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Autore: Starishadow    28/11/2014    3 recensioni
Questa è la storia di una notte in cui Fuyuka non riesce a dormire e chiede aiuto al suo ragazzo, e di come la voce di Iori la accompagnò fino al mondo dei sogni.
Genere: Fluff, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altri, Iori Asashina
Note: Otherverse | Avvertimenti: nessuno
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Nota dell'autrice: ebbene sì... su invito ed ispirazione della mitica Eris - dalla cui storia "Frail" ho preso ispirazione per la descrizione di Iori - ho tentato anche io la IoFuyu! E sebbene io rimanga profondamente convinta che la loro scrittrice ufficiale sia solo lei, spero che questa storia possa piacervi e di aver reso giustizia ai personaggi!!
A presto!!
Baci,
Starishadow

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Let my voice lull you to sleep
 
Iori era sdraiato sul suo letto in camera sua ad ascoltare i rumori che venivano dalle altre stanze in cui i suoi fratelli si muovevano: sentiva il phon dalla camera di Louis, la telecronaca di una partita di Basket da quella di Subaru, dalla stanza di Yuusuke invece arrivava l’incessante susseguirsi di spari e grida da qualche videogioco.
Senza contare i piagnucolii di Tsubaki, le minacce di Ukyo e i capricci di Wataru.
Sospirò e si girò su un lato, chiudendo gli occhi. Non era eccessivamente tardi, ma si sentiva a pezzi e tutto quello che voleva fare era addormentarsi in fretta e scordarsi il dolore… almeno per un po’.
Era nel dormiveglia quando il suo telefono squillò e lo fece trasalire; non erano molte le persone che potevano chiamarlo sul cellulare a quell’ora, quindi si affrettò a rispondere.
«Hey, Fuyu!» disse, cercando di non far trapelare la stanchezza della sua voce. La ragazza sembrava affannata… «Fuyu?»
«I-Iori» fece lei, prendendo fiato «S-scusami ma… non riesco a dormire e… non so, ogni volta che mi sto per addormentare… qualcosa mi sveglia. Non so che cosa sia, ma mi sembra di soffocare e il cuore mi batte a mille»
Iori poteva facilmente immaginare la sua ragazza seduta sul letto, con i lunghi capelli castani gettati su una spalla e il telefono premuto all’orecchio, mentre si raggomitolava il più possibile, tremante. Il pensiero di non poter essere lì a stringerla e rassicurarla gli causava un dolore spiacevole al petto:
«Stai tranquilla, piccola… parla con me. È solo un po’ di ansia, come quella sera, ricordi?»
La prima sera in cui Fuyuka era rimasta a dormire da lui aveva avuto una sorta di attacco di panico che le aveva impedito di addormentarsi per svariati minuti, almeno fino a quando il calore che l’abbraccio di Iori riusciva a trasmetterle le aveva fatto rilassare tutti i muscoli contratti e il suo respiro si era calmato fino a diventare regolare e tranquillo.
«S-sì» rispose lei, prendendo un altro respiro profondo «perché mi succede?» chiese, preoccupata.
«Può capitare… ad alcuni dei miei fratelli sono venuti spesso. Non ti preoccupare, quidi» Iori sorrise leggermente al telefono, perché sapeva che – anche se lei non poteva vederlo – Fuyuka riusciva a sentirlo sorridere proprio come ci riusciva lui.
«Ok… mi dispiace disturbarti a quest’ora» mormorò lei, già più tranquilla.
«Figurati, tanto nemmeno io riuscivo a dormire» era la verità, ma Iori avrebbe gradito che la sua voce fosse un po’ meno rauca e un po’ meno impastata dal sonno mentre diceva quelle cose.
Fuyuka emise una risatina leggera:
«Forse tu non ci riuscivi, ma la tua voce era bella che addormentata»
«Parliamo della tua che fa concorrenza ai topolini di Cenerentola?» ghignò Iori, e la ragazza rise di nuovo.
«Almeno quella vocina è adorabile» ribattè la ragazza, ridacchiando.
Rimasero in silenzio per qualche secondo, poi lei chiamò il suo nome in quella maniera esitante, con voce delicata, che faceva rivoltare ogni singolo organo all’interno del corpo di Iori, e gli faceva fremere tutti i muscoli come se fossero già pronti a correre da lei.
«Sì, Fuyuka?» chiese lui, in un respiro.
«Potresti… raccontarmi una storia?» chiese la ragazza, mentre si sdraiava di nuovo e chiudeva i suoi occhi verdi, concentrandosi solo sul respiro di Iori che riusciva a sentire dal telefono e poi sulla sua voce.
«Mmm… ok… che ne dici di questa…
 
