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Autore: Cassie chan    27/11/2014    5 recensioni
MISSING MOMENT CAPITOLO 45 di "HAVE A LITTLE FAIRY TALE"
Nel tempo che ho impiegato a salutare Harry e Ron, Draco si è allontanato molto di più di quanto mi fossi accorta… ma soprattutto non è da solo. È con Ilai. È con lui che sta parlando, l’espressione scura, ampiamente restituita da Ilai che, a sua volta, lo guarda teso e nervoso.
Giochi di specchi, la fine vicina, la prima ed ultima conversazione tra le due metà del cuore di Hermione Granger: Ilai Radcenko e Draco Malfoy.
Genere: Angst, Introspettivo, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Draco Malfoy, Hermione Granger, Nuovo personaggio
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
- Questa storia fa parte della serie 'THE "HAVE A LITTLE FAIRY TALE" SAGA. '
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Gli si avvicina piano, quatto, come da sempre è abituato a fare. Subdolo, silenzioso, sfuggente, così che la preda non se ne accorga e non scappi. Del resto è lì che medita il soldatino russo ad occhi chiusi. Non si accorgerebbe manco dell’apocalisse piombatagli in testa a tradimento.

Si ferma qualche secondo Draco e non sa se sia titubanza, remora o livore.

Sa solo che si ferma a guardarlo un po’ ad occhi socchiusi. Tenta di guardarlo con gli occhi di lei.

Un esercizio malsano di perversione, certamente. Non ha niente della stolta purezza degli occhi di una donna. Non ha manco nulla di quel particolare scandaglio dorato che è lo sguardo di Hermione Granger.

Ma è inevitabile, giunti a quel punto, esercitarsi in quel volo pindarico di immedesimazione illogica.

Ormai fa ogni cosa solo per ricavarne il maggior male possibile. Il bene, quel poco rimasto, quello che sopravvive come un pesce di basso fondo che sguazza nel limo e nel fango, ha il sapore del polistirolo.

Solo il male, solo quello, solo il cuore spaccato, la mente a pezzi e le ossa rotte, lo fanno sentire davvero vivo, facendogli cuocere il sangue nelle vene.

Lo guarda ancora, notando i particolari apparentemente più sciocchi ed asettici della sua persona, e non ne ricava granché impressione di sorta. È molto più alto di lui, d’accordo. Ma ha spesso le spalle piegate come se portasse un peso enorme, il martire. Come se portasse ancora sulla schiena la colpa della moglie morta. Quindi la sua altezza sparisce, si dissolve, si umilia al confronto dei suoi menti sollevati, delle sue spalle larghe e della sua schiena dritta. Sebbene io, di morti sulla schiena, ne abbia ben più di te. Sa che è più grande di lui di quattro anni, ma questo non gli conferisce chissà che aria di saggezza posata e conquistata a caro prezzo: non ha un reticolo di rughe affascinanti attorno agli occhi, né tantomeno movenze più studiate o capelli tinti d’argento come a voler sminuire il tempo che scorre.

E che dannazione sono quattro anni, in fondo? Non sono niente. Non può essere questo.

Lo studia ancora, freme di dannazione e d’inferno: lei c’ha un modo tutto suo di guardarlo. Ci ripensa, lo insegue nella testa, lo prefigura e dipinge davanti agli occhi così da trovare una risposta. Non l’ha mai vista guardare nessuno così… tantomeno lui. Non saprebbe neanche descriverlo.

Non è uno sguardo incantato, perso, dolce di miele e profumato di vaniglia: così guarda lui e ci mancherebbe che guardasse Radcenko così. Lei ha un altro modo di guardarlo. E lui non lo sopporta. Manco dovrebbe guardarlo a dirla tutta… manco dovrebbe saper distinguere uno sguardo per sé ed uno per Radcenko.

Di te, tutto è sempre stato mio. Non azzardarti ad inventare, a scoprire altro… per un altro.

Ma Hermione Granger se n’è sempre fregata di lui: si spartisce anima e cuore in tutto, facendo proporzioni e divisioni di sé stessa come se esistessero sempre nuove riserve segrete di lei che lui non conosce. Se gli ha dato duecento… e lui pensa che sia tutto… un giorno scopre che Potter aveva cento di lei, Weasley cento e due, Thomas centocinquanta. Punteggi di sorrisi, gesti, parole che lei si inventa giorno per giorno e riserva di sfumature per persone specifiche. A lui, a Draco Malfoy, destina ormai patine incolori di sorrisi, occhi baluginanti di lacrime dorate e parole monche e fosche di ricordo e rimpianto. Però almeno preserva ancora uno sguardo solo per lui. Le sfugge per un attimo, un secondo solo, come se la memoria le facesse cortocircuito e ci impiegasse qualche secondo a riavviare il sistema.

Solo per qualche secondo lo guarda come è abituata a fare.

Con quegli occhi che profumano persino tanto la sente vicina: con le iridi spalancate ed attente, dolcissime, eppure abbandonate in una sorta di languido sconforto e di feroce rassegnazione. Qualcuno direbbe: “Ti mangia con gli occhi”, qualcuno direbbe “Se uno sguardo potesse uccidere…”… e lui direbbe soltanto che finché Hermione Granger lo guarda con un misto tra voglia di saltargli addosso e voglia ugualmente di saltargli addosso ma per assassinarlo…  allora il mondo se ne sta davvero fermo sul suo asse e lui può essere contento.

È quando quello sguardo si putrefà in lei, quando lei ricorda, quando d’improvviso sussulta un po’ e contrae le spalle, quando abbassa gli occhi e per un attimo sembra voler solo scappare… è quando poi, alla fine, orgogliosa leonessa di stoppa e paglia, torna a guardarlo ed ha quello sguardo slavato, sbiadito, disattento ed appeso ad un filo di malessere intimamente indispensabile… è allora che si mette a contare e a classificare gli sguardi che ha per gli altri.

