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Autore: Bumbix    30/11/2014    8 recensioni
In un mondo alternativo, la realtà non è divisa solo in creature magiche e babbani. Ci sono forze, da tempo dimenticate, che riposano dormienti sotto la superficie della terra, forze così spaventose che dovrebbero solo continuare a dormire, ma che si risvegliano al contatto con le paure di un bambino. Un bambino debole, abusato, seviziato, la cui vita è un circolo di miseria infinita a cui nessuno sembra voler porre rimedio. E se questa forze offrissero una scelta al bambino, che altri non è se non Harry Potter? Se si rivelassero migliori e più umane di quanto i babbani stessi siano, crescendolo ed addestrandolo al suo destino come Signore dei Demoni? In un mondo in cui la religione è più che fervida immaginazione, Albus Silente non è un paladino della Luce con una sfolgorante armatura, è solo un uomo vecchio che non riesce a rinunciare ai suoi piani da tempo architettanti, arrivando a fare l’impensabile pur di riottenere il bambino-sopravvissuto. Ed Harry tornerà ad Hogwarts, più forte di quanto sia mai stato, e con una volontà differente da quella di chiunque altro. Il sole continuerà a sorgere ed il mondo a girare, ma lo vedrete più allo stesso modo?
Genere: Avventura, Romantico, Sovrannaturale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Albus Silente, Harry Potter, Hermione Granger, Un po' tutti | Coppie: Harry/Hermione
Note: Cross-over | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Primi anni ad Hogwarts/Libri 1-4
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prologo

The Harry Potter’s Forbidden Story

Disclaimer: Non posseggo ne il mondo di Harry Potter, ne quello di High School DxD, che appartengono invece ai rispettivi autori. Questa storia è  stata scritta senza fini di lucro.

Prologo

Area Boschiva nei pressi di Privet Drive, Surrey
Inghilterra, Regno Unito
15 Dicembre, 1988

Arrancava nel buio, con il corpo scosso dai tremiti e lo sguardo perso ed addolorato. Non aveva una meta, un posto dove andare, stava solo vagando nel bosco vicino casa alla ricerca di un cantuccio caldo dove passare quella fredda notte. Ed era colpa sua se si trovava lì. Colpa del suo piccolo corpo da mostro che l’aveva tradito ancora, colpa di tutto il male che risiedeva in lui e delle cose strambe che faceva capitare.

E di nuovo  inciampò mentre, per l’ennesima volta, il piccolo Harry Potter, di soli otto anni, cedeva alla stanchezza ed alla fame. Erano due giorni che non mangiava, due giorni senza cibo passati a fare le pulizie e sbrigare le faccende di casa. Era stanco, tremendamente stanco, ma sapeva per esperienza che non poteva fermarsi. Il suo corpo era debole, instabile, e se si fosse fermato, se si fosse arreso, allora avrebbe fatto la fine dei suoi orrendi genitori.

Sarebbe morto e nessuno lo avrebbe pianto, nessuno sarebbe stato in pena per lui. Forse sarebbe stata la cosa giusta da fare visti i presupposti, visti i tormenti e la fatica, ma nonostante tutto quell’istinto primordiale che non riusciva a mettere a tacere lo spingeva a vivere. E di nuovo tornò ad alzarsi, con le gambe che tremavano sotto il gracile corpo, che somigliava più a quello di un bambino di sei anni piuttosto che a quello di uno di otto.

I suoi capelli, che da sempre erano ribelli ed indomabili, ora giacevano flosci e privi di vita sulla sua testa. I suoi occhi, in genere di un vivace verde smeraldo, erano vitrei mentre riprendeva la marcia in quell’oscuro bosco. E come se questo non fosse sufficiente a dare un’idea della sua situazione, in dosso portava un lurido pigiama che appariva vecchio e sporco, come se fosse stato lavato troppe volte, ed usato come straccio in più di un’occasione. Era due volte più piccolo della sua taglia, e lasciava scoperte le bracca le gambe, esponendolo così all’ira degli elementi.

Erano queste le condizioni del piccolino che tornò a stringersi il petto, frizionandolo con le braccia per riscaldarsi, senza però riuscirci. Era già arrivato al punto da non sentirsi le punta delle dita, ma quella era la punizione che meritava. Lo sapeva, perché era stato suo Zio Vernon a dirglielo, nel momento in cui lo aveva sbattuto fuori di casa. I piccoli mostri, ma soprattutto gli ingrati, non meritavano un tetto sulla testa, ne un piatto caldo a tavola.

E lui era davvero un ingrato, questo lo sapeva, ne era certo, perché nella lettera a Babbo Natale  aveva avuto l’ardore di chiedere se non ci fosse stato qualcun altro, chiunque altro, pronto a prendersi cura di lui, a  trattarlo bene, come i Dursley trattavano bene il loro vero figlio Dudley, senza costringerlo a pulire, lavare e stirare, picchiandolo con la cinta se sbagliava qualcosa, anche solo di poco.

