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Autore: neurodramaticfool    29/11/2014    1 recensioni
Inghilterra, 1349, La peste imperversa, ma la vita deve andare avanti. Due storie, due personaggi, due vite diverse nella stessa situazione. Dove il rimorso e i segreti possono pregiudicare la felicità di un uomo, qualcuno sceglie di affidarsi alla religione, qualcuno ai sentimenti. L’inferno aspetta sia gli amanti che gli assassini, cosa scegli di essere? La storia partecipa al contest "Historical Contest- Perle dal Passato" di Black_Hunter
Genere: Drammatico, Introspettivo, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna, Slash
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Medioevo
Capitoli:
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Parte Seconda

Bertram

Sospirando, lo condusse al letto della malata, mentre Jan li seguiva con interesse, senza pronunciare una parola. L'uomo si sedette accanto al letto, sfiorando delicatamente i capelli della giovane donna, con un sospiro leggero.

“Come sta?” chiese di nuovo. Bertram aveva visto malati morire, altri restare stabili per tutto il tempo, altri guarire, addirittura. Carys stava lentamente migliorando, ma non era da escludere che potesse peggiorare di nuovo. Doveva anche aggiungere, forse, che Jan in persona si prendeva cura di tutte le donne, e che, quindi, era più probabile che guarisse lei che qualsiasi altro uomo presente in quel luogo. I frati avevano proibito a Jan di esaminare fisicamente gli uomini, ma il fatto che lei fosse una donna aveva facilitato non di poco la loro cura delle donne, dato che si vergognavano come dei ladri di dover visitare delle donne. “E' una cosa oggettiva, come può risultare loro perversa?” continuava a domandare la persiana, ogni volta che venivano sollevate obiezioni allo svolgimento della sua attività, Bertram scuoteva la testa e la lasciava brontolare.

“Meglio,” rispose Jan, con un tono serio e una bonaria espressione sul viso. Bertram scosse la testa, detestava che dovesse sempre fingersi una suora, nel modo di fare, quando era quanto di più simile all'eresia si potesse trovare in una sola persona. “Ma il recupero è lento, sembra annoiarsi così tanto da aver perso la voglia di vivere, sembra che non ci sia nulla per cui valga la pena di vivere... nulla... o nessuno...


 

Mi sbagliavo, questa donna non è una strega, è il demonio fatto persona. Si disse Bertram spingendola via con forza, e dicendo all'uomo che poteva trattenersi per quanto avesse voluto. “Donna, essere immondo, peccatrice e eretica, cosa passa per la tua testa da infedele?” Rantolò Bertram, una volta fuori dalla portata d'orecchio del visitatore. Jan sorrise forzatamente e poi aggrottò la fronte quando si accorse che Bertram non scherzava.

“Carys sta morendo di noia, qui dentro. Corvo brillante, la tua luce si è offuscata con la stanchezza... il tuo cuore ha mai amato? Sai quanta forza può dare la prospettiva di essere riunita al suo amato a una donzella come Carys?” Il frate le voltò le spalle, lasciandola sola sotto la volta a crociera della navata di destra. No, non aveva mai amato, non in senso romantico, almeno, ma era amore, per lui, quello che donava a chi avesse bisogno di aiuto, a chi chiedeva qualcosa da mangiare dopo ore di cammino. Per lui era amore svegliarsi ogni giorno all'alba, dopo quasi due ore di sonno, per cercare di salvare la vita di qualcuno. Si passò una mano sul viso, sapeva da sempre che esistevano varie forme d'amore, non per forza ce n'era una migliore delle altre.

Non fece in tempo a uscire dalla chiesa che già fratello Matthew si profilò nel chiostro, anche lui iniziava ad essere stanco, e soprattutto sembrava sempre più preoccupato per qualcosa che Bertram non riusciva a capire del tutto.

“Bertram,” lo salutò, con un tono strano nella voce. “Ci sono novità?” Il fratello più anziano sollevò un sopracciglio. “L'unica novità è vederti qui a quest'ora.” Fece notare, proseguendo per la propria strada, diretto nella farmacia a prendere alcune cose che sarebbero servite dall'alba in poi.


 

Matthew, nella sua solita insistenza, lo seguì, con un sorriso divertito. “La donna continua a farti impazzire?” Chiese, insolente come solo i giovani di buona famiglia sanno essere, anche dopo anni in convento. Bertram lo fulminò con lo sguardo, ma il ragazzo non si scompose, senza neppure distogliere gli occhi. Il più anziano si stupì di questo, da quando erano arrivati in città, il più giovane aveva acquisito più sicurezza- forse non ce ne sarebbe stato bisogno.

“Nessuno può farmi impazzire più di te.” L'affetto nella sua voce, tuttavia, smorzò l'asprezza delle sue parole. Matthew era una delle persone a cui voleva più bene. Non aveva mai avuto un fratello, non davvero, ma quel ragazzo era quanto di più simile avesse. Il giovane gli sorrise, prendendo alcuni dei barattoli che il più anziano cercava di trasportare, sfidando le leggi dell'equilibrio.

“Fratello,” iniziò, ancora una volta, il nobile che adesso indossava il saio. “Devo chiederti una cosa, ma prometti che non dirai niente a nessuno.” Bertram era sul punto di negargli la possibilità di chiedere, ma la curiosità, quella solita, dannata, curiosità che aveva causato così tanto scompiglio nella sua vita, era troppa per poterlesi opporre. Sorrise, incoraggiandolo a chiedere.

