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Autore: Naoko_chan    02/12/2014    4 recensioni
"Ragazzina?"
"Sì?"
Seguì un sospiro. "Dov'è che abiti? Ti accompagno a casa."

{Sette momenti, sette frammenti di tempo in cui due anime ferite e in balia di sentimenti più forti di loro si incontrano; sette stralci di righe sulla Reserveshipping, una per ogni lettera della parola reserve, che mettono a fuoco un ambiguo e indefinito rapporto dai confini troppo labili per essere davvero considerati}
[Accenni velati alla Shark/Tori e alla one-sided Cathy/Yuma]
Genere: Generale, Introspettivo, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altri, Cathy, Ryoga/Shark
Note: Raccolta, What if? | Avvertimenti: nessuno
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Disclaimer:
Nel paragrafo "[Energy]" oltre al fatto che il duello non l'ho descritto nei minimi dettagli per la mia ignoranza in materia, ci sono riferimenti e fatti della One Shot "Hope". Non è necessaria la lettura di quella fic, ma chi volesse farlo per avere le idee più chiare, spero che vi piaccia anche quella^^
Un grazie speciale a Zoelin che mi ha riferito il nome della coppia!
E dopo aver fatto la CathyxYuma, la TorixShark e la TorixYuma, mi mancava solo la CathyxShark^^(delle coppie Het intendo)!
Che dire? Spero davvero che gradiate la mia prima raccolta di un capitolo, se è così commenti e consigli sono graditi^^ Ah, mi fate sapere inoltre se sono IC^^?








[Rare]
L'anno di scuola era iniziato abbastanza bene.
Era una splendida giornata di sole, non faceva neanche troppo freddo. Inoltre aveva da poco scoperto che il suo adorato era nella sua stessa classe.
Solo a pensarci le batteva il cuore a mille. Certo, le elementari le mancavano da morire e la rivoltava l'idea di dover indossare delle divise scolastiche tanto corte.
La giovane accelerò il passo, desiderosa di vedere la sua nuova aula.
Si bloccò a pochi centimetri dalle scale, rendendosi conto di averle già salite in precedenza.
"Questa non ci voleva..." mugolò preoccupata; mancavano solo cinque minuti all'inizio delle lezioni.
Si guardò intorno spaesata per la cinquantesima volta in quella mattina.
Era normale perdersi nell'istituto il primo giorno di scuola, ma le dava comunque fastidio arrivare in ritardo. Per di più, a differenza della sua rivale in amore, non aveva amici a cui rivolgersi, così doveva vagare da sola alla ricerca dell'aula.
Si sbattè una mano in fronte irritata.
Ma perché non aveva preso appunti quando le avevano dato indicazioni?! Lo sapeva di essere una smemorata cronica!
"Non si vedono altri bidelli in giro, quindi mi ritrovo costretta a... Uff!"
Sbuffò scocciata, stringendo più forte la sua cartella.
Aveva cercato in tutte le maniere di evitare di dover domandare ad un alunno più grande, vuoi per l'imbarazzo (era tremendamente timida), vuoi perché erano ormai pochi gli studenti che circolavano ancora per il corridoio.
Ne individuò tre poco distanti da lei e, inspirando profondamente, si diresse verso di loro.
Ovviamente, prima si premurò di avere carta e penna.
Erano girati di spalle: i due più a destra avevano stessa altezza e uguale chioma ricciuta, il terzo era più basso e con una specie di polpo in testa.
Con un polpo in testa?!
Cathy strabuzzò gli occhi: aveva visto una marea di pettinature strambe nella sua vita ma mai, mai le era capitata una capigliatura del genere. Non appena si fu avvicinata, tossicchiò per avere la loro attenzione.
I due spilungoni la ignorarono, continuando a sghignazzare, l'altro invece si voltò, un'espressione apatica nelle sue iridi oltremare.
"Ehm..."
"Ci conosciamo?" chiese freddo.
