Serie TV > Il Trono di Spade/Game of Thrones
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Autore: Nat_Matryoshka    01/12/2014    4 recensioni
Dal testo;
"Fin dalla prima volta in cui l’aveva incontrata, Lyanna era sempre stata una ragazza forte, una guerriera più che una lady del Nord. Vinceva tornei (sotto mentite spoglie, è vero, ma un torneo l’aveva vinto), si batteva come un ragazzo, cavalcava, tirava con l’arco… non aveva mai visto né incertezza né paura tenderle i lineamenti, anzi sembrava non esserci posto per quei sentimenti in lei, almeno quando erano insieme. Era la sua lady di Ghiaccio: forte, pura, indomabile.
Fino a quando non aveva scoperto di essere incinta del suo terzo erede."

[What if: e se la Battaglia del Tridente avesse avuto un esito completamente diverso? Se Rhaegar e Lyanna fossero sopravvissuti e avessero avuto la possibilità di incontrarsi di nuovo, insieme ad Aegon e a Jon?]
Storia completamente revisionata!
Genere: Avventura, Introspettivo, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Jon Snow, Lyanna Stark, Rhaegar Targaryen, Un po' tutti
Note: Missing Moments, What if? | Avvertimenti: nessuno
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Capitolo XVIII
 

 
 


“Come not between the dragon and his wrath.”
[King Lear, scena prima – William Shakespeare]
 
 
 
 
 


Grande Inverno
Quattro anni dopo
 
 
 



“Fatemi capire, padre: esiste una profezia che dovrebbe parlare di me e Jon?”

Lo studio di Rhaegar era decisamente affollato per quell’ora del mattino: non solo i due figli sedevano davanti al tavolo, ma anche la moglie e suo cognato Eddard presiedevano quella riunione, la donna in piedi con le braccia incrociate sul petto, l’uomo appoggiato alla porta, entrambi con un’espressione grave sul viso. Dopo tanti anni di ripensamenti ed esitazioni era arrivato il momento della verità per tutti, un momento che Rhaegar non avrebbe più potuto rimandare: Jon ed Aegon erano cresciuti, avevano quattordici e quindici anni, due piccoli adulti ormai in grado di capire cosa si stava preparando per loro, quale sarebbe stato il loro ruolo all’interno dei Sette Regni: era da folli tenerli ancora all’oscuro di tutto.

“Esatto, Aegon: è una profezia di cui sentii parlare quando ero ancora un ragazzino. Raccontava di un Principe promesso dagli Déi che avrebbe governato il Continente Occidentale, un principe protetto dal Ghiaccio e dal Fuoco, o nato dall’unione di entrambi.” Deglutì appena: quanto aveva appena detto faceva pendere la bilancia decisamente verso Jon, l’unico tra i due ad essere figlio di una donna del Nord… ma Aegon sembrava non averci fatto caso, preso com’era dal discorso.

“Non viene specificato a quale casa dovrebbe appartenere il Principe, ma all’epoca eravamo noi Targaryen a regnare, per cui lo interpretai come un segno di buon auspicio per il futuro. Quando sei nato tu… tua madre non ne sapeva nulla, non volevo farla soffrire o aggiungere altre preoccupazioni alla sua vita, già ne aveva abbastanza per conto suo;  ho continuato a riflettere sulla profezia in solitudine, parlandone soltanto con il fratello del mio bisnonno Aegon, Maestro Aemon. Poi è nato Jon, c’è stata la guerra, sono finito lontano da tutti con te ancora neonato… dovevo tornare qui a Grande Inverno, riprendere le forze e proteggerti. Solo dopo qualche anno sono tornato col pensiero alla profezia, ma nel frattempo eravate diventati due e le cose si prospettavano più difficili. Le teste del Drago da tre erano diventate due… ma c’era pur sempre l’altra profezia, quella in cui volevo credere con tutto me stesso. E che iniziavo ad interpretare in maniera diversa.”