**

Ewan

Ewan sbiancò, e persino il calore delle mani di Haelan perse gran parte dellla sua forza. “Io.. non ho mentito.” Provò ad articolare, prima che il biondo lo catturasse in un bacio inaspettato. Per quanto avesse voglia di baciarlo, di toccarlo, di sentirlo con sé, in quel momento la menzogna pesava così tanto tra loro che Ewan sentì di essere lontano miglia e miglia dal bel contadino dalle spalle muscolose che stava lentamente slacciando la sua camicia e i suoi pantaloni nel tepore della mattina autunnale. Quando sentì le labbra del giovane intorno al proprio inguine, tuttavia, ogni preoccupazione svanì per lasciare il posto a ogni sensazione che la pelle gli mandava. Chiuse gli occhi, dopo essere stato ribaltato sul letto con impeto, mentre Haelan faceva cose con la lingua che non avrebbe mai pensato possibili. Per essere il rozzo contadino per il quale si spacciava, Haelan era estremamente delicato e sensuale. Era tutto muscoli e masse scolpite, ma era armonioso come un gatto aristocratico e sentire le sue mani ruvide e forti attorno alle proprie gambe robuste e più morbide nelle forme di quelle del più grande era più di quanto Ewan avesse mai sperato di provare. Quello che stava accadendo era persino meglio di ogni cosa successa in Francia e prima di andarci, era più giusto e più bello... “Sdraiati, Hae, è il mio turno.” Riuscì ad articolare, quando il biondo ebbe raggiunto il suo scopo. Hae. Era strano chiamarlo così, ma non poteva fare diversamente, era quanto di più naturale ci fosse, in quel contesto.

Temette di non essere all'altezza di quello che Haelan aveva fatto a lui, ma, quando sentì il suono inizialmente inarticolato e poi sempre più vicino al suo nome che il ragazzo stava cercando di soffocare mordendosi le labbra a sangue, seppe di non essere poi così male come aveva creduto.

Haelan lo baciò come se avessero appena rischiato di non vedersi mai più- come se avesse paura di perderlo- e lo strinse a sé, mentre Ewan sperava che nessuno avesse sentito niente e che nessuno li avrebbe scoperti così.


 

**

Bertram

“Sei mai stato innamorato?” Bertram credette di non potersi più affidare alle proprie orecchie. Era arrivato a ventotto anni senza che nessuno gli avesse mai posto quella domanda e adesso, nello stesso giorno, due persone glielo chiedevano. Prese un respiro profondo, inalando l'atmosfera rilassata e piena di libri polverosi e spezie della farmacia, cercando di riordinare i propri pensieri. L'amore, nel senso in cui Matthew sembrava intenderlo adesso, era qualcosa che gli era noto attraverso le altre persone, ma non lo aveva mai provato lui stesso, quello non poteva dirlo. Da quando aveva otto anni era stato confinato in un monastero di campagna, per propria scelta, il che non gli aveva dato molte possibilità di innamorarsi, ma nemmeno di cedere più di tanto agli istinti fisici, avendo imparato fin da piccolo a ignorare il proprio corpo o, nella peggiore delle situazioni, a tenerlo sotto controllo. Non era neppure una di quelle persone che, costrette dagli eventi a stare lontani dalle donne, diventavano incontrollabilmente eccitati in presenza di una qualsiasi rappresentante del gentil sesso. Aveva conosciuto donne di ogni genere, lavorando nella foresteria, e adesso nel lazzaretto, e tutto l'interesse che avevano suscitato in lui era puramente intellettuale. Se avesse dovuto dare una risposta vera e sincera alla domanda di Matthew, avrebbe detto che sì, era stato innamorato e lo era ancora, della conoscenza, della possibilità di conoscere le storie delle persone, della vita degli altri, del mondo- anche se il suo mondo per vent'anni era stato un'abbazia nelle campagne del nord dell'Inghilterra.


 

“No.” Sospirò, alla fine, guardando gli occhi del giovane rabbuiarsi. Sorrise debolmente. “Ma ne so più di molti altri, per cui, puoi dirmi tutto.” Propose, sapendo che dietro a una domanda del genere si celava qualcosa di personale e di non molto disinteressato. Matthew arrossì violentemente, prima di mordersi il labbro inferiore.

“Devo ancora prendere i voti, ma questo non mi rende meno un monaco di quanto già sia,” premetté il giovane, e Bertram aggrottò la fronte. “Ma c'è un motivo se mio padre ha deciso che io non ero il figlio giusto da far sposare e rendere erede del feudo. E la religione era una parte marginale di quel motivo.”

Bertram gli mise un braccio sulle spalle, dopo aver di nuovo poggiato i barattoli sul tavolo. Il ragazzo sospirò, continuando a spiegare. C'era quasi sempre un altro motivo per cui le persone entravano a far parte di un ordine religioso, era raro che qualcuno fosse davvero deciso a fare questo a se stesso, poi, una volta entrati, si poteva decidere di apprezzare e stare bene nella situazione in cui ci si trovava, come era accaduto per Bertram, che non aveva mai più lasciato i frati che lo avevano accolto quella piovosa notte di tanti anni prima. Certo, quando ci ripensava, essere un monaco non era il suo sogno, da bambino. Voleva essere un cavaliere, famoso possibilmente, ma non era mai riuscito in questo, evidentemente. Sorrise al pensiero di un piccolo Matthew che sognava anche lui di poter cavalcare nelle pianure e nelle colline, comparato a quel ragazzo snello e forte che tirava su le coperte dei malati tra i pilastri di una chiesa.

“Matthew,” gli disse, e il ragazzo lo guardò, in cerca di una risposta ai suoi dubbi. “Non scordare mai che la tua promessa non è a una persona, ma a Dio, se la infrangerai sarà più grave ai tuoi occhi, ma Lui, Lui sa perdonare. Non dimenticare nemmeno, tuttavia, che infrangere la tua promessa vorrebbe dire fare infrangere la propria anche all'altra persona.” Matthew annuì, lievemente consolato.

