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Autore: DJ_AmuStar    30/11/2014    6 recensioni
Arthur, un ragazzo inglese di 13 anni solitario, che viene visto come un tipo piuttosto strambo e che nasconde un segreto. Infatti ciò che gli altri non sanno è che egli è un mago, proprio come il resto della sua famiglia.
Con l'arrivo di Alfred, ragazzo americano appena trasferitosi da New York a Londra, scoprirà la magia dell'amicizia e forse con gli anni anche di qualcos'altro...
.:Angolo Autrice:.
Eccomi con la mia One-shot sulla USUK :3 Ammetto che non è una tra le coppie per cui smatto appena ne sento parlare ma mi piacciono tantissimo insieme =w=. Spero quindi che questa storia vi abbia attratto, fatemi sapere il vostro parere!! ;D
Genere: Fantasy, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: America/Alfred F. Jones, Inghilterra/Arthur Kirkland, Kirkland's family
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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The magic of…

Bizzarro, strano, matto…
Questi erano alcuni dei vari modi con cui Arthur Kirkland veniva chiamato dai suoi compagni di classe.
Arthur era un ragazzino inglese di tredici anni, magro, non troppo alto e con uno spesso paio di sopracciglia a sovrastargli gli occhi color verde acceso. Aveva i capelli biondi corti e sempre scompigliati, come se si fosse appena alzato dal letto.
A parte per le sue sopracciglia, che sembravano un paio di bruchi pelosi, aveva l’aspetto di un ragazzino del tutto normale.
Quindi perché i ragazzi della sua età lo appellavano in quei diversi modi?
Semplicemente perché lo vedevano spesso parlare da solo, sorridendo e facendo gesti amichevoli nei confronti del nulla.
Inoltre tutte le volte che qualcuno gli domandava con chi stesse parlando, Arthur rispondeva sempre con una naturalezza inaudita, che parlava a qualche fata, folletto o qualunque altro strano tipo di creatura magica o immaginaria.
Ma, ciò che gli altri non sapevano, era che egli era un mago, come lo erano i suoi fratelli maggiori Allistor, Rhon, Tomas e suo fratello minore Aran.
Per questo motivo poteva vedere cose e creature che solitamente le persone normali non riescono a vedere.
Nessuno doveva venire a conoscenza del segreto dei Kirkland, altrimenti qualcuno avrebbe potuto fargli qualcosa di male o, peggio, si sarebbero dovuti dividere. Infatti i loro genitori erano morti in un incidente stradale; modo banale di morire per dei maghi piuttosto potenti e famosi come lo erano i genitori di Arthur, eppure era successo.
A quel tempo il biondo aveva 6 anni, quindi suo fratello più grande Allistor, il quale aveva 18 anni al tempo dell’incidente, si prese cura di tutti loro.
Arthur viveva con i suoi fratelli nella casa di famiglia, nella periferia di Londra ed era molto orgoglioso di essere inglese. Nonostante egli avesse molti amici magici, non ne aveva nessuno umano e non aveva nemmeno un buonissimo rapporto con i suoi fratelli, a parte Aran.
Infatti litigavano spesso per ogni minima cosa, come succede a volte fra fratelli. Per questo motivo era un ragazzino solitario e non parlava molto con gli altri.
Per di più aveva un carattere veramente difficile. Era cinico, sarcastico, testardo e volitivo. Sicuramente non soccombeva facilmente allo stress o alle pressioni ed alle volte era sorprendentemente maturo e molto amichevole, ma solo con le persone carine e più piccole di lui, come suo fratello Aran, e con le creature magiche. Inoltre per la sua età aveva un forte senso di responsabilità.
Pensava che non avrebbe mai incontrato nessuno che lo potesse realmente capire e che potesse accettarlo per come era fatto.
Ma un giorno qualcosa cambiò nella sua vita.
Era un giorno autunnale, come ogni altro. Arthur era seduto al suo posto, aspettando con gli altri suoi compagni l’ insegnante, quando all’improvviso arrivò, seguita da un ragazzino della stessa età del biondo.
Era con tutta probabilità leggermente più alto di Arthur. Aveva i capelli corti e biondo scuro, con uno strano ciuffo che gli stava all’insù e gli occhi azzurri come il cielo, i quali erano protetti da uno paio di occhiali dalla montatura d’acciaio piuttosto moderna.
- Good Morning! Oggi abbiamo un nuovo alunno qui con noi, che ci accompagnerà fino alla fine dell’anno. Il suo nome è Alfred F. Jones e la sua famiglia si è trasferita qui da New York. Siate gentili con lui d’accordo? - annunciò l’insegnante alla classe sistemandosi gli occhiali.
Per gli alunni lei era la signorina Rose, era una donna piuttosto giovane, sui 24 anni. Aveva i lunghi capelli biondo chiari legati in due codi, la frangetta tenuta in ordine da delle forcine e gli occhi verdi. Aveva un carattere molto pignolo e severo, ma in fondo i suoi alunni le volevano bene. La cosa che li lasciava di stucco era che lei odiava la Francia e che nonostante fosse piuttosto giovane, si era sposata da un anno proprio con un ragazzo francese della sua stessa età.
Gli alunni avevano avuto modo di conoscerlo le volte che veniva in classe con un mazzo di rose rosse per farsi perdonare quando litigava con la signorina Rose o la faceva arrabbiare. Era un ragazzo alto, dai capelli biondi leggermente mossi e lunghi fin poco sopra le spalle, la barbetta incolta e gli occhi azzurri. Da quanto avevano capito si chiamava Francis Bonnefoy.
- Yes Mrs. Rose! -  dissero in coro gli alunni.
- Perfetto. Ora Alfred vai a sederti accanto ad Arthur.- fece indicando il banco vuoto accanto al ragazzino in questione.
L’americano alzò lo sguardo verso l’insegnante e sorrise.
- Certo Mrs. Rose! - esclamò con enfasi il ragazzino con gli occhiali.
Si andò a sedere di fianco all’inglese e poi lo guardò sorridendo allegro.
- Hey Bro! Sei Arthur giusto? -
L’inglese non aspettandosi quella domanda dal ragazzino al suo fianco, rispose piuttosto sorpreso.