Forse solo Alex è sovrano eterno e totale di lei, e di lei ha tutto.

Ogni cosa. Andrebbe bene, figurarsi: darebbe lui stesso tutto a suo figlio.

Pur non potendo più, pur non potendo mai.

Ma lei ha un’altra porzione di sé, un’altra piccola meravigliosa fetta di sé stessa, inesplorata come la terra nuova per il pigro navigatore. E quella landa non scoperta ha stampato sopra il nome di Ilai Radcenko.

E non capisce ancora perché.

Perché lo guarda così?

Lo mette a fuoco finalmente, acquisisce chiarezza e definizione con un retrogusto di amarognolo e dolciastro assieme che gli dà la sensazione di un brutta fitta nello stomaco. La ricorda, se la vede di fronte, aveva appena sentito tramite le parole dell’Empatica che Radcenko potrebbe morire. Se la rivede davanti mentre reagisce come se le stessero strappando qualcosa di dosso a forza.

Se la rivede davanti mentre dice: “Io… non ti permetterò di rischiare la vita per me…”.

Si concentra solo sui suoi occhi.

Ha uno sguardo di resa gentile quando lo guarda.

Lo guarda e sempre, dopo, un po’ respira, un po’ rilassa le spalle, un po’ prende fiato.

Bella.

Dio, quanto è bella quando lo guarda.

È mai stata così bella vicino a me?

Molla le difese, ecco che fa. Si, ecco… si lascia andare. Abbassa i muri. Fremono le palpebre, le ciglia, freme anche lei… ma d’improvviso, d’un tratto, non ha più quella tensione sconvolta dei tendini a tenerla sempre tesa sull’abisso. Come quando guarda me. Fulminea, sa di languore. Repentina, sa di un abbandono a braccia spalancate verso un precipizio con la coscienza che c’è qualcuno che l’afferra.

Si fida di lui. Poche parole in fondo: si fida di lui. E si affida a lui. Lui non le farà mai del male… come me.

In verità… lei non lo guarda più. E, contraddizione, fa più schifo questo che il resto. Magari continuasse a guardarlo: si fida di lui, va bene. Pure di un cane uno si fida. Chi cazzo se ne frega. Di quello con cui ha fatto un figlio non si è mai fidata, ok, soprassediamo. Non è che le può fare una colpa… forse manco lui stesso si è mai fidato di lei. È persino bello non fidarsi… e sorprendersi sempre per il buono e restare inermi di fronte al male.

È tipo una polizza a vita per le cazzate.

… ma lei non lo guarda più Radcenko. Neanche per sbaglio. Neanche per errore. Neanche perché segue una mosca con gli occhi e quel bastardo le capita nel campo visivo. È maniacalmente attenta a non guardarlo più. Ci fa attenzione come quando cammini per strada e temi le buche nell’asfalto.

Radcenko è la sua buca nell’asfalto: una sorpresa fonda che manda su e giù il cuore. Un sobbalzo, un picco di emozione… e allora ci stai attento.

Draco lo sa, cazzo se lo sa: Hermione non lo guarda più perché non lo guarderebbe più come prima. Avrebbe uno sguardo nuovo che teme più di Adamar, più della morte, più della morte di lei.

E pure quello sguardo chissà dove ce l’aveva nascosto.

È successo qualcosa.

L’ha capito subito appena l’ha vista.

Due più due fa quattro pure alla fine del mondo.

Lei non parla, lei non glielo dice, invoca le omissioni e la pace universale. E Draco, per un attimo, pensa persino che stavolta sarebbe bello rispettarla, sarebbe bello affidarsi a lei e dirsi che va bene così, che sono decisioni e pensieri suoi, che ha diritto ad un perimetro di cazzi suoi, visto che non stanno più assieme. Potrebbe anche sposarsi con Radcenko e lui potrebbe aprire bocca solo se avesse intenzione di chiedere se gli hanno riservato un tavolo vicino alla finestra, o di fronte alle casse della musica.

E lui, eccome se la rispetta, figurarsi… c’ha il sangue marcio a furia di rispettarla.

Si affannano tutti per rispettare la bella principessa mezzosangue.

E lui, difatti, la lascia a salutare i suoi amici, mentre sfugge come una lepre gli occhi di Radcenko. E si limita solo a guardarlo quel bastardo. Mica a spaccargli la faccia, o spezzargli le gambe. No: lo guarda e basta. Si limiterà a capire così perché lei adesso non lo guardi più. A suon di supposizioni stiracchiate e di commenti stantii, verrà fuori da quell’enigma.

Non hai smesso di fidarti di lui, figuriamoci: è così meravigliosamente onorevole che non ti ferirà mai.

… e allora è altro.

Allora… magari… non lo guardi più perché…

Si secca la gola, si chiude la faringe, per un attimo li immagina assieme e sembra così sbagliato e contronatura da fargli venire voglia di rimettere. È tutto scomodamente ridotto ad un pensiero delle dimensioni di una capocchia di spillo. Punge pure nello stesso fastidioso ed irritante modo… tanto per essere gentili e non dire piuttosto che lo lacera dall’interno.

È semplice vero?

Radcenko deve averla avuta in qualche modo.

Si sono detti addio mentre lui era con Serenity.

Non c’era nessuno in giro.

Tutto taceva in casa.

Certo: se l’è portata a letto. Le è piaciuto, le piace, se lo vorrebbe scopare ancora.

e fanculo allora al rispetto. Lui può anche non rispettarla e scoparsela dietro un albero. Io devo rispettarla, certo… e guardarmela dormire addosso sapendo che morirò a breve e non l’avrò mai più.

