Serie TV > Il Trono di Spade/Game of Thrones
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Autore: Nezu    01/12/2014    0 recensioni
Un tentativo d'indagine introspettiva, tra missing moments e semplici what if, per scoprire alcuni lati dei membri della famiglia Lannister, ciascuno colto nella sua particolare relazione con un personaggio esterno. [Jaime & Bran, Cersei & Eddard, Tyrion & Jon Snow, Tywin & Arya, Myrcella & Robb Stark, Tommen & Renly, Lancel & Sansa, Joffrey & Sandor]
Genere: Angst, Introspettivo, Malinconico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Cersei Lannister, Jaime Lannister, Tyrion Lannister, Tywin Lannister
Note: Missing Moments, Movieverse, What if? | Avvertimenti: nessuno
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Of unbroken little things [Jaime-Bran]

Il terriccio era umido sotto i suoi piedi, cedeva un poco ad ogni passo; l’odore di terra bagnata e muschio gli inondava le narici, eppure c’era qualcosa nell’aria che lo avvertiva che il panorama che gli si apriva davanti era irreale, sbagliato. E man mano che ci rifletteva, gli elementi discordanti emergevano come tante piccole bolle sulla superficie di uno stagno: avanzava su due zampe, non su quattro; non percepiva gli odori com’era abituato a fare; le sue prede, quelle che un tempo sarebbero finite maciullate tra le sue zanne, gli sfuggivano con una facilità inaudita.

Si sentiva piccolo, sperduto e impotente. Corse lungo un pendio, giù nella fitta boscaglia, ma il suo corpo era lento, gracile, i rami più bassi gli ferivano le guance, i suoi goffi piedi – da quanto tempo non era in grado di utilizzarli come si doveva? – incespicavano su radici grosse e scivolose. Avrebbe voluto ululare il suo dolore verso il cielo, ma quello che usci dalla sua bocca era più un gemito strangolato, un pigolio di pulcino. Era solo.

I suoi fratelli erano stati inghiottiti nell’oscurità, uno dopo l’altro, chi nella morsa del grande freddo, chi colpito a tradimento, chi massacrato dalle fauci dei leoni. Altri avevano cambiato strada e lui non li aveva più rivisti. Riprovò ad ululare, ma non accadde nulla, solo un caldo liquido che scivolava lungo le guance graffiate, giù sul mento, a inzuppare la stoffa che ricopriva il suo corpo o a rendere ancora un po’ più umido il terreno.

Continuò così per un’eternità, una dolorosa eternità, fino a che Bran non guardò verso terra e si rese conto che lui non avrebbe neanche dovuto essere in piedi.

*

Si svegliò di soprassalto, madido di sudore, il cuore che sembrava voler aprire un varco nel petto e fuggire come un cervo inseguito dai cacciatori. Aveva la nausea. Erano mesi che non sognava in maniera così vivida, era come se, all’improvviso, avesse riaperto il terzo occhio per unirsi ancora ad Estate.

Quel pensiero gli ronzò nel lobo frontale solo per una manciata di secondi, prima che la cruda realtà lo schiacciasse dolorosamente: Estate non c’era più. Lo avevano ucciso i leoni, così come avevano ucciso suo padre. Nel ricordarsi tutto questo, Brandon Stark pregò di potersi riaddormentare e non svegliarsi più, ma gli dei – gli antichi e i nuovi – non ascoltarono le sue preghiere, anzi. Non avrebbero potuto essere più crudeli di così, perché dei passi echeggiarono nel corridoio, oltre la porta che lo separava dal resto del mondo. Erano passi che aveva imparato a conoscere.

Non sapeva se era solo suggestione o un raggio di luna intrufolatosi tra le tende, ma quando l’uomo entrò i suoi capelli, di un biondo dorato, nell’oscurità per un attimo sembrarono fatti d’argento; poi la luce della candela ferì gli occhi di Bran, abituato alle ombre della sua stanza.

Si tirò su sui gomiti, lo sguardo fisso sull’uomo che gli stava di fronte. Il suo carceriere o il suo salvatore, il ragazzo ci stava ancora riflettendo. Ma forse un piccolo storpio non era questo granché da salvare, forse sarebbe stato più misericordioso porre fine alle sue sofferenze. Ma Jaime Lannister non sembrava affatto intenzionato a farlo.