“Perché?” chiese, però, dopo poco. “Perché devo essere un peccatore in così tanti modi?” Aveva le lacrime agli occhi. Apparve, per la prima volta da quando avevano lasciato l'abbazia, il ragazzino che era. Quando Bertram alzò gli occhi su di lui, non vide il ventenne disperato perché il suo corpo non rispondeva come avrebbe voluto, ma il figlio del conte che, due anni prima, era arrivato in campagna, si era tolto gli abiti di velluto e aveva messo del cotone grezzo sulla pelle nuda, piangendo come un bambino alla prospettiva di essere frate. Vide il viso di quel ragazzino che si sforzava di seguire tutte le funzioni e che zappava con tanta violenza da far credere che avrebbe liberato Lucifero dall'Inferno, rivide l'espressione di sorpresa che aveva avuto quando, per la prima volta, aveva visto crescere i fiori nella serra, o le piantine nell'orto, la trasformazione che era avvenuta in lui quando aveva ascoltato tutta la Regola di San Benedetto letta dall'abate. Quel ragazzino, suo fratello, aveva bisogno di conforto, ora. E tutte le sue belle parole sull'amore donato agli altri sarebbero state polvere se non avesse in qualche modo aiutato quella povera pecorella smarrita a trovare la sua via ancora una volta.

“Matthew.” Lo richiamò, forzandolo a tenere lo sguardo fisso nei suoi occhi. “Non dire nemmeno per gioco che sei un peccatore. Lo sei, certo, come tutti gli uomini, non sei diverso da nessuno, non sei più speciale, né più perfetto. Ma non osare pensare di essere peggiore di tutti. Hai ancora la possibilità di non commettere... quel peccato- non di nuovo, almeno,” si affrettò ad aggiungere, vista l'improvvisa ondata di rossore sulle guance del ragazzo. “Ma non pensare, nemmeno per un istante, che amare un uomo sia peggiore che ucciderne uno.”


 

Matthew lo guardò per un momento piuttosto lungo, prima di aggrottare la fronte e dischiudere leggermente le labbra, per poi serrarle subito dopo. Bertram seppe che il più giovane aveva perfettamente capito che cosa intendesse dire, ma non voleva ammettere di essere nel giusto. Stava probabilmente pensando che il grande Bertram, colui che ogni notte dormiva solo due ore per poter aiutare gli altri, non poteva aver fatto una tale cosa... eppure, aveva inteso bene.

“Ma tu non puoi saperlo...” provò, debolmente, distogliendo lo sguardo. Bertram sospirò stancamente, alzandosi e dirigendosi di nuovo in chiesa, con i barattoli di erbe medicinali. Oh, fratello mio, lo so meglio di quanto mi piacerebbe.


 

Ralf lo guardò strano per tutto il giorno, probabilmente Matthew doveva avergli detto qualcosa. Bertram non si sentì offeso, era piuttosto normale che le persone lo guardassero male, era la punizione naturale per il crimine che aveva commesso. Una voce nella sua testa, prontamente soppressa, provò a dirgli che erano trascorsi vent'anni, che non valeva la pena di punirsi per fatti così remoti. Un'altra, anch'essa rapidamente ridotta al silenzio, tentò di persuaderlo a non ritenersi più deviato di un frate che sognava che un altro frate dormisse con lui. Amare o uccidere. Si ripeté, prima di andare di nuovo da Carys, che dormiva beatamente, dopo molti giorni e notti insonni.

Poggiò una mano sui capelli chiari della giovane, svegliandola delicatamente per poterle dare l'intruglio che, teoricamante, avrebbe dovuto abbassare la sua febbre.

“Padre,” mormorò, assonnata, la ragazza, aprendo gli occhi chiari e mettendo a fuoco il frate. “ho sognato che il mio principe era qui questa notte, e mi teneva la mano, dicendomi che mi aspettava.” Bertram sorrise amalapena, sapendo che non era un sogno, ma indeciso se dirglielo o meno.

“Non hai sognato, figliola mia.” Disse, accarezzandole di nuovo i ricci disordinati, sperando di convincerla a dormire. Un lampo di determinazione passò nei suoi occhi, prima che lei si decidesse a rimettere la testa sul cuscino. Dopotutto, Jan avrebbe potuto aver ragione.


 

 **

Ewan

Le giornate divennero molto più brevi, e più strane. Haelan era tranquillo, riusciva con facilità a non comportarsi in modo strano, mentre Ewan faceva più difficoltà a fare finta di nulla. Cercava di non guardarlo troppo, di non dare origine a pettegolezzi in paese; sapeva che prima o poi sarebbe successo, tuttavia, soprattutto perché non c'era verso che in un villaggio di così poche persone nessuno sospettasse nulla. Iniziò a pensare che doveva andarsene, non poteva mettere a rischio Haelan per una cosa del genere. E restare con lui sarebbe stato solo egoista. Non negava di provare qualcosa di molto profondo per lui, e ne era spaventato, più spaventato di quando era stato in guerra. Là c'era l'adrenalina, la passione degli altri, la certezza che qualcuno si sentiva esattamente come lui, qua, invece, era tutto incerto, nebuloso... Che cosa mi hai fatto? Si trovò a chiedersi, guardando il ragazzo che ogni notte dormiva accanto a lui, stringendolo con delicata possessività, mentre metteva in tavola la zuppa per tutti. Con un sorriso, Haelan gli porse il piatto, e Ewan sentì il proprio stomaco annodarsi. Gli avrebbe detto tutto quella sera, così non ci sarebbero state più scuse per restare lì, così tutto sarebbe finito. Si può essere spaventati di essere felici? Ewan credeva di sì, ormai, dato che da mesi stava nascondendo la propria identità al proprio amante. Haelan gli rivolse uno sguardo interrogativo, nel vederlo pensieroso, e il peso nelle viscere del più giovane si fece ancora più importante.

Disse di non sentirsi bene e si alzò, uscendo fuori e respirando a pieni polmoni la fredda aria invernale. Gli girava la testa, sapeva di doversene andare adesso oppure non lo avrebbe più fatto, ma il pensiero di Haelan che si incolpava per la sua fuga e che piangeva perché era stato abbandonato lo fermò. Sapeva che quel ragazzo gli stava dando più di quano si meritasse, sapeva che non poteva andare avanti così.