- Ehm…sì, il mio nome è Arthur Kirkland. Perché me…?
- Cool! Perché non diventiamo amici?! - esclamò Alfred eccitato.
Arthur fu sorpreso della proposta fatta dal ragazzino americano. Nessuno gli aveva mai chiesto di diventare suo amico prima d’allora, quindi era po’ incerto sulla risposta da dargli.
E se quel ragazzino avesse scoperto i suoi poteri o tutte le sue “stranezze”?
- Allora? E’ un sì o un no? - chiese impaziente Alfred.
L’inglese ci pensò un po’ su. In fondo l’americano era appena arrivato, e non conoscendo nessuno non sarebbe potuto venire subito a conoscenza delle sue “stramberie”. Se accettava la sua amicizia, poteva evitare che l’unica persona che poteva essere sua amica, lo trovasse fin da subito strano.
- …Yes, why not? -
- Grande! Da adesso siamo amici! - disse ad alta voce il ragazzino tutto contento.
- Alfred Jones, silenzio! - disse in maniera severa l’insegnante sistemandosi gli occhiali con sguardo irritato verso il nuovo arrivato.
- Scusi signorina! - si scusò il biondo.
 
Nei giorni a seguire, Arthur e Alfred passarono molto tempo insieme.
Erano veramente diversi l’uno dall’altro. Infatti, l’americano era l’esatto opposto del biondo inglese.
Alfred era un ragazzo allegro, energico e  in qualche modo presuntuoso, il quale era ossessionato con gli eroi, la giustizia  e la libertà. Aveva l’abitudine di ficcare il  naso negli affari di tutti, e ciò gli provocava qualche difficoltà a farsi degli amici, poiché era un’abitudine che dava fastidio a molte persone. L’inglese rimase sinceramente sorpreso da ciò. Visto il carattere dell’americano si sarebbe aspettato che avesse molti amici. Inoltre Alfred era anche conosciuto per non riuscire a capire quale “atmosfera” fosse quando si trovava intorno agli altri.
Perciò i due avevano discusso qualche volta, anche perché Arthur non faceva altro che correggere la “terribile” pronuncia dell’americano, mentre Alfred prendeva spesso in giro le spesse sopracciglia del biondo.
Nonostante questo andavano abbastanza d’accordo e avevano litigato solo poche volte, facendo sempre pace quasi subito.
Arthur era felice di avere finalmente un amico e che non avesse ancora scoperto le sue “stramberie”, come le chiamavano i suoi compagni.
Un mese passò e un pomeriggio Arthur si diresse da solo a St. James’ Park per parlare con alcuni folletti della zona, i quali gli avevano chiesto di aiutarli. Infatti c’era una strana creatura che li spaventava ogni notte e che si aggirava nel parco, terrorizzando le poche persone che avevano la sfortuna di incontrarlo nel bel mezzo della notte.
Decise così di andare a dare un’occhiata. Sapeva che avrebbe dovuto chiedere aiuto anche ai suoi fratelli maggiori, dato che praticavano le arti magiche da molto più tempo rispetto a lui, ma voleva provare a risolvere la questione da solo, così da dimostrargli la sua superiorità in campo di magia e incantesimi. Voleva che i fratelli capissero le sue capacità, quelle di cui i suoi genitori, quando erano in vita, gli avevano sempre detto che possedeva.
Tutto era tranquillo in quella parte del parco e solo il vento autunnale  soffiava silenziosamente fra i rami spogli e nodosi degli alberi.
Arthur stava camminando con solo il suo magico coniglietto volante a fargli compagnia. Era una strana ma tenera creaturina con il pelo color menta, chiamato dal ragazzo, appunto, Mint Bunny.
- Mint Bunny, sei sicuro che quel “mostro” sia qui? Per ora non percepisco nessuna presenza particolare. -
Il coniglietto volante annuì e continuò a volare nella direzione verso cui stavano andando.
Dopo un po’ l’inglese sentì uno strano fruscio. Nel sentirlo si allarmò e si preparò ad attaccare con la sua bacchetta qualunque cosa sarebbe potuta apparire da un momento ad un altro.
Senza che avesse il tempo di voltarsi, un’ombra gli arrivò all’improvviso alle spalle spaventandolo.
- Boooo!!! - gridò una voce un po’ troppo familiare al ragazzino inglese.
- Uaaaahhh!!! - urlò Arthur, girandosi di scatto. - ALFRED?! Ma sei impazzito?! Bloody Hell! Mi hai fatto prendere un infarto! - 
- Ahahahahah dovresti vedere la tua faccia! E’ troppo divertente ahahahah! - fece ridendo sguaiatamente.
- Ma…aspetta un attimo. Cosa ci fai tu qui?! - fece Arthur scioccato, dopo aver realizzato che il suo amico si trovava in quel luogo pericoloso insieme a lui.
- Potrei farti la stessa domanda Artie! Ho deciso di seguirti dopo scuola perché sembravi un po’ preoccupato riguardo qualcosa questa mattina. Ma non mi aspettavo certo che saresti venuto qui. -  fece tranquillamente il biondo guardandosi intorno.
- First of all, non chiamarmi “Artie”, lo sai che non sopporto che qualcuno mi storpi il nome! Secondo, non dovresti restare qui, è troppo pericoloso! -
- Perché dovrebbe essere perico-…. -
Alfred smise di parlare e con sguardo atterrito iniziò a tremare in preda al terrore. Arthur perplesso dal suo inusuale comportamento, si voltò e vide il mostro che stava cercando.
Era un orribile Orco.
Aveva un mucchio di pustole e verruche su tutta la sua pelle verdastra, i capelli sporchi lunghi e scuri e numerose zanne affilate che gli spuntavano dall’enorme bocca bavosa. Era veramente alto, robusto e puzzava terribilmente di pesce marcio.
Arthur si voltò di scatto puntando la bacchetta verso l’orco.
- Scappa Alfred, run away… - fece sottovoce l’inglese all’americano mentre continuava a tenere d’occhio quell’orrenda creatura che aveva di fronte a sé a pochi metri di distanza.
