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Autore: kid_napped    29/11/2014    1 recensioni
ATTENZIONE: QUESTA STORIA CONTIENE POCO ALEX TURNER E MOLTA IRONIA!
Forse abbiamo sbagliato sezione, o forse hanno sbagliato a scrivere il nome dell'artista: eravamo convinte che nella sezione Arctic Monkeys gli altri tre qualcuno se li cagasse. Questa è una storia pseudofantasy, la cui trama non è ben chiara nemmeno alle autrici. Qui Jamie Cook riluce come una fulgida stella. Amen. Abbiate il coraggio di leggere qualcosa di diverso.
Genere: Fantasy, Sovrannaturale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Altri, Jamie Cook
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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 Disclaimer: quello che qui viene riportato è 
tutto assolutamente frutto della fantasia delle
autrici e non si riferisce a situazioni reali.
I personaggi della vicenda non ci appartengono.
La scrittura non ha alcuno scopo lucrativo.
Have fun.


 
“Morto? Sono morto?! Perché sono sempre l’ultimo a sapere le cose?!”

L’ultima cellula di me deve ancora spegnersi quando qualcuno riaccende bruscamente la luce. Spalanco gli occhi nello scuro ovattato e pulsante dell’acqua e urlo con quanta forza ho nei polmoni: una bolla strafottente cancella il mio vaffanculo. Sono morto.
Mi tornano in mente le parole di McCartney, mente zuppo d’acqua mi trascino verso quella che mi pare sia l’altra sponda del canale in cui, non so ancora come, sono caduto. Cerco di mettermi in piedi, di respirare. Ma sono morto, cazzo.
O almeno è quello che ho creduto di essere: ho freddo e sento ancora la testa girare per la pesantissima sbronza. Sensazioni che, in teoria, un morto non dovrebbe provare.
Le gambe mi cedono e sono di nuovo in ginocchio sull’erba, di nuovo lo stomaco si ingarbuglia, pronto a rigettare ancora quella che fino a poche ore fa mi era sembrata una “nettarea bevanda”, come aveva detto qualcuno prima che buttassimo giù tutto d’un fiato, a mo’ di shot, uno dei tanti margarita della serata. Vaffanculo. Il conato attraversa l’esofago e mi preparo al peggio, ma sputo solo rimasugli di acqua e saliva. Tossisco. E mi viene da ridere. “Ma che cazzo sta succedendo?” Rido come un cretino mentre sputo acqua e saliva. E tossisco di nuovo. 

Alex aveva riso così tanto che si era ritrovato a tossire, tenendosi le costole per paura che si incrinassero. Matt, raggomitolato per terra, batteva il pugno sul pavimento, cercando invano di calmare la ridarella e rialzarsi.
“E quindi, dopo questa… com’era quella parola strana?”
“Disputatio?” risponde Alex con voce roca.
“E quindi, dopo questa disputatio - lo dico con estrema solennità, sottolineando la parola appena suggeritami - sul perché tua madre fa bene a tenere il ketchup nel frigo, penso che dovremmo chiamarci Arctic Monkeys”
Silenzio.
Mi guardano tutti e due allibiti, come quando sparo una cazzata, cioè più o meno ogni volta che apro bocca. Sento tutta la mia sicurezza vacillare.
Risate.
“Non è male” dice Matt, asciugandosi gli occhi.
“Che? Come cazzo ti è venuto in mente, Cookie?” spara Alex, anche se è un’affermazione, più che una domanda.
“Mah, così” improvviso. Non gliel’avrei detto nemmeno sotto tortura.
“Ma non sarebbe meglio The Death Ramps?” dice tutto gasato, fissando il vuoto con occhi sognanti, o un’immaginaria targa della Rock ‘n Roll Hall of Fame con sopra il nostro nome.
“Nahhh, fidati! Arctic Monkeys è il nome che ci porterà al successo!” sentenzio. “E poi The Death Ramps sembra il nome di una band di motociclisti sfigati che si credono i nuovi Strokes, ma che in realtà vanno in giro con delle BMX tutte arrugginite.”
“…Un po’ come noi” precisa Matt. Ci guardiamo. Guardiamo le nostre BMX tutte arrugginite che, minacciose, ci aspettano fuori per il consueto giro sulle Colline della Morte.
Ci guardiamo di nuovo.
Risate.


