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Autore: rossella0806    30/11/2014    1 recensioni
La signora Gina Belmonte, una mattina di novembre, sente dei rumori provenire dall'appartamento di fronte al suo, al primo piano di Piazza del Plebiscito n°6.
La donna, bigodini in testa e ciabatte di spugna verde, si appresta a cercare la causa di quel frastuono, ma c'è un problema a complicare ancora di più la vicenda: l'appartamento in questione è, infatti, disabitato da tre mesi, quindi qual è la causa di quei rumori? E soprattutto chi c'è all'interno dell'appartamento ormai sfitto?
Genere: Mistero | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Il commissario si mise comodo, l’abituale gesto di rimboccarsi la stoffa morbida dei pantaloni sulle gambe muscolose.

Cinque minuti più tardi, il rumore della serratura che si apre, ruppe il silenzio forzato che si era creato nella stanza.

“Sono a casa!” disse una voce maschile:  un giovane sui trent’anni, capelli e occhi scuri, si bloccò sull’entrata quando vide l’estraneo seduto sulla sedia del soggiorno:

“Mamma, papà, che succede?”

La donna alzò il viso rigato di lacrime, e disse soltanto:

“Questo signore è della polizia”

Il ragazzo si impietrì, il volto contratto e impassibile:

“Buonasera …”

“Lei è Matteo Lorenzina?” chiese Barbavara, alzandosi.

“Sì, sono io …”

“Sono il commissario Barbavara, vorrei farle qualche domanda sull’omicidio di Massimo Coletti, l’uomo assassinato nel vostro palazzo. Lo conosceva?”

L’interrogato si fece avanti:

“Sì, lavoravo per lui …” il poliziotto non credeva che avrebbe ottenuto delle risposte così facilmente

“Da quanto?”

“Un anno e mezzo”

“Vi conoscevate bene?”

“Non proprio …”

“Cioè?”

“Non ci frequentavamo molto spesso, nel senso che non eravamo amici, solo conoscenti …”

“Nient’altro? Quando vi siete visti l’ultima volta?”

“Non mi ricordo … non di recente …”

“E quegli ematomi sulla guancia, come se li è fatti?”

Il ragazzo abbassò la testa:

 “Senta, forse è meglio che mi segua in commissariato, dovrei rivolgerle qualche domanda …”

Il poliziotto fece un cenno al giovane e insieme uscirono, i due anziani coniugi impietriti sulle sedie.

 

 

Matteo Lorenzina confessò l’omicidio di Massimo Coletti, senza alcuna resistenza

La vittima si era messo in contatto con lui tramite un annuncio di lavoro, ma in realtà non aveva mai acconsentito a mettere in regola il giovane.

Quando lo scoprì, Matteo cercò di trovare un compromesso pur di ottenere un vero contratto, ma Coletti non ne voleva sapere: aveva uno stramaledetto bisogno di soldi per pagare le assurde richieste della ex moglie e, così, se avesse messo in regola il ragazzo, molti dei profitti del lavoro in nero gli sarebbero venuti meno.

Per questo motivo, i due si diedero appuntamento al numero 6 di Piazza del Plebiscito, la settimana prima, nell’appartamento dei Lorenzina, quando il padre e la madre del giovane erano fuori, ma l’incontro tra i due degenerò fatalmente in una lite.

Nel suo ufficio, il commissario era seduto sulla poltrona girevole, attento ad ascoltare ogni singola parola di quella confessione così assurda:

“Come ha fatto ha trasportare il corpo fino all’appartamento al piano inferiore?… Non ci sono ascensori nel palazzo … ” chiese il commissario.

“Infatti non ho dovuto trasportarlo. Quando è arrivato, quel pomeriggio, ho proposto a Massimo di andare nell’appartamento vuoto, perché mio padre, essendo l’amministratore del palazzo,  conserva una copia delle chiavi di tutti gli inquilini”

“Anche quelle della signora Grandi, nonostante non abiti più nel vostro condominio?”

“Sì, anche le sue. Quando si è trasferita dalla figlia, non ha voluto le chiavi indietro, e così mio padre le ha tenute insieme a tutte le altre, in camera da letto, in una piccola cassaforte. Sapevo la combinazione e così non ho avuto difficoltà ad aprirla …”

“Perché non siete rimasti a casa sua?”

“Avevo paura che i miei tornassero da un momento all’altro: non volevo che, se fossero rientrati prima del previsto, ci vedessero litigare, per questo siamo scesi … ”

Il ragazzo si passò una mano tra i folti capelli, e abbassò la testa in modo colpevole:

“A Massimo non importava niente delle persone: da quando si era separato dalla moglie, era diventato meschino, ambizioso, voleva a tutti i costi sempre più soldi. Io all’inizio lo capivo, pensavo fosse una situazione momentanea, invece quando gli chiesi di mettermi in regola, lui continuò a rimandare, ogni volta aveva una scusa, e io non sapevo più cosa fare!”

“Perché non ha cambiato lavoro?”

“Non è così semplice. Sebbene sia giovane, alla mia età, o si è già entrati nel giro oppure si hanno poche speranze di ricoprire qualche posizione davvero importante …”

“Prima mi ha detto che avete litigato quel giorno, come si sono svolti i fatti?”

“Sì, è vero. Massimo mi ha preso per il bavero del maglione, e ha cominciato a strattonarmi. Sono caduto a terra, poi anch’io l’ho colpito...è scivolato ed ha sbattuto la testa … quella stessa sera, quando i miei dormivano, sono sceso nell’appartamento per rendermi conto di quello che avevo fatto … ero disperato, non sapevo cosa fare”

Matteo Lorenzina si fermò: “ Ho sbagliato,commissario,ma è stato un incidente,io non volevo ucciderlo…”

Barbavara si mosse sulla poltrona girevole, un’espressione di incertezza sul volto:

“Le posso anche credere, ma forse sarebbe stato meglio denunciarlo per il mancato contratto, oppure costituirsi subito dopo l’omicidio o incidente, come vuole chiamarlo lei. La sua posizione non è delle migliori, anche se ci sono delle attenuanti”

“Cosa posso fare?”

“Cercarsi un buon avvocato … ”

Il poliziotto alzò la cornetta del telefono, compose il numero del questore e attese in linea: un altro caso, era stato risolto.

 

  Nota dell'autrice: grazie infinite ai tantissimi che hanno letto la storia, e ad i_m alien che l'ha inserita tra le seguite! Spero che darete un'occhiata anche all'altro racconto in questa stessa sezione, "Mistero a doppia indagine" , e ad "Adele", nella sezione romantico. A presto!
   
 
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