“Non potremmo più essere tre teste, Rhaenys è morta” mormorò Aegon, cupo, e Lyanna capì immediatamente il motivo di quella tristezza: si sentiva responsabile per quanto accaduto. Rhaegar aveva raccontato la storia dall’inizio, senza omettere nulla, senza saltare nemmeno la parte dell’assassinio di Elia così come gli era stata raccontata da Varys. Quando era arrivato a raccontare di come il piccolo Aegon fosse stato sostituito da un bambino del popolo e portato in salvo prima del saccheggio di Approdo del Re, sul viso del giovane si era fermata un’ombra scura, un concentrato di dolore e di confusione che la ragazza conosceva bene. Avrebbe voluto alzarsi e abbracciare quel ragazzino biondo e sottile come faceva quando era piccolo e veniva svegliato dagli incubi, ma sapeva di dover aspettare che Rhaegar finisse col suo discorso.

Anche il marito aveva abbassato gli occhi. “Voi siete ancora qui. E, al di là del mare, nelle Città Libere, abitano i miei fratelli, in esilio. Daenerys ha un anno meno di te, Jon, mentre Viserys è più grande, dovrebbe avere quasi una decina d’anni più di voi, ormai… ho mandato un cavaliere di cui credo di potermi fidare per accompagnarli, ma quando saremo forti abbastanza da poter guidare un esercito richiameremo anche loro perché non vivano più da reclusi lontani dalla loro famiglia. È solo questione di tempo…”
“… Prima che ci riprendiamo il Trono? E a quel punto chi di noi governerà, padre? Io non ne sarei in grado.”

Inaspettatamente, era stata la voce di Jon a rompere il silenzio: l’ultimo figlio di Rhaegar Targaryen si mordeva il labbro con la stessa espressione insicura che assumeva quando qualche questione che lo riguardava si complicava, che si trattasse di dover raccontare una piccola bugia a sua madre o di spiegare ad Arya che la spada di legno distrutta che gli aveva portato non si poteva aggiustare. Lyanna questa volta non riuscì a trattenersi: si alzò e raggiunse il figlio, ma non lo strinse per paura di metterlo in imbarazzo, si limitò a fargli una carezza sulla testa, come a fargli capire che né lei né Rhaegar avevano mai pensato a lui come un incapace.
Rhaegar gli sorrise, come a volerlo mettere a suo agio. “Non penso proprio, Jon. Sia tu che Aegon possedete delle qualità degne di un governante perfetto… tu sei saggio e pacato, lui deciso e forte. Innanzitutto dobbiamo pensare a come arrivare al Trono, poi verrà il tempo in cui ci concentreremo sul governo… ma non dovete pensare neanche per un attimo di essere inadatti al ruolo di principi: è un vostro diritto di nascita, ce l’avete nel sangue. E farò di tutto perché possiate essere felici entrambi.”

Aegon sembrava rinfrancato, almeno leggermente.