Il suo cuore perse un battito al ricordo, mentre si ostinava a non versare una lacrima. Voleva piangere, lo voleva davvero, ma tra le tante cose che aveva imparato durante la sua breve vita c’era la certezza assoluta che quel gesto non portava mai a nulla di buono. Era inutile piangere, dimenarsi e gridare, perché il più delle volte si finiva a sputare sangue, o a supplicare perché quel tormento finisse.  Il tormento di un braccio rotto, di una mano sul fuoco, della testa nella bacinella dell’acqua. Tutte cose che una volta gli capitavano spesso, anche troppo spesso, ma che da quando aveva imparato a comportarsi  bene avvenivano molto meno.

E in quel momento non andava poi troppo male, il freddo stava iniziando a passare, non sentiva più nemmeno il suo corpo,  il mondo stava diventando un amalgama di nero e buio. Non si rese nemmeno conto di essere caduto ancora e di stare guardando il fitto intrico di rami che coprivano il cielo. La sua mente era persa, stava per cedere al sonno nonostante fino ad ora lo avesse combattuto.  Spontanei sorsero i ricordi di un’altra vita, i ricordi di quando era ancora un infante, e non abitava con quella famiglia, ma con un’altra. Un sorriso su un volto contornato da capelli rossi, degli occhi castani dietro occhiali tondi trasparenti, ed una figura in ombra con un volto da serpente e spaventosi occhi vermigli.

L’immagine esplose nella sua mente e per un attimo ebbe paura, sapeva che stava per farlo ancora, stava per comportarsi da mostro e suo Zio lo avrebbe picchiato per questo, ma davanti a quegli occhi così spietati, ed a quella paura così intensa, non poté che lasciarsi andare.

Le gambe vennero tirate al petto e strette tra le braccia, il capo si seppellì sulle ginocchia e le palpebre si strinsero. Voleva solo che smettesse, voleva solo che la cosa che gli pulsava dentro, e che tanto lo aveva fatto soffrire si fermasse, e non fosse mai più. Voleva un’altra vita, un altro mondo, un’altra strada da seguire.

Voleva tutto ed il contrario di tutto, e come rispondendo a questo suo insensato desiderio, un fremito di magia attraversò l’aria, causando uno strappo nello spazio. Dall’altro lato di quello strappo venne un’oscura presenza, un potere senza fine che gli fece rizzare i capelli in testa. Due mani sbucarono dalla fessura, si aggrapparono ad essa, mentre qualcosa  veniva fuori.

Si aspettava un mostro, forse lo stesso mostro con gli occhi vermigli che aveva visto poco prima nei suoi ricordi, ma ciò che comparve di fronte a lui era qualcosa di molto più strano e senza logica. Si trattava di un uomo, anzi un ragazzo, che non poteva avere più di trent’anni. I suoi capelli erano cremisi, la sua aria nobile, e trasmetteva un immenso senso di potere. Eppure era tranquillo, svagato, con un sorriso sulle labbra.

Un sorriso che subito venne meno quando i suoi occhi videro il bambino raggomitolato in posizione fetale proprio davanti alla spaccatura. Per qualche istante i due si guardarono, il bambino spaventato e l’uomo sbigottito.

L’essere supremo, uno dei quattro Maou che reggevano l’inferno, era stato convocato da un bambino di non più di sei anni. La cosa era impossibile, perfino un mago adulto, ed in pieno possesso dei suoi poteri, avrebbe impiegato anni, se non decenni ad imparare le formule necessarie, senza contare che la sua anima sarebbe stata strappata e gettata nel Cocito come pagamento anche solo per aver tentato.

Invece il bambino era lì, in evidente stato di ipotermia, e non vi era nemmeno l’ombra di un sigillo o di un cerchio magico di convocazione. Questo fatto senza precedenti lo fece avanzare. Mosse il suo primo passo nel mondo umano da secoli, solo per vedere il piccolo esserino rifuggire da lui. Lo vide tentare di alzarsi, cadere, e poi iniziare a strisciare. Nonostante l’evidente paura però non piangeva.

Si sarebbe aspettato lacrime come minimo, invece il piccolo si limitò ad allontanarsi, mostrando una forza di volontà di cui non gli avrebbe dato atto. Questa cosa colpì l’essere supremo, che allora parlò al bambino.

“Sei tu che mi hai convocato, ed ora scappi da me?”.

La voce, che i più si aspetterebbero essere tetra e senza vita, era in realtà divertita e piena di compassione. I suoi passi si erano fermati, ed ora si limitava a guardare il piccolo Harry negli occhi, senza mostrare nulla di più del suo sorriso.

