. Uno che si era dimenticato di insegnare alla propria prole quali erano i veri doveri di una donna. Controllò bene l'elsa in cerca di qualche indizio sulla sua identità.
“Chi sei.”, le domandò, terminando così il silenzio.
“Ellyn.”
“A quale casata appartieni.”
“Nessuna.”
Il Mastino sogghignò.
“Indossi abiti ed armi costose.”
“Li ho comprati con soldi rubati.”
Con una mossa veloce Ellyn si liberò dalle sue braccia, ancora legate attorno a lei, e scese dal cavallo. In quell'istante il Mastino ebbe l'impulso irrefrenabile di afferrare le briglie del cavallo, calciare e fuggire al galoppo. In un giorno e mezzo avrebbe sicuramente raggiunto la pattuglia che lo stava già cercando.
Scese dal suo animale con un salto non troppo agile.
“Raccolgo qualche legno per riscaldarci.”, gli disse.
“Così faciliterai il lavoro dei miei uomini.”
Fu Ellyn a ridere. Indicò una pianta centenaria e scura alla sua destra.
“Siediti vicino a quell'albero. Passeremo la notte qui.”
Obbedì, ma non senza borbottarle qualcosa alle spalle. Ellyn raccolse abbastanza legna per scaldarli tutta la notte, un gesto completamente idiota che solo uno stupido o una donna poteva commettere, date le circostanze. La luce del fuoco ed il fumo avrebbero attirato l'attenzione su di loro e il Mastino la lasciava fare, come se fosse stato curioso di ciò che poteva fare.
Tornò anche con un coniglio panciuto e delle erbe.
“Non sai nasconderti ma spero vivamente che tu sappia cucinare.”
Lei non  rispose, né gli chiese di aiutarlo. Accese la fiamma e poco tempo dopo l'animale spellato venne messo ad arrostire. Allontanò un mucchietto di braci dal cuore del fuoco e vi posò una microscopica terracotta con dell'acqua, dentro al quale spezzò le erbe che aveva raccolto.
Quando glielo dette a bere il Mastino si rifiutò.
“Non mi interessano i tuoi intrugli, ragazzina.”
Ellyn alzò le spalle e lo bevve al suo posto. L'odore della carne in cottura stuzzicava l'appetito ad entrambi, il Mastino si rese conto che non mangiava da giorni. Fissava il fuoco con orrore ed una crescente impazienza, dovette distogliere lo sguardo.
Dall'altra parte della fiamma la ragazza reggeva il suo intruglio con le mani, una di cui chiusa in un guanto.
“Sei sfigurata anche tu, come me.”, le disse.
Lei parve non capire e le indicò la mano con un gesto del capo.
“Cosa te lo fa pensare?”
“Se potessi indosserei anch'io una maschera, ma mi ostacola la visione quando combatto e uccido.”
Ellyn prese un sorso del suo intruglio. I tratti del suo viso erano piacevoli e i grandi occhi scuri sembravano voler bucare dentro l'anima di chi la affrontava.
“Chi ti ha aiutato.”
“Nessuno.”
“E' impossibile, una ragazzina non sa combattere.”
Le labbra di Ellyn si piegarono verso l'alto.
“Secondo me ti sei fatta aiutare dai tuoi amici briganti. Il boscaiolo era lì per aiutarti, non è vero? In quanti eravate.”
“Te l'ho detto, ero da sola.”
“Avere una spada al fianco non significa essere un soldato.”
Ellyn scosse la testa e si preoccupò di girare la carcassa dell'animale.
“Se sono davvero stato svenuto fino ad oggi, come avrei fatto a salire sul mio cavallo? Di certo non puoi aver fatto forza soltanto sulle tue braccia.”
“Sei montato da solo.”
“Vuol dire che non ero svenuto.”
Adesso aveva preso un coltello e stava smembrando la loro cena.
“Su quella parte ti ho mentito.”
Gli porse la coscia assieme ad un pezzo di pane duro ed il Mastino li addentò subito. La carne si sciolse tra i suoi denti.
“Non eri svenuto, eri soltanto... Non del tutto cosciente.”
Il Mastino si avvicinò al fuoco e prese un altro boccone. La sua fame era troppo più forte della paura, non ascoltava le parole di Ellyn e parlava quasi senza riflettere.
“Che cosa vuoi dire.”, biascicò tra un morso e l'altro.
“Eri abbastanza sveglio da muoverti.”
“Stai parlando a sproposito. Passami del vino.”
“Non ne ho.”
“Sei una stupida!”, ringhiò il Mastino, “Tutti hanno del vino con sé!”
Ellyn non si scompose e finì di mangiare la sua porzione in silenzio, leccandosi le dita. Le ossa vennero buttate tra le ceneri e i due non ebbero voglia di riprendere la conversazione. Mentre lei affilava le sue lame, il Mastino sentì le membra intorpidirsi e le palpebre chiudersi.



Angolo autrice
L'ultima fanfiction da me pubblicata risale al 2010 e da quell'anno ne è passata di acqua sotto ai ponti.
Vi ringrazio già per aver aperto, letto e/o recensito questa storia.
Ruby :)
   
 
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