Giochi di Ruolo > Dolce Flirt
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Autore: Devil_Herondale99    28/11/2014    0 recensioni
"Ma cosa mi stava succedendo? Cioè, non mi potevo innamorare di uno sconosciuto! Anche se aveva dei bellissimi capelli rossi, gli occhi grigi e il suo essere ribelle, non potevo...vero?"
Red, costretta a passare l'estate lontana dai suoi amici, dal suo migliore amico, dai suoi genitori che l'hanno mandata in quella fattoria giovanile, deve fare i conti ora con dei nuovi amici ma sopratutto con un ragazzo dal carattere un po' difficile. L'amore non arriva mai una volta sola, lo si sa, ma lei sente che ciò che prova per il rosso non è una semplice cotta estiva e non tutto va secondo la sua idea d'estate. Lontana da casa, è tra persone sconosciute.
Genere: Comico, Erotico, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Castiel, Dolcetta
Note: Lime | Avvertimenti: nessuno
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Tornando in aula vidi Dake sul corridoio, il nipote del prof di ginnastica, Boris. Stava parlando con dei suoi amici di 3ª superiore, dei suoi compagni di classe. Rallentai e lo osservai. Aveva la camicia leggermente sbottonata e la cravatta, tenuta molto lenta al collo, penzolava quando si girava e gesticolava. In una mano teneva la sua felpa color blu oltremare facendola appoggiare su una spalla mentre con l'altra si sistemò i biondi capelli legati in un codino e mi sfiorò con lo sguardo. Mi fermai. Il corridoio si stava pian piano svuotando. Kentin avazò di due passi e non vedendomi più accanto a lui si fermò e si girò verso di me con fare interrogativo.
"-Red, perché ti sei fermata? Che stai guar...dando?" mi disse quando si rese conto che avevo gli occhi puntati sul biondino e i suoi amici che ci stavano superando e lasciando vuoto il corridoio. Apparte io e Kentin. Mi prese per il braccio e mi immobilizzò davati a lui, mi fissava con gli occhi leggermente arrabbiati e con una sfumatura di un non so cosa che non sapevo ben descrivere.
"-M-Mi stai facendo male, Ken..." la stretta intorno al mio polso rallentò leggermente.
"-Perché ti piace quel tizio?" mi chiese.
"-Non mi piace Dake! Secondo te! Ma che..."
"-Red! Cavolo, apri gli occhi! Lui non ti guarderà mai, invece..."
"-Smettila!" gli urlai contro, lasciandolo lievemente sorpreso "-Credi che io non lo sappia? Non mi guarderà mai, ne lui ne nessun altro! Sono un disastro ambulante, non solo come carattere ma anche come aspetto! Ho questi dannatissimi occhi bicromatici poi i capelli che sembrano mi sia caduta la vernice rossa in testa! Ovunque cammino, qualsiasi cosa io faccia, riesco a combinare solo guai e fare brutte figure!"
"-Cosa?!"
"-Ehi! Voi due!" sentimmo una voce femminile gridarci contro "-Non dovreste essere in classe da ben 5 minuti? Su, filate via!"
"-Ken, lasciami." gli rimproverai a testa bassa e con voce decisa.
"-Red..." a differenza mia la sua voce era preoccupata.
"-Ken, molla." ripetei. Lui lo fece, mi lasciò andare il braccio, corsi via su per le scale chiedendo scusa alla bidella. Sentivo le lacrime scendere e staccarsi dal viso mentre correvo. Risentii il mio nome in lontanaza, era omai diventato un eco. La sua voce era diventato un misero eco nella mia testa. Prima di entrare in classe mi asciugai per bene le guance e respirai profondamente un paio di volte. Premetti lentamente la maniglia e aprii la porta scoprendo che, fortunatamente, l'insegnante non era ancora arrivato e che forse avremmo avuto un'ora buca. Respirai sollevata.