“Dimmi perché sono qui, forse posso aiutarti. Sai, sono un tipo potente io”.

Un occhiolino da parte dell’uomo, che si era chinato sulle ginocchia, per trovarsi alla sua stessa altezza, bastarono per interrompere la sua fuga. E fu quando i loro occhi si incrociarono di nuovo, che il Satanasso si mise ad esplorare le memorie del bambino. Non servirono parole tra loro, ne nessuno dei due disse altro per i minuti successivi. L’uno guardava e l’altro mostrava.

E così Sirzechs Lucifer del clan Gremory, conobbe la storia del bambino. Attraverso i suoi occhi vide gli abusi che aveva subito, e come mai nessuno fosse venuto in suo soccorso. Vide come questo lo aveva cambiato, costringendolo a crescere prima del tempo, a maturare, a chiudersi in se stesso, a dire basta alle lacrime ed alla vita. E nel cuore del demone nacque il desiderio di salvare quel bambino, di salvarlo da una vita fatta solo di dolore e paura, per portarlo in un futuro pieno di gioia e ricchezza.

Ma quando prese questa decisione, e si preparò a fare quanto necessario, scoprì che ben oltre quello che il bambino sapeva, c’erano altre forze in gioco. Quando sollevò la mano sul ragazzo, per aiutarlo a rimettersi in piedi, vide una fitta rete di incantesimi e maledizioni che scorrevano nel suo sangue e nel suo corpo. Incantesimi di protezioni, rituali di sangue, rimasugli di oscure presenze, e più di tutto un contratto vincolante che lo legava ad un dato posto.

Inarcò un sopracciglio, continuando a spolverargli il pigiama, trasmettendogli  allo stesso tempo parte del suo potere per farlo smettere di tremare e fermare l’ipotermia. Alla fine estrasse da una tasca un oggetto, che pose tra le sue mani.

“Harry…” ora che aveva visto la sua vita tramite i suoi occhi, conosceva tutto del bambino, compreso il suo nome. “… io posso salvarti. Posso portarti via di qui, ora, e prometterti che non dovrai più rimetterci piede, ma quello che ti offro non è senza prezzo. Dentro di te sento un enorme potere, un potere che un bambino non dovrebbe avere, e che rivaleggia con quello dei più grandi della tua stirpe. Io posso amplificare quel potere, e rompere quasi tutti i legami con la tua vita, ma per farlo… per farlo tu dovrai morire…”

Le parole del demone erano tristi, mentre il bambino schiudeva la mano, rivelando l’oggetto che Lucifer vi aveva riposto. Un pezzo degli scacchi, per la precisione un alfiere scarlatto, era quello che il bambino stringeva in pugno. Il suo sguardo dubbioso, eroso da anni di soprusi e finte gentilezze. Aveva visto quando i suoi finti-genitori gli avevano offerto dei doni, solo per poi romperli davanti a lui, quando lo avevano curato, solo per poi picchiarlo ancora. Sapeva che era una scelta difficile, se non impossibile per lui, ma voleva credere che avrebbe accettato. Che avrebbe accettato, diventando parte della sua famiglia, come suo servo.

“Dopo che sarò morto… diventerò come te?”

Queste erano le prime parole che gli sentiva pronunciare, e rivelarono ancora quanto grande fosse il suo potere. Per quanto avesse nascosto la sua natura, e sopito i suoi poteri, lui li aveva avvertiti comunque, ma non ne sembrava spaventato. Al contrario, una strana luce aveva preso ad animargli gli occhi.

“Diventerai come me, si, ma passeranno anni prima che tu possa controllarti e diventare davvero forte. Fino ad allora vivrai insieme alla mia famiglia, nel castello che noi abbiamo negli Inferi. Io ti farò crescere, e ti istruirò, preparandoti al tuo destino, in modo che nessuno, mai più, possa farti quanto ti hanno già fatto.”

Ora la voce del demone aveva assunto un tono duro. La presa sulle spalle di Harry si era fatta più forte, più protettiva, quasi volesse difenderlo anche a costo della vita. E questo, più di ogni altra cosa, spinse il ragazzo ad accettare. Facendo un passo indietro, e spostando gli occhi di lato, distolse il suo sguardo da quello della creatura che aveva evocato, annuendo un’unica volta.

“Nulla di quello c-che mi aspetta, può essere peggio di questo…”

Nascondeva la sua paura dietro frasi coraggiose, ma nonostante questo il suo corpo tremava.

“Quindi accetti? Farò in modo che sia una cosa rapida, promesso.”

“Sì, accetto.”

