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Autore: Lady Stark    30/11/2014    1 recensioni
Tu non hai mai davvero conosciuto la guerra.
Tu, mio generale, non hai mai sentito il freddo pungente della neve straziare la pelle.
Tu non hai mai provato la sensazione di annegare nella pioggia e nel fango mentre fuori l'inferno continua imperterrito a gettarti addosso pallottole e rombi di cannone.
Tu non conosci la guerra.
Genere: Guerra, Storico, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Guerre mondiali
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.Tu non conosci la guerra.

Non mi ero mai davvero chiesto cosa significasse aver paura di morire. 

In fondo, non avevo mai trovato un vero motivo che mi spingesse ad interrogarmi.
La mia semplice vita da contadino nella periferia di Milano mi aveva sempre garantito tutte le certezze di cui avevo bisogno. 
Avevo tutto ciò che si potesse desiderare: una casa in cui dormire, una famiglia numerosa che sempre aveva trovato il gran coraggio di sorridere, anche di fronte ai momenti più bui. 
Mi ero da poco fidanzato con una dolce fanciulla di nome Francesca. 
Non potevo desiderare di meglio. 
Eppure, come avevo spesso potuto ammirare, tutte le cose felici prime o poi hanno fine. 
La mia piccola bolla di sicurezza esplose assieme alla cartacea lettera di arruolamento. 
Correva l'anno 1915. 
Quella data sarebbe rimasta impressa nei libri di storia per l'eternità. Esattamente come l'Esiodo di centinaia e centinaia di soldati, in marcia verso quella che probabilmente sarebbe stata la loro tomba. Tra quei visi spaventati e confusi c'ero anche io; tremante nella mia semplice giacca che mia madre mi aveva appoggiato sulle spalle.
-Sono fiera di te.- Mi aveva detto tra le lacrime prima di baciarmi con trasporto il capo.
I nostri visi non comparvero nei tanti notiziari che annunciavano il progredire o il retrocedere delle nostre file. Nessuno si prese mai la briga di andare a ricercare i tanti, confusi registri in cui i nostri anonimi cognomi erano stati ammassati. 
Eravamo noi il vero cuore della guerra. 
Peccato che nessuno l'avesse capito.
Pioggia, fango, terrore; questa era la nostra routine quotidiana. Non facevamo altro che sparare e nasconderci come topi sotto le precise direttive di un ufficiale che mai avevamo visto in viso. 
Sostanzialmente, non sapevamo neanche per cosa stessimo combattendo.
-Vi state comportando bene soldati, la vostra patria ringrazia..- Ci dicevano ogni volta che il tiepido rancio veniva scodellato da un uomo gobbo e rattrappito dai mesi passati chino a cucinare nelle trincee. 
Nel guardare i contorni pezzi di patata galleggiare in quell'indefinibile brodaglia non potevo far a meno di chiedermi quale vera patria avrebbe mai permesso una tale carneficina di uomini. Non c'era onore nello sparare, nello uccidere, nel rischiare ogni dannato giorno quella breve vita che così pochi avevano appieno assaporato. 
C'era un giovane di nome Marco; il rampollo di una casa borghese che era partito lasciandosi tutto alle spalle. Lui credeva nell'onore. 
Ma questo così nobile valore non lo salvò dalla mano impietosa della morte. Un giorno, mentre le sparatorie di facevano particolarmente intense, Marco uscì spavaldamente fuori dalla protezione delle trincee gridando con rabbia e folle gloria il proprio cognome. 
Eppure, la ricchezza della sua famiglia non contribuì a salvarlo dall'impietosa mano della fine. 
In quel momento, mentre i suoi occhi si spegnevano ed il sorriso scivolava via dalle sue labbra contratte, vidi per la prima volta il viso scheletrico della morte. 
Non avevo visto niente di più terribile in tutta la mia vita.
Eppure, guardando il sangue scivolare lungo la curva del suo naso aquilino, compresi che non c'era ricchezza o nobiltà che potesse distinguerci di fronte alle sue orbite scure. 
Davanti alla morte, tutti eravamo uguali.
Passarono i giorni, che pian piano si trasformarono in mesi. Senza che potessi rendermene conto passò un intero anno.
La guerra continuava, apparentemente senza fine. Il sangue scorreva mescolandosi con il fango che ci imbrattava le gambe e gli stivali logori e bucati dal tempo.
I miei capelli si erano allungati, i miei tratti avevano perso ogni sfumatura infantile. In quel breve anno, ero diventato un uomo. 

Un freddo giorno di novembre, mentre la neve cadeva a sbuffi sul terreno arido del campo, una lettera mi fu silenziosamente recapitata. Intirizzito e stanco cercai di aprire i bordi di quel piccolo tesoro senza strapparne un solo lembo.
Riconobbi all'istante la grafia tonda di Francesca ed il mio cuore mancò un battito. Lessi con lenta avidità ogni singola parola, immaginandomi il percorso dolce della sua penna che ondeggiava sul foglio. Mi immaginai il suo sorriso dolce ed i folti capelli che così profondamente avevo adorato accarezzare.
Due sole parole chiudevano quella lunghissima lettera zeppa di notizie. Quei due piccoli e tondeggianti sbuffi di inchiostro mi strapparono il cuore: "Ti amo." 

Una goccia cadde sul bordo del foglio sbafando appena la tondeggiante pancia della lettera. 
Piansi senza ritegno.
Piansi come mai avevo fatto in vita mia stringendomi al petto quel piccolo foglio; unica prova che il mondo non mi aveva dimenticato. Qualche soldato mi rivolse un'occhiata stupita ma non vi badai.
Singhiozzai in ginocchio nel fango mentre la neve continuava ad ondeggiare verso terra in una danza triste e compassionevole. 

Qualcuno ridacchiò sotto i baffi. 
Mi dissi che dovevo essere forte, perché i soldati non piangono. 
Perché i soldati devono essere forti. 
Eppure, pensai rivolgendo uno sguardo verso il cielo cupo, anche i soldati hanno un cuore.
Ed era solo grazie a quello che ci potevamo considerare ancora umani e non semplici macchine finalizzate a distruggere.
   
 
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