“Ewan,” ecco, lo aveva anche raggiunto. Si passò una mano sugli occhi, per darsi un contegno. Che cosa avrebbero pensato i genitori di Haelan? Che cosa gli avevano chiesto, prima che lui riuscisse a convincerli di essere semplicemente preoccupato perché, condividendo una stanza, temeva di ammalarsi lui stesso? “va tutto bene?”

No. Non va bene, ti ho mentito per quattro mesi. Non può andare bene. Perché ti amo e non riesco a dirti la verità? Perché ogni sera provo a dirti che cosa sono e ogni volta fallisco? Per quale motivo, quando tu mi dici “dimmi quello che stai pensando”, arrabbiato, frustrato perché non ti dico nulla, offeso perché dico di amarti e poi mi comporto come se non lo facessi davvero, non riesco a dirti nulla e cerco ancora i tuoi baci, come se quelli dicessero più di mille parole? Haelan, che cosa mi sta succedendo? Che cosa mi stai facendo succedere?

Non si rese conto di essersi seduto sullo scalino della porta, con il braccio di Haelan sulle spalle, finché non scosse la testa e sorrise debolmente. “E' tutto a posto.” Il biondo scrollò la testa, per niente convinto, ma non si spostò.

“Puoi dirmelo, sai?” disse, piano, passando una mano tra i lunghi capelli di Ewan, che si sentì divorare dal senso di colpa. Non si meritava quel ragazzo. No. Lo so che posso. Sono io che non ce la faccio.

“Dirti cosa?” Un'altra bugia, un'altra ferita al cuore. Prima o poi sarebbe morto di questo, e Haelan sarebbe morto con lui, perché ogni bugia era un taglio nel cuore dell'uno e dell'altro. E questo era peggio.

Haelan sospirò, continuando a giocare con i capelli di Ewan. Gli posò un rapido bacio sulla fronte e tornò all'interno, senza dire nulla. Se non glielo avesse detto, le cose sarebbero degenerate, lo stava perdendo, lo sentiva. Si prese la testa tra le mani.


 

**

Bertram

Non si rese conto di essersi addormentato, finché non si svegliò quasi urlando per un incubo. Si sedette sul duro materasso, passandosi una mano tra i capelli e deglutendo con forza. Prese un respiro profondo e cercò di riportare il battito cardiaco a una velocità normale, ricercando conforto nel freddo del pavimento contro i palmi dei piedi. La sensazione della gelida pietra a contatto con la pelle lo riportò a una dimensione più reale, ma non riusciva comunque a scacciare il senso di panico che lo stava pervadendo. Si disse che non aveva più otto anni, che era cresciuto, che era un uomo forte, prima di tutto, ma non ebbe successo, poiché si trovò a singhiozzare come un bambino, con la testa tra le mani. E d'improvviso tornò a essere il ragazzino terrorizzato che correva nella campagna, con un terribile evento alle spalle, le mani ancora sporche di sangue, non metaforicamente ma materialmente, e le lacrime agli occhi.

Non lo aveva fatto apposta, non avrebbe voluto farlo, ma la curiosità, già allora, era stata troppo forte. Abitava in una casa piccola, di due stanze, con sua madre; il padre combatteva in Francia, per il Re d'Inghilterra. E quella notte c'era una festa in paese, Bertram aveva supplicato sua madre per tutto il giorno di portarlo a vedere i giocolieri, e alla fine lei aveva ceduto. Non si ricordava molto di sua madre, era un'immagine sfocata nella sua mente, una donna alta e forte, con una bella voce intonata- amava cantare-, con dei capelli chiari e voluminosi. Lei lo aveva accompagnato, raccomandandosi di non allontanarsi troppo, come ogni madre fa, ma, quando lui si era allontanato dalla piazza per vedere l'accampamento dei vagabondi che eseguivano acrobazie sul selciato della chiesa, lei non lo aveva visto, quindi, non lo aveva seguito. Bertram si sentiva grande, a otto anni, poiché conosceva la strada da fare per tornare a casa, di conseguenza si inoltrò tra le variopinte tende del circo e si lasciò avvolgere dai rumori, dagli odori e dalla strana atmosfera che permeava il luogo.


 

C'erano due uomini, tra le tende, due uomini che parlavano tra loro fittamente, in un idioma che non conosceva. Ridevano sguaiatamente, ed erano soli. Bertram, troppo curioso, non resistette e si avvicinò ancora, consapevole di saper essere silenzioso se fosse servito. Li vide: erano seduti intorno a un sacco di monete, le contavano con soddisfazione e si scambiavano commenti giocosi, ridendo a alto volume. Erano veramente tanti soldi, pensò Bertram, chissà come erano diventati così ricchi. Quando, più grande, ripercorse i ricordi che aveva di quella serata, capì che, probabilmente, erano soldi rubati, di certo non di provenienza dei nomadi. Nondimeno, Bertram era ipnotizzato da quelle monete, dai riflessi scintillanti che acquistavano quando la luce delle fiaccole le colpiva con i suoi raggi, del ticchettio metallico che si produceva quando i due le ammucchiavano l'une sulle altre, o le lasciavano scorrere tra le mani. Non riusciva a staccare lo sguardo da quello spettacolo, perse la concezione del tempo, senza sapere più da quanto tempo si trovava nascosto dietro a un tendone.

“Bertram! Dove ti sei infilato, piccolo diavolo?” La voce di sua madre lo colse di sorpresa, era lontana, ma non troppo, e si stava avvicinando. Il senso di colpa per averla mollata in mezzo alla piazza senza neppure avvertirla si insinuò nel bambino, che decise di muoversi per raggiungerla. Si fermò, tuttavia, quando vide che uno dei due uomini aveva estratto un coltello, lanciando occhiate preoccupate all'altro. La donna dovette vedere la luce delle fiaccole, perché arrivò velocemente lì. “Bert, sei qui?” chiamò di nuovo, ma l'uomo aveva già puntato il coltello alla sua gola.