Il patto fu siglato, e nel momento in cui il bambino parlò, una sfera di un’ardente di colore cremisi, gli attraverso il cuore. Il potere della distruzione, che aveva reso grande  Sirzechs Lucifer tra i demoni, facendolo diventare uno dei quattro signori dell’Inferno, aveva lasciato un buco nel petto di Harry, che barcollò stupito per un attimo, prima di crollare al suolo. Esanime.

“Ora risorgi come mio Alfiere Harry Potter, risorgi e ritorna al mondo come mio servo e mio Demone Custode.” Il pezzo degli scacchi ancora tra le mani del bambino, risplendette per un attimo di un’intensa luce bianca, levitando lentamente verso il suo cuore, ormai assente. Li prese dimora, ricostruendo e reintegrando quanto era andato distrutto, fino a che il cambiamento non fu definitivo. Della sua umanità  non era rimasto nulla.

All’altro capo del Regno Unito, in un’antica scuola di magia, un vecchio sobbalzò nel sonno, conscio che il destino del mondo era cambiato.

Il giorno seguente, per quanto cercassero, non fu trovata alcuna traccia di Harry Potter, ne in Inghilterra, ne altrove nel resto del mondo. Tutto ciò che rimaneva della casa che lo ospitava, era un cratere fumante, ed i racconti deliranti di alcuni passanti che parlano di un’intesa luce. Una luce cremisi.

*******************

Palazzo Gremory, Mondo Sotterraneo
Sei mesi più tardi

Lo sguardo di Harry vagò irrequieto, alternandosi dal basso delle sue nuove scarpe lucide al finestrino della carrozza che lo stava trasportando. Aldilà del vetro, a poche centinaia di metri di distanza, si erigeva un enorme castello medievale, circondato da cinta murarie ed enormi fossati. L’ansia prese a crescere nel piccolo corpo del bambino, mentre questo cercava di regolare la respirazione per mettere a tacere quelle emozioni.

Erano passati sei mesi, sei mesi da quando aveva abbandonato la casa dei suoi zii, sei mesi da quando era morto e risorto come demone, sei mesi da quando era stato preso sotto l’ala protettiva di Lucifer e condotto nel mondo sotterraneo. Durante questo lasso di tempo, la sua vita era cambiata radicalmente, infatti, sebbene si aspettasse di passare dall’asservimento alla sua famiglia all’asservimento nei confronti del suo ‘Re’, quello che si era ritrovato a vivere era qualcosa di totalmente diverso. Non una volta gli era stato dato un ordine, non una volta era stato punito, e non una volta era stato emarginato. Al contrario, era circondato da servitori che gli sorridevano e soddisfacevano  ogni suoi bisogno, quasi fosse un principe o qualcosa del genere.

Davanti ai suoi dubbi ed alle sue domande, il Maou gli spiegò che lui era sì, un suo servitore, ma faceva parte di una cerchia ristretta che prendeva ordini solo e soltanto da lui e che quindi non si sarebbe mai dovuto preoccupare di nulla perché sarebbe venuto il tempo in cui gli avrebbe trovato qualcosa da fare. Fino ad allora poteva svagarsi e divertirsi, a patto che non mettesse la sua vita in pericolo.

Gli ci vollero quasi tre mesi perché si abituasse ai cambiamenti della sua nuova vita, ma alla fine vi riuscì. La prima cosa che fece fu quella di farsi portare una televisione in camera, in modo da poterla guardare quanto voleva, senza dover badare a nessuno. Guardò tutti i programmi televisivi che sapeva piacevano a suo cugino Dudley, più altri film che avevano catturato il suo interesse. Da lì, Harry iniziò ad interessarsi ai videogiochi, ottenendo presto una sua console ed una montagna di giochi. Pur non essendovi ossessionato come alcuni, sfruttò molto l’apparecchio, quasi cercasse di recuperare il tempo perduto.

Tuttavia, dopo sei mesi, anche questo aveva perso il suo fascino, Harry si ritrovò nuovamente solo. Il Castello di Lucifer, pur essendo molto grande, non aveva al suo interno molte persone. Non vi era quasi nessuno della sua età, e la maggioranza del totale faceva parte dell’esercito personale del Maou. Alla fine prese a girovagare senza meta, senza nulla da fare e senza voler davvero fare nulla. Da qui l’idea di fargli visitare il castello di famiglia, lì dove il clan Gremory risiedeva, e dove avrebbe potuto incontrare persone nuove e fare amicizia.

Certo, l’idea non era sua, anzi non sapeva nemmeno chi avesse concepito un piano simile, l’unica cosa che gli era stata detta era di salire in carrozza per andare a far visita ai parenti del suo ‘Re’, e che al castello di famiglia avrebbe avuto modo di conoscere una bambina che aveva la sua stessa età, con la quale avrebbe certamente legato.

