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Autore: Mia Renard    02/12/2014    0 recensioni
Quando si trovò davanti alla persona che la nipote aveva portato con sé, gli si gelò il sangue.
Genere: Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Charlie Matheson, Miles Matheson, Sebastian Monroe
Note: Movieverse | Avvertimenti: nessuno
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Davanti all’ingresso delle prigioni, dove avevano allestito una stanza per l’esecuzione, si era radunato un grosso gruppo di persone.
Bass era scortato da diversi soldati, avanzava a testa alta, con lo sguardo fisso davanti a sé. Non si stupì di non vedere Miles. Questo non avrebbe sopportato il fatto di vederlo entrare, senza poter fare niente per aiutarlo. Riconobbe solo Charlie tra la folla , accanto alla porta. Fu commosso nello scorgere il rammarico ed il dispiacere nei suoi occhi.
-Prenditi cura di tuo zio- gli sussurrò appena passò accanto a lei.
Era una ragazza in gamba, l’amato si era conquistato il suo affetto ed era fortunato ad averla come alleata.
Lo condussero oltre la soglia dell’ingresso delle prigioni. Non imboccarono le scale che scendevano a destra, quelle che portavano al corridoio delle celle nel sotterraneo, ma proseguirono dritto, verso la sala che avevano preparato per l’esecuzione. Bass si rese conto all’improvviso di non sapere come sarebbe morto. Cosa avrebbero usato per ucciderlo? Gas, veleno, scossa elettrica? Sperava che non fosse una cosa troppo lunga e dolorosa. Si era sentito abbastanza calmo fino a quell’istante. Non sapeva ne come ne perché ma era riuscito a rassegnarsi all’inevitabile, con una certa pace nel cuore. Aveva un unico rammarico: di aver aspettato troppo per decidersi a raggiungere l’uomo che amava. Si dispiaceva poi di non avere avuto l’occasione di realizzare i loro utopici progetti. Quanto avrebbe desiderato una vita normale. Non avrebbe mai potuto godere di una simile fortuna. Nemmeno per un giorno. Avrebbe tanto voluto sapere cosa si provava.
Ancora un paio di passi e sarebbe entrato in quella stanza. Con sua somma sorpresa si accorse di cominciare a sentire la paura serpeggiare dentro di sé. Si sforzo di tenerla a bada. Non l’avrebbe aiutato, non gli sarebbe servita. Forse, le persone che ho ucciso, mi stanno aspettando, considerò. Ma questi pensieri potevano solo peggiorare la sua agonia. Si ricordava, prima del blackout, di avere visto un film nel quale aveva sentito una citazione del protagonista che l’aveva fatto riflettere a lungo e che lui aveva preso in considerazione tante volte davanti al pericolo. La battuta diceva così: “Non devo aver paura. La paura è la piccola morte che porta con sé l’annientamento totale. Guarderò in faccia la mia paura. Non permetterò che mi penetri e che mi attraversi”.
Con un guizzo di divertimento, misto comunque a disperazione, penso che in questa situazione, non gli sarebbe servita proprio a niente. Il suo stato d’animo non avrebbe cambiato l’esito degli eventi. Riuscire o no a controllare la paura…sarebbe morto ugualmente.
Nella sala dell’esecuzione, riconobbe il capo dei texani e quello dei patrioti, seduti una a fianco all’altro. Erano venuti a godersi lo spettacolo. Si concentrò per mantenere il respiro regolare e l’espressione indecifrabile. Non voleva dar loro soddisfazione. Aveva i polsi ammanettati e, le catene alle caviglie, gli rendevano difficile la camminata, ma lui avanzò senza mostrare la minima esitazione.
A loto della poltroncina, stavano Rachel ed un uomo più anziano, il quale, non perse l’occasione di presentarsi, mente facevano sdraiare Bass.
-Sono il nonno di Danny. Ti posso assicurare che per me è un piacere vederti qui. La tua ultima tappa.-
Bass si voltò verso la donna , che avanzava verso di lui con l’iniezione letale pronta. Mentre infilava l’ago nel braccio di lui, questo riuscì a confessare : -Per quello che può valere…mi dispiace-.
Lei capì che era sincero.
Una sensazione di gelo si diffuse nel suo corpo, partendo dal braccio ed espandendosi piano. L’uomo tremò leggermente. La vita lo stava abbandonando. Durante gli ultimi attimi di lucidità pensò a Miles, al calore del suo abbraccio, al sapore dei suoi baci, ed alla lucentezza del suo sorriso e ringraziò mentalmente una divinità superiore, se davvero esisteva, per avergli concesso di provare quella cosa chiamata Amore. Poi tutto scomparve. I suoi occhi rimasero spalancati, fissi nel vuoto.
*
Miles entrò nel locale fatiscente. L’unica cosa definita bar della cittadina. In quale altro posto sarebbe potuto andare, adesso? Si sentiva svuotato, un involucro senza vita, un’ombra.