- N-no! I’m a hero, qu-quindi ti proteggerò da quel m-mostro! - balbettò impaurito Alfred.
- Mi stai prendendo in giro?! Stai tremando come una foglia! Comunque non sai come combattere questo tipo di creature! Stai dietro di me! - esclamò a quel punto Arthur, vedendo che l’orco stava cominciando a correre nella loro direzione maneggiando minacciosamente  un’enorme clava.
Il giovane mago aspettò che la creatura fosse abbastanza vicina a loro, per poi al momento giusto far apparire un cerchio magico sotto i suoi piedi.
L’orco rimase bloccato nella posizione in cui si trovava in quel preciso istante, poco prima che con la clava colpisse i due ragazzi e poi Arthur  pronunciò l’incantesimo che sarebbe servito per farlo scomparire in una palude lontana da qualunque forma di vita umana.
- Sita in locum procul! - disse solennemente il mago tredicenne con sguardo deciso.
All’improvviso il cerchio magico iniziò ad illuminarsi sempre più intensamente avvolgendo l’orco, facendolo scomparire nel nulla.
Ci fu un minuto di silenzio, poi l’inglese sorrise fiero di sé stesso.
- Sì! Mint Bunny ce l’ho fatta! L’ho fatto scomparire ahah! Allistor e gli altri dovranno rivalutarmi d’ora in poi ahahah! - fece entusiasta il biondo al suo amico magico, il quale spuntò fuori dalla tasca del cappotto del ragazzino, in cui si era temporaneamente nascosto, iniziando a svolazzare entusiasticamente intorno all’inglese.
Senza preavviso il coniglietto volante iniziò a leccare la faccia di Arthur per ringraziarlo dell’aiuto che aveva dato ai suoi amici magici del parco.
- Hey Mint Bunny fermati ti prego! Sai che soffro il solletico ahah! -
- A…chi stai parlando…?-
Arthur si impietrì quando realizzò che il suo amico lo aveva visto fare un incantesimo e per altro parlare da solo. Si voltò per vedere Alfred, il quale aveva un’espressione sconvolta in volto.
- Tu…tu…- provò a dire l’americano.
- Sì…sono un mago e parlo con le creature magiche, solo che tu non le puoi vedere perché sei un babbano qualunque…ora penserai sicuramente che sono uno stra-… -
- You’ve been AWESOME!! Hai fatto scomparire quell’orribile mostro con la tua bacchetta tipo…poof! Sei un mago è fantastico!!! - esclamò eccitato l’americano.
- T-tu non pensi che io sia uno strambo? - chiese sorpreso Arthur. - Ho appena parlato a un coniglietto volante verde menta e non pensi che io sia strano o matto? -
- Perché dovresti essere uno strambo? Sei un mago ed è una cosa super cool buddy! E poi, ho appena visto un orco quindi perché non dovrei crederti quando mi dici che stai parlando con un coniglio volante? E comunque ho sempre pensato che se non puoi vedere qualcosa, non significa che non possa esistere! - disse con un gran sorriso.
-… You got a point. Comunque…sono contento che tu non mi veda come un tipo strano o matto... -
- Io non penso che tu sia strano. Sei solo…speciale Artie! - disse Alfred entusiasta.
L’inglese inspiegabilmente, a quelle parole, arrossì. Nessuno gli aveva mai detto di essere speciale all’infuori dei suoi defunti genitori.
- Grazie…Alfie, eheh. Comunque il fatto che io sia un mago è un segreto quindi devi tenere la bocca chiusa. Capito? -
 - Yes sir! Non dirò una parola! - disse facendo il saluto militare. - Che ne pensi se da adesso diventassimo migliori amici? - chiese con un sorriso allegro l’americano.
Arthur rimase sorpreso all’inizio da quella proposta. Quel ragazzino non solo era il suo primo vero amico, ma voleva anche diventare il suo migliore amico. Il biondo accennò un sorriso e annuì.
- Perché no? Da adesso siamo…migliori amici! -
Era strano per lui pronunciare quelle parole ma era felice di poter chiamare qualcuno così finalmente.
- Great! Ora però sono affamato…- fece sentendo un brontolio provenire dal suo stomaco.
- Anch’io…non ho mangiato niente per tutta la mattinata…-
- Allora perché non andiamo a mangiare qualcosa insieme!! Hamburgers stiamo arrivando!! - esclamò prendendo Arthur per un polso e trascinandolo con decisione verso l’uscita del parco e alzando l’altro braccio col pugno chiuso, giusto per darsi un po’ di tono.
A quel contatto l’inglese perse un battito e arrossì. Trovò quel gesto piuttosto inappropriato fra due ragazzi, ma non ci diede troppo peso e pensò che fra amici fosse normale.
- Solitamente non accetterei di mangiare quel…junk food ma…farò un’eccezione per oggi… - fece il biondo con sorriso sghembo e arrossendo leggermente.
- Fantastico! Penso che questa amicizia durerà per molto ma mooolto tempo! -
- Lo spero anch’io…amico…-
 
Passarono 4 anni da quando i due si erano conosciuti e la loro amicizia diventava ogni anno sempre più forte, soprattutto visto che, compiuti 15 anni, avevano scelto di frequentare lo stesso istituto, o meglio Alfred aveva seguito Arthur.
L’americano era diventato il compagno di “avventure”, come le chiamava lui, dell’inglese. Ciò creava a quest’ultimo un bel po’ di problemi, visto che non solo doveva risolvere i problemi delle creature magiche, ma doveva fare attenzione che l’americano non si cacciasse nei guai.
 
- Bloody hell! Quante volte dovrò ripetergli a quella testa dura di non andare da solo?! - fece il biondo inglese infuriato mentre si dirigeva correndo verso una villa abbandonata.
Quel giorno avevano sentito da dei compagni di scuola che avrebbero fatto una prova di coraggio nella villa abbandonata dei Campbell. Si vociferava che fosse infestata dal fantasma di una donna uccisa dal marito più di 200 anni prima.
L’inglese aveva deciso di chiedere a qualche creatura magica della zona se ne sapeva nulla, per vedere che non si trattasse di una storia vera. Ma Alfred aveva deciso di fare di testa sua e di andare a investigare sul posto da solo.