Il suo nervosismo era dovuto a questo. All’incontro con i parenti del suo padrone, all’incontro con la bambina ed ai giudizi che loro avrebbe avuto di lui. Gli era stato spiegato più volte che le sue capacità erano dovuto alla magia, e non all’essere un mostro, ma nonostante questo ancora cercava di reprimere il suo potere per evitare di trasformare accidentalmente i capelli di qualcuno o dar fuoco a qualcosa. Era certo che non sarebbe piaciuto a nessuno se avesse iniziato a fare cose del genere.

Infine Harry, quasi senza accorgersene, si ritrovò a seguire i suoi servi/guardie, salendo a piedi verso il castello vero e proprio. La carrozza era stata parcheggiata a poche decine di metri dall’ingresso, ed un’enorme scalinata in marmo bianco portava ad un portone in ossidiana. Di fronte al portone, in piedi quasi lo stessero aspettando, si trovavano tutti i membri di casa Gremory, più i loro servitori.

Nel mucchio risaltava enormemente il padrone di casa, che condivideva con il figlio il colore cremisi di capelli, e la donna al suo fianco, una bellissima ragazza dai capelli biondi che poteva essere sua figlia. Un passo dietro di loro, quasi fosse in attesa di ordini, si trovava una cameriera con lunghi capelli argentei, ordinatamente legati in una stretta crocchia, che le dava un’aria severa, ma regale. La sua compostezza era però rovinata dall’enorme ventre gonfio, al quale rivolgeva regolarmente uno sguardo, poggiandovi di tanto in tanto una mano sopra.

Inchinandosi goffamente, come gli era stato insegnato dieci minuti prima di lasciare la residenza di Lucifer, Harry parlò. “Lord e Lady Gremory, grazie per avermi accolto nella vostra casa. Il mio nome è Harry Potter, e sono l’alfiere di Sirzechs Lucifer, vostro figlio. P-Per favore prendetevi cura di me.”

Al sentire il suo nome, i demoni sgranarono gli occhi per lo stupore, venendo a patti con l’evidenza che l’eroe del mondo magico, conosciuto per fama pure nel mondo demoniaco, era rinato come uno di loro sotto il vassallaggio di loro figlio.

Harry era famoso per essere sopravvissuto alla maledizione che uccide, evento mai avvenuto prima e che aveva scosso nel profondo pure il mondo Sotterraneo. La maledizione che uccide era uno dei trucchi peggiori che il Dio della Bibbia aveva creato, in quanto era utilizzabile da qualsiasi mago, e nessuno poteva sopravvivere una volta colpito.

Lo stupore dei presenti  fu però interrotto da una voce carina proveniente da dietro di loro.

“Lo sei davvero?!” Un vortice di capelli rossi uscì allo scoperto da dietro la gonna tutti fronzoli della madre, posizionandosi proprio di fronte ad Harry, che batte le palpebre in stato di shock. “Sei davvero Harry Potter?!”

Harry fece un passo indietro mentre studiava la bambina di fronte a lui. Lei era una ragazza carina che aveva all’incirca la sua età, come tutti i membri della famiglia aveva i capelli cremisi, e gli occhi azzurro-verdi. Indossava un abito casual, che nonostante tutto sembrava essere più costoso di qualsiasi cosa Harry avesse mai visto, ciò dimostrava l’agio della famiglia alla quale apparteneva. Nonostante avesse ancora otto anni, era facile intuire che crescendo sarebbe divenuta una donna alla quale sarebbe stato difficile resistere, soprattutto visto e considerata la somiglianza con la madre, la quale differiva solo per il colore dei capelli.

Harry si accorse di tutto questo con un solo sguardo, mentre leggermente intimidito si preparava a rispondere. “Uhm… si. Almeno questo è il mio nome. Sirzechs Lucifer mi ha parlato della mia storia, e di come sono davvero morti i miei genitori, ma non mi ricordo molto di quello che successe allora. Mi dispiace.”

Harry era stato sconvolto per non dire peggio, quando gli era stata detta la verità sull’omicidio dei suoi genitori, e sulle circostanze che lo coinvolgevano. Era ancora troppo piccolo per capire tutto ciò che riguardava la guerra e l’uomo che li ha uccisi, Voldemort, tuttavia lui sapeva che se non fosse già morto, sarebbe stata la missione della sua vita porre fine alla sua esistenza, nel modo più brutale possibile. Era colpa sua se lui era vissuto senza l’affetto di una famiglia, se aveva subito soprusi e angherie da parte degli zii e se era infine morto, solo per risorgere come demone. Non era dispiaciuto della sua nuova condizione, ma sapeva di non poter essere mai più un bambino normale.