Sto per crepare ancora, ma dalle risate. La vista mi sembra meno appannata e sto qui a contemplare la poltiglia che ho appena rimesso. Oh, vomito, come sei divertente!
Ma non è quella dolce visione ad attirare la mia attenzione, bensì le mie dita: sono di un colore indefinito, melmoso e verdastro.
Avvicino il palmo sinistro alla faccia e smetto immediatamente di ridere. Oh porca merda. Ma che…?! Della mia mano sono rimasti solo contorni sbiaditi, e il colore che pensavo fosse sporco è quello delle sterpaglie e del fango che riesco a vedere in trasparenza.
Sono diventato un cazzo di fantasma? Faccio per alzarmi in piedi, ma troppo in fretta: sbando, le tempie vanno a fuoco e la testa riprende a girare. La mia prontezza nel fare scelte idiote è davvero ammirevole. Mi congratulo con me stesso per essere il re delle cazzate.

“Ok, ci sto.” mi dice dopo aver smesso di ridere.
“Fa molto…” Matt mima una mossa di kung-fu per rendere meglio l’idea. “Arctic Monkeys!” ulula, in una pessima imitazione dell’accento giapponese.
“Davvero?” chiedo, piuttosto stupito.
“Sì, non è così male… Ma come ti è venuto in mente?”
“Non te lo dirò mai.”
“Cookie il misterioso…” sibila Matt, facendomi l’occhiolino.
“Che cazzo, Jamie! Ci proponi il nome più imbarazzante del mondo e non vuoi dirmi nemmeno dove l’hai pescato?”
“Esatto” incrocio le braccia e lo guardo senza espressione, irremovibile. Sa benissimo che a fissarmi così non otterrà comunque niente, quindi decide di arrendersi, distogliendo lo sguardo.
“Me lo dirai sul letto di morte?” dice, cercando di fare il drammatico. Dovrebbero inventare una nuova scala di misurazione: quanto sei un brillante scrittore e contemporaneamente un rompicoglioni pazzesco, da uno a Alex Turner?

“Cristo, Alex!”
“Me lo dirai?”
“Forse” taglio corto. “E so già dove conserveremo i nostri premi.”
“Davvero ti interessano queste stronzate?” chiede, sarcastico.
“Certo che no, ma nel caso vincessimo qualcosa so già dove metterla”
Non gli lascio il tempo di pronunciare il “Dove?” accondiscendente e sfottuto che si era preparato e dico “Nel frigo.”
Silenzio.
“Vicino al ketchup?”
“Vicino al ketchup.”
Silenzio.
Risate.

Silenzio. Provo a respirare e l’aria mi fischia attraverso, inutile come tentare di chiudere gli occhi: ci vedo lo stesso. Figo, però. Mi guardo intorno, riacquistando un minimo di lucidità. Sono in un… campo? Sembra un altro pianeta, eppure non devo essere troppo lontano da High Green. Grazie a dio i miei sono in vacanza. Il canale dove sono annegato è una sorta di scolo agricolo putrescente. Il vento solleva in piccole onde i rimasugli del mio vomito mortale, che vanno ad infrangersi su una massa scura che galleggia proprio al centro del fosso. Una nuvola passa e scopre la luna, contribuendo notevolmente all’atmosfera ed illuminando il corpo morto e galleggiante di un salutare colorito cadaverico. Chi non muore si rivede.