C’era una volta un ragazzino nato più fragile degli altri, amato e protetto dalla sua famiglia, ma terrorizzato ogni volta in cui abbandonava quel rifugio rassicurante che era la sua casa.
Sebbene i suoi fratelli – uno in particolare – facessero del loro meglio per renderlo felice, lui di rado riusciva anche solo a malapena a sorridere. Poi un giorno, alle superiori, quel ragazzo si scontrò lungo la via che portava dalla mensa alla biblioteca con la ragazza più bella che avesse mai visto prima. Lei gli sorrise e lui, incantato dai suoi occhi e dal suo sorriso, non riuscì a fare altro che restare imbambolato a fissarla, probabilmente spaventandola a morte, lei lo salutò nervosamente e corse via
 
Fuyuka emise una risatina a quelle parole, ma non interruppe il ragazzo.
 
Quel giorno, il ragazzo non riusciva a smettere di pensare a lei, durante le lezioni, nel tragitto da scuola a casa, mentre studiava, a cena non riuscì a mangiare più di due bocconi… perso nel suo mondo, non rispondeva nemmeno alle domande dei suoi fratelli, e fu solo quando uno di loro – per prenderlo in giro – dichiarò “è innamorato” che realizzò cos’era quella strana sensazione che provava in fondo allo stomaco, che gli annodava tutto dall’ombelico alla gola… forse non era ancora propriamente innamorato, perché non conosceva quella ragazza, però era infatuato. E impaziente di rivederla la mattina dopo a scuola.
Quando la vide ferma fuori dall’edificio ad osservare i fiori che crescevano davanti alla scuola, lui le si avvicinò e la salutò, scusandosi per il giorno prima, lei sorrise e lo rassicurò di non ritenerlo un pazzo. Già era qualcosa, almeno.
«Mi hanno detto che tu conosci il significato dei fiori» disse lei dopo un po’, e il ragazzo avvampò, ma annuì cercando di non diventare viola «sai cosa vogliono dire questi fiori?» chiese lei, indicando un paio di fiori cresciuti nel giardino, lui sorrise.
«Mmm… quello è il biancospino, che significa “dolce speranza”… e lì c’è  il glicine, “amicizia”» i suoi occhi vagarono ancora fino a scorgere una rosa color rosa chiaro, e i suoi occhi si spalancarono.
«E quella?»
«Q-quella è… cioè, vuol dire…» balbettando e con il cuore che batteva a mille, alla fine il ragazzo riuscì a buttar fuori «ammirazione, simpatia… ehm…» abbassò gli occhi e arrossì di nuovo.
«Sono Fuyuka, comunque» rise lei «e in questo momento, se dovessi esprimermi con un fiore, ti direi “rosa rosa chiaro”»
Le guance del ragazzo però erano diventate più rosse dei capelli di suoi fratello minore, il che è tutto dire.
 
Fuyuka rise all’ultima frase, senza riaprire gli occhi.
«Grazie, Iori» disse, infine, e anche lui stava ridacchiando:
«Era penosa, lo so»
«No, non è vero! Ti ho chiesto di improvvisare e tu l’hai fatto… e poi… è la mia storia preferita»
Iori rimase in silenzio, mentre il suo corpo dimenticava ogni dolore o ogni affanno, e il suo cuore si prendeva la libertà di fargli capriole nel petto. Poi sorrise:
«È anche la mia storia preferita. Che ne dici… ti va di scrivere il finale insieme?»
La risposta di Fuyuka, sussurrata in una camera da letto buia e silenziosa, raggiunse le orecchie di Iori, poi lentamente entrambi si addormentarono, con i cellulari ancora vicino alle loro orecchie. La connessione cadde solo quando il telefono di Iori si scaricò e si spense, ma la mattina dopo, al suo risveglio, il ragazzo lo trovò ancora aperto e stretto nella sua mano.
Sorrise e aumentò la presa per un secondo, prima di alzarsi.
Anche quel giorno aveva un pezzo di storia da scrivere.
   
 
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