Gli occhi di Rias brillarono mentre lo guardava insistentemente. Lei aveva letto tutte le storie su Harry Potter, al punto da conoscere meglio il ragazzo di molti membri della sua famiglia. Era sbigottita nel sapere che il bambino era diventato un demone, che era stato asservito da suo fratello, e che ora, proprio ora, si trovava davanti a lei, in carne ed ossa. Nelle sue fantasie loro andavano in giro per il mondo cercando città perdute e combattendo i draghi, lui era un nobile come lei, e le professava amore eterno ogni tre per due.

I diavoli adulti sorrisero all’eccitazione della piccola, prima di scambiarsi degli sguardi d’intesa, annuendo rapidamente. “Rias? Perché non porti Harry a fare un giro per il castello? Sono sicuro che è molto ansioso di vedere il posto.”

A parlare fu il Lord Gremory, il padre del suo padrone, che differiva da questo solo dall’aspetto più maturo, quasi fosse un uomo di mezz’età.

Rias sorrise luminosa, mentre iniziava a trascinare via Harry, che sconcertato la ascoltava parlare a razzo di cose che non poteva nemmeno capire. Gli adulti li guardarono allontanarsi con un sorriso in volto, prima di tornare dentro iniziando a discutere dei nuovi avvenimenti.

Nemmeno Grayfia Lucifuge, la donna vestita da cameriera con i capelli argentei, che era anche la moglie e ‘Regina’ di Lucifer, sapeva nulla dell’asservimento di Harry Potter. Il Maou aveva tenuto la notizia riservata, facendo in modo che nessuno all’infuori della sua cerchia più ristretta ne sapesse nulla.

“Sai…” disse Grayfia con un sorriso inquietante. “Potresti anche smettere di fare l’asociale, e parlare con noi, invece di nasconderti.”

L’aria dietro l’angolo della stanza iniziò a rifulgere d’oro, rivelando il Maou in persona, leggermente sorpreso per essere stato beccato. Il suo sguardo era stupito, l’espressione penitente, mentre osservava la moglie avvicinarsi con quel suo enorme pancione, e l’aria terribilmente assassina.

“Nemmeno un messaggio! Non ti fai sentire per mesi, mi abbandoni alla porta dei tuoi genitori, lasciandomi credere che stai svolgendo il tuo lavoro come pilastro che regge l’inferno, e poi scopro che vai in giro a rendere tuoi schiavi i pezzi grossi dell’umanità?!”

L’aria iniziò a tremare, un’enorme aura prese a scuotersi dalle spalle della donna, mentre questa puntava un dito verso suo marito, il suo ‘Re’. “Muori un milione di volte!”

Ne segui un lampo ed il tuono di un’esplosione, che fece saltare in aria parte delle mura esterne della sala. A dispetto degli avvenimenti, nessuno sembrava allarmato o sorpreso, nemmeno il Maou che giaceva steso al suolo, completamente annerito, ma senza un graffio.

“L-L’ho fatto per te amore mio. Harry non si è ancora ambientato nel mondo dei demoni, e penso che spiegargli tutto ed iniziarlo ad addestrarlo avrebbe solo peggiorato le cose. Volevo dargli tempo per mettersi a suo agio.. e tu.. ehm… tu non sei proprio l’ideale… per mettere a proprio agio qualcuno..”

La voce venne fuori esitante dal Signore dei Demoni, che nonostante la sua carica, temeva più di qualsiasi cosa il giudizio della moglie, e le sue orrende punizioni. Un secondo scoppiò accompagnò il primo, facendo crollare un’altra frazione di muro.

La regina in vesti di cameriera, voltò le spalle al marito ed al resto dei presenti, allontanandosi dall’ingresso del palazzo.

Dall’altra parte del castello, dove i boati e le esplosioni erano solo tenui botti, un povero Harry  veniva trascinato in giro come una bambola di pezza da un’esaltata Rias, che senza mai fermarsi per respirare, aveva iniziato a spiegargli come sapesse tutto di lui, come avesse sognato che avrebbero combattuto insieme, che loro si sarebbero sposati, che lui sarebbe stato felice, e che nulla poteva cambiare tutto ciò.

“Allora, cosa ne pensi?! Era destino che io ti incontrarsi, tu da ora in poi sei solo mio, nessuno può averti se non me!”

Il sorriso della bambina era contagioso, e se ci fosse stato chiunque altro al posto di Harry, sarebbe stato solo contento di ricevere tutte quelle attenzioni. Lui tuttavia si sentiva a disagio, non abituato a nulla di tutto questo, e soprattutto non abituato a lei. Sorridendo timidamente, provò un’altra volta a tirare via la sua mano dalla stretta mortale della ragazza, ma questa poteva essere incastrata in una trappola per orsi, per quanti risultati ottenne.

“Ehm… Io.. non lo so.”