“Mamma!” Urlò il bambino, con un coraggio che non sapeva di avere. La donna sbiancò, ma l'uomo non si smosse.

“Bene.” Disse, invece, con un accento assurdo. “Due ladri. Non sai, bimbo, che la notte è pericolosa? E tu, donna?” Sua mamma tremava, ma il bambino non era minimamente terrorizzato, se non per il destino della madre. Il secondo uomo prese Bertram per un braccio, ma lui scalciò, riuscendo a liberarsi, ma il primo uomo accoltellò sua madre, a sangue freddo.

“Bertie...” fu tutto quello che lei disse, prima di serrare le labbra e crollare a terra, dignitosa anche nella sua morte. Il coltello cadde, mentre l'uomo sospirava, rassegnato, borbottando qualcosa nella sua strana lingua. Coltello. Bertram corse, silenzioso e invisibile nella penombra, e lo raccolse, sentendosi all'improvviso invincibile.

“Bravo bimbo dà coltello a buon uomo.” Disse il secondo uomo, con un accento ancora peggiore del primo. Parlava in modo duro, senza gli articoli, e per Bertram era tutto sbagliato e impossibile. “Ora. Da' coltello a me, bravo bimbo.” Ripeté.

Il primo uomo- l'assassino di sua madre- si avvicinò per strapparglielo di mano, dovette pensare che un bambino di otto anni, magrolino e con dei ridicoli capelli lunghi e polverosi, non potesse essere una grande minaccia. Nemmeno Bertram pensava di essere una grande minaccia, ma colpì l'uomo nella pancia, con il coltello, per mille e mille volte, finché non crollò su di lui, tra le urla sorprese del suo compare. Bertram realizzò cosa era successo quando sentì il peso dell'uomo su di sé, spingendolo via e correndo a zig-zag tra le tende. Sentì che l'altro urlava in quella lingua e poi diceva: “Bravo bimbo fatto me ricco!”


 

**

Ewan

Le coperte graffiavano la pelle, erano grezze, ma tenevano caldo, e forse non erano state pensate per coprire direttamente la nuda pelle, ma ormai Ewan ci aveva fatto l'abitudine. Erano ruvide tanto quanto la pelle di Haelan era liscia, graffianti quanto la sua voce era suadente, nei momenti, come quello, in cui lo accarezzava con delicatezza e forza allo stesso tempo, ansimandogli di fare di più, di più, di più, fino a crollare sotto di lui con un sospiro di soddisfazione. Con un mezzo giro su se stesso, Ewan si stese accanto a lui, fissando il soffitto, mentre il biondo gli abbracciava la vita e gli appoggiava la testa sul petto, pronto a dormire. “Ewan, sei meraviglioso.” Gli sussurrò, passandogli un dito lungo i fianchi, solleticandolo con i capelli e con il respiro. Anche tu. Anzi, tu di più. “Non è vero, Hae.” Haelan si sollevò su un gomito, i capelli appiccicati alla fronte corrugata. “Sono una persona orribile.” Haelan sbuffò, come se non lo prendesse sul serio, e si allungò per dargli un bacio, ma Ewan si spostò di scatto, lasciandolo a bocca asciutta.

“Che c'è?” chiese, un po' offeso e un po' preoccupato, sedendosi e tirando la coperta fino a coprirsi anche le spalle.

Ewan prese un respiro profondo. “Io... io ti ho mentito, per tutto questo tempo.” Haelan sollevò le sopracciglia e borbottò qualcosa, in un'espressione di completa delusione. Il più giovane capì che aveva probabilmente frainteso, quindi si accinse a spiegare. “Io... io non sono la persona che ti ho detto di essere.” No, questo non aiuta. “Non che io non... Dio, Haelan. Non te l'ho mai detto perché è da quando sono venuto via dalla Francia che non dico più chi sono davvero, potrebbero uccidermi se sapessero chi sono, potrebbero pensare che il mio omicidio serva a far rientrare il re in patria, oppure che io valga un sacco di soldi... avevo paura, il mio scudiero era stato ucciso, mi sono spacciato per uno scudiero io stesso.”

Haelan deglutì, con un'espressione arrabbiata. La sua voce, però, era piuttosto calma, troppo calma, quando disse: “Ti prego di dirmi chi è la persona con cui ho scopato ogni notte da due mesi a questa parte, allora.” La sua calma urtò Ewan, che fu sul punto di singhiozzare e mettersi a piangere.

“Mio padre è il consigliere del Re.” disse, senza guardare l'altro, che rise amaramente.

“Un nobile. Mi sono fatto fottere per due mesi da un nobile, e per i restanti due ho sognato di farmi fottere da un nobile.” Ewan tentò di toccarlo, ma Haelan lo scansò con un gesto brusco. “Non toccarmi! Cosa sei, barone? Conte? Eh?” Lo apostrofò, spostandosi quanto più lontano da lui riuscisse, senza ancora scendere dal letto, pensiero che rincuorò un po' Ewan.

“Cavaliere.” Mormorò, alzando gli occhi solo dopo aver pronunciato le sillabe incriminate. Haelan stava respirando a fondo, evidentemente cercando di metabolizzare le informazioni che aveva ricevuto. Poi si sdraiò e poggiò la testa sull'unico cuscino che avevano, tirandolo dalla sua parte. Stava dando le spalle a Ewan e non aveva preso il suo braccio per metterselo attorno, come faceva sempre.

Il cavaliere sospirò, mettendosi sdraiato pure lui, dopo aver spento la candela.

“Non so se voglio dormire con te.” Disse, dopo un po', il biondo, senza girarsi.