 Alzò lo sguardo: la sala era deserta, non c’era nessuno a servire, neanche dietro al bancone. Erano tutti andati fuori dalle prigioni, ad aspettare con ansia l’annuncio della morte di Bass. La buona notizia. L’attrazione del luogo. Si diresse da solo verso gli scaffali e prese la bottiglia di whisky. Era certo fosse annacquato, scadente. Ma niente ormai aveva più importanza. Erano comunque due giorni che sentiva in bocca solo il sapore della bile. Qualsiasi cosa sarebbe stato meglio. Si versò il primo bicchiere. Lo guardò con disinteresse, prima di buttarlo giù tutto d’un fiato. Considerò che, con un po’ di impegno, sarebbe riuscito ad ingollare tutte le bottiglie del bar e magari entrare in coma etilico, morire e raggiungere l’amato. Dopotutto non era una cattiva idea.
 Si buttò stancamente su una sedia e se versò ancora, e ancora.
Quante cose potevano succedere in poco tempo. Prima aveva aspettato il momento giusto per lasciarsi tutto alle spalle e partire per andare a cercarlo. Ma questo non era mai arrivato. Poi era stato grazie all’aiuto di Charlie che si erano riuniti. La gioia di averlo ritrovato, riavuto, riamato, non si poteva descrivere. E ora l’aveva perso di nuovo. Questa volta per sempre. Forse il destino esisteva davvero e non c’era niente che lui potesse fare per opporsi ad esso. Ma questa era una giustificazione troppo facile.
Bass non meritava la morte. Non era mai stai un uomo crudele. Non uccideva se non era inevitabile e non provava alcun piacere nel farlo. (Non si poteva dire le stessa cosa dei suoi carnefici.) Dietro quello sguardo di ghiaccio si nascondeva un grande cuore, capace di amare incondizionatamente in modo totale e completo. Miles, che era capace di vedere sotto la scorza esteriore, conosceva la sua sensibilità, il suo senso dell’onore, la sua forza.
Bevve ancora, aveva perso il numero dei bicchieri. Ma la sua mente, purtroppo, non accennava ad annebbiarsi. Ed il senso di colpa lo stava dilaniando. Non l’aveva amato abbastanza, non gli era stato accanto quanto avrebbe dovuto, non era stato capace di proteggerlo. Aveva dato la precedenza ad altre cose, mettendo da parte il loro rapporto. Avrebbe dovuto essere Bass il suo primo pensiero, la sua incolumità la sua prima preoccupazione. Come aveva fatto ad essere così stupido? Ed adesso era l’uomo che amava a pagare per i suoi errori.
Fu proprio mentre stava per portarsi alla bocca l’ennesimo drink che la campana cominciò a suonare, annunciando la morte di Bass.
 Il bicchiere gli sfuggì di mano finendo a terra.  Il suo cuore andò in frantumi. Un dolore lancinante gli esplose nel petto. Il respiro gli si bloccò in gola. Adesso era davvero finita. Miles si piegò in avanti, portando la testa tra le mani. Finalmente lasciò le lacrime libere da sgorgare dai suoi occhi. Pianse, per la prima volta dopo tanti anni.
*
La luna piena rischiarava la notte, ma non abbastanza da non permetterle di confondersi con le ombre, tra gli alberi. Poi, per essere sicura che non ci fosse più davvero nessuno nei paraggi, attese ancora, contando comunque i secondi. Non poteva aspettare troppo a lungo. Il tempo era fondamentale, tanto quanto la segretezza. Col fiato sospeso, rimase in ascolto un paio di minuti. L’unico rumore era il frusciare delle foglie spostate dalla brezza notturna, e il frinire dei grilli.
Uscì dal riparo del bosco, entrando nulla radura. Individuò il punto preciso. La terra era ancora smossa. Rachel conficcò la pala nel terreno e cominciò a scavare.
*
Quante cose aveva affrontato? Da quante situazioni disperate era uscito indenne? Quante volte aveva creduto di stare per morire? Ma ce l’aveva sempre fatta. O perché Bass era con lui o perché doveva tornare da Bass. Lui, la colonna portante di tutto.  Ed era sicuro che senza questo, non sarebbe riuscito a sopravvivere. Miles non esisteva da solo. E niente e nessuno avrebbe mai potuto colmare il vuoto che sentiva adesso.
Il rumore dalla porta che si apriva lo riscosse. Quanto tempo fosse rimasto accasciato su quella sedia, non poteva dirlo. Sentì qualcuno parlare: un suono ovattato, un eco in lontananza. Sperò di essere morto. Ma sfortunatamente temeva che non fosse così perché la testa gli faceva male, gli occhi bruciavano terribilmente e lo stomaco gli stava urlando il bisogno di rimettere tutto l’alcool che aveva buttato giù. Con estremo sforzo alzò la testa e provò a guardarsi in giro. Aveva la vista appannata. Sembrava fosse giorno, entrava la luce dalla finestra, Delle persone stavano entrando nel locale, gli lanciavano una breve occhiata ma nessuno gli prestava particolare attenzione. Meglio. Non voleva più avere a che fare con l’umanità intera. Avrebbe voluto sparire in quell’istante. Smettere semplicemente di esistere.