“Io e te dobbiamo governare assieme, Jon, non se ne parla che ti escluda da solo” allungò una mano e gli spettinò i capelli, un gesto che fece esibire il fratellastro in una smorfia e distese il sorriso di Aegon. “Che tu sia il mio consigliere o che decidiamo di allargare il Trono perché ci ospiti entrambi, se io vado a corte tu vieni con me, è fuori discussione. Vogliamo lasciare il Drago con una testa sola?” lo rimproverò, ma Jon aveva già riacquistato il buon umore: era difficile restare corrucciati a lungo se accanto a lui c’era una scintilla sempre pronta ad accendersi come suo fratello.
“Finché Baratheon e i Lannister si stringono attorno al Trono la vedo difficile. Ci vorrà del tempo… e un buon esercito, decisamente un buon esercito. Se anche Robert decidesse di lasciare il Trono, Stannis inizierebbe subito ad accamparvi dei diritti… e poi c’è sempre il Principe Joffrey, che mi sembra piuttosto affezionato al suo ruolo” soggiunse Ned, in tono velatamente sarcastico. Appoggiava in pieno le decisioni di Rhaegar, ormai lo conosceva bene e sapeva che la sua fiducia in lui era ben riposta, ma l’idea di correre ad Approdo del Re per riprendersi il Trono gli continuava a sembrare assurda, quasi irrealizzabile. Come avrebbero fatto a radunare un esercito lealista abbastanza consistente da attaccare quello Lannister? E cosa sarebbe successo se avessero perso? Rhaegar era un buon comandante e aveva avuto la fortuna dalla sua durante l’ultima battaglia che aveva combattuto, ma in questo caso si trattava di condurre migliaia di uomini contro due, forse anche tre case e i loro eserciti. Forse però…
“I Martell potrebbero appoggiarci. E abbiamo parecchi amici e alleati nelle Città Libere… ma è ancora presto per pensarci, per fortuna abbiamo tempo per organizzarci e saggiare il terreno. Era importante però che conosceste tutti la storia che ho, che abbiamo avuto alle spalle fino a questo momento: non si prospettano tempi rosei di fronte a noi, ho bisogno di sapere se siete disposti ad affrontarli con me oppure no.”
“Non c’è bisogno di chiederlo, padre: siamo i tuoi eredi.” Aegon era scattato in piedi, seguito da Jon. Era incredibile come la flemma dell’ultimogenito cambiasse in movimento ed energia quando era vicino al fratello. Il ragazzo si tolse dal viso un ricciolo nero e rivolse un sorriso fugace alla madre, prima di aggiungere. “Un Drago e un Lupo, pronti a restare al tuo fianco!”
“Potrei abbandonarvi ora, Altezza? Vi ho giurato fedeltà quando mi avete raggiunto qui, quattordici anni fa, e non intendo rimangiarmi il giuramento” anche Ned Stark aveva sorriso, ma il sorriso non si era allargato a Lyanna, di nuovo in piedi accanto a lui: la moglie gli sembrava corrucciata, le labbra tese in una linea che non prometteva nulla di buono. Le avrebbe parlato, ma prima voleva aspettare che la stanza si svuotasse.
“Ve ne sono immensamente grato, sapevo di potermi fidare di voi. La mia nuova famiglia è la migliore che potessi desiderare.” Rhaegar si alzò, come a voler comunicare che l’udienza era tolta. Eddard fu il primo ad andarsene, seguito da Aegon (che galoppò via come al solito, a grandi falcate) e da Jon (che invece si era inchinato, prima che Lyanna gli scivolasse dietro e lo abbracciasse come faceva sempre col figlio). La moglie fu l’unica a rimanere, e Rhaegar seppe che aveva avuto la sua stessa idea.

Lyanna arrabbiata non era uno spettacolo che si vedeva tutti i giorni e sicuramente neppure uno dei più piacevoli, ma l’avrebbe affrontato.

“Perché non mi hai parlato prima di questa storia della profezia?”

Rhaegar si passò una mano sul viso, stanco come se avesse cavalcato per ore senza mai riposare.

“Lya… te l’ho detto, non sapevo neanche io cosa pensare: per questo ne ho parlato solo con mio zio. Era tutto così poco definito, così difficile da interpretare, che….
“… hai preferito nascondermelo. Come potrei fidarmi di mio marito, se non mi racconta la verità? Sai benissimo quante ne abbiamo passate e quante ne passeremo, Rhaegar, perché hai pensato che non fossi forte abbastanza da accettare una cosa simile?”

Era la prima volta che alzava la voce durante una discussione.