Se anche lui fosse stato un mago, Arthur sarebbe stato un po’ più tranquillo, ma il suo amico era solo un babbano, cosa avrebbe potuto fare se il fantasma era ostile?
Il fatto che le fate del bosco dietro la villa gli avessero riferito dell’effettiva esistenza di un fantasma, lo aveva preoccupato ancora di più.
Arthur aveva accettato che il suo amico lo seguisse nelle sue “missioni”, ma più il tempo passava e più si preoccupava che il suo amico uscisse indenne da quelle situazioni. Se gli fosse successo qualcosa, non se lo sarebbe mai perdonato.
Il ragazzo spalancò la porta della villa, la quale era già mezza scardinata, e con la bacchetta pronta a colpire qualunque essere sovrannaturale, corse su per le scale, che ad ogni suo passo cigolavano in maniera paurosa.
- Alfred! Stupido rispondi! - gridò Arthur per farsi sentire in tutta la casa, nella speranza di ottenere una risposta.
- AAAAAAAAAHHHHHHH!!!!! TI PREGO LASCIAMI STARE!! AIUTOOOO!! -
L’inglese sentì l’urlo inconfondibile dell’americano provenire da una delle stanze in fondo al corridoio in cui il biondo si trovava in quel momento. Si riusciva a percepire perfettamente il terrore e il panico nella voce di Alfred, cosa che fece preoccupare in modo spropositato l’inglese.
Si diresse velocemente verso la camera in questione e vide il biondo in preda alle lacrime, bloccato con le spalle al muro. Di fronte a lui la figura di una donna completamente bianca, ma con degli schizzi di sangue sulla veste che portava indosso, gli si stava avvicinando con fare ostile.
- Tu sei the White Lady vero? - chiese con voce ferma e decisa il diciasettene appena arrivato puntandole la bacchetta contro.
Alfred volse lo sguardo verso il biondo e accennò un sorriso sollevato.
- A-arthur! Meno male che sei qui! -  fece piangendo di gioia l’americano.
- Sta zitto, you GIT! Non dovevi venire qui da solo te l’avevo detto!! - fece arrabbiato l’inglese rivolgendosi al biondo con gli occhiali. - Adesso fammi sistemare questa faccenda e poi ne discutiamo! - fece poi quando la donna si voltò verso di lui.
Quando Arthur la guardò nei suoi occhi completamente rossi come il sangue, un brivido gli percorse la schiena, ma cercò di non farsi soggiogare dall’inquietudine e dalla paura che quell’essere trasmetteva.
- Tu non appartieni più a questo mondo! Và nel mondo dell’oltretomba e non fare più ritorno in quello dei vivi! - esclamò puntando la bacchetta contro il fantasma della donna per poi pronunciare l’incantesimo. - Reditum Regnum Mortuis! -
Un cerchio magico apparve sotto la figura della donna, la quale iniziò a gridare in modo atroce quando la luce sprigionata dal cerchio la avvolse, fino a che non la fece dissolvere.
Appena il cerchio magico e il fantasma scomparvero, l’inglese si diresse a passo di carica verso l’americano tirandogli un pugno in testa.
- Ahia! Hey Dude what’s your problem?! - esclamò Alfred massaggiandosi il punto colpito .
- Qual è il mio problema?! Il problema è che non mi dai mai ascolto, bloody wanker! Se fossi arrivato più tardi saresti morto! -
- Ma non è successo, quindi perché non ti calmi? -
- No che non mi calmo! Alfred, fai sempre di testa tua e non mi dai mai retta. Se fai così io non potrò proteggerti capisci? - fece prendendo per la collottola il ragazzo più alto di lui.
In quei 4 anni i due ragazzi erano cresciuti un bel po’, soprattutto Alfred, che adesso superava Arthur di cinque o sei centimetri ed era diventato più robusto e piuttosto forte. Arthur nonostante fosse alzato era rimasto lo stesso ragazzo magro e per niente forzuto  di quando si erano conosciuti.
Alfred non ci mise molto a prendergli i polsi e ribaltare la situazione, facendo finire il biondo contro il muro. A quel punto lo bloccò per le spalle e lo guardò con rabbia negli occhi.
- Arthur sono stanco di essere protetto ogni volta da te! Voglio dimostrarti che posso farcela anche senza avere te a proteggermi e a salvarmi ogni volta! Non voglio essere più un peso. - fece poi abbassando lo sguardo arrossendo leggermente.
- Alfred, non sei un peso. Ma non voglio che tu rischi ogni volta la vita o ti faccia del male…non sopporterei di perdere qualcun altro a cui tengo! - fece a quel punto l’inglese, con alcune lacrime trattenute a stento a rigargli il volto.
- Artie…-
L’americano lo guardò per qualche istante, sorpreso della reazione da parte dell’inglese. In quel momento iniziò ad avvicinarsi lentamente al volto del biondo.
Quando Arthur si accorse della pericolosa vicinanza del viso dell’amico, staccò con gesto sgarbato il suo braccio dalla sua spalla, per poi allontanarlo da se.
- Direi che è ora di andarcene da qui. Non fare caso a quello che è appena successo, è stato un esaurimento di nervi, niente di che. - fece imboccando la porta e cercando di nascondere il terribile rossore apparso sulle sue guance.
L’americano lo guardò un attimo in silenzio, per poi seguirlo senza dire una parola riguardo quello che era appena successo…o quello che stava per accadere.
Visto che ormai era il tramonto, Alfred accompagnò l’inglese fino a casa sua. Per tutto il tragitto i due ragazzi non si guardarono nemmeno una volta.
Quando arrivarono di fronte al patio dell’abitazione, il mago si voltò per la prima volta da quando avevano lasciato la villa abbandonata dei Campbell. Era ancora imbarazzato per tutto ciò che era accaduto in quel luogo, ma cercò di far finta di niente.
- Grazie per avermi accompagnato fino a casa…bhè ci vediamo domani a scuola. - fece cercando di sembrare il più naturale possibile.