Lo sfizio è prerogativa dei principi e dei puri di cuore.

Non degli stronzi come me che non riescono neppure a darle più un bacio.

L’ha fatta godere così, una volta sola. Tanto per dirsi addio. 

Il rispetto non dà da mangiare: certo non dà pace, tregua, riposo.

E si ritrova a voltarsi verso di lei mentre parla ancora con la Weasley e la Mc Donald. Spia il suo viso, e lei è un mistero di cera liquida che non fornisce risposte. Ha gli occhi torbidi e sporchi, ma stanno dicendo addio al mondo, alla vita, al loro figlio, a sé stessi. Lei non gli darà la verità.

Si volta di scatto, veloce, fulmineo: allora lo farai tu, Radcenko.

Lo afferra fulmineo per la spalla, costringendolo a sussultare e ad aprire gli occhi confuso e disorientato. Ha una patina diffusa di nebbia negli occhi, chissà a che cazzo pensava il bastardo. Poi lo riconosce, sospira e fa per chiudere gli occhi daccapo. Draco allora affonda le unghie nella pelle sottile della scapola come se gliela volesse strappare di dosso. Lui, ancora, non si muove, non fa una mossa.

Immobile come una maledetta montagna che il vento non può toccare.

Sicuro, certo: le piace anche questo di te.

Non riesce più a trattenersi a quel punto, glielo sputa fuori come se avesse ingurgitato del veleno: “Te la sei scopata?”.

Ilai trasale per un secondo, riapre gli occhi e lo guarda in viso come se sperasse solo con quello di metterlo a tacere. Illuso. È il cavaliere delle onore delle donne, lo legge nel suo sguardo mesto e sopraffino di grazia ed educazione. Difatti, damerino fino in fondo, non gli risponde affatto, limitandosi a sospirare a lungo apparentemente solo esasperato. Non gli sbatterebbe nulla in faccia al solo gusto di colpirlo se indirettamente potrebbe ferire lei di fuoco amico. Coglione. Grandissimo coglione. Lo fanno talmente incazzare quelli così, che la presa sulla sua spalla si fa così forte da strattonargli la camicia che porta. Solo allora Radcenko getta uno sguardo distratto alla sua mano: con un gesto volatile, violento, la stacca da sé stringendo i denti.

Draco, per un attimo, si sorprende persino, lo guarda ad occhi spalancati mentre si solleva eretto e fa per allontanarsi. È un attimo che rinnega subito, un attimo a cui non lascia presa nel fondo di sé. Ma è un attimo di sorpresa. È incazzato Radcenko. Esattamente come me. Che cazzo c’ha lui per essere incazzato?

Torna però subito alla carica, non lasciandosi distrarre dal pensiero dell’affinità con il rivale.

Nulla hanno in comune, niente: manco quella furia angosciante di saperla di tutti e due.

“Avanti su…” lo incalza bonario, arrivandogli alle spalle e costringendolo a fermarsi “Non fare il maledetto nobile prezioso… te la sei scopata?”.

Ilai si volta verso di lui, sbigottito, stupito. Ha ancora gli occhi lontani, foschi: sembra non vederlo neppure, sembra parlare da un’altezza smisurata, come un fottuto Mosè che scende dal Sinai con le tavole della legge. Coglione: due volte coglione.

“Illustrami in base a quale principio dovrei adesso risponderti…” sibila senza emozione con il tono di una vera ed autentica domanda. Esasperante nella sua logica.

Draco non l’ha mai sentito parlare con lui, questa effettivamente è la prima volta che si rivolgono davvero la parola escludendo la sera in cui lo vide prendere in braccio Hermione e portarla in casa.

Sei il marito di Hermione?

Sarà lei a dirti quello che sono.

Due frasi: e già lo voleva prendere a cazzotti.

Però lei se ne stava lì tra le sue braccia. Ed allora il resto andò simpaticamente a farsi benedire. Era lì dopo cinque anni… con un altro. Chi se ne fotte chi era quell’altro… non lo degnò che di mezzo sguardo storto. C’era… e tanto bastava.

Ora, però, lo vede e lo sente. E si chiede come non ha mai visto e non ha mai sentito.

Ecco che altro vedi in lui. Cazzo… ha lo stesso tuo tono di voce.

Parla come te, mi guarda come te… ha lo sguardo che avevi tu ad Hogwarts quando mi incrociavi nei corridoi. Superiore, lontano, distratto: sono polvere di scarpe, e tu Pangea d’Universo.

Non mi guardi più così: come la regina del bene.

Ma lui sì.

Ecco che altro vedi in lui: siete due profeti dall’anima mortale.

Due sacerdoti della verità assoluta. Solo a voi si rivela il Verbo, non sia mai che lo veda anche io.

La rivelazione penalizza un po’ di lucidità, difatti lascia che Radcenko prosegua noncurante: “Magari, sai, magari… mi spieghi perché dovrei risponderti e mi evito persino di fare quello che avrei dovuto fare dal primo momento in cui ti ho visto…”.

Ma il bastardo c’ha anche altro dentro: qualcosa di sorprendentemente stridente con la razionalità cesellata del bravo ragazzo e con la pacatezza affinata del salvatore di principesse mezzosangue. Qualcos’altro… Draco sogghigna tra sé. Naturale che ci sia anche altro. Si era quasi dimenticato di quel piccolo particolare. Si ricorda persino i nomi: Irina, Shura, Dominika.

È un fianco scoperto che lo candida improvvisamente più simile a sé di quanto si aspetti: ed allora è facile colpire. È facilissimo. Deve essere davvero in debito di intelligenza e in eccesso di rispetto per essere stato zitto fino ad ora. Fino a quando somiglia a lei… c’è poco da fare. Se somiglia a lui, c’è pure troppo da fare.