Il principe rimase in silenzio. Cosa avrebbe potuto dirle? Che aveva paura di far nascere in lei idee assurde, che Lyanna avrebbe potuto pensare di essere stata scelta solo perché il loro bambino sarebbe potuto essere una possibile interpretazione della profezia? Era stato un vigliacco, se ne rendeva conto: voleva proteggerla, ma non aveva fatto i conti con la sua forza, col fatto che la moglie non era una donzella paurosa in balia degli eventi. Solo ora si rendeva conto che in lei avrebbe potuto trovare un’alleata formidabile, come era sempre stata.
“Sono stato avventato, lo so anche io. Ma non l’ho fatto per nasconderti qualcosa… sai che ti amo, Lya. Ti amo più di ogni altra cosa e mai avrei voluto tenerti all’oscuro di un fatto importante… o escludere Jon. Amo entrambi i nostri figli, con tutto il cuore, allo stesso modo. Sai anche questo.”
All’improvviso gli sembrò che tutte quelle parole non avessero più senso, non di fronte alle labbra incurvate di Lyanna e al suo cipiglio triste, deluso. Poteva capirla: agendo nella convinzione di nasconderle qualcosa per il suo bene, aveva ottenuto esattamente l’effetto contrario, un effetto che sarebbe stato far sparire con le parole. Lui stesso avrebbe sofferto se lei gli avesse nascosto qualcosa d’importante, per cui la capiva… ma cos’altro gli restava da fare? Senza Lyanna, tutto sarebbe stato inutile.
“È per il contenuto della profezia, vero? Avevi paura che mi mettessi a lavorare di fantasia e immaginassi che volevi tenere Jon lontano dalla successione? Io non penserei mai una cosa del genere, Rhaegar… allora perché nascondermelo? Perché?”
Lei aveva abbassato la voce, ma la delusione che aleggiava nell’aria lo faceva stare peggio che se si fossero gridati contro per ore. Non si rese conto di reagire in maniera esagerata: si sentiva in colpa, quello era forse l’unico modo per esprimerlo; l’unico e il più sbagliato.
Forse Lyanna aveva ragione. Forse – anche solo per un secondo, un minuscolo attimo di colpevolezza – aveva davvero pensato che il Trono fosse destinato solo ad Aegon, chi poteva dirlo? Fatto stava che non avrebbe mai voluto che Jon venisse umiliato, o considerato secondo al suo primo erede, di questo era sicuro. Costasse quel che costasse.
“D’accordo, ti ho nascosto qualcosa, e allora? Ti rendi conto di cosa significhi avere due figli entrambi forse destinati ad un Trono che però potrà ospitarne uno solo? Ho sofferto per anni ogni volta che li vedevo giocare, addolorato all’idea che prima o poi avrebbero lottato tra loro, si sarebbero separati, o magari il loro legame non sarebbe più stato lo stesso… ho avuto paura, Lya, paura, sai cosa vuol dire? La nostra storia ha visto fin troppi fratelli combattere tra loro, compiere atrocità, e tutto per un posto a sedere su uno stupido sedile irto di punte. Ho avuto le mie ragioni, puoi capirmi? Pensi che ti avrei tenuta nascosta la cosa per sempre?”
La moglie si avvicinò a lui e gli prese il viso tra le mani, fissando gli occhi grandi e grigio-blu in quelli neri di lui, tentando di calmarlo. Non si erano mai trovati a litigare davvero e ogni gesto le sembrava goffo, insensato, come se nessuno dei due avesse saputo bene come muoversi in situazioni per loro nuove.
“Io ti amo, Rhaegar. Non ho mai smesso. Amo te, amo Jon ed Aegon nello stesso identico modo come se anche lui fosse mio figlio. E per questo posso capire ogni tua parola, ogni tuo dolore… ma per capirti devo sapere cosa ti passa per la testa, cosa ti affligge. Se non mi fai partecipe di ciò che ti turba, come possiamo affrontare tutto insieme?”

Lasciò la stanza in una scia leggera del suo solito profumo di freddo e di rose dell’inverno, mentre Rhaegar stringeva tra le labbra parole che non era riuscito a far uscire, un sapore amaro che gli corrodeva il cuore e la gola.
 
 


***
 
 

Tornando nella sua camera da letto quella stessa sera, Lyanna vi trovò una corona di rose blu dell’inverno, intrecciata con una grazia che poteva attribuire solo alle mani di sua nipote Sansa. Accanto sedeva suo marito, un sorriso completamente nuovo che gli illuminava i tratti.

“Scusa. Sono stato uno stupido, non avrei dovuto permettermi di gridarti contro in quel modo, Lya. E avrei dovuto raccontarti tutto prima. Non voglio avere più segreti per te, di questo puoi fidarti davvero.”