In un lampo, il sorriso di Rias scomparve, mentre la bambina si portava le mani al petto, rilasciando finalmente la sua preda. La sua espressione ora era triste, sebbene cercasse ancora di sorridere.

“Tu… devi pensare che io sia strana. Non ho molti amici, tutti mi trattano come… una principessa. E nessuno vuole giocare con me, non sul serio.”

Gli occhi di lei iniziarono a bordarsi di lacrime, e la tensione di lui iniziò a crescere. Non voleva farla piangere! Non sapeva nemmeno come aveva fatto, ma evidentemente aveva sbagliato ancora una volta!

“Nemmeno io… ho amici. Cioè, non ne ho nessuno. Nella mia casa… quella di prima, non avevo nessuno con cui giocare nemmeno io. Non è… non è una cosa strana.”

Gli occhi della bambina si riaccesero mentre questa  li strofinava cercando di ricacciare indietro le lacrime. “B-Bè, allora posso essere io la tua prima amica no?”

Le sue parole erano lente, senza la giovialità che le aveva caratterizzate fino a quel momento, quasi come se ora si sentisse più in imbarazzo di quando gli aveva detto che si sarebbero sposati. Ma Harry non fece caso a nulla di tutto questo, la sua mente era ancora bloccata, paralizzata dall’incredulità delle sue parole. Lei voleva essere sua amica.

Lei gli aveva chiesto di essere suo amico.

Una sensazione di calore riempì il petto di Harry, mentre anche lui iniziava a reprimere il forte impulso di piangere. Non aveva pianto quando era stato picchiato, quando era morto, e non avrebbe pianto ora. Ma sebbene la sua volontà fosse forte, il suo corpo era debole, e non poté sostenere lo sguardo della bambina per un minuto di più.

“S-Stai bene?”

L’aveva fatta di nuovo preoccupare, la sua voce era un tremito di emozioni trattenute e non le aveva nemmeno risposto quando gli aveva proposto di diventare la sua prima amica. Strofinandosi con forza gli occhi, sarebbe tornato a guardarla, con le guance rosse, come possono essere rosse solo le guance di un bambino alla sua prima cotta.

"S-Sto bene, Rias," assicurò Harry felicemente. "Sono solo felice ... davvero felice di averti conosciuto."

Rias arrossì come lui, ed il suo sorriso smagliante si ripristinò, come se non fosse mai stato cancellato. Un sorriso che Harry avrebbe ricordato per sempre, come il sorriso più bello del mondo.

Da quel momento, Harry giurò a se stesso, che avrebbe fatto qualsiasi cosa per assicurarsi che lei continuasse a sorridere in quel modo.

 

*******************

Nel frattempo ad Hogwarts, Regno Unito

Erano passati sei mesi dalla presunta morte del Salvatore. Sei mesi da quando la sua Traccia era svanita ed il suo nome cancellato dagli elenchi del Ministero, sei mesi da quando agli occhi del mondo il venerando Albus Silente, era diventato niente di più di un rimbambito che aveva lasciato le sorti del Bambino Sopravvissuto in mano a degli sporchi babbani, ed ancora, nonostante i sei mesi, nulla era cambiato.

Albus Silente, Preside di Hogwarts, era ancora convinto fino al midollo, che il suo pupillo, la sua arma finale contro Voldemort, fosse ancora viva. La realtà dei fatti, come Minerva sapeva fin troppo bene, era che Harry era morto, ed a nulla servivano le frasi fiduciose di Silente, il suo pensiero positivo, o la sua testardaggine. Era impossibile che la traccia venisse rimossa da un minorenne se questo era ancora in vita, e cosa altrettanto impossibile era far scattare gli allarmi di Hogwarts per errore come era successo la notte dell’attacco alla casa dei suoi zii.

Tamponandosi gli occhi con un fazzoletto ricamato, l’anziana strega sarebbe rimasta immobile, osservando la senilità del preside avanzare. I suoi vaneggiamenti si facevano più irrealistici ogni volta che l’uomo si confidava con lei, e man mano che il tempo passava anche i suoi atteggiamenti peggioravano. Secondo Severus, che era rimasto addolorato e scioccato dalla morte del figlio di Lily, il vecchio stregone stava attraversando una cosa che i babbani chiamavano ‘Fase del Cordoglio’, che sarebbe dovuta molto peggiorare prima di poter migliorare.

La cosa più triste però, era dovuta al fatto che il vecchio fosse sconvolto, non perché fosse affezionato al bambino, che aveva visto solo un paio di volte in vita sua, ma perché tutti i suoi piani, che erano retti dalla sola presenza di Harry, erano infine crollati come un castello di carte, lasciandolo con niente di più che le sue forze in declino.

