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Autore: Kit_05    31/10/2008    7 recensioni
E una strega che canticchiava tra sé, Dolcetto o Scherzetto? Dolcetto o Scherzetto?, mentre un teschio e un serpente squarciavano il cielo.
Scritta per la Seconda Minidisfida indetta dal sito Criticoni.
Genere: Generale, Drammatico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Altro personaggio, Bellatrix Lestrange
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Nota: Oneshot (per EFP, per la mia classificazione rimane una flashfic :p) scritta in occasione della Seconda Minidisfida indetta dal sito Criticoni. E’ il racconto più lungo che abbia scritto finora :wacko: XDD
Ci sono due piccolissime incongruenze con il canon (una certa, l’altra… probabile^^): un dolcetto per chiunque le scoverà^^
Un grazie alla Moglia Emily Doe per il sostegno morale e non solo^^.

Disclaimer: Edgar Bones e famiglia, così come Bellatrix Black e famiglia sono di proprietà di JKRowling. Ashdon è un minuscolo villaggio dell’Essex (altro dolcetto se sapete perché la scelta è caduta sull’Essex :p), mentre lo Zellino Bucato e le sue specchiature sono miei^^



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Fino alle dieci di sera di quel 31 ottobre, la giornata di Edgar Bones e della sua famiglia fu piacevolmente normale.

Finito il lavoro, come spesso gli accadeva specialmente nei giorni di festa, Edgar non si era Smaterializzato direttamente a casa propria, preferendo invece apparire allo Zellino Bucato, il piccolo – e unico – pub nell’altrettanto minuto villaggio di Ashdon.

Lo Zellino Bucato non offriva particolari attrattive, eppure non mancava mai di calamitare tra i propri – pochi – tavolini Edgar, quando sia il mondo Babbano sia il mondo Magico erano in fermento per una festa. Gli calmava sempre il cuore e lo spirito poter osservare dalle specchiature sporche delle vetrate di quel locale, posto al confine tra le due comunità, come persone così diverse tra loro si avvicinassero comunque nei piccoli gesti. Quella signora Babbana, nella villetta sull’altro ciglio della strada, china sul forno per infornare qualche leccornia, non era poi molto diversa, nei modi operosi e negli atteggiamenti, dalla Signora Haff e dal suo affrettarsi sui dolcetti di zucca che come ogni anno non avrebbe mancato di mandare al nipote, a Hogwarts. E se i pipistrelli che svolazzavano in maniera non dissimile da un’aureola su quel costume Babbano erano indubbiamente una qualche diavoleria meccanica e nulla di reale, le voci scherzose ed eccitate di quei bimbi, che sarebbero da lì a poco passati di casa in casa pronti a ricevere dolcetti e a infliggere innocui e giocosi scherzetti, avevano gli stessi toni e la stessa anticipazione con cui i suoi stessi figli avrebbero vissuto quella magica serata.

Un congegno elettlico, una candela all’interno di una zucca che emanava luce di colori diversi ogni pochi secondi, catturò la sua attenzione, e con lo sguardo seguì l’uomo che la stava portando in braccio lungo la via. Quando il mantello scuro e pesante di quello sconosciuto signore svanì oltre l’ultimo pannello della vetrata, Edgar si chiese oziosamente come sarebbe stato vivere quella vita, immerso in tutte quelle diavolerie strane e affascinanti, senza preoccuparsi di pazzi e di serpenti, di odio e di irrazionalità.

Si chiese fugacemente se quello che provava per il mondo Babbano fosse ossessione o solo voglia di pace e di normalità, mentre guardava impotente il suo mondo sgretolarsi davanti ai propri occhi. Poi il ricordo della risata della moglie nello sbuffare la consueta battuta, ‘A volte mi domando se mi hai chiesto di sposarti perché mi amavi o perché amavi il mio essere Nata Babbana’, lo riportò a casa.

***


Bellatrix Lestrange, née Black, odiava Halloween.

Lo odiava da anni (no, non da sempre); emblema dello sfascio della sua famiglia, del suo fallimento, della sua colpa.

C’era stato un tempo in cui aspettava con gioia – segreta, composta, esuberante – quel giorno. In cui il riunirsi della sua famiglia la riempiva di un orgoglio e di un’esaltazione indicibile. Lei, la maggiore tra le sue sorelle e i suoi cugini, e quella che doveva dare il buon esempio, che doveva indicare la strada da seguire.

Aveva amato quegli Halloween; quel truccare e agghindare la piccola Narcissa, quel rintuzzare l’ancor più piccolo Sirius per qualche scherzetto troppo vivace (loro erano comunque Black, la classe veniva prima di tutto), quel dividere i dolcetti con Regulus e Andromeda (non in parti uguali, però. Lei era la maggiore, e questo contava.) E proprio in nome di quella quieta contentezza allora provata, ora avrebbe cancellato quel giorno dalla faccia della terra.

Aveva amato la sua famiglia, ed era stata tradita. Tradita da un cugino e da una sorella che le avevano voltato le spalle, che non avevano seguito il suo esempio. Non era riuscita a instillare nelle loro menti quei precetti che le erano stati ripetuti sin dalla culla e che le erano cari nel cuore: aveva fallito nel suo essere guida di tutti loro. Aveva amato la sua famiglia, e i suoi sforzi nell’essere una Black degna del proprio nome le erano stati rigettati con disprezzo in faccia.

No, non avrebbe mai amato più nessuno con quello spensierato furore adolescenziale. Le persone tradiscono, solo i suoi ideali non l’avrebbero lasciata mai. I suoi ideali e la sorda vendetta che le dilaniava le vene.

“Un Sanguelercio da sgozzare per i tuoi pensieri, fiore mio,” le chiese all’improvviso Rodolphus.

“Dovresti smetterla di prendere in giro Lucius e mia sorella, Rod,” e doveva anche smetterla di riportarle in mente i suoi parenti.

Suo marito scrollò le spalle. “Pensavo...”

“Uhm?”

“Dovremmo festeggiare, stasera. Per le vecchie tradizioni. Omaggiare i morti e via dicendo… Dovremmo rimpolpare le fila di coloro da omaggiare, no?”

“Qualcuno in mente?” Qualunque cosa pur di distrarre la mente da quel giorno, pur di poter vendicare il proprio orgoglio.

Rodolphus alzò le spalle. “I Bones hanno iniziato nuovamente a dare fastidi.” Un ghigno malefico gli si dipinse in volto. “Edgar. Ha sposato una Sanguelercio e generato qualche aberrante marmocchio.”

Sanguelercio. Marmocchi. E una sorella perduta, o forse mai esistita.

“Fammi strada.”

***


Fino alle dieci di sera di quel 31 ottobre, la giornata di Edgar Bones e della sua famiglia fu piacevolmente normale.

Poi gli allarmi di protezione scattarono, ululando invano il loro avvertimento.

Grida, urla, dolore. I pianti di due bambini e i singulti scomposti di un corpo tormentato con una Maledizione Cruciatus. (Perché lei aveva sofferto. Lei soffriva. Ed era tutta colpa loro e di chi come loro le aveva rubato la famiglia. Di chi aveva infranto i suoi sogni e il suo cuore. Non avrebbero mai sofferto quanto lei.)

Lampi verdi, un silenzio ancora più rimbombante delle urla.

E una strega che canticchiava tra sé, Dolcetto o Scherzetto? Dolcetto o Scherzetto?, mentre un teschio e un serpente squarciavano il cielo.

Dolcetto o Scherzetto?

Dolcetto o Scherzetto?



*Fine*




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