La ragazza sorrise: non era riuscita nemmeno per un secondo ad essere arrabbiata con Rhaegar. Si, ci aveva provato, ma era impossibile non capire il suo tormento ed esserne colpiti, per quanto una piccola stilla di risentimento avesse tentato di roderle il cuore, almeno all’inizio… era come se fossero uno parte dell’altra, in maniera così profonda da soffrire quando erano distanti anche solo col pensiero, presi da un litigio che non li avrebbe portati da nessuna parte. Gli buttò le braccia al collo senza dire nulla, felice che avesse capito, che avesse cercato di toccarle il cuore e di fare pace con lei nel modo che la rendeva più felice, portandole i suoi fiori preferiti e accettando qualunque rimprovero che lei avrebbe potuto fargli… ma non c’era più tempo per le parole gridate dietro.
Lo baciò sulla bocca con trasporto, inspirando come se fosse stato lui a fornirle l’aria che le serviva per vivere, stringendolo con una forza che non credeva possibile, lasciando che le mani di Rhaegar la accarezzassero come se fosse preziosa e delicata, fragile come i petali delle rose che le cadevano sul viso e tra i capelli, blu su nero, intensificando il suo profumo. Si perse nei suoi baci e lasciarono tutto alle spalle come se non fosse successo nulla, ma con una sicurezza nuova: quel legame, quel modo di capirsi senza parlare che li aveva uniti dal primo momento era ancora presente, più forte che mai.

Sfiorò una delle rose che cadevano a terra, mentre il marito le copriva il collo di baci, sciogliendo ogni sua intenzione, annullando i pensieri.
 
 


***
 
 


Città libera di Pentos
 
 


Sei un drago, Dany. I draghi non hanno paura di nessuno. I draghi camminano impettiti e fieri, devono mostrare agli altri animali che sono loro i più forti, i dominanti. E tu cosa sei, un drago o una lucertola? Non provi vergogna all’idea di disonorare una stirpe antica e potente come la nostra col tuo comportamento infantile?

La ragazzina dalla chioma di un biondo quasi argenteo continuava a rigirarsi quelle parole nella mente, incerta se considerare se stessa come appartenente alla prima o alla seconda specie: aveva un aspetto inusuale, nobile, eppure si sentiva piccola e indifesa come una lucertola, una minuscola creaturina che non riusciva a difendersi da sola se non scappando e nascondendosi. Tra lei e suo fratello Viserys, il drago era decisamente lui.
Già, suo fratello… chissà come avrebbe preso il fatto che non aveva alcuna intenzione di sposarsi, non subito, almeno. Così le avevano detto di fare il buon ser Jorah e ser Barristan, così lei si sarebbe comportata: si fidava di quei due uomini che l’avevano consigliata così bene durante i periodi più difficili, tanto da chiedere immediatamente lumi a loro quando qualcosa la preoccupava.

Viserys vuole portare avanti la tradizione. È ancora convinto che io possa riprendere il Trono che ci appartiene soltanto sposandolo e convincendo i nostri alleati a seguirci verso il Continente Occidentale… vuole che giriamo per Città Libere col nostro esercito per convincerli che avranno porti aperti e un avvenire diverso se ci seguiranno. Io, però, non so che fare. Non so se sarò in grado di regnare, non so nulla nemmeno della mia famiglia, se non che mia madre è morta nel darmi alla luce e che nostro padre è stato ucciso dagli uomini dell’usurpatore che siede sul Trono di Spade. Non so chi sono.
Tu sei un membro della famiglia reale per nascita, bambina, le aveva detto ser Barristan con gentilezza. E tuo fratello non ha certo la tempra morale o l’integrità di un governante. Non può costringerti a fare quello che non vuoi, soprattutto se si tratta di qualcosa di delicato come il matrimonio.