“Sono sempre la stessa persona, Haelan!” Ribatté Ewan, cercando di non piangere. “Non cambia niente se sai il mio titolo o no. Sono sempre la persona che hai detto di amare e che ti ama e-”

“No, non è vero che non cambia niente. Cambia tutto! Perché diamine non me lo hai detto prima? Perché? Cosa ti cambiava se dici che non cambia niente? Eh? E poi, sai cosa cambia? Cambia che tu mi hai mentito per mesi, Ewan, per mesi. E io lo sapevo, ma non lo ammettevo a me stesso. Mi dicevo che ero io che mi preoccupavo troppo, ma lo sentivo. Non potevi dirmelo la prima volta che te l'ho chiesto? O la seconda? Perché mentire per mille e mille volte? Non è degli altri che hai paura, Ewan, hai paura di te stesso e di metterti sul serio in gioco.” Dopo essersi voltato per sciorinare tutto ciò, si girò di nuovo dall'altra parte. “Adesso, per favore, non provare a toccarmi, ser.

Ewan si asciugò l'unica lacrima che gli era sfuggita e si girò verso la parete. La mattina dopo se ne sarebbe andato.

 

**

Bertram

Quello che successe dopo non se lo ricordò mai più, il suo ricordo seguente era il vagare sotto la pioggia nella campagna, quando un uomo a cavallo lo avvicinò. “Bambino, vai al riparo, va' a casa.” Gli ingiunse, con tono perentorio, ma, quando Bertram si mise a piangere ancora più forte, scese dal cavallo e lo montò in sella. “Spero che tua madre non sia preoccupata per te,” borbottò, “ma ci penseranno i frati a dirle che stai bene- se non avrai la febbre dopo quest'acquazzone.”

Lo lasciò nella foresteria del convento, avvolto nella sua coperta, spiegando ai frati in che stato lo aveva trovato. Bertram non ricordava nulla di quell'uomo, se non che poi sentì dire che era un importante nobile della regione. Tuttavia, fu lui che lo consegnò al suo destino, dandolo in cura a quegli uomini anziani che lo crebbero meglio di quanto qualsiasi madre avrebbe potuto fare.


 

Bertram si sedette, erano passati vent'anni, ma in lui quella notte era ancora troppo vivida per essere considerata un ricordo. Non aveva voluto uccidere quell'uomo, voleva solo poter scappare, ma sua madre...

Bussarono alla porta. “Avanti.” Esclamò, asciugandosi gli occhi, sperando che nessuno ci avrebbe fatto caso. Era Jan, con un'aria stanchissima e un sorriso tirato. “Ti vogliono, Carys, cioè. Ti vuole Carys. O Carys ti vuole, non so più nemmeno parlare la tua lingua.” Poi aggiunse qualcosa in una lingua che Bertram non capiva. Nonostante tutto, dette una leggera pacca sulla spalla di Jan e andò velocemente in chiesa. Carys era seduta sulla sua branda, i capelli biondi sparsi sulle spalle, una luce allegra negli occhi. “Padre, potete celebrare un matrimonio?” chiese, ex abrupto, senza neppure aspettare che il frate si fosse del tutto avvicinato. Il giovane uomo che era venuto a trovarla era al suo fianco, tenendole la mano. Bertram sbatté gli occhi un paio di volte. Voleva dire molte cose, chiedere perché avessero avuto quest'idea, perché lo avessero chiesto a lui, sapere se fossero sicuri o no della scelta che stavano per fare, ma tutto quello che uscì dalla sua bocca fu:  “Adesso?!”.

Entrambi i giovani scoppiarono a ridere, un suono strano in quel posto, inusuale. Questo dette moltissima speranza a Bertram, ma fu comunque costretto a dire loro di far piano o avrebbero disturbato gli altri. Il giovane uomo, reprimendo le risate, spiegò la situazione al padre: se la ragazza fosse guarita in una settimana, come sembrava possibile che sarebbe successo, lui avrebbe chiarito con il proprio padre che, qualunque cosa avesse detto fino a quel momento, lui avrebbe sposato solo Carys. Il fatto che lei fosse guarita dalla peste era certo un segno della benevolenza di Dio verso quella unione, soggiunse, sorridendo alla ragazza.

Bertram seppe in quel momento che in quell'affermazione c'era lo zampino di Jan e delle sue manipolazioni degli animi dei cristiani per farli credere a qualsiasi cosa, con la scusa di “Dio lo vuole”, che lei stava usando fin troppo. Si ripromise di spiegarle che il fatto che il suo dio avesse un altro nome non implicava che potesse giocare con le convinzioni degli altri per raggiungere i propri scopi. Sospirò, pensando a quanto la salute della ragazza che aveva davanti dipendesse in egual misura dall'amore che quel giovane provava per lei e da quanto la peste decidesse di essere morbida con lei, lasciandola andare con qualche cicatrice e qualche brutto ricordo, oppure strattonandola con sé all'ultimo secondo. Si rese conto che Carys, al suo sospiro, era sbiancata, terrorizzata dall'ipotesi che Bertram potesse rifiutarsi di sposarla. Aveva già gli occhi lucidi. Il monaco le sorrise con benevolenza, prendendole la mano libera, e prendendo anche quella del ragazzo.

“Come potrei rifiutare di unirvi? Conosco persone che direbbero che Dio ha fatto sì che steste insieme e che nessun uomo dovrebbe dividervi.” Una di queste persone adesso probabilmente era crollata addormentata sulla branda di Bertram, pensò sorridendo a se stesso.