Improvvisamente si senti scuotere per una spalla Sfortunatamente qualcuno doveva essersi accorto della sua presenza:
-Ehi, amico. Se non consumi non puoi stare qui.-
Perché qualcuno la stava infastidendo? Perché era costretto ad interagire con la gente? Perché nessuno la lasciava in pace?
-Non vedi? Sto consumando il tuo whisky schifoso- precisò versandosi un ennesimo bicchiere.
Stava per portarselo alle labbra quando qualcuno glielo sfilò dalle mani.
Una voce disse: -Grazie signore. Me ne occupo io. Adesso ce ne andiamo. Dai Miles, ti accompagno a casa.-
Una mano fresca lo afferrò per un braccio e, con fatica, lo costrinse ad alzarsi. Lui era troppo stanco per opporre resistenza. Si appoggiò alla persona che era con lui e si lasciò condurre fuori dalla topaia dove aveva passato la notte.
La luce del giorno gli ferì gli occhi. Se li coprì con una mano emettendo un gemito.
-Un momento- supplicò fermandosi. Aspettò di ritrovare stabilità sulle gambe ed aspettò che la testa smettesse di girare.
-Sei ubriaco, vero?-
Solo adesso Miles riconobbe la nipote.
-Charlie…che cosa vuoi? Voglio stare solo. Per favore, vattene. Non voglio vedere nessuno.-
-Invece verrai con me. C’è una cosa che devi vedere- insistette lei
-Io non ho niente contro di te ma forse avrai saputo che hanno appena ammazzato Bass- chiese in modo canzonatorio. Proseguì con tono duro: -Hanno ammazzato la persona che amavo più della mia stessa vita e tu pensi che qualcos’altro al mondo mi possa interessare? Non puoi neanche lontanamente immaginare quello che sto passando. L’unica cosa che vorrei fare è uccidere Rachel con le mie stesse mani. Purtroppo, essendo tua madre, sono costretto a fare un’eccezione. Ma, credimi. Se solo…
-No stai parlando sul serio. E’ vero, sei distrutto dal dolore e non posso neanche immaginare quanto ti stia soffrendo. Ma adesso devi fidarti di me. – Gli si fece più vicina e, stringendogli la  mano, come per infondergli coraggio, ripeté a voce bassa: . -Tutto si sistemerà. Davvero. Vieni con me.-
Il suo era un tono che non ammetteva repliche  e lo zio era troppo a pezzi per affrontare una discussione.  Possibile che la ragazza non capisse che ormai, per lui, più niente poteva contare qualcosa. Camminò dietro di lei come un automa. Tutto sommato, dirigersi verso casa era la cosa migliore da fare. Avrebbe raccolto le sue cose, rubato un cavallo e se ne sarebbe andato per sempre, lasciandosi tutto alle spalle. Avrebbe dovuto farlo già da tempo.
Entrarono e Charlie lo guidò fino alla camera da letto.  Quando aprì la porta, Miles sgranò gli occhi e il suo cuore si strinse in una morsa: Rachel era in piedi accanto al letto sul quale era disteso il cadavere di Bass. Il suo istinto fu quello di voltarsi di scatto, non voleva ricordarlo così. Ma non riusciva a staccare gli occhi da lui. Urlò fuori di sé: -Santo cielo, perché l’avete portato qui?Pensavo l’avessero già sepolto. Merita una degna sepoltura e…-
Le parole gli morirono in gola. Bass era coperto fino alla vita e notò che il petto nudo si alzava ed abbassava. SI ALZAVA ED ABBASSAVA! Stava respirando! Era vivo!
-…come…cosa…-rantolò prima di precipitarsi verso di lui. Gli prese la mano tenendola stretta tra le sue. Era calda. Incredulità, sollievo, gioia. Fu investito da queste emozioni con la forza di un fiume in piena. Quando l’altro aprì un poco gli occhi ed accennò un leggero sorriso, Miles  credette di rinascere. Era convinto che non avrebbe più rivisto quegli occhi e quel sorriso.
-Sei qui. Sono felice di vederti- biascicò Bass. Il suo corpo e la sua mente erano ancora intorpiditi.
-Anche io. Pensavo di averti perso per sempre.-
L’altro non rispose ma strinse leggermente la stretta nella sua mano.
Miles si voltò verso Rachel e chiese : -Cos’è successo?-
-All’ultimo momento ho cambiato idea. Ho sostituito la siringa ed invece del veleno gli ho iniettato una massiccia dose di barbiturici. Doveva sembrare morto. Ci metterà tre o quattro giorni a riprendersi del tutto. L’ho dissotterrato ed ho lasciato le terra smossa. Ma nessuno andrà a controllare. A nessuno importa visitare le tombe dei criminali uccisi.-
-Io…- balbettò l’uomo- non so cosa dire.-
-Non l’ho fatto per te. L’ho fatto perché me lo aveva chiesto lei- precisò con voce piatta facendo un cenno verso Charlie.
Questa sorrideva raggiante, nel vedere lo zio riacquistare colore in viso. Lui ricambiò il suo sguardo con smisurato affetto. Poi lo riportò su Bass.
Non l’avrebbe mai più lasciato. Niente e nessuno sarebbe più riuscito a separarli.
 
 
 
 
  
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