“Vorresti… ammazzarmi, Radcenko?” glielo chiede diretto, insinuante, con un’ombra di sorriso bieco sul volto. Il sottotesto ben chiaro persino mentre ancora non ha finito la frase, è che può persino fingere disinteresse. Ma anche per lui vale la stessa regola: non possono vivere se l’altro sopravvive.

Peggio di Potter e Voldemort.

Radcenko lo guarda inarcando scettico un sopracciglio, limitandosi ad uno sbuffo di sconcerto rabbioso: “Perché tu no?”.

“La mia tendenza all’omicidio è largamente paragonabile alla preferenza della gente comune per il caffè, il tè o lo scotch dopo una cena di lavoro…” commenta lui allora infinitamente annoiato nel dovergli spiegare una cosa così scontata e semplice “Ti sto persino rendendo onore così. Sei tu quello… nobile tra noi due, Radcenko”. Sottolinea con una marcata inflessione della voce l’aggettivo nobile, così che si stacchi dal resto della frase e gli giunga nelle orecchie come un dardo infuocato. Radcenko, simultaneamente, sembra comprendere che non si libererà facilmente da quella situazione: sospira ancora, a lungo, a disagio. Ha un moto nervoso delle mani che, forse, vorrebbero solo stringere il suo collo.

Invece, alla fine, le calma, le rilassa, le lascia cadere lungo i fianchi. Perché lui non farebbe mai niente di meno di quello che sia giusto.

Coglione.

“L’aggettivo nobile detto da te suona come la descrizione dell’idiozia…” chiosa serio con un sorriso sghembo e storto “Quindi mi abbasserò ben felice ai tuoi istinti, Malfoy…”.

Come pronuncia il mio cognome… come lo pronuncia lei, quando mi vuole ferire.

Come se ci mettesse dentro tutte le parole peggiori: stronzo, bastardo, Mangiamorte, traditore, spergiuro.

Continua, Radcenko. Continua. Dammi il colpo di grazia, figlio di puttana, somigliandole come uno specchio gemello al contrario.

So perfettamente come chiamare te per farti sentire la metà di come vuoi far sentire me.

“Se lo sapesse lei, dubito che ti amerebbe così tanto…” mormora preoccupato, mellifluo, come se fosse sinceramente impensierito da un sentimento malriposto di lei verso di lui.

Sa che lei non lo ama. Sa che sono tutte puttanate sorte a causa sua. Sa che, se loro due fossero davvero quelli che sempre sono stati, Ilai Radcenko non avrebbe avuto alcun impatto su di lei.

Vagheggia della donna che faceva l’amore con lui tra le rose sotto la pioggia… e sa che quella non l’amerebbe mai.

Ma poi Radcenko gli risponde malinconico, spavaldo, incazzato come se volesse fare a pezzi il mondo, eppure sorprendentemente freddo, asettico, impersonale. Volta la testa verso di lei, non lo guarda neppure. Ed ha uno sguardo pure lui diverso, uno sguardo che non ha mai visto.

Se la guardi ancora ti spacco la faccia.

“… se lei avesse una capacità migliore di giudizio, dubito che amerebbe te così tanto…” commenta con voce bassa, roca, profonda “Non che tu abbia una capacità migliore di giudizio… altrimenti non faresti supposizioni su quello che lei prova per me. Ma ti concentreresti su quello che non smetterà mai di provare per te… nonostante tutto quello che le hai fatto…”.

Quella tra le rose non lo amerebbe mai: ma questa che lui adesso guarda lo potrebbe amare? Amerebbe che parla esattamente come lei, amerebbe che trova sempre il modo di arrivare al nocciolo delle questioni oltre i miei ragionamenti elusivi e sarcastici? Amerebbe che si taglia fuori dai discorsi, non esibendo l’importanza che io invece voglio fargli rimangiare a forza, come se me la nascondesse, come se ne fosse schivo, come se alla fine non ci fosse nemmeno e io, invece, per quello, di più ancora, me la vedo scavata addosso?

Lo ameresti… Hermione?

Ilai fa ancora un lungo grosso sospiro mentre Draco distoglie i pensieri, mormorando amaro e sarcastico, la voce un po’ più carica di tensione: “Vogliamo fare un sondaggio d’opinione tra questi patetici sciocchi? Che dici? Consegniamo questionario e matite rosse, una bella domanda in grassetto Chi ama Hermione Granger? Secondo me parti anche avvantaggiato, hai sicuri i voti dei Potter e dei Weasley… ci potremmo fare su anche un bel reality show…”.

Ilai lo guarda autenticamente sconcertato, una nube si sposta e compare un raggio di sole che gli taglia a metà lo sguardo. Ha un’incredulità quasi infantile, infranta di impossibilità disgustata che dilata a dismisura la dimensione di quello sguardo livoroso. Scuote il capo, poi sentenzia greve come se stesse pronunciando una condanna capitale: “Sei un coglione”.

Draco ridacchia un po’ incrociando le braccia, compiaciuto del linguaggio meno formale e forbito del ragazzo di fronte a lui. Un po’ è come aver premuto sui pulsanti giusti sapendo che l’implosione finale, comunque, è ben lontano da avergliela indotta: dirsi quasi che è stato così facile farlo scendere ai suoi livelli che, quando calerà l’asso finale, probabilmente lo farà fuori del tutto. Un po’ è la consapevolezza rancorosa, immarcita, deteriorata e sfilacciata… che non è così perfetto come sembra. Non è così posato, fermo, immobile, valoroso… come un principe. E se ne dovrà accorgere anche lei alla fine.

La polvere sotto il tappeto, un giorno, viene sempre a pungerti il naso e gli occhi.

Sebbene lei non farà in tempo ad accorgersene: moriremo ora, adesso, tra poco.