Alla fine, la donna, facendosi forza, interruppe il discorso del preside, reprimendo a forza un singhiozzo che minacciava di uscire. “Albus… ti prego, basta.” La sua voce era addolorata, in parte per la perdita dell’ultimo dei Potter, in parte per l’evidente declino del suo vecchio amico, ormai ridotto all’ombra di quello che era un tempo.

“Tu non capisci Minerva! Lui è vivo, so che è vivo! Chiunque lo abbia rapito, ha fatto in modo di rompere ogni incantesimo o maledizione che avevo gettato su di lui, ma non ha potuto rompere questo! Questo è il contratto vincolante che i suoi genitori hanno firmato alla sua nascita! È la sua iscrizione Minerva, l’iscrizione di Harry ad Hogwarts!”

Gli occhi del vecchio erano stralunati, i suoi occhiali a mezzaluna gli pendevano storti sul viso, mentre continuava a sventolare davanti agli occhi della strega un foglio consunto e malandato, che sembrava averne attraversata di ogni, ma su cui era ancora visibile il nome di Harry scritto con inchiostro sempiterno.

“Albus, non c’è alcuna documentazione sul fatto che il nome degli iscritti venga cancellato dal castello se questi muoiono, queste sono solo congetture! Come quello che mi hai detto due giorni fa, e cioè che Harry era stato rapito da un demone con i capelli scarlatti e portato negli inferi. Sono secoli che nessuno usa più quel tipo di magia Albus! Nessuno fa più contratti con demoni od angeli ad eccezione delle guardie di Azkaban!”

La voce di Minerva divenne più acuta, mentre il vecchio mago riprendeva a camminare avanti ed indietro nel suo studio, verificando ed attivando diversi dei suoi gingilli, che iniziarono ad emettere fumo e cigolare.

“Questo è l’ultimo tassello Minerva,  non capisci? Se riuscirò ad imporre altri incantesimi su questo contratto, se riuscirò a rafforzare questo legame con Harry, lui sarà costretto a tornare per sconfiggere Voldemort! Devo farlo Minerva, io devo… devo…”

I suoi occhi divennero lentamente opachi, mentre la forza lo abbandonava. Per un attimo barcollò sul posto, arrivando quasi sul punto di cadere, ma con un gesto della bacchetta la donna riuscì a sorreggerlo, evitando il peggio.

“Albus… guarda come ti sei ridotto… sono settimane che non dormi, ti nutri solo di quelle orrende pozioni che cucini nel tuo laboratorio, e che Merlino solo sa che effetto avranno su di te a lungo termine. Devi smetterla, devi riposare…”

La sua voce era lacrimevole, mentre faceva levitare il Supremo Pezzo Grosso fin dentro la sua camera. “Non opporti Albus… riposa…” Lentamente lo mise al letto, lo coprì con un lenzuolo, lasciando solo il viso pallido e sporco di fuliggine scoperto.

“Lui tornerà… io lo farò tornare… io… lo farò…”

I suoi vaneggiamenti ripresero anche nel sonno, mentre la donna si allontanava ora, singhiozzando silenziosamente.

Una catastrofe era piombata su Hogwarts il giorno della morte di Harry Potter. Una catastrofe che pareva essere solo all’inizio.

**************

NdA: Per chi già mi conosce non ho bisogno di presentazioni, per gli altri io sono Bumbix, 23 anni, autore di questa storia. L’idea per scriverla mi è venuta rileggendo le light novel su High School DxD, ed immaginando come questo universo si sarebbe fuso con quello ideato dalla Rowling. Alle mie spalle ho avuto un grande supporto, fatto da amici e conoscenti che hanno letto e betato, rendendo tutto questo possibile. Indi per cui un sentito ringraziamento per l’aiuto va ad IpseDixit, Pamaras, Minus e LadyRiddle, senza il cui supporto non sarei arrivato fin dove sono arrivato. Come notizia generale, sappiate che la storia è già a buon punto, ho scritto già 6 capitoli, di 10/15 pagine l’uno, che coprono quasi l’intero primo anno ad Hogwarts e prevedo di sfornare ogni settimana almeno un altro paio di capitoli, in modo da avere sempre da pubblicare. Per ovvi motivi, non pubblicherò tutto insieme, ma ogni domenica, alle 20:00, avrete un capitolo nuovo. Per i primi anni di scuola i capitoli saranno pochi ed accorpati in modo tale da poter correre velocemente tra le tappe dell’adolescenza, più in là invece il loro numero aumenterà in modo da chiarire le sempre maggiori differenze rispetto al testo originale. Sperando che questo prologo sia stato di vostro gradimento, vi lascio alla vostra recensione… Che mi lascerete sicuramente… vero?! xD
Scherzi a parte, alla prossima domenica!

Vostro Bumbix

   
 
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