< Hai intenzione di svegliare tutto il castello, ragazzino?>

Fu in quel momento che Bran si accorse che qualcosa non andava: lo Sterminatore di Re ansimava leggermente, come se avesse corso per tutte le scale di Casterly Rock senza sosta, e nel suo tono, sotto l’onnipresente sarcasmo, c’era un velo di preoccupazione che non gli sfuggì. Rifletté solo dopo qualche secondo sul significato delle sue parole e si rese conto che, con ogni probabilità, l’ululato era rimasto muto solo in sogno.

Un brivido gli corse lungo la schiena al pensiero che avrebbe potuto svegliare il vero lord di quel luogo, il vecchio Tywin Lannister. Quell’uomo lo spaventava: persino lo Sterminatore di Re, che non era certo un codardo, non osava opporsi a suo padre. Se avesse deciso che la vita di un piccolo, insignificante storpio non valeva le sue ore di sonno, avrebbe potuto liberarsi di lui con un semplice ordine.

Sapeva che aveva corso un grande rischio e il suo cuore non la smetteva di martellare nel suo petto; lo sguardo di Jaime Lannister era su di lui, i suoi occhi verde smeraldo lo scrutavano come se potessero leggergli nell’anima.

< A volte mi chiedo perché diamine non ti abbia lasciato morire con gli altri.> sbuffò, passandosi una mano tra i capelli dorati.

< Vorrei che tu lo avessi fatto.>

Le parole gli sfuggirono dalle labbra prima che potesse trattenerle e insieme a loro traboccarono tutte quelle emozioni che lo aveva inchiodato al sogno: se fosse morto avrebbe rivisto suo padre, sua madre, Robb? Forse Arya, Sansa e Rickon erano già là ad aspettarlo. E Jon? Che gli era successo? Bran non sapeva più niente di nessuno di loro e quel pensiero lo uccideva.

Avrebbe voluto alzarsi e combattere, trovare una spada e aprirsi un varco tra i suoi nemici, prendere un cavallo e fuggire a Nord, verso casa, dove tutto era così familiare, così pieno di ricordi. Estate sarebbe stato lì ad attenderlo o forse lo avrebbe raggiunto durante il viaggio, pronto a strofinare il muso sulla sua mano e a ringhiare contro i briganti.

Ma il problema era alla radice: lui non poteva neanche alzarsi.

Era troppo tardi per fermarsi, Bran lo capì al volo quando la prima lacrima gli sfuggì dalle palpebre e gli scivolò lungo la guancia; era come se il suo petto fosse in fiamme, una sensazione di vergogna e disperazione allo stesso tempo. Si coprì il volto con una mano, cercando di preservare un minimo di dignità, se ancora ne aveva.

Jaime Lannister lo fissò basito e, per un lunghissimo istante, desiderò di essere rimasto nelle sue stanze, di aver ignorato totalmente quell’urlo strozzato. Non era esattamente bravo con i ragazzini e di certo non si era mai considerato un buon padre.

Si guardò attorno, alla disperata ricerca di una buona idea, ma nulla pareva salvarlo dal suo impaccio; alla fine fece un respiro profondo e si sedette sul letto, accanto al giovane Stark. Gli posò una mano sulla spalla, un tocco leggero – per i sette dei, quel ragazzino era così fragile che gli sarebbe bastato stringere appena per frantumargli le ossa – che costrinse l’altro a scoprire il volto.

< Credo sia una delle poche cose giusto che ho fatto in vita mia.>

Era difficile dirlo quando a ricambiare il suo sguardo c’erano gli occhi arrossati di un ragazzino – l’ultimo degli Stark? Difficile dirlo, ma non era da escludere. Lo vide abbassare il viso, cercando di nascondersi e fece l’unica cosa che gli venne naturale fare.

Se Cersei l’avesse visto in quel momento, lo avrebbe odiato: non aveva mai abbracciato nessuno dei suoi veri figli, neanche Tommen, eppure tra le sue braccia in quel momento c’era il corpicino spezzato di Brandon Stark. Era un bel controsenso, Jaime se ne rendeva conto, ma non gl’importava. Il mondo era pieno di controsensi.

   
 
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