Resterà intangibile d’avorio e d’oro nella sua memoria mentre lascia il suo corpo.

… ed io resterò di fango e sporcizia tra i suoi ricordi, ad insozzarle il tracciato degli ultimi pensieri.

Draco digrigna i denti, li spacca quasi in bocca dalla frustrazione ed indora dell’ sguardo incancrenito di rancore Ilai Radcenko. Allargando le braccia commenta quindi statico, incalzandolo di nuovo: “Non sono così coglione da non capire che è successo qualcosa tra te e lei…”, il viso di Ilai a quel punto ha un fulmineo moto di impazienza nervosa, una contrazione febbrile di un muscolo della mascella che, per Draco, è un’ammissione, una prova, una condanna. Un altro solo e maledetto bacio devi averle dato, e ti faccio fuori, figlio di puttana.

Dentro, l’acido liquido che corrode ogni cosa, riducendolo in grumi insignificanti di sospetto e gelosia.

Fuori, la maschera fredda del demonio per cui tutto scivola incolume di lascivia e di indifferenza solo per procurare diletto a lui e ferite ad altri.

Aggiunge quindi casuale come se stesse parlando delle condizioni atmosferiche, e non fossero davvero alla fine di tutto, di me, di te, e persino di lei, ed allora che cazzo chiedo a fare, a che cazzo serve? Moriamo lo stesso tutti e tre, no? Ma sì, invece, conta. Si che conta. Mi hai strappato già troppo di lei, pezzi che hai creato tu, Radcenko, e manco sapevano che esistessero. Almeno questo… che resti mio. Almeno questo… che lei abbia deciso che, in un modo o nell’altro, me lo meritavo solo io. E non tu.

Scoparmela. Anzi: farci l’amore. Perché se te la sei scopata, ti ammazzo e basta.

Se ci hai fatto l’amore… se per un momento l’ha pensata e fatta quella parola attraverso te…

… Adamar dovrà farsi una ragione. Non posso andarmene prima di averti fatto rimangiare di averla avuta. Ed aver passato duemila vite, duemila secoli e duemila ere a riprendermela pezzo per pezzo.

“Le ho fatto una domanda diretta di tale tipo anni fa… e mi sono beccato un ematoma. Non sono così desideroso di ripetere l’esperienza…” riprende apparentemente distaccato, ricordando con una nostalgia feroce e nascosta la mattina del suo ritorno dalla prova con Adamar quando le chiese di Dimitri, e lei si incavolò come una faina, una prova di Adamar, lei che è rimasta sola, io che l’ho lasciata sola, un altro che le vuole entrare dentro…  e quella nebbia di remore e pensieri di saperla altrove… è un fottuto gioco di marionette, specchi e burattini, questa vita di merda.

Picchiami di nuovo perché ho osato chiedere, perché nessuno sarà me.

Portala alla fine di nuovo questa commedia, al suo lieto fine di saperti solo mia.

Non cambiare il finale… non lo cambiare.

“Quindi siccome tu sei così nobile e gentile e dolce… lo chiedo a te…” la voce assume un colore cortese, meravigliosamente soave e delicato, come il veleno della serpe che cala nella pelle, frastornando ed inducendo la resa. Poi arrivano i denti, il morso, la carne lacerata, il sangue: “Te la sei scopata, Radcenko?”.

Ilai Radcenko, però, è venuto al mondo immunizzato da quel veleno: non gli fa effetto, neanche da lontano. È nato con un codice impresso dentro il calco delle ossa, dei denti, del cuore. Non prova niente, non lo ferisce neanche di striscio. Piega le spalle, le scrolla e basta come se così scivolasse tutto addosso, fuori, altrove. Draco lo guarda fremendo crudele, con la voglia di saltargli alla giugulare, attentando a quella calma come se fosse un insulto personale a lui, alla vita, al mondo stesso.

“Non dire stronzate, Malfoy” sussurra solamente ovvio, incomparabilmente lontano da lui.

E forse è perché ce l’hai dentro anche adesso, fino ad un punto così nascosto e lontano che neanche io ci posso arrivare più. Dove me l’hai nascosta, bastardo? Dove credi che sia al sicuro? Nel cuore, nella pelle, nella mente? Illuso: bastardo illuso. Te lo mangerò come un cane quel cuore per tirarla fuori da lì.

Per riprendermela.

La rabbia gli acceca gli occhi, la mente, le mani, i pensieri. In tre passi, copre la distanza che gli separa. Gli arriva a muso duro di fronte, fregandosene che sia più basso di lui, fregandosene che può attirare l’attenzione di lei, se vieni qui a metterti tra me e lui, l’avrò questa fottuta risposta una volta per tutte. Avanti, vieni, Granger… vienitelo a riprendere anche tu. Te lo strapperò da dentro, come tu mi hai strappato da te.

Gli afferra il colletto della camicia strattonandolo forte, mentre Ilai contrae i pugni e respira profondamente come a volersi ancora trattenere. Gli sibila addosso con durezza esibita ad arte, incespicando nelle parole come se fossero ostacoli di fumo tra lui e le sue mani: “Sei tu che non mi devi dire stronzate. Lo vedo che non riesce a guardarti in faccia, che ti sfugge e scappa. Te la sei fatta, non è vero? Te la sei scopata? Sei così buono, carino, dolce, sensibile… e le hai fatto pena, pietà. E ti è cascata tra le braccia e ti ha aperto le gambe per puro istinto di compassione…”, può essere solamente così, lui deve sapere che potrebbe essere solo così, che non potrebbe andare in altro modo, in nessun Universo, in nessun tempo, in nessun luogo.

Ma Ilai, ancora, si limita ad un’occhiata da sotto le ciglia nere, che suona quella di un padre, di un fratello, di un amico.