Lei emise una risatina nervosa "No, però, per cortesia, potrei sapere..."
Il resto delle parole lo farfugliò piano, confondendosi il più delle volte, rossa dalla vergogna.
Lui la tacitò con un gesto della mano. "Carina, se non alzi la voce non ti sento. Stai parlando a me o a un moscerino?"
La battuta attirò l'attenzione dei due tipi vicino al giovane, i quali esplosero a ridere sguaiatamente.
La ragazza abbassò lo sguardo, le guance a fuoco.
'Che umiliazione...' pensò, mentre la vista le si annebbiava per le lacrime che avevano iniziato a scendere.
Non appena notarono quelle gocce trasparenti che colavano per le guance, le due giraffe risero più forte, attirando l'attenzione di alcuni alunni che si trovavano nelle vicinanze.
Raramente la giovane si rivolgeva ai suoi coetanei e, quando succedeva, la comunicazione si concludeva con una figuraccia di quest'ultima.
"Futagoza Yuuto! Kastle! Che ci fate ancora in giro?! Rientrate nella vostra aula all'istante!"
La voce isterica proveniva da una minuta professoressa, pallida e con le occhiaie, chiaramente esasperata.
"Si calmi Shin'ainaru kyōju." scherzò pacato uno dei giganti, rimediando come risposta un "MUOVETEVI!"
"Dā!" E fecero il saluto militare ridacchiando.
"Vieni Shark? Sennò la vecchia ci mette la nota!" esclamò l'amico ricopiando il tono di voce dell'insegnante, la quale li aspettava sulla soglia della loro classe, registro in mano e sguardo truce.
Lui fece un cenno del capo per poi voltarsi di nuovo verso la ragazzina.
"Il primo D, il primo D, il primo D... " balbettava a bassa voce più a se stessa che agli altri, mortificata e con gli occhi lucidi.
"In fondo a destra."
Lei alzò il capo sorpresa.
Si ritrovò a scrutare per qualche secondo buono gli occhi zaffiro: erano spenti, indifferenti e... dispiaciuti?
Nonostante il quattordicenne sembrasse del tutto disinteressato all'accaduto, lo sguardo, almeno in parte, lo tradiva.
"G-grazie..." mormorò in un soffio, cercando di schiodarsi da lì.
Cosa che inspiegabilmente le risultava alquanto impossibile.
"Kastle!"
"Arrivo."
Cathy si asciugò le lacrime lentamente. 'Interessante...'
Si stupì del proprio pensiero.
Era veramente raro che qualcosa l'attirasse quasi quanto i felini.





[Emphaty]
"Maledizione!" imprecò, mentre in lontananza l'autobus delle tre e un quarto si allontanava lasciando dietro di sé una scia di gas scuro dal tubo di scappamento.
Digrignò i denti, infuriato, mentre cercava di ripararsi alla bell'e meglio con lo zaino.
Quello stramaledetto mezzo arrivava sempre in ritardo, cosa gli sarebbe costato farlo anche quel giorno in cui infuriava l'acquazzone?!
"Avessi almeno un ombrello..." si lamentò correndo alla ricerca di un riparo.
Fortunatamente lo trovò qualche minuto dopo.
Si sedette sulle scale dell'imponente municipio di Heartland.
Il ragazzino di undici anni guardò il display del cellulare, zuppo come i suoi indumenti, lasciandosi sfuggire l'ennesimo ringhio.
'Ora come faccio a...'
Le sue riflessioni furono interrotte da un pianto accorato, proveniente da dietro di lui.
Si girò, trovando, a tre scalini sopra la sua testa, una figura incappucciata, scossa dai sussulti.
Singhiozzava forte, avvolta in quella pesante felpa color delle tenebre bagnata fradicia.
Dato il vestiario, dapprima non era riuscito a capire se fosse maschio o femmina.
"Deve essere una ragazzina, solo loro sono capaci di frignare in questo modo." appurò con una smorfia.