Appena però si volse verso la porta, l’americano lo abbracciò da dietro le spalle. L’inglese perse per un attimo l’equilibrio, a causa dello slancio con cui l’altro lo aveva abbracciato, riacquisendolo immediatamente.
Arthur arrossì al sentire il contatto del corpo dell’amico sulla sua schiena.
Era un contatto per lui inusuale, si sarebbe voluto allontanare, ma quel calore così piacevole che gli trasmetteva lo faceva desistere.
- Arthur, promettimi che non ci lasceremo mai, qualunque cosa accada. -
Il biondo rimase sorpreso dal tono quasi supplichevole con cui Alfred aveva pronunciato quella frase. L’americano affondò il volto ancora di più nell’incavo della spalla dell’inglese facendolo sussultare, a causa di quel contatto fin troppo ravvicinato.
I battiti del suo cuore aumentarono inspiegabilmente ed era una cosa che l’inglese non riusciva a capire.
Perché quando si trovava in certe situazioni con Alfred, reagiva in maniera così strana?
- Ma…ma che diamine ti viene in mente?! Perché dovremmo non essere più amici?! - cercò di dire col suo solito modo scorbutico ma fallendo un po’ nell’intento, facendo trapelare il suo imbarazzo e la sua leggera insicurezza provocatagli dalla disagevole situazione.
- Non intendo quello. - fece lasciando la presa sull’abbraccio ma voltando il biondo così da poterlo guardare negli occhi. - Anch’io ho paura di perderti. Finora è sempre andato tutto bene, ma se poi TU dovessi trovarti in difficoltà e dovessi rischiare la vita? Io..so di non poterti dare una mano in modo utile dato che non sono un mago ma….permettimi di rimanere al tuo fianco e di cercare di proteggerti nel caso fossi tu a trovarti in difficoltà…- fece arrossendo e abbassando per un attimo lo sguardo.
- Io…ecco…va bene…- fece l’inglese rassegnato, cercando di nascondere l’imbarazzo causato da quella situazione ambigua.
A quel punto il volto dell’americano s’illuminò e un sorriso felice comparve sul suo volto. Lo abbracciò con impeto, finendo quasi per stritolare il povero Arthur, ridendo.
- Great! Allora a domani Artie! - lo salutò il biondo a quel punto dandogli un veloce bacio sulla guancia per poi scappare via.
L’inglese rimase immobile nel patio per altri 5 minuti cercando di realizzare tutto quello che era appena accaduto.
Cosa diamine aveva in testa Alfred!?
Perché si comportava in maniera così…ambigua nei suoi confronti?
La sua reazione a quel bacio sulla guancia lo sconcertò ancor di più.
Era felice di quel gesto e imbarazzato al tempo stesso, era arrossito in modo spropositato e aveva i battiti del cuore accelerati.
Cercò di ignorare tutte quelle sensazioni ed entrò in casa. Non fece in tempo a fare i primi scalini per andare in camera sua, che sentì una voce roca e piuttosto profonda richiamarlo.
- Dove sei stato tutto il pomeriggio, little brother? - fece sottolineando l’ultima parola.
Arthur sbuffò voltandosi verso la fonte della voce.
Era suo fratello maggiore Allistor, un ragazzo alto e robusto, dai capelli rosso fuoco. I suoi occhi verdi prato l’osservavano in modo serio e distaccato mentre si riportava la sigaretta alla bocca.
- Allistor non sono affari tuoi. Perché non vai a rompere le scatole a qualcun altro dei nostri fratelli? - domandò acido il biondo.
- Perché sei tu quello che sta giornate intere fuori casa senza avvertire nessuno. E non pensare che non mi sia mai accorto in questi ultimi anni delle volte che te ne andavi di casa a notte fonda senza dire niente a nessuno. -
- E anche se fosse? Non ti riguarda. E adesso vorrei andarmi a riposare se non ti dispiace. -
L’inglese fece per salire le scale ma ciò che disse poi il fratello lo bloccò.
- Non avresti dovuto rivelare i tuoi poteri a quel Babbano. -
Arthur strinse la presa sullo scorri mano sentendosi messo a nudo di ciò che da ormai anni cercava di nascondere ai fratelli.
- Da quant’è che lo sai…?-
- Vorrai dire sappiamo. - fece Rhon sbucando da dietro il rosso. - Diciamo che il fatto che tutte le volte che un problema nel mondo magico veniva risolto, tu e il tuo amico vi vedevate e ti riaccompagnava qui a un’ora sempre a tarda. Mi sembra troppo strano che si tratti di una coincidenza, soprattutto conoscendo te fratellino. - fece il ragazzo dai capelli marroni scuro e gli occhi color verde foresta. -
- Va bene. Alfred sa dei miei poteri, ma non sa niente di voi e finora non ha mai rivelato niente ad anima viva. Io mi fido di lui, quindi non vedo dove sta il problema! E adesso lasciatemi in pace! - disse con decisione per poi ricominciare a salire gli scalini, ma venne bloccato per un braccio da suo fratello maggiore.
- E’ comunque un Babbano, non puoi portartelo dietro come mascotte durante i tuoi atti di eroismo! Vuoi che lui rischi di morire?! - fece a quel punto Allistor guardandolo con durezza.
Quelle parole colpirono Arthur come un fulmine a ciel sereno e, senza volerlo, iniziò a tremare al solo pensiero di Alfred morto per causa sua.
- Non potrai essere sempre lì a fargli da balia, prima o poi potrebbe rimetterci la pelle e potresti rimettercela anche tu se continui a fare di testa tua! -
- S-smettetela di dirmi cosa devo e non devo fare! Non sono più un ragazzino e ormai sapete bene che sono un ottimo mago e me la cavo benissimo nell’affrontare ogni tipo di situazione! Pensate che non sappia il rischio che Alfred corre ogni volta?! -
- Allora perché continui a farlo venire con te?! -
- Perché è grazie a lui se riesco ad affrontare tutti i pericoli che affronto! E’ lui che mi ha dato la speranza e la forza di farcela in ogni situazione e d è sempre lui che mi ha fatto conoscere la vera amicizia! Io lo…-
- You love him. - fece Rhon guardando il fratello con aria leggermente sorpresa.