Ero seduta nel mio banco, sovvrapensiero. Mi sentivo come un'ombra nella luce e nell'allegria dei miei compagni. Le loro voci mi sembrava di sentirle a malapena, come deboli vibbrazioni nell'aria. Appoggiai la testa sul banco freddo. La rialzai quando una mano mi si appoggiò sulla spalla. Era Serenity, una mia compagna di classe spesso emarginata dai compagni, penso di essere l'unica con la quale andasse d'accordo. La guardai in quei occhi azzurri-ghiaccio, quel faccino paffuto contornato dai ricci capelli legati in una treccia non troppo stretta e quelle guance leggermente arrossite dal caldo che penetrava dalla fiestra.
"-Stai bene?' mi chiese. Ritornai con la testa sul banco.
"-Si, sono solo stanca." risposi miseramente.
"-Red, hai litigato per caso con Ken?"
"-Cosa te lo fa pensare?...comunque, il suo nome è Kentin."
"-Chiedevo, sei troppo giù di morale e non mi piace vedere triste nessuno, specialmente tu, che sei l'unica con la quale vado più d'accordo nella classe." le sue parole mi fecero sorridere debolmente. Aveva la timidezza di una bambina, la stessa vocina insicura, lo stesso aspetto. Lei era bella, io...
"-Serenity, grazie che ti preoccupi per me ma non ce n'è bisogno, sto bene."
Non disse niente, mi stava semplicemente guardando negli occhi.
"-Che c'è?" le chiesi.
"-Mi hai chiamata per nome, 'Serenity'." rispose.
"-E quindi?"
"-Secondo me, chiamare per nome una persona è il modo più veloce di arrivargli al cuore. È la cosa più personale che ha, è ciò che lo rappresenta, è qualcosa che si porta dentro fin dalla nascita."
Quelle parole mi fecero ripensare a cosa successe prima.
<< "-Ken, lasciami." >>
Scacciai velocemente quel pensiero.
"-È un pensiero bellissimo, Sere!" le dissi in fine.
"-Grazie. Lo so. É per questo che sono felice che Kentin sappia il mio nome. Il solo suono del mio nome sulle sue labbra mi fa battere il cuore." continuò. "-Solo che, non è lo stesso sentimento di quando pronuncia il tuo."
"-Cioè?"
"-Quando ti chiama si gode tutta la dolcezza che il tuo nome gli lascia in bocca. Quando dice il mio è solo un semplice suono, non è niente."
"-Ti piace Ken, vero?" le dissi poi amatamente. Vidi le sue guance artosire di poco per poi cambiare imbarazzata direzione dello sguardo.
"-Si."

Passai così anche le ultime due ore del ultimo venerdì di scuola. Uscii velocemente dalla scuola cercando di evitare Kentin. In questi momenti evitavamo di parlarci per un po' ma avevo una strana sensazione che me lo sarei trovata davanti da un momento all'altro. Oltrepassai i cancelli della scuola e iniziai a camminare molto velocemente non sapendo quanto avrei retto dal caldo. Sentii una goccia di sudore scivolarmi lungo la tempia e con un veloce movimento della mano la asciugai. Dei passi veloci e pesanti cercavano di raggiungermi. Provai a velocizzare il passo ma non ci riuscii e mi fermai, tanto ormai ce l'avevo dietro. Mi girai e me lo ritrovai davanti.
"-Red..."
"-Kentin."
"-Dobbiamo parlare."
"-Ricordi che tempo fa ti dissi di non iniziare mai una conversazione con queste due parole?" mi girai e reiniziai a camminare, stavolta con passo più lento.
"-Lo so però è la verità. Cosa intendevi prima? Perché pensi che nessunp possa mai innamorarsi di te?" chiese camminando alla mia stessa velocità.
"-Non ne voglio parlare."
"-Perché non mi hai mai detto che hai l'autostima così bassa? Cioè, tutte le volte che ne parlavi avevi un'aria così scherzosa che nascondeva benissimo i tuoi veri sentimenti, come ti sentissi realmente."
"-Perché so fingere."
"-Non è quello che intendevo. La domanda è perché non me ne hai mai parlato?"
"-Ma si, parliamo di quanto la mia autostima faccia pena e di quanto io sia inutile."
"-Red! Tu non sei inutile! Sei la ragazza migliore che io abbia mai conosciuto!"