Suo fratello le aveva raccontato che il padre era un re giusto e intelligente, schiacciato da uomini corrotti che lo avevano tradito, ma Daenerys conosceva le storie della follia di alcuni Targaryen dai racconti di ser Jorah, che aveva giurato di dirle sempre la verità e di servirla: per quanto amasse Viserys, spesso le faceva paura. Era un ragazzo sottile, dagli occhi grandi che potevano passare da un accenno di quella che sembrava gentilezza alla follia, quando la strattonava urlando perché gli aveva risposto durante un diverbio o per una sciocchezza qualsiasi. C’erano volte in cui la cercava di notte, tremando per un incubo come un bambino di pochi anni e rifugiandosi tra le braccia della sorellina, ma c’erano stati anche giorni in cui era scappata da lui, rifugiandosi in una stanza occupata già da uno dei suoi consiglieri pur di non restare sola.

All’idea di sposarlo, la sua mente cadeva nella confusione più totale. Per fortuna avrebbe potuto rimandare il discorso ad una data lontana: Ser Barristan era lì accanto a lei, anziano ma gentile e forte come sempre, pronto a scortarla per il suo giro quotidiano nella città.

“Stai allegra, bambina: oggi c’è una sorpresa per te” le aveva detto l’uomo, trattenendo a stento un certo entusiasmo contenuto e curioso. “Mi hanno parlato di un carico che arriva addirittura dalla Barriera, ma non ho idea se sia vero o no… forse arriva da un luogo ancora più a Nord, forse da uno al di là di questo mare, non ho idea. Sta di fatto che si tratta di una cassa piuttosto pesante, e che stamattina qualcuno l’ha portata all’attracco delle navi e ha chiamato Ser Mormont perché ti avvisasse… non ci resta che andare a controllare di persona” aveva concluso, scortandola. La curiosità di Dany cresceva ad ogni passo.
Lo stesso uomo che portava la cassa sembrava essere curioso: probabilmente nessuno lo aveva avvisato del contenuto. Quando la giovane e Ser Barristan giunsero all’approdo tese loro la cassa, spostandosi di qualche passo per dedicarsi ai suoi compiti ma tenendo comunque d’occhio la scena discretamente, attratto da quell’oggetto di legno pesante che gli era stato raccomandato con tante attenzioni. Una volta che la ragazza la aprì per dare sfogo finalmente alla curiosità, però, dovette frenare la delusione: i tre grossi sassi squamosi che poggiavano su un letto di paglia non gli sembrarono granché interessanti, tanto che si voltò per dedicarsi davvero ad altre attività.

Lo sguardo di ser Barristan, però, brillava di eccitazione.

“Questa è davvero una bella sorpresa, bambina” mormorò, attento a non farsi sentire da orecchie indiscrete. “Mai, mai mi sarei aspettato di vederne uno nella mia vita… ma addirittura tre! Deve essere un segno. Anzi, è sicuramente un segno.”
“Un segno? Ma sono… sembrano… ecco, solo tre pietre. Belle, ma solo tre pietre. A cosa dovrebbero servirmi?”
Barristan Selmy, il cavaliere che aveva partecipato a tornei e battaglie con valore, pervaso sempre da un cipiglio di saggia serietà, si lasciò scappare una risata indulgente.
“Quelle non sono pietre, Daenerys… sono uova di drago. E, se sono arrivate a te, significa che sarai la regina che potrà prendersene cura.”

 
 
 






Noticine di Nat
Questo capitolo è arrivato un po’ in ritardo, me ne rendo conto: ho avuto un periodo di blocco dello scrittore che mi ha tolto la motivazione, ma con un po’ di pazienza (e la giusta musica, di nuovo la mia Musa Florence Welch) sono riuscita a mettere insieme anche il diciottesimo capitolo, che apre il secondo time skip e vede entrare in campo Daenerys, personaggio che volevo trattare da tantissimo tempo. Avrete capito anche che non riesco a far litigare seriamente Rhaegar e Lyanna, per quanto ci provi li vedo sempre come due personaggi che riuscirebbero comunque a trovare un punto d’accordo, per cui… diciamo che la storia prende un po’ la direzione che vuole, alla fine. Vi ringrazio sempre immensamente per tutto l'affetto che le dimostrate, capitolo dopo capitolo. <3
That’s all per questo aggiornamento, gente. Spero che lo svolgimento della storia vi stia coinvolgendo!
Nat
 
 
 
   
 
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