A quel punto il biondo si bloccò. Voltò lo sguardo verso il fratello maggiore non riuscendo a realizzare ciò che aveva appena affermato.
- Ma non dire sciocchezze, lui è solo un mio amico! E poi noi siamo due…- fece con decisione l’inglese arrossendo, per poi indugiare sull’ultima parola mentre abbassava lo sguardo con fare malinconico.
- …ragazzi. E quindi? Non è un problema se tu ti sei innamorato di un ragazzo, ma il fatto che tutto ciò non ti stia facendo vedere la realtà dei fatti! - fece leggermente alterato Allistor guardando con serietà il fratello. - Se continui a portarlo con te, rischierà ogni volta la vita. Se dovesse morire o ferirsi gravemente perché non sei riuscito a tenerlo d’occhio o a proteggerlo, te ne pentirai per tutto il resto dei tuoi giorni...soprattutto se si tratta della persona che ami Artie. - terminò il rosso lasciando andare il braccio al fratello con sguardo leggermente malinconico, come se si stesse già dispiacendo per ciò che suo fratello avrebbe dovuto soffrire in quel caso.
Il biondo rimase immobile sulle scale, mentre suo fratello iniziava a scendere quelle che aveva fatto pochi secondi prima nel tentativo di bloccarlo.
- Fai come preferisci, la scelta alla fine è tua di rischiare o no. Non mi sono intromesso fino ad adesso e non mi intrometterò neanche in futuro in questa faccenda. Ma…ricordati che sarai tu a pagare il prezzo della tua decisione fratellino. - disse senza voltarsi ma guardando Arthur con la coda dell’occhio poco prima di lasciare l’ingresso insieme a Rhon.
L’inglese restò fermo, immobile.
Cercando di realizzare tutto ciò che era appena successo ed era stato detto.
Strinse un pugno preso dalla frustrazione. Odiava dare ragione ai suoi fratelli, soprattutto ad Allistor; ma purtroppo avevano ragione.
Lui aveva ceduto alle suppliche di Alfred di portarlo con lui, promettendogli che non si sarebbero più divisi. Quando invece avrebbe dovuto dirgli subito di no.
Inoltre un’altra cosa che lo stava turbando era ciò che stava per dire. Se ne era reso conto solo in quel momento, ma prima stava proprio per dire che lui amava Alfred.
Che i suoi fratelli avessero ragione?
Che la motivazione del suo strano comportamento quando si trovava vicino ad  Alfred in certe situazioni, fosse perché era innamorato di lui?
Cercò di scacciare quel pensiero dalla testa, pensando che fosse una cosa assurda da pensare. Eppure un fremito nel suo cuore al ripensare del sorriso smagliante e allegro del giovane americano, lo fece dubitare per un momento.
 
Il giorno dopo arrivò. E nonostante ciò che era successo il giorno prima, tutto sembrava essere tornato alla solita routine di tutti i giorni.
Durante le lezioni Arthur sembrava leggermente assorto nei suoi pensieri, ma Alfred non ci badò molto, pensando fosse solo un po’ stanco.
Finito l’orario di lezioni, i due ragazzi andarono in biblioteca per studiare, anche se l’americano cercava ogni sorta di distrazione pur di non aprire libro e l’inglese cercava inutilmente di capire dei complessi teoremi matematici nonostante la confusione creata dal biondo.
All’ennesimo aereo planino finitogli in fronte, Arthur si stufò.
- Alfred Cut it out! Sto cercando di capire questa Bloody Math, ciò che dovresti fare anche tu! - fece sbraitandogli contro.
- Eddai Artie, tanto Matematica non ci farà nessun test fino alla fine del mese, quindi take it easy! - fece avvicinandoglisi e abbracciandolo da dietro le spalle.
L’inglese, nonostante fosse seduto rispetto all’altro ragazzo, si voltò di scatto riuscendo ad allontanare l’amico da quel contatto troppo ravvicinato, il quale gli aveva provocato istantaneamente un rossore spropositato sulle guance.
- Hey dude ma…che hai? Ti comporti in modo strano, sei per caso malato? - fece tentando di avvicinarglisi.
- Eh?! Niente niente, sarà meglio andare si è fatto tardi! -
Arthur mise tutte le cose nella cartella e tentò di andarsene, ma venne bloccato per un braccio dall’americano.
- Si può sapere che ti prende?! - fece a voce alta l’americano con tono frustrato.
- Non mi prende niente e adesso lascia-…! - l’inglese cercò di divincolarsi ma il biondo lo trascinò in un corridoio polveroso della biblioteca, in cui non ci andava mai nessuno, e lo sbatté contro una delle due librerie.
Arthur si trovava bloccato fra lo scaffale e il corpo dell’americano, il quale gli stava togliendo ogni possibilità di fuga.
I suoi occhi verdi incrociarono quelli azzurri di Alfred, i quali per la prima volta da quando lo conosceva erano decisi e privi di esitazione.
- Perché hai reagito a quel modo quando ti ho abbracciato? Non vuoi che ti tocchi più? - domandò con tono fermo e sicuro. - E’ da stamattina che ti vedo strano, pensavo non fosse niente di grave ma a questo punto mi fai intendere il contrario Artie. -
- Senti lo sai che io non sopporto i contatti troppo ravvicinati! E poi stavo studiando e mi hai dato fastidio ok?! E comunque hai preso un abbaglio perché sto benissimo! - disse voltando il viso dall’altra parte con fare superiore. - E comunque...! Mint Bunny!? - esclamò all’improvviso il mago accorgendosi della presenza del suo amico magico appena arrivato, il quale stava cercando di dirgli qualcosa.
Il coniglietto cercò di far capire al padrone ciò che doveva dirgli e dopo alcuni secondi il biondo capì.
- Un gruppo di troll…sta devastando…HYDE PARK?! OH GOODNESS! -
- Allora dobbiamo andare!! -
- Non “dobbiamo”. Devo andare. Tu rimarrai qui buono buono. - fece tirando fuori la bacchetta magica e iniziando ad allontanarsi dall’americano.