“E allora io gli ho detto “Avrei chiamato AM “Arctic Monkeys” se non avessimo un nome così ridicolo!””. La soddisfazione nel suo tono di voce, la fierezza con cui si aggiusta i capelli imbrillantinati dopo aver fatto la sua sparata del cazzo. Tutto del suo atteggiamento giustifica la raffica di pugni con cui mi propongo di cambiargli i connotati.
Silenzio.
Matt simula un applauso battendo due volte le mani come una foca ammaestrata.
“Smettila di sfotterlo, Helders! Non capisci che è chiaramente una frase destinata a rimanere nei secoli?” La profezia è stata svelata. Nicholas L’Oracolo O’Malley si riconferma campione di sarcasmo. Applausi.
“Vuoi infierire anche tu? Così siamo al completo” mi dice.
Stizzito.
Questo è il termine giusto. Non sapevo nemmeno di conoscere un vocabolo del genere, ma descrive perfettamente come mi pareva che si sentisse. Era proprio stizzito.
“No, passo.”
Resto zitto per quella che agli altri sembra un’eternità.
Non me ne capacito, ma ci sono rimasto male. Eppure non sono permaloso.
Cazzo, ci sono veramente rimasto male. Sono stizzito anche io.
“Una volta ti piaceva.”
“Andiamo, Jamie!”- mi ha davvero chiamato “Jamie” e non “Cookie” - “L’unica volta in cui mi è piaciuto è stato quando Johnny ha fatto finta di apprezzarlo!”
Johnny.
Lo ha davvero chiamato Johnny e non John Cooper Clarke. Sì, va bene, è uno dei poeti più geniali e fighi del pianeta, ma che cosa crede, che Johnny sia suo fratello?! IO lo conosco da una vita e IO mi sorbisco tutti i suoi capricci da diva, non Johnny.
Bene. Oltre ad essere stizzito sono anche geloso. Geloso di un coglione con i capelli incollati da chili di brillantina e con un movimento di fianchi più vertiginoso di quello di Shakira.
Complimenti, “Jamie”.
“…Johnny “ Matt, scimmiottando il tono confidenziale di Alex, ripete il diminutivo, per poi prorompere in una chiassosa risata,seguito da Nick. Sorprendentemente, ride anche Alex.
Io, invece, ammutolisco di nuovo.


Il mio corpo galleggia completamente inerme sulla superficie torbida del canale, i capelli biondicci fluttuano come tentacoli di un polpo seguendo le oscillazioni dell’acqua, le labbra livide semiaperte, mentre braccia e gambe nuotano per conto loro. Cristo, che impressione. Almeno ho gli occhi chiusi. Distolgo lo sguardo. Che sta succedendo? Cosa cazzo devo fare? Perché sono ancora qui? Che cosa sono? Da dove vengo? Esiste il destino…? La mia retorica filosofica viene interrotta, un minuscolo barlume occhieggia in lontananza. Chi cazzo è a quest’ora? Mi troveranno morto e domani succederà un cazzo di casino. Porca merda. E se fossero sbirri? Mille volte peggio. La mia faccia spiaccicata su ogni giornale. No, cazzo no. Cerco di aguzzare la vista, mentre tutto intorno ritorna il silenzio.

