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Autore: Melitot Proud Eye    31/10/2008    2 recensioni
Florilegio di episodi dall'infanzia e dall'adolescenza di tre fratelli Kuran. [RidoJuri][JuriHaruka]
Genere: Drammatico, Comico, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Sorpresa
Note: nessuna | Avvertimenti: Spoiler!
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Nota dell'autrice: ecco, lo sapevo che prima o poi sarebbe successo... ho scritto una raccolta su Rido, Haruka e Juri. E c'è molto di Rido O_o mi sa che il tipo emette vibrazioni nocive per le cervella XD
I brani sono nove: il primo una oneshot, che si colloca temporalmente per ultima, le altre delle flashfics (anteriori, ma non in ordine cronologico... si capirà in ogni caso, e mi sembrava che così certi argomenti risaltassero meglio).

La notte di Samhain è... questa! Il 31 ottobre, Halloween. Il nome originario celta è Samhain e ha molti significati interessanti.
Buona lettura.

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Come la luna piena la notte di Samhain





L'intarsio circolare, torto su se stesso a tralci di edera, con rettili e pomi rossi come punti cardinali era il solo particolare visibile nell’aria stagnante dell’anticamera, persino ai suoi occhi inumani. La lancetta delle dodici scattò, trafiggendo uno dei draghi.