 

Fu una settimana carica di aspettativa, per Carys e per Bertram. Il frate non aveva mai celebrato un matrimonio ed era un po' spaventato alla prospettiva di sbagliare qualcosa, ma la sua ansia non era paragonabile al livello di instabilità di Carys stessa- ogni prurito, ogni colpo di calore o di vento erano una minaccia irrimediabile alla sua salute. Non appena le faceva male qualcosa, per qualsiasi ragione, chiamava insistentemente uno qualsiasi dei medici per accertarsi che non ci fosse nulla di non sano. Arrivò persino a piangere quando vide del sangue sulle lenzuola, dopo essersi scordata dell'esistenza del ciclo mestruale. In quell'occasione, Jan la punì facendole lavare le lenzuola sue e di altre cinque persone. “Quella ragazza sarà la mia morte.” Commentò la guaritrice, giunti ormai all'ultimo giorno prima del matrimonio della giovane. Bertram non le rispose, limitandosi a sollevare un sopracciglio, quando, con un'espressione sconvolta, fratello Matthew entrò in farmacia, dove loro si trovavano. Jan lo prese per mano e lo fece sedere con cautela, porgendogli anche un bicchiere d'acqua, mentre Bertram cercava di capire cosa fosse successo. Era difficile superare lo scoglio del suo sconvolgimento e arrivare a comprendere il perché di quella confusione. Il giovane frate mormorava frasi sconnesse, singhiozzando tra una parola e l'altra e quel poco che si riusciva a capire era alterato dal suo tenersi le mani sul viso. Bertram non sapeva come riuscire a calmarlo, stava provando in ogni modo conosciuto, ma nulla sembrava avere effetto.

Dopo un po', Matthew sembrò riprendere il controllo di sé, proprio nel momento in cui Jan stava per mettere a scaldare dell'acqua per un infuso di valeriana. “Non voglio la valeriana.” Fu la prima cosa che disse, facendo sorridere il frate più anziano, suo malgrado. La donna, avvicinandosi di nuovo, si sedette sul pavimento accanto a lui, prendendogli le mani nelle proprie. “Che cosa è successo?” chiese, poi, a bassa voce, come se parlasse a un bambino o a qualcuno di instabile- categoria in cui al momento sembrava rientrare Matthew.

Il giovane sospirò, cacciando indietro le lacrime. Poi si passò una mano sugli occhi. “Ralf morirà.”


 

Bertram aggrottò la fronte, mentre Jan lo guardava, spaesata, entrambi senza parole. Non c'era dubbio nella verità di quelle parole, la sfumatura della voce di Matthew non lasciava spazio al dubbio. Era una certezza, una cosa sicura come si è sicuri del sorgere del sole ogni mattina, per questo, Bertram non riuscì ad avere altre reazioni che lo stupore. Si sedette, fissando il pavimento per un po', un lasso di tempo ben maggiore del necessario. Jan si schiarì la voce e si decise a porre la domanda che aleggiava nell'aria da qualche istante. “Come puoi esserne sicuro?”

Matthew si asciugò altre lacrime, con rabbia. “La peste.” Disse, alzandosi di scatto, inaspettatamente, e andandosene dalla stanza. La donna, guardando per un secondo Bertram, gli corse dietro, sollevando la gonna da terra per potersi muovere meglio. Il frate più vecchio, passandosi rapidamente una mano sulla faccia, si decise a continuare a fare quello che stava facendo, raccolse gli ingredienti per l'unguento che gli era stato commissionato e si mise a misurarli con precisione. Triturò varie foglie, mescolò il tutto con l'olio che gliera stato raccomandato dall'erborista e lasciò il composto a riposare su una mensola. Poi, tornò in chiesa, più per pregare e cercare di riflettere con calma che per dare una mano, per una volta.


 

**

Ewan

Era l'alba, era freddo, ma non pioveva. Ewan sospirò, passando piano piano un dito lungo la sagoma di Haelan sotto le coperte. Era bello, pensò, erano belli i suoi occhi e belle le sue labbra, belle le pieghe della sua fronte quando pensava troppo, bello il suo modo di alzare il mento quando si sentiva sfidato, bello il suo odore quando stava per tanto tempo all'aria aperta. Era bello e gli sarebbe mancato.

Avrebbe capito? Oppure si sarebbe chiesto per sempre perché lo aveva lasciato?

Chiuse gli occhi per un istante e poi uscì dalla stanza, con gli stivali in mano per non fare rumore. Quando arrivò alla stalla, per prendere il cavallo con cui era arrivato quattro mesi prima, esitò un attimo, ma sellò l'animale e si mise in sella, lasciandosi piano piano alle spalle quel villaggio in cui aveva sperato di poter essere felice.

Che ne sarebbe stato di quella famiglia che lo aveva accolto con tanto zelo? Che ne sarebbe stato della giovane e pericolosa Sally? E di Edmund e della ragazza di cui si era innamorato? L'avrebbe sposata? E James? Avrebbe davvero iniziato a vendere la lana come sognava di fare? E... Haelan? Avrebbe mai trovato le colline che sognava sempre?

Si fermò a una curva della strada, bisognoso di far smettere di girare la testa. Come aveva potuto essere tanto sciocco da innamorarsi? Come aveva solo pensato di poter assecondare i suoi desideri deviati?

Si immaginò come sarebbe stato se Haelan fosse arrivato, con un altro cavallo, l'aria snervata ma risoluta che aveva ogni volta che battibeccavano prima di finire di nuovo abbracciati l'uno all'altro, dicendo che aveva lasciato tutto per lui e non sarebbe mai tornato indietro. Lo vide, quasi, mentre si toglieva i capelli dalla fronte con un gesto scocciato e sollevava un sopracciglio, nel vederlo così infelice sotto a un pioppo solitario. Era quasi reale, il cavallo con i suoi passi regolari e quieti, il giovane con una tunica pesante non ancora allacciata e gli stivali polverosi, sorridente ma triste.

“Dove pensi di andare?” Ewan sbatté gli occhi, riscuotendosi dal suo sogno ad occhi aperti per scoprire che non era affatto un sogno. Incapace di articolare qualsiasi suono, si limitò a fissare il volto ormai troppo conosciuto di Haelan, che, con un mezzo sorriso, lo stava apostrofando dal bordo della strada.

“Haelan...” gli corse incontro. “Pensavo, dopo ieri sera, che tu non mi volessi più?” Haelan buttò gli occhi al cielo.

“E perdere l'occasione di essere il compagno di avventure di un cavaliere errante?” Lo prese in giro, ma forse era serio. “Non credo proprio, ser.” Era così diverso da come lo aveva detto la sera precedente, ed era più bello. Haelan scese da cavallo e Ewan lo abbracciò stretto, deciso a non lasciarlo mai, mai, più andare.