- Ma…mi avevi promesso che non te ne saresti andato da solo nelle missioni! Inoltre è un gruppo di Troll, quindi saranno sicuramente pericolosi! Non puoi andarci da solo, non te lo permetto! - fece Alfred cercando di fermare il mago.
- Allora non mi rimane altra scelta. -
Il biondo si voltò verso il ragazzo puntandogli contro la bacchetta e senza dargli il tempo di reagire pronunciò l’incantesimo.
- Incarceramus! -
Appena pronunciata quella parola delle corde avvolsero Alfred bloccandolo.
- Arthur slegami subito! -
- Mi dispiace ma non voglio rischiare che ti succeda qualcosa di male…perché ci tengo molto a te… - fece abbassando lo sguardo, dando le spalle all’americano. - Comunque l’effetto svanirà fra una ventina di minuti. Spero non me ne vorrai…Disapparate! -
- NO ASPETTA!! -
Purtroppo il biondo non fece in tempo a fermarlo, che Arthur si era già smaterializzato.
Si materializzò esattamente a Hyde Park, in una parte del parco non troppo frequentata.
- Mi dispiace Alfred…ma è meglio così. In questo modo potrò affrontare quelle creature senza dovermi preoccupare di doverti proteggere…-
Iniziò così a cercare in lungo ed in largo tracce di quei Troll, ma senza molta fortuna. Finchè dopo ben 40 minuti che correva all’interno del parco, con il povero Mint Bunny che cercava di stare al suo passo, non arrivò alla parte più remota di Hyde Park, la quale era quasi completamente distrutta. Poco più avanti a dove si trovava il mago, vi era un gruppo di una decina di Troll, che continuavano a distruggere tutto quello che incontravano sul loro cammino. Erano grandi, robusti e avevano la pelle coperta di pustole. Da quella distanza riusciva a percepire il fetore che emanavano.
A quel punto Arthur tirò fuori la bacchetta e si diresse con decisione verso di loro. Erano molti, ma li avrebbe affrontati e sconfitti tutti quanti.
Si avvicinò abbastanza al gruppo per riuscire a pietrificare almeno uno dei Troll. Sapeva che il resto del gruppo a quel punto lo avrebbe individuato e attaccato ma avrebbe corso il rischio.
- Petrificus totalus! -
Pronunciata la formula il troll, che stava per distruggere con una clava un altro albero, si bloccò con le braccia a mezz’aria.
I troll smisero di devastare il parco e individuarono subito, grazie al loro odorato, colui che aveva bloccato il loro compagno.
A quel punto fu battaglia aperta.
Arthur cercò di lanciare incantesimi su incantesimi nel tentativo di sconfiggerli tutti, mentre nel contempo evitava i loro colpi.
Riuscì a sconfiggere tre troll, ma la situazione cominciava a peggiorare. Mentre il mago cominciava a sentirsi sempre più affaticato e spossato, i troll ancora in piedi non sembravano soffrire la stanchezza.
Nel momento in cui sentì qualcosa avvicinarsi velocemente alle sue spalle, si voltò di scatto non facendo però in tempo. Il troll con un colpo della propria mano lo scaraventò a due metri di distanza facendolo sbattere violentemente contro un albero.
Cercò di rialzarsi, ma non ci riuscì. Aveva qualche costola rotta probabilmente. Cercò di voltarsi per vedere dov’era finita la sua bacchetta, ma purtroppo non riusciva a trovarla. Con tutta probabilità era caduta da qualche parte lì vicino a lui e non riusciva vederla o a raggiungerla.
A quel punto sentì che aveva fatto un enorme sbaglio ad andare da solo.
Perché non aveva chiesto aiuto ai suoi fratelli?
L’unica cosa che lo sollevava era che almeno non aveva coinvolto Alfred in quella faccenda. Forse avrebbe voluto dirgli quello che provava nei suoi confronti prima di morire per mano di un Troll.
Perché sì. Lui lo amava.
Era stato così cieco fino a quel momento e aveva capito i suoi sentimenti solo nel momento in cui stava per morire.
Sentì i passi pesanti di uno dei troll avvicinarsi e chiuse gli occhi pronto a ricevere il colpo di grazia, ma invece sentì una voce familiare urlare.
- LASCIA STARE IL MIO ARTHUR!! - 
A quel punto spalancò gli occhi, giusto in tempo per vedere Alfred balzare sul troll colpendogli violentemente la testa con una mazza da baseball.
Il troll cadde tramortito a terra e l’americano accorse subito dal biondo ferito.
- Te l’avevo detto che non dovevi venire qui da solo! Damn it!! -
- Alfred…che ci fai qui? Scappa finchè sei in tempo o i troll ti uccideranno! - cercò di dire l’inglese nonostante sentisse un dolore atroce al petto ad ogni parola.
- A quei rifiuti non ci devi pensare stupid little brother. Quello adesso è un problema nostro. - fece con fermezza una voce profonda proveniente dalla figura che si era avvicinata all’inglese stando in piedi. Il biondo intravide altre tre figure combattere contro i troll a forza di colpi di magia e intuì di chi si trattassero. Erano i suoi fratelli.
- Allistor? Che ci fate qui? -
- Aran ha trovato il tuo amico in biblioteca legato come un salame e gli ha detto che eri venuto qui a combattere contro un gruppo di Troll da solo. Così ci ha avvertiti e siamo venuti a salvarti il culo. - disse espirando una boccata di fumo e spegnendo la sigaretta che teneva in bocca fino a qualche momento prima.
- Aran? - chiese perplesso il biondo.
- Sì tuo fratello minore Artie! Non ti ricordi? Ha iniziato quest’anno a frequentare il nostro stesso istituto. - fece l’americano. - Comunque adesso dobbiamo portarti in un posto sicuro! -
- Ah io…no devo…devo rima…nere…devo pro…teggerti…- tentò di dire l’inglese per poi svenire per la troppa stanchezza e la ferita riportata.
L’ultima cosa che riuscì a sentire fu la voce dell’amico che cercava disperato di farlo rimanere sveglio.