Dodici lugubri lamenti. Tutto il resto, silenzio.
Incapace di resistere oltre, Juri attraversò la stanza e afferrò la maniglia con tanta forza da troncarla. Il pezzo d’ottone le restò sul palmo, spolverato di segatura.
Lo scagliò lontano, incurante dei danni.
Stessa sorte toccò allo stolido portone di bronzo, dei cui bassorilievi rimase un negativo sulla parete esterna.
Non era da lei comportarsi così ― ma s’era stancata di pazientare.
Foglie morte cominciarono a sbriciolarsi sotto i suoi piedi. Erano dappertutto, a perdita d’occhio, come un tappeto sporco steso sul giardino; lo facevano somigliare a una di quelle sculturine di sughero rinsecchito che si conservano sotto vetro, passate di ava in nipote, sempre uguali e sempre più decrepite.
Spendendo un discreto sogghigno al paragone, la vampira proseguì.
Almeno il tempo era dalla sua parte: il buio esterno, anche se meno fitto di quello in villa, dove l'atmosfera era densa e fredda come la nebbia, l’avrebbe celata agli occhi indiscreti. Balzò oltre un rivo artificiale, s’aprì un passaggio tra i cespugli di rododendro carichi di fiori appiccicosi e fece perdere le proprie tracce.
Oh, non per molto, non s’illudeva.
Se c’era una cosa che non poteva fuggire, quelli erano gli obblighi del suo casato.
Sedette fra le braccia piangenti di un salice, stanca, scegliendo il posto a caso. Uno valeva l’altro… finalmente una scelta priva di implicazioni politiche o sentimentali.
Raccolse le mani sulle ginocchia, posandovi il mento.
Una lieve brezza odorosa di humus suonò gli specchietti appesi tra le foglie, appesi un tempo da bambini felici, e il delicato baluginio occhieggiò all’alone della luna cancellata. Un guizzo nello stagno.
Juri fu colta da un ricordo.
Sì, quel posto sapeva di Rido.
Sorrise con amarezza, poiché la memoria di un fratello avrebbe dovuto portare calore e piacere; era normale. Ma quale sorella normale sarebbe stata fidanzata con quel fratello? E quale, concedendo che fosse ammissibile, l’avrebbe rifiutato dopo quasi duemila anni di fidanzamento?
Non è colpa mia, pensò di ribattere. Non l’ho scelto io.
Quando sono nata altri avevano deciso per me.
Ma sarebbe stata una menzogna e lei non voleva conficcare quell'ultima spina sacrilega nella carcassa che era il loro rapporto. Se Rido aveva decretato la fine di tutto, lei ne aveva deciso l’inizio, e quella responsabilità le sarebbe gravata sulle spalle per sempre, nel bene e nel male.
Era successo proprio quel giorno. Pensosa, si chiese come stesse affrontando il colpo quella mente volubile e collerica, abituata al dileggio e alla malizia. Rabbia e disperazione ribollivano… le aveva viste. O se l’era immaginate?
No, lo conosceva troppo bene. E non se ne pentiva.
Premette più forte sulle ginocchia.
Chissà quando aveva iniziato a temere Rido? Se cercava tra i ricordi un momento preciso non lo trovava: era stato un avvelenamento graduale e discreto. Un tempo erano stati fratelli molto legati, tutti e tre. Non a caso, nei corridoi delle casate perbene si vociferava che l'etichetta nobiliare avesse cominciato a morire proprio con loro.
A quell'epoca scorrazzavano ovunque, senza remore, caparbi e il più lontani possibile — consapevolmente o meno — dall'ideale pensato per loro; almeno finché la realtà non aveva dimostrato con durezza che fingere di non vedere le responsabilità era ben diverso dal cancellarle.
Rido ne era rimasto indignato. E aveva preso in mano la situazione.
Da sempre portato per il comando, per i sotterfugi intelligenti, e figlio primogenito, da quel giorno prese a strapparli col suo potere alle grinfie di adulatori e precettori. Detestava quella gente. Al diavolo tutti. Meglio starsene al loro rifugio segreto.
E con quelle parole la prendeva in braccio, anche quando ormai pesava troppo, prendendola in giro. Le sue proteste adirate lo facevano ridere.
Accoglieva con una risata anche le battute di Haruka.
Era a quel tempo che l'affetto fraterno s'era trasformato in un qualcosa di più complesso, misto a ingenuità e fascinazione. Aveva amato Rido. A che sarebbe servito negarlo? Quel fratello sicuro e volitivo l'aveva posta (e forse la poneva ancora) al di sopra di ogni cosa, la divertiva, le insegnava, era destinato a lei. Era suo. E lei ne era felice.
Nessuno li avrebbe mai separati.
Non poteva immaginare che i loro nemici più pericolosi sarebbero stati i secoli che li separavano dalle loro nozze. Quei decenni silenziosi finirono per oltrepassarli con lenta violenza, sfiorandoli appena — in apparenza.
Finché erano insieme nulla sarebbe cambiato.
Ora si rendeva conto di essere stata una stupida. Nella propria ingenuità, ubriaca di spensieratezza, non era riuscita a vedere che il veleno dei Kuran strisciava sotto la pelle di suo fratello… soffocando il lato gentile del suo carattere e inasprendo quello autoritario. Non s'era accorta che, a furia di coprire per loro, i sotterfugi si trasformavano in complotti; i sorrisi, in ghigni sarcastici; l'affetto in gelosa avarizia.
Stare insieme era divenuto difficile, un crescente disagio sotto i suoi occhi predatori, mossi dall'incertezza, dal sospetto. E lei, compagna divenuta oggetto, una corona trionfale da ostentare davanti a tutti, aveva concepito la paura.
Nessuno la guardava per ciò che era veramente.
Sotto gli occhi del concilio, dei parenti e dei vassalli, sarebbe avvizzita senza morire per molto tempo, come la falena succhiata dal ragno, prigioniera di un ruolo e di un marito incapace di comprendere l'assurdità delle finzioni di corte.
Haru…
Quel nome interruppe la catena di tristi pensieri.
Già, non tutti. Qualcuno aveva visto. Qualcuno sapeva.
Haruka: l'ancora della sua vita, del suo spirito, il suo migliore amico. Se non ci fosse stato lui non avrebbe saputo che fare… ma forse, allo stesso tempo, quell'orribile situazione non sarebbe mai sorta. Sarebbe diventato tanto cattivo Rido, infatti, se non avesse dovuto sentirsi costantemente confrontato, misurato e comparato dalle malelingue a suo fratello minore? Se non avesse temuto di perderla (timore fondato, alla fine) durante il confronto?
Forse no.
O forse sì.
Juri strinse le labbra. Non aveva più importanza, purtroppo.
Non avrebbe mai dimenticato la notte in cui, davanti ai suoi occhi e ignorando il suo grido scioccato, Rido aveva ucciso un comune livello D e un umano colpevoli d'aver stretto amicizia. «Era solo un'umana» le aveva risposto, andandosene «e lui un idiota.»
Non era così che ragionava Juri Kuran. Non era così che agiva.
Il suo rango poteva averle ispirato orgoglio, dignità, contegno, ma non quella nichilistica, dispotica alterità; e conosceva abbastanza suo fratello da capire che ormai era troppo tardi per cambiarlo. Triste certezza. Ci aveva provato lo stesso, sbattendo contro un muro.
In che cosa ti hanno trasformato, Rido? Com'è potuto succedere?
La sua risata sincera non risuonava nei corridoi da troppo tempo. L'aveva dimenticata. Da spiritoso, affidabile confidente era mutato in politico scafato e tirannico, i cui occhi sbranavano al pari della lingua.
Forse un'altra avrebbe resistito; ci sarebbe passata sopra. Ma lei no.
Non era per questo che l'aveva amato.
Aveva paura di questo nuovo Rido.
Perciò aveva scelto Haruka, dapprima stringendosi a lui nell'incomprensione, poi, quasi incredula, riscoprendo il conforto di una conversazione sincera e di una compagnia tranquilla, stabile e inamovibile come le fondamenta di una montagna.
Aveva scelto Haruka, lo avrebbe sposato e lo avrebbe reso padre. E ne sarebbe stata felice, perché il desiderio di fuggire da tutte le sregolate tradizioni di famiglia non superava l'amore che nutriva nei suoi confronti. Era ben più di un rifugio, ormai. Si sarebbe concessa quell'unico conformismo.
E tuttavia non avrebbe mai smesso di commemorare con dolore i bei giorni dell'infanzia, quando loro fratello era il centro luminoso dell'universo, rassicurante al pari di una luna piena la notte di Samhain. Non avrebbe mai smesso di chiedersi dove avesse sbagliato e di come sarebbero potute andare le cose qualora la sorte fosse stata un po' più benevola con loro.
Si alzò a guardare il laghetto, scostando i rami del salice.
E non cesserò di pregare perché tu possa trovare la serenità, finalmente, fratello.

   
 
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