Ci mette persino la pena, la pietà. Il bastardo pure quelle ci mette.

Gli faccio pena. Come fanno pena i bambini di tre anni che spaccano un giocattolo e poi si mettono a piangiucchiare inconsolabili. Gli faccio pietà al figlio di puttana… perché ho fatto tutto da solo.

Io me la sono cercata. E lui invece se l’è cercata e l’ha trovata.

… così trovata, così presa dentro, così avuta…

… che ora ce l’ha dentro in tutto… anche in questi occhi.

La pena dei buoni, la pietà degli eroi.

Continua a guardarmi come lei. Non smette di essere lei. Non smettono di essere la stessa fottuta cosa.

Con me, per me, davanti a me… una sola maledetta cosa inestinguibile.

Ed allora, ferino, luciferino, demone e diavolo di anime, decide di macchiarlo, decide di sporcarlo, decide di trascinarlo al suo livello come fece con lei anni fa. Di farlo diventare come sé stesso, così che la sputi fuori da sé rinnegandola. Ride con un angolo della bocca che trema,  assume occhi da samaritano misericordioso e sibila melenso: “Le hai anche raccontato la tua patetica storiella… Cesarevič?”.

L’appellativo infrange corazza e calma, freddezza e fascino, lealtà e licenziosità, schermo e sé stessi rilucenti di luce. Sibila nell’aria come una freccia dalla punta affamata ed affilata, giungendo a colpire Radcenko nella polpa morbida del cuore. Ha un contraccolpo nervoso ed ansioso che gli fa fare qualche passo indietro, mentre lo lascia andare. Spalanca le palpebre, gli occhi diventano due enorme pozze scure. Lui stesso diventa un buco nero: sparisce tutto l’innocente candore, la mestizia rassegnata, la tristezza autoinflitta come giusta punizione di vita vissuta senza i morti, e della morte approcciata a dispetto dei vivi. Ilai, per un attimo, lo fissa come si fissa l’assassino che fa scintillare caparbio il coltello, spingendolo di più dentro la carne, dentro gli organi, dentro i muscoli, dentro i tendini.

Incredulo.

Perché di fondo, quelli come te e lei ve lo aspettate sempre il bene: mai il male.

Tu me l’hai portato via il mio bene… ed eccotelo in ricompensa il male.

Si chiama contrappasso, Radcenko.

La reazione sconvolta di Ilai, lo sbigottimento, la sorpresa, il dolore pulsante e fiammeggiante in un punto quasi visibile alla sinistra del petto, soddisfano Draco come se stesse mangiando un frutto dal sapore di vaniglia e dall’odore di tè nero. Hermione gli evapora dallo sguardo come se non fosse esistita mai. Si rapprendono fantasmi di pena, spettri di angoscia, pianti di bambini, cuscini sulle orecchie, sangue sulle lenzuola, catene inesauste di morti e nascite che si accavallano senza senso, senza scopo, senza volontà di salvezza. Le mani di Ilai Radcenko tremano, sussultano. Il suo respiro si affanna, si mescola, si accende e spegne, come la gola agonizzante di un impiccato. Draco ancora crede di sorridere, fuori lo sta facendo sul serio, a piene mani sembra nutrirsi della pena dello sguardo dell’uomo davanti a lui. Ma dentro, oltre, in qualche punto che non conosce, sorge una pena nuova: gli specchi si infrangono, rovinano, cascano di frammenti spigolosi e taglienti. E scopre che non c’è salvezza, sollievo, mai: perché non è meglio che Ilai Radcenko gli paia simile a sé stesso, piuttosto che simile ad Hermione. Non è meglio saper leggere quel dolore e riconoscerlo come simile al proprio: quello di ere infinite fa, quello che avrebbe detto eterno ed inesauribile, se non avesse provato il dolore di perdere Hermione Granger.

Scopre, di fondo, che anche lui ancora ce l’ha dentro quella donna maledetta che lo fa sentire in colpa, distrutto, inutile, codardo come sempre è stato.

Non potevo colpirlo con altro: e quindi sono arrivato a questo.

La solita storia. La solita vita.

Non fa più male ormai Radcenko: è la solita minestra che serve la vita da anni, questa puttana di una sguattera rognosa.

A me ormai fa bene solo il male.

Il bene ormai non smette mai di fare male.

Ilai lo afferra di malagrazia da un avambraccio, stringendo con foga. Sanguina il labbro inferiore della empietà efferata con cui si morde per non sentire altro dolore. Non riconosce la sua voce Draco. Se ne compiace, esalta, glorifica. Dovresti vederlo adesso Hermione. Lo ameresti adesso?

“Che cazzo vuoi, eh? Eh?” ripete Ilai, sordo, muto, con il respiro affannato dal panico. La voce resta bassa ancora per rispetto di lei e Draco per quello non smette di odiarlo, di detestarlo.

Non smette di detestarlo, e lo odia di più, e lo odia sempre, quando si accorge che lei si è accorta che sono vicini, si è accorta che stanno parlando. E li guarda entrambi e ha lo stesso sguardo di Ilai Radcenko.

I buoni non si aspettano mai il male.

Ride ancora Draco, a lui e a lei: ma pure i buoni lo sanno cavare fuori il male. Lo vedi adesso come vuole farmi a pezzi? Lo vedi adesso come tu mi hai fatto già a pezzi?

“Cos’è esattamente che vuoi, Malfoy?!” Ilai glielo chiede daccapo e sembra chiedergli di tutto, del contrario di tutto, di che cosa ha voluto da quando ha venuto al mondo. È cieco, folle: occhi di demonio, di morto, di vecchio.

Irina, Shura, Dominika: mi ricordo ancora i loro nomi.