- Artie! Artie ti prego non chiudere gli occhi! Io ti….-
 
L’inglese si svegliò di soprassalto ansimando pesantemente. Si guardò intorno e riconobbe di trovarsi in camera sua, eppure era sicuro di essere svenuto ad Hyde Park. Solo in quel momento, abbassando lo sguardo si accorse dell’americano, il quale si era addormentato appoggiando la testa sul letto con le braccia facenti da cuscino.
L’inglese sorrise. Era così tenero quando dormiva.
- E’ stato lì tutta la notte a vegliare su di te. -
Arthur alzò lo sguardo e vide il fratello maggiore appoggiato allo stipite della porta.
- Ah Allistor…ma cos’è successo dopo che sono svenuto? -
- Io e gli altri abbiamo sconfitto tutti i troll mentre il Babbano ti è rimasto accanto per tutto il tempo. Quando abbiamo risolto la questione ci siamo occupati di guarire le tue ferite con l’incantesimo Espimendo e ti abbiamo portato a casa. Lui ha insistito per rimanerti vicino. - fece gettando lo sguardo sulla figura di Alfred.
- Davvero? - fece leggermente sorpreso l’inglese.
- Di che ti sorprendi? Dopotutto è tuo “amico” no? Comunque digli quello che provi prima che si stufi di te fratellino…- fece sogghignando.
L’inglese arrossì di botto guardando male il fratello maggiore.
- Shut up you bloody wanker! Non sono affari che ti riguardano! -
- Come vuoi, il mio era solo un consiglio…-
Fece per andarsene ma il biondo lo fermò.
- Aspetta Allistor! -
- Mh? -
- …Mi dispiace di aver voluto fare di testa mia...mi potrete mai perdonare? -
- Tsk sei proprio uno scemo. Non hai nulla da farti perdonare, ma la prossima volta che ti capitano queste “missioni” così impegnative, chiedici pure una mano. - fece accennando un sorriso sghembo.
- Ok…brother…- fece sorridendo l’inglese.
- Ti prego adesso basta che mi viene il diabete! - fece con faccia leggermente disgustata. - Inoltre è meglio se lascio tu e il tuo innamorato da soli…eheh - fece ridendo sotto i baffi e uscendo dalla visuale del biondo.
- Che intendi…?! - provò a domandare il biondo irritato, accorgendosi solo in quel momento dell’americano che si stava svegliando.
- Yaaaawwwnnnn…Artie sei sveglio! Sono così felice che stai bene!! - fece appena svegliatosi il biondo dopo un lungo sbadiglio, abbracciandolo.
- Già…anch’io Alfred ma…mi stai stritolando…- fece con un fil di voce.
- Ah scusami è stato l’impeto del momento! - fece scusandosi l’americano arrossendo vistosamente.  - Sai ero così preoccupato ieri sera quando sei svenuto. Pensavo fossi morto…- fece poi incupendosi.
- Eddai lo sai che io ho la pellaccia dura. Non muoio per così poco. - fece con la sua solita aria superiore.
- Quello è vero eheh…Comunque…hai per caso…sentito quello che ti ho detto ieri sera? - fece arrossendo e distogliendo lo sguardo dal volto dell’amico.
- Veramente…no. Perché? - chiese perplesso.
- Ah davvero? Allora…te lo dico adesso.- prese un respiro profondo e poi ricominciò a parlare. - Vedi è da qualche giorno che ho realizzato una cosa e ieri…ne ho avuto la conferma nel momento in cui quel troll stava per colpirti. Fino a qualche tempo fa  pensavo che fosse solo una cosa passeggera ma…adesso ho capito che si tratta di qualcosa di serio. - fece avvicinandosi all’inglese.
I loro volti erano uno vicinissimo all’altro e l’inglese arrossì rimanendo però immobile.
- I love you… - sussurrò l’americano per poi baciarlo con dolcezza sulle labbra.
Arthur rimase sorpreso da quel gesto in un primo momento, con il cuore che batteva all’impazzata per ciò che il suo amato gli aveva appena detto, ma poi chiuse lentamente gli occhi lasciandosi andare a quel contatto così piacevole e dolce.
Passò qualche minuto prima che i due decidessero di dividersi.
Si guardarono intensamente negli occhi e poi Arthur lo abbracciò, lasciando di stucco l’americano.
- I love you too… - fece arrossendo e nascondendo il volto nell’incavo della spalla di Alfred.
L’americano arrossì in maniera spropositata, troppo felice per ciò che l’inglese gli aveva appena detto.
- Puoi ripeterlo? Non ho capito…-
- I love you…- fece arrossendo ancor di più.
- Scusami ma non riesco proprio a capirti Artie. Puoi ridirlo? - fece sorridendo sornione Alfred.
- Adesso basta, l’hai capito benissimo you git! - fece a quel punto irritato  staccandosi dal ragazzo, ma diventando paonazzo non solo per l’imbarazzo ma anche per la rabbia.
- Ahah scusa è che mi piace troppo sentirtelo dire…- fece avvicinandoglisi e avvolgendolo tra le sue braccia.
Arthur anche se controvoglia si lasciò cullare da quel calore.
- Adesso mi prometti che non ci lasceremo più? - domandò l’americano con dolcezza all’amato.
- Sì…non ci lasceremo mai più. Te lo prometto. - fece l’inglese baciandolo.
Alfred aveva fatto scoprire a Arthur la magia dell’amicizia ed adesso quella dell’amore.
Grazie a lui aveva riscoperto la felicità e la speranza.
Decisamente, da quel momento non si sarebbero più allontanati l’uno dall’altro.

.:Angolo dell'autrice:.
...20...20 pagine di One-shot....sono state un DELIRIO!! O_O Lo giuro! Diciamo che la parte in cui loro hanno 13 anni era un testo che aveva fatto in inglese per la Professoressa (appunto) di inglese. Poi ho deciso di farci una one-shot aggiungendoci...bhè...un bel pò di roba xD
Ammetto che è stata dura però...ne è valsa altamente la pena TTvTT
Miscuso inoltre per le eventuali ripetizioni -v-'' Spero vi sia piaciuta ^-^ Ditemi il vostro parere perchè ci tengo moltissimo!! >-<
PS
Aran è Irlanda del nord
Rhon è Galles
Tomas è Irlanda
Allistor lo sapete tutti chi è xD

 
  
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