Poi, mentre continuava ad osservarla, ebbe una specie di déjà vu: si rivide seduto in quella scalinata, mentre si disperava per un orrendo accaduto verificatosi qualche anno addietro.
E se le fosse successo qualcosa di simile?
Lui, purtroppo, ci era passato, quindi poteva capire, comprendere a pieno quello che provasse.
Inoltre doveva fare una telefonata.
"Ehi tu!" la chiamò.
Dovette ripetere la frase almeno dieci volte, prima di ricevere un flebile "Cosa c'è...?"
"Non è che potresti prestarmi il tuo cellulare? Sai..." Guardò di nuovo l'oggetto elettronico che stringeva in mano.
"... mi è finito il credito."
La risposta che seguì quella menzogna lo lasciò di stucco.
"Io non ho un telefono, non mi serve." E tirò su col naso.
'Fantastico.' pensò alzando gli occhi al cielo.
"Ma che cos'hai, se posso sapere? Ti ha lasciato il fidanzato?" sbottò, notando che continuava a piagnucolare.
"A te non è mai capitato che, a forza di tenerti tutto dentro, alla fine non ce la fai più e devi sfogarti in qualche modo?"
La domanda lo colpì non poco.
Strinse i pugni, conficcandosi le unghie nella pelle, mentre brutti ricordi affollavano la sua mente.
Aveva veramente voglia di prendere la testa fra le mani e lasciarsi andare, ma il suo orgoglio continuava ad urlargli di non versare una sola lacrima.
Provò a distrarsi, focalizzando la sua attenzione al paesaggio.
Se non altro, stava piovendo di meno.
Posò lo sguardo all'entrata dell'edificio, mentre un'idea gli balenava nella mente.
'Non puoi rubare, non puoi rubare...' gli sussurrò una vocina all'orecchio, ma lui non le diede troppa importanza.
"Non è rubare, è prendere in prestito." si disse, mentre afferrava un ombrello appoggiato alla parete.
"Ragazzina?"
"Si?"
Seguì un sospiro.
"Dov'è che abiti? Ti accompagno a casa."





[Strange]
Era mezzogiorno e mezzo.
Un bambino sui sei anni attendeva che i genitori finissero di parlare con la maestra per tornare a casa e divorare gli onigiri.
"Ma perché gli adulti sono così chiacchieroni?" si lamentò, mentre lo stomaco gli brontolava dalla fame.
Si sedette a terra, giocherellando con un bottone della sua giacchetta viola, sbuffando di tanto in tanto.
Ad attirare la sua attenzione, fu un rumore proveniente da dietro l'immenso giardino della scuola.
'Uhm... Chissà cosa sta succedendo...'
Mentre però si stava allontanando, la voce squillante di sua sorella lo fermò.
"Dove vai onii_chan?"
'Che pizza che è!' pensò scocciato.
"Lì dietro, ma torno subito."
Lei annuì stringendo più forte la mano della genitrice.
Non appena Reginald fu arrivato a destinazione, vide da dietro i secchi dell'immondizia spuntare un micio dal pelo scuro.
L'animale lo guardò interessato con i suoi penetranti occhi verdi, prima di miagolare e ritornare da dove era venuto.
"Ultimamente girano molti gatti randagi." constatò il piccolo, notando che dalla stessa zona ne sbucavano altri.
"Sakura! Kazuha! Asuka! Amarini mo itsudatsu shite wa ikenai!"
I tre interpellati si fermarono ad un passo di un inorridito Reginald.
A parlare era stata una bambina che doveva avere pressappoco la sua età.
Aveva lunghi capelli arruffati che le coprivano gli occhi, un abitino grigio con allegata una coda di pezza. Da sopra la testa sbucavano delle orecchie di cartone che sorreggeva con la mano per non farle cadere.
"E tu chi saresti?" Furono le uniche parole che riuscì a spiccare.