“Non per vantarmi, ma oggi sono stato fottutamente perfetto” dice, stravaccandosi sul divano di finta pelle del backstage. Ruba una sigaretta da un pacchetto abbandonato, l’accende ed aspira platealmente. Nick alza gli occhi al cielo e si stappa una birra. Matt mette suo uno sguardo alla ‘ci risiamo’ e sentenzia, allusivo: “Dovrebbero metterti il pubblico sia davanti che dietro, raddoppieremmo il profitto: molti pagherebbero oro per ammirarti dalla mia prospettiva!” calcando sarcasticamente sul verbo.
“Mi stava venendo il mal di mare per tutto quello sculettare” fingo di lamentarmi.
Mi guarda negli occhi. “Sei il solito rompicoglioni” e nella sua voce non c’è alcuna traccia di ironia, come se si fosse offeso sul serio.
“Da quando sei così suscettibile?”
“Che c’è, Al, hai il ciclo?”
“Sentite, non ho tempo per le vostre cazzate.” Silenzio. Vedo le vene sul collo di Matt gonfiarsi, ma lui mantiene una calma glaciale. Nick fissa la nuca impomatata di Alex con severità, attorcigliandosi una ciocca di capelli, come quando è nervoso. Vorrei provare a chiarire e chiedere ad Alex perché ultimamente si comporta come una stronzetta lunatica, ma il suo telefono inizia a vibrare, troncando ogni speranza di avere una conversazione. Ci mette un po’ a sbloccare lo schermo; quando finalmente riesce nella titanica impresa, preme il tasto verde, senza però avvicinare l’orecchio al ricevitore. Dall’altro capo sento una voce fastidiosissima che sta urlando ed imprecando nel suo disgustoso accento americano. Mi verrebbe voglia di sputare in quel cazzo di cellulare. Senza prendersi il disturbo di replicare,aspetta che quell’osceno e alquanto patetico terzo grado sia finito ed attacca il telefono in faccia al suo interlocutore. Prende la giacca ed esce sbattendo la porta con una malagrazia così inusuale rispetto alla sua solita delicatezza, che lascia me e i miei compagni esterrefatti, gelando ulteriormente l’atmosfera. Silenzio.


Chiunque sia, è normale che si avvicini così silenziosamente e così in fretta? E poi, da quando la polizia usa luci arancioni? E... COSA CAZZO?!

“Ma a voi non sembra…diverso?”
“Intendi insopportabile?”
“Anche. Ma mi riferivo al suo aspetto. Non troviate che si sia, come dire…imbruttito?”
“Il naso è quello di sempre.”
Oh, Nicholas.
“Non è al naso che mi riferisco…”
“Uhm…no”
“Mi sembra quasi ringiovanito”
“Ringiovanito!?”
Lo osservo mentre è intento ad aggiustarsi la chioma imbrillantinata. Più che un emulo di Elvis, sembra molto più simile a un novello Mr Hyde. La sua cattiveria e il suo nervosismo lo stanno letteralmente divorando, facendolo ripiegare su se stesso come un grosso foglio di carta appallottolato. Sta affogando e rintanandosi nella bruttezza del suo carattere ormai ripugnante. Possibile che Matt e Nick non si accorgano di nulla?


“Allora avevo visto bene. Sei un morto annegato, i miei preferiti!” Risate.
Ok, chi cazzo è questo?
Sembra un incrocio tra Mick Jagger e un barbone. E ha una fottuta zucca di Halloween sotto braccio. Che cazzo c’era in quei margarita? Rimango leggermente perplesso mentre questo scheletro umano si spancia dalle risate guardando me e il mio cadavere natante.
“Morto ad Halloween, poi! Non hai nemmeno fatto il Viaggio! Spero tu fossi davvero ubriaco, figliolo, perché nemmeno un bambino riuscirebbe ad annegare in quello sputo!”
Questo qui è ubriaco fradicio. Ci gode, a prendermi per i fondelli. Ma qualcosa non mi torna. “Ma quindi puoi vedermi?”
La mia voce ectoplasmatica è davvero ridicola. Sembro un checca.
“Vederti? Ragazzo mio, ma con chi credi di avere a che fare? Faccio questo lavoro da prima che ci fosse persino l’idea di te!” La sua risata isterica mi esplode di nuovo in faccia. È messo davvero peggio di me, che cazzo avrà bevuto?
“Ma non sono… morto?” calco sull’aggettivo. “E cosa credi che sia, io?”