"-Me lo dici solo perché siamo migliori amici!" gli risposi. Mi fermò e mi prese saldamente per le spalle costringemdomi a guardarlo negli occhi.
"-Te lo dico perché ti amo! Se tu fossi stata così pessima come dici allora non mi sarei innamorato di te, ok?"
Kentin aveva gli occhi lucidi e leggermente rossi facendo risaltare ancor di più il verde delle pupille. Lo stavo guardando sorpresa, o forse sconvolta. Sentivo un certo bruciore salirmi in gola e gli occhi diventavano sempre più bagnati.
"-Red..." Mi disse quando si rese conto di quello che mi confessò. Gli occhi spalancati e che mi fissavano.
"-Lasciami andare...devo...devo andare..." risposi balbettando. Il cuore mi stava martellando nel petto e non sapevo quanto avrei retto ancora. 
"-Red, scusami, mi dispiace, non volevo..."
"-Non...non scusarti...perdonami. Perdonami per il fatto che non me ne sia mai accorta...ora, devo andare."
"-Red!" mi urlò contro ma io ero ormai lontana, stavo correndo sempre più avanti finchè non arrivai davanti casa ed entrai sbattendo la porta. 

Ero accucciata davanti alla porta di casa nel semibuio del corridoio. Avevo accanto la borsa con alcuni fogli con su scritti i compiti per le vacanze estive e disegnini vari. Iniziò a tremare leggermente e ad emetter una musichina da me ben conosciuta. Era il mio cellulare dentro di essa che stava squillando. Smise. Con la mano tremante guardai il numero. Era mio padre. Subito dopo un sms mi apparse sullo schermo: "~Cià cucciola! Domani non ci possiamo vedere perchè ho una riunione di lavoro, se vuoi fare un salto da me oggi si può fare visto che sono appena uscito dal ufficio. Ti aspetto.  -Papà~"
Mi asciugai le lacrime sulle guance e mi alzai in piedi, un po' barcollante. Avanzai sul corridoio fino ad arrivare alle scale che portavano al piano superiore. La luce della cucina illuminò per terra una lettera. La raccolsi. Era della mamma e mi diceva che avrebbe fatto tardi e di preparare la valigia per il giorno dopo. Si, me ne ero completamente dimenticata, quel sabato stesso sarei dovuta partire per quella maledetta fattoria, e tuttuo ciò contro la mia volontà. Sbuffai e la riappoggiai a terra. Salii le scale e andai in camera mia dove trovai la valigia già aperta in mezzo alla stanza. Quasi non la degnai di uno sguardo. Presi lo zaino e lo poggiai sul letto vicino alla mia borsa. Volevo riempirla di vestiti ricordandomi però che da papà ci sarei rimasta poche ore. Mi spogliai e velocemente filai in bagno per farmi una bella doccia. Sotto l'acqua tiepida che mi scorreva sul corpo riuscivo a pensare, o almeno a rilassarmi. Non ci riuscii. Continuavo a pensare a Kentin e alle sue parole.
<< "-Te lo dico perché ti amo! Se tu fossi stata così pessima come dici allora non mi sarei innamorato di te, ok?" >> 
Perché? Perché un ragazzo cosi bravo, carino e dolce come Ketin avrebbe dovuto innamorarsi di me? Mi tornò in mente Serenity. Avrebbe potuto innamorarsi di lei, no? Lei si che sarebbe stata perfetta per lui. Lei è bella, simpatica, intelligente, timida ma anche forte. Io ero tipo un cactus con i capelli rossi.

Finii di asciugarmi i capelli, non ci impiegai tanto visto che non erano tanto lunghi. Mi vestii con una canotta e dei pantaloncini, presi la tracolla e uscii di casa chiudendo la porta a chiave come al solito. Papà non abitava tanto lontano quindi arrivai piuttosto presto nonostante fossi a piedi. Presi le chiavi dalla borsa per aprire la porta ma papà fu più veloce. Vidi la porta spalancarsi e davanti notai papà incorniciato dalla luce della casa. La sua figura snella ma forte mi prese per i fianchi e mi poggiò in casa sul divano poi andò a chiudere la porta. 