L'altra fece un buffo inchino. "Sono la bambina gatto!"
Lui storse la bocca una smorfia. "Non dire stupidaggini!"
"È la verità!" si offese la ragazzina.
Alzò un sopracciglio viola, scettico. "Ma dov'è la tua famiglia, si può sapere?!"
"Sono i gatti la mia famiglia." ammise la bimba tranquillamente, mentre carezzava il manto rossiccio di uno di loro.
"Ma cos-?"
Lei si grattò il mento pensierosa.
"Anche se... a volte mi viene a prendere la nonna."
"E i tuoi genitori?"
"Boh, la nonna dice che sono in un Paese chiamato... Utalia mi sembra."
L'altro agrottò la fronte.
"Sei davvero strana." commentò dopo qualche minuto di silenzio.
"Arigatou!" lo ringraziò lei felice.
"Non era un complimento." si premurò di farle sapere più acido di quanto volesse essere.
"Ah..."
Nessuno dei due pronunciò altro per qualche secondo.
"Vuoi essere mio amico?" se ne uscì lei.
Il piccolo strabuzzò gli occhi.
"Ehm... Va bene." lo disse senza alcun entusiasmo particolare, ignorando il braccino teso verso di lui.
"Reginald! Dove sei?"
Era sua madre. Il ragazzino alzò gli occhi al cielo.
"Piacere di averti incontrato!" trillò la bimba sorridendo entusiasta, come se avesse conosciuto solo lui sulla faccia della terra.
"A presto!" cinguettò, mentre stringeva tra le braccia un micio.
Lui non rispose, voltandosi e correndo dai suoi parenti.





[Energy]
La sedicenne pescò un'altra carta, mentre la sua maglia grigia e la sua lunga treccia del medesimo colore ondeggiavano al sottile venticello primaverile.
"Preparati!" annunciò."Questa evocazione xys ti lascerà di stucco!"
Si spostò le ciocche ribelli dal viso, guardando dall'alto in basso il suo sfidante.
"Vuoi un mio modesto parere?" domandò acremente l'altro.
"Sentiamo."
"Hai troppa fiducia nelle tue misere carte."
La giovane sorrise bellicosa, mentre due dei suoi mostri si fondevano.
"Voglio proprio vedere cosa farai ora che è scesa in campo la mia potentissima 'Gatta a due code'!" proclamò, aprendo le braccia in modo teatrale.
"Uhm, fammici pensare un secondo: magari... vincere?" disse con una punta di ironia nella voce.
"Forza amore!" il tifo proveniva da una ragazza dalla folta chioma smeraldo.
Reginald sorrise: doveva ancora ambientarsi agli incitamenti della sua neofidanzata. Era abituato a sentirli rivolti verso un'altra persona.
"Attivo la carta trappola 'Respiro di Zeus'!"
Cathy cadde rovinosamente al suolo, mentre il conteggio dei suoi Life Point diminuiva.
"Non mi arrendo!" gridò con furore mentre si rialzava da terra.
"Cattobingu!"
Utilizzò una carta nominata 'Resuscita mostro' allo scopo di far tornare in campo un 'Gatto Randagio' sacrificato in precedenza.
Percepiva l'energia al massimo come il suo adorato; avrebbe lottato valorosamente fino alla fine.
"Non mi lascerò battere, sia chiaro!"
L'altro sogghignò divertito.
L'unico momento in cui quella ragazzina usciva dal suo guscio era nelle gare di Duel Monsters, per questo l'aveva sfidata.
La sua rabbia, la sua voglia di vincere, la sua vitalità lo eccitavano oltremodo.
Gli piaceva quel bagliore in quelle iridi verde acqua.
Una luce che non aveva scorto negli occhi di nessuno, nemmeno in quelli del suo rivale di duelli.
"E allora fammi vedere che sai fare!" ordinò imperioso, contagiato da quell'entusiasmo.
"Come desideri." replicò lei maliziosa.