“Nervo scoperto senza dubbio…” pigola Draco con un sorriso sarcastico guardandolo storto, le spalle che rabbrividiscono per lo sguardo dorato e lontano di Hermione “Dio mi rendi tutto troppo semplice, Cesarevič…”. Glielo dice daccapo, soddisfatto: pugnale puntato alla gola.

Radcenko annaspa di nuovo, il sangue perde definizione sotto le ossa, diventa pallido. La mano corre alla bacchetta, mentre qualcun altro continua ad agonizzare nei suoi occhi scuri ardendo assieme a lui.

“Chiamami un’altra volta così… e ti faccio saltare in aria…” sibila minaccioso, le labbra bianche.

“E’ una manifestazione di rispetto, perché non dovrei chiamarti così?” asserisce Draco, usando quella maledetta parola infelicitante della sua intera esistenza, tu invece, Radcenko, ne hai sempre avuto a iosa di rispetto per tutti. Vedi che se ne ricava? Un cazzo. Imparalo, bastardo. “C’è davvero ben poco rispetto a questo mondo…”.

“Che cazzo ne sai, eh, tu?” chiede Ilai, la voce stanca e dimessa sfugge la barriera dei denti.

“Pensavo che fossi suo marito quando sei arrivato...” risponde Draco sicuro, sogghignando con le braccia incrociate “Cinque domande in giro tra Mangiamorte. Ci sono volute solo un paio di ore… è diventato tutto così semplice dopo allora… hai un’aura diversa in fondo… chiaro che lei se ne fosse invaghita. Aspettano tutte il principe azzurro, no?”.

È allucinato adesso Ilai Radcenko: perso in un mondo di ombre solo vagamente tangenti con la vita reale. Succhiata via l’anima come da un bacio di Dissennatore. E Draco ne avrebbe davvero compassione persino sotto quel sorriso statico di malvagità repressa. Se non fosse che la guarda daccapo: se non fosse che torna a lei con gli occhi. Se non fosse che le chiede scusa con lo sguardo. Se non fosse che le chiede di perdonarlo. Se non fosse che le chiede di colmarlo daccapo di sé, e lei, seppure sicuramente non distingua i loro tratti da così lontano, seppure non gli restituisca davvero lo sguardo, comunque lo fa, comunque con il ricordo lo assolve, lo scusa, lo accetta.

Ci fa l’amore assieme con lei in un modo che non ho saputo mai. Ed allora spero davvero che se la sia scopata, spero davvero che sia stata solo carne nella carne. Un orgasmo, una scopata dietro un albero, un paio di gemiti sudati. Se lei non lo guarda più… se si somigliano anche in questo… se lo guarda come lui guarda lei… se sono arrivati ad insegnarselo a vicenda, a trovarlo, a capirlo, ad inventarlo…

… allora faranno l’amore sempre solo sfiorandosi tra ciglia e palpebre.

Ed io non ho tempo di strapparle occhi, palpebre e vista… per averle io.

Sarà sua per sempre. In quel modo che io non ho saputo neanche che avesse.

L’odio, così come era nato, si sgonfia, evapora, sparisce mortifero e letale nell’impotenza di capire e non capire, temere e non temere, sapere e non sapere. Diventa solo una conferma sentirlo parlare, perché adesso lo sa, adesso lo sente, adesso lo vede con gli occhi di lei.

Non ci ha fatto niente di quello che credevo e penso: la meccanica scurrile del sesso che avrei voluto sapere solo mie. Possono anche essere davvero rimaste solo mie, sarebbe stato meglio che si fossero tolti lo sfizio. Ci ha fatto altro: tutto il resto. E non è ladro, non si è rubato niente.

Si è inventata un’altra, lei, pur di essere in parte sua.

E quell’altra, io, non la conoscerò mai.

Lo capisce adesso quando parla, lo intende mentre gli sibila addosso, lo rispetta persino.

“Che cosa vuoi eh? La verità? La fottuta e stramaledetta verità? O torturarmi mentalmente, Malfoy, perché mi sono preso a cuore una donna che una volta era tua? Sì, eccotela la verità. Fa male, figlio di puttana, che una volta era tua? Che ora non lo è più? Che magari non lo sarà più solo per colpa tua? Non c’entro un cazzo io con questa storia. Credimi… lei è stata cristallina in proposito. È del vostro inconfessato e supremo amore che si parla. È del vostro unico figlio che si parla. Io non c’entro niente con questa storia, niente, maledetto bastardo. Quindi non uscirtene fuori con queste stronzate… la verità è quella che vuoi? Potevo averla. Volevo averla. La voglio ancora adesso. La sogno e l’immagino mia in ogni maledetto momento in cui sono sveglio. Ma non l’ho avuta, non l’avrò mai. Perché non è tua, adesso… ma è tua che sarà. In un modo o nell’altro. Se vive, è perché è te che ama. Se muore, è perché è con te che doveva finire. E allora a che cazzo serviva, eh? Non sarà mai mia. Esisti in questo mondo. Esisti dentro di lei. E fino a quando sarà così, fino a quando non riscrivono il mondo e mandano indietro la Terra per rendere tutto diverso… sarà sempre così. Tu che le stai dentro, io che le sto attorno… con il pensiero che la sola cosa che posso davvero darle di cui ha bisogno, è non obbligarla a fingere di scegliere. Perché è te che vuole. È sempre te che vuole. Non salirò mai al grado di scelta, Malfoy. Devi essere migliore di te stesso, non di me, per averla. Io non c’entro un cazzo con questa storia…”. 

Draco ha un sorriso amaro, verecondo, immaturo. Sei un idiota: pure me hai rispettato.

Esattamente nel modo che volevo io: non te la sei scopata perché pensi che sia mia.

… ma non nel modo che avrei dovuto volere.