"-Cià, cucciola!" Disse sorridente. I suoi capelli castani e non troppo lunghi erano legati in un piccolo cipollino con qualche ciuffo cadente sulla fronte. Lo guardai negli occhi e notai due occhiaie sotto ad essi.
"-Ciao padre!" Risposi con tono vagamente scherzoso ponendo la mano davanti alla fronte come fossi un soldato dell'esercito.
"-Allora sei venuta, che vento ti spinge nella mia 'umilie' dimora?" disse indicando con le braccia aperte la sua casa, ovviamente con qualche pop corn e busta di patatine quà e là.
"-Umile? Starai scherzando! Da quand è che non hai più passato l'aspirapolvere? Avete litigato per caso?"
"-Parla quella che pulisce la sua camera ogni morte di papa."
"-Guarda che adesso è più che pulita. Ho dovuto pulirla per forza perchè la mamma mi manda in una fattoria e voleva che la camera fosse in ordine." risposi seccata.
"-Ah, alla fine te l'ha detto? Ma quando? Avevamo deciso che te lo avrebbe detto il mese scorso per evitare che tu ti arrabbiassi con lei." 
"-Quindi tu lo sapevi?!"
"-Certo! Anche se non ero del tutto d'accordo ma ora ti spiego il perchè."
Ci sedemmo sul divano con una ciotola di patatine sulle ginocchia. Ascoltavo papà con un'attenzione che neanche sapevo di possedere.
"-Tua madre e io sapevamo qualcosa che tu sicuramente hai scoperto, o forse anche no ma ha a che fare con Kentin. Lui un giorno venne da me, tu non c'eri, e mi disse chiaro e tondo, quasi piangendo che era onnamorato di te. Aveva una determinazione quel ragazzo, sembrava me da giovane."
"-Ma tu non sei così vecchio. E comunque so che è unnamorato di me. Me l'ha urlato oggi. Stavamo litigando su...beh, su delle cose e mi ha detto che mi ama. Sinceramente non capisco il perché, intendo dire: può avere tutte le ragazze del mondo e io sinceramente lo vedo solo come un amico, niente di più."
"-E pensi che lui non lo sappia?"
"-Si, credo che ciò li faccia anche abbastanza male. Ma cosa c'entra che lui é innamorato di me con la storia della fattoria, non capisco."
"-Abbiamo deciso di tenervi lontani per un po', Red, voi siete amici da ben dieci anni e da allora non vi siete più separati."
"-Ricordo quando l'ho conosciuto, io avevo 6 anni e lui 7. Da allora abbiamo sempre passato il tempo insieme. Ma lo dico un'altra volta: perché vi dovete impicciare voi? Cioè, saranno fatti nostri? Se lui mi ama e io no?"
"-Questo è vero, io l'ho pensata così, di far calmare le acque fra di voi, tua madre ti ci ha mandata di più per farti riflettere sul tuo anno scolastico e tutte le insufficienze prese. Magari così l'anno prossimo studierai di più."
"-Tipico della mamma. Io in quella fattoria ci andrò, a malincuore ma ci andrò. Parto domani."
"-Lo so." disse infine facendo cadere la ciotola con le patatine.
"-Papà!"
"-Che c'è? Tanto dovevo pulire!"
"-Ma papà...ora capisco da dove ho preso l'essere imbranata."
"-Guarda che io da giovane non ero mica così sai? Quello l'hai preso da tua madre però guai a te se le dici che te l'ho detto io."
"-Patti chiari amicizia lunga!" Sbatemmo il pugno l'uno contro l'altro in modo giovanile. Rimasi da lui finchè non fu sera e poi mi accompagnò a casa perché era già buio. Incontrammo la mamma che ci salutò e mi sgridò per il fatto che non avevo ancora fatto la valigia. Mio padre le fece le linguacce e lei si arrabbio ma poi iniziammo a ridere tutti e tre insieme, come non er successo da tantissimo tempo.
Andai in camera e preparai accurattamente la roba per la mia partenza. Mi addormentai con l'immagine di Kentin in testa. 
  
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