“Scusami.” Gli sussurrò, cercando di non sembrare troppo sentimentale.

“Sei più che scusato, e lo sarai ancora di più se mi permetterai di essere ancora il tuo amante.” Ewan non aveva pensato neppure per un secondo che, essendo di nuovo con Haelan, le cose potessero prendere una piega diversa. Gli tirò una pacca sul sedere, scherzando, prima di andare a riprendere il proprio cavallo.

“Allora, ser, dove andiamo?” Chiese il biondo, trattenendo a stento l'entusiasmo nel salire in sella.

“Dove ci porta la strada.”


 

**

Bertram

Nessuno lo disturbò, mentre cercava di capire cosa fare: tornare in campagna con Matthew per cercare di non farlo impazzire, mandarlo da solo, sperando che tutto si risolvesse per il meglio, o non scrivere a nessuno di quello che stava succedendo? Cercò di analizzare le varie possibilità, trovando aspetti positivi e negativi in ciascuna. Se se ne fossero andati, in città sarebbero stati a corto di aiutanti almeno per due giorni, ma avrebbero potuto mandare loro due persone in grado di svolgere adeguatamente il loro lavoro. Se avesse mandato Matthew da solo, avrebbero solo avuto bisogno di una persona, ma non sapeva cosa sarebbe potuto succedere lungo la strada, era bene non viaggiare da soli, di quei tempi- i briganti si nascondevano dietro ogni angolo. La verità è che non potevano né restare lì, dove stava diventando sempre più pericoloso, tra povertà e malattia, né tornare indietro, infrangendo una promessa di servizio.

Non smise di pensare per ore, restando immobile in ginocchio, davanti all'altare principale, con l'ombra del blocco di pietra che lo investiva a momenti, a seconda della luce, finché il tocco gentile di una mano non lo distolse. Era un frate molto giovane, poco più di un bambino, con una ciotola di zuppa e un'espressione timorosa. “Scusate, fratello, ma siete lì da questa mattina, pensavo che aveste fame.” Balbettò, porgendogli il piatto. Bertram gli sorrise, nel prenderlo, sentendo tutte le giunture scricchiolare e tornare alla loro posizione naturale dopo tante ore di immobilità. Il giovanotto gli ricordava tantissimo se stesso alla medesima età, gli stessi occhi curiosi, così in contrasto con la timida venerazione per i fratelli più anziani.

"Porti notizie, oltre che cibo?" Gli chiese, notando che restava lì ben più a lungo del dovuto- dopotutto, aveva portato la zuppa, perché starsene sul presbiterio se non aveva altro da dire?

"Sì, padre. Mi dicono che dovete venire con me dal priore."


 

Bertram sentì il sangue gelare nelle vene, mentre una brutta sensazione si faceva strada in lui. Matthew, che hai fatto? La sua mente lo chiedeva ripetutamente, ma parte di essa conosceva già la risposta. Quasi di corsa si diresse nell'ufficio del priore, superando il ragazzino dopo i primi passi. Quando arrivò nella stanza, cupa, dall'aria pesante, dove il vento della sera si infiltrava a malapena, il priore lo abbracciò con aria di compassione. "So che era come un figlio per te. E, ti giuro, mi dispiace davvero. Ma non possiamo seppellirlo qui."


 

Fu come uno schiaffo in pieno viso. Bertram si piegò su sé stesso fino a trovarsi a singhiozzare in ginocchio sul pavimento. Che Matthew potesse fare qualcosa del genere era un'ipotesi così remota che gli sembrava di piangere per un fatto che non era vero. Tuttavia, mentre il priore continuava a spiegare, dicendo che il ragazzo era stato trovato nella farmacia insieme a fratello Ralf, entrambi apparentemente privi di sensi, lo scenario diventava sempre più probabile.

"Si sono tolti la vita, devono essere posti in terra sconsacrata." Concluse il priore. E allora, Bertram alzò la testa, inghiottendo le ultime lacrime. Pensò che sarebbe tornato alla sua abbazia, da cui non sarebbe più andato via, ma avrebbe portato con sé il corpo di Matthew. Era giusto che fosse sepolto lì, e non importava che il resto dei frati sapesse che era morto di sua volontà.

"Ci penso io. Datemi un carro e la vostra benedizione, padre." Supplicò, cercando di sembrare meno sicuro di quanto si sentisse.


 

Viaggiò per quasi tutta la notte e, quando arrivò, i frati che lo avevano cresciuto lo accolsero con lo stesso calore di venti anni prima, ancora una volta asciugando le sue lacrime. Non aveva celebrato il matrimonio di Carys, non celebrò il funerale di Matthew. Non aveva dato l'addio a Jan, non lo dette a Ralf.

Passarono i giorni e Bertram non smise per un attimo di lavorare e pregare. Ora et labora, Benedetto sarebbe stato fiero di lui. Dopo qualche mese, una donna bussò alla porta della foresteria. "Corvo Brillante, è questo il modo di andarsene?" Chiese, non appena lui aprì. Jan si fece spazio e gli consegnò una lettera sigillata, indirizzata a lui.

Bertram la aprì con curiosità, leggendola avidamente, quando finì guardò la guaritrice con aria stupita. "In Francia? Come medici sul campo di battaglia?" Chiese incredulo, sebbene sapesse cosa aveva appena letto. La persiana annuì. "Per ordine del vescovo, Corvo." Aggiunse.


 

Bertram sorrise, pensando al nuovo viaggio. Per la prima volta non si sentì colpevole di quell'omicidio, era pronto a lasciare indietro l'abbazia ancora una volta. Adesso sapeva cosa volesse dire tornare a casa dopo una lunga assenza, e sapeva che ci sarebbe sempre stata una casa ad attenderlo.

 

And in the end, what is life if not the union of Heaven and  Hell themselves?

  
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