Averci fatto l’amore solo con lo sguardo, rendendola oltre che mia anche tua.

“Non te la saresti fatta… solo perché esisto io?” la tiene comunque in campo quella commedia, tanto vale andare avanti lo stesso, tanto vale che lui non capisca fino in fondo. Ammanta le parole di incredulità spavalda ed insoddisfatta, aggiungendo sprezzante: “Ora capisco che ci vede in te… impotenza, probabilmente pure eiaculazione precoce… ma adesso capisco molte cose… non te la sei fatta perché esisto anche io. Logico… anzi… nobile, ecco. Nobile…”, glielo dice di nuovo, sperando di ferirlo, sperando di fargli male. Ma Radcenko è come lei. Assonanti alchemici: ecco mi ero dimenticato anche di questo. Quindi capisce subito dove sta andando a parare. La rabbia, il livore, la devastazione dello sguardo, si accucciano in un angolo di lui, ed è di nuovo sé stesso.

Freddo, calmo, impassibile: teso per una vita a tenere il ricordo fuori. Come me.

Ti ringrazio davvero, Radcenko, della tua franchezza…e del tuo infinito onore… ” lo schernisce, lo insulta, ma stancamente, goffamente, scioccamente. Sa che non avrà effetto. Sa che andrà oltre. Sa che ormai ci sta oltre: a miglia di nuovo di distanza. Sopra una vetta di giustizia alta mille e mille metri.

“Ecco, vedi…” borbotta Ilai nervoso, scompigliandosi i capelli “Nobile. Idiota. Sono due dannati sinonimi”.

“Lo sono per te, Cesarevič…” non lo saranno mai per me , lo pensa sul serio, poi si accorge di averlo di nuovo chiamato così e persino si affanna a replicare nervoso: Scusa, scusa, deformazione da serpe. Difficile che non sfrutti qualcosa a mio favore… non mi hanno mai insegnato etichetta. Bigiavo le lezioni da bambino… ho un debito formativo da recuperare di vent’otto anni e mezzo…”.

Radcenko lo guarda di nuovo con espressione neutra, stupefatta, scuotendo il capo. Ha un barlume di fioca luce nello sguardo. Persino chiamarlo Cesarevič… adesso sembra rispetto.

Te lo cavano fuori a forza il bene pure se stai cercando il male.

Sono la stessa dannata e maledetta cosa.

E con il bene, estraendotelo fuori, ti fanno più male di tutto il resto.

“Sei un coglione…” commenta ancora Ilai, con voce incolore “Come cazzo fai a riderci su cose simili?”.

“Sei stato educato in un dato modo, Radcenko…” risponde Draco sintetico, guardandolo di sbieco “Io in un altro. Semplicemente… è la sola cosa che sappiamo fare. Tu l’idiota. Io il coglione. Paradossalmente… siamo più simili di quello che sembra. Mi sono fatto Raissa… che amava te. Ho un figlio con la Granger… che ama ancora te. Sono fottuti gatti che si mangiano la coda…”, aggiunge canzonatorio con una sola punta di amarezza nella voce: “Sei la mia adorabile nemesi”.

“Lei non mi ama, Malfoy…” ribadisce Ilai, ed è di nuovo deciso, serio, implacabile “Non far finta che non ci senti. Ti fa più paura che ami ancora te… piuttosto che ci sia io… fatti un travaso di autostima qualche volta…”.

penso che la risposta, io e te, non l’avremmo mai, no?” conclude alla fine Draco, allargando le braccia con un gesto di impotenza “Di fondo lei appartiene ad un’altra vita…”, guarda Hermione, guarda Weasley, guarda Potter. E li unisce idealmente in un’ellisse concentrica che li attacchi assieme.

Ilai segue il suo movimento delle palpebre, imitandolo a sua volta.

“Lei appartiene a quella vita…” riprende Draco, enormemente più stanco “La stiamo rubando e basta da quello che sarebbe dovuta sempre essere…”. 

“Basta che la riporti a casa…” sospira Ilai con calore, prima di soggiungere grave: “Cosa sarà dopo… sarà solo affare e scelta sua. Saprà che fare. Anche con me e con te…”.

“Lo sa sempre che fare… non la trovi odiosa per questo?” borbotta Draco mettendo su un broncio infantile, subito sostituito da un’espressione più fintamente remissiva e quasi scandalizzata: “Giusto, giusto… io Malfoy. Tu Radcenko. Ho invertito per un attimo i ruoli… troppa introspezione psicologica spiccia…”.

Ilai sorride, più sinceramente stavolta.

Entrambi guardano Hermione.

Intimamente con la stessa domanda dentro.

Quella che ho io, quella che amo io, quella che ama me…

… sarà lei a tornare?

 

 

 

 

 

 

“Ho bisogno che tu faccia una cosa per me, Malfoy”.

“Ormai siamo diventati migliori amici, Cesarevič… sono colmo di rispetto per te…  parla, che vuoi?”.

“Non voglio che Hermione veda che cosa mi sta per accadere… n-non posso farlo da solo. Ho bisogno della mia forza al massimo. Puoi… schiantarla?”.

“… magari se ti vede crepare si dimentica di te”.

“… e magari se tu le permetti di vedere, è te che si dimentica…”.

“Chiamiamo due Lepricani per fare una scommessa? Un’ultima soddisfazione prima di crepare, no?”.

“Sei un coglione”.

“E tu un idiota”.

NOTA FINALE: per chi segue Halft e giustamente si chiede cosa ci sia dietro la questione "Cesarevic", si tratta di una specie di piccolo spoiler su seguito di "Have a little fairy tale". Per questo, al momento, nessuno ne sa assolutamente niente, non vi siete persi nulla...:) E' una cosa che per ora conoscono solo Ilai e Draco.
   
 
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