“Che cosa ci fai tu qui?”
“Mi fai entrare?”
“Sono le cinque del mattino!”
“Fammi entrare!”
“Dove sei stato?”
“Vuoi farmi entrare, cazzo?”
“Perché non sei rimasto con noi? Sei sparito!”
“Pensi di farmi stare al gelo ancora per molto?”
“Ma non è freddo!”
“Mi fa male la gola”

“Ti fa male la gola!?”
Mi strattona il braccio sinistro con irriflessiva prepotenza e sento una specie di scarica elettrica attraversarmi le vene e bloccare la circolazione, come se mi avesse trasmesso tutto il suo tremore (e no, sono sicuro che non sia per il “gelo”) e l’ansia che gli leggo negli occhi.
“Puoi lasciare il mio braccio?”
No, non lo lascia. L’interno del polso continua a saettare, le ossa scricchiolano, sento la reattività dei muscoli affievolirsi e il braccio appesantirsi, grave come un macigno. Lo prego ancora di mollare la presa. Cazzo, è diventato sordo?  Strizzo gli occhi per non urlare, anche se il dolore sta diventando quasi insostenibile. E se fossero solo allucinazioni? Mi soffermo sull’angolo sinistro della sua bocca, ormai ridotta ad una fessura minuscola ed esangue. Sta sorridendo. Sorride per la mia sofferenza. Maledetto bastardo.
Solo quando sbatte le palpebre sembra ritornare in sé e mi concede la grazia. Esausto e barcollante, si distende sul divano di casa dei miei e si addormenta subito, lasciandomi solo con i miei dubbi ed i troppi interrogativi irrisolti. Evidentemente massacrarmi il braccio ha comportato un dispendio di energie bestiale.
Mi siedo accanto a lui, infagottato nel suo giubbotto nero. Mi verrebbe voglia di avvicinare il dito alla sua schiena, ma no, cazzo, non voglio rimanerci secco di nuovo.
Certo che sono proprio un idiota.
Sto diventando pazzo.
Risate.
“Mmm” mugugna, scrollando le spalle. Non voglio svegliarlo, non sapendo che potrebbe tirarmi un manrovescio e mandare a puttane anche l’altro braccio.
Risate, silenziose.


Lo guardo. Pur essendo praticamente uno scheletro dotato di parola, sembra molto più vivo di me. “E perché tu hai un corpo, allora?” gli chiedo, risentito. “Devo forse andare a lamentarmi con un tuo superiore? Non mi pare di poterti vedere attraverso!”
La sua risata si spegne improvvisamente. Mi guarda ancora più allibito. “Certo che hai fortuna e nemmeno te ne accorgi: il tuo corpo è lì, ragazzo, vallo a prendere!” mi fa, come se riappropriarsi del proprio cadavere fosse come ritirare un pacco alla posta. Mi guarda con aria di sufficiente superiorità: “Avanti, prima che cominci a perdere pezzi!” mi sprona. Quanto cazzo mi fa incazzare questo qui? Faccio per togliermi la giacca che ho addosso e buttarmi in acqua per la pesca grossa, ma scavo il nulla, anche perché mi accorgo di essere completamente nudo. Merda. E questo pervertito mi guarda l’uccello mentre mi rendo ridicolo col mio non-corpo. Gli do le spalle, mostrandogli le chiappe, mentre cerco, con cautela, di entrare in acqua.
“Aspetta, ragazzo!” mi blocca. “Fatti guardare un secondo”
Mi giro lentamente, con l’aria più idiota che riesco a mettere su. Ha le sopracciglia aggrottate, quasi preoccupato. Fissa insistentemente il mio braccio sinistro, sul quale, adesso, riesco a vedere come dei segni neri, tipo bruciature. Ne ho un altro paio sul petto, visibili nonostante la trasparenza, nonostante la morte. Cosa altro cazzo c’è, adesso?
“Qualcosa di magico cel’ha con te, eh?” mi chiede. Mag…? Oh. Capisco. Cazzo. Meglio che mi sbrighi.
“È una lunga storia… potresti prima aiutarmi a tornare in me?”
 












 
  
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