[Revenge]
"Basta! Lasciatemi in pace!" strillò una bambina di otto anni, mentre un gruppo di ragazzini le stava intorno ridendo crudelmente.
"Che bel fiocco rosa!" la sbeffeggiò uno dei bulletti mentre si rigirava il nastro tra le dita grassocce.
"Ridammelo!" urlò lei disperata.
"Ridammelo!" la imitò un'altro in falsetto mentre sghignazzava.
"Ehi!"
Una voce acuta li fece voltare.
Reginald odiava i bulli, era un dato di fatto.
Erano brutti e cattivi. Tanto.
Ma la cosa che lo faceva imbestialire di più al mondo era che se la prendessero con la sua adorata sorellina.
"Lasciatela subito in pace!" esordì, le mani strette a pugno sulle anche.
"Altrimenti che fai, botolo?"
"Fermo onii_chan!" lo avvertì Rio.
"Non mi fate paura." replicò fermo lui, ignorando le gambe che iniziavano a tremare.
"L'hai voluto tu." ridacchiò il ragazzino più grande di lui.
Quello che ne seguì dopo fu uno scontro troppo duro e violento per un bambino di soli otto anni.
Dopo l'ennesima sberla, Reginald si accasciò a terra dolorante, le guance in fiamme.
Uno degli avversari, però, non gli lasciò neanche il tempo di sedersi un attimo, perché lo afferrò per il bavero della giacca viola, per poi scaraventarlo ferocemente addosso al muro.
Sbatté forte la nuca, mentre i ragazzini ridevano senza ritegno.
"Così impari moccioset... Ehi! Brutto sacco di pulci molla la mia gamba!" gridò incollerito uno di loro, mentre un l'animale in questione stringeva la presa con gli artigli affilati.
Il ragazzino, sentì un dolore acuminate alla nuca, mentre lo sguardo, pian piano, gli si appannava.
L'ultime cose che udì, prima che un nodo alla gola gli facesse perdere del tutto la coscienza, furono i miagolii e uno strillo battagliero.
Poco più tardi, si trovava nel lettino dell'infermeria.
Avvertì piccoli spilli pungergli il cranio.
Si alzò piano, mentre appariva sempre più nitida la figura che aveva affianco.
Non riuscì a metterla bene a fuoco, perché quest'ultima, accortasi che stava riaprendo gli occhi, era schizzata via in un battibaleno, urtando una scheda posta per metà sopra un tavolo, la quale svolazzò nell'aria prima di raggiungere le mattonelle candide.
"Ti sei svegliato!" esclamò la gemella soddisfatta mentre entrava nella stanza in compagnia dell'infermiere.
"Hai la testa dura." scherzò quest'ultimo raccogliendo il foglio da terra.
"Te la sei cavata solo con un bernoccolo."
"E il professore ha espulso i bulli!"
squittì la sorellina felice come una Pasqua. "Sono stati rallentati da un esercito di micetti."
"Gatti?!" esclamò stralunato l'altro.
L'uomo alzò le spalle.
"Li ho visti io! Non mi credete?!" proferì Rio piccata.
"Beh... Se lo sono meritato." balbettò il bambino indeciso se darle retta o meno.
"Giusto! Chiunque sia stato l'autore di questa vendetta ha tutto il mio rispetto!" enunciò la ragazzina.
"O l'autrice..." sussurrò Reginald.





[Violet]
"Sembra che quest'anno vada di moda la borsa a tracolla" sentenziò una ragazza sui quattordici anni, mentre indicava l'oggetto in questione posto dietro il vetro.
L'altra persona alla sua destra grugnì seccata.
"È da mezz'ora che scorrazziamo da negozio in negozio, comincio a stufarmi."
"La scommessa l'hai persa tu, mio caro." gli ricordò Cathy.
"E visto che non avevi soldi, dovevi pur pagare in qualche modo, no?"
Lui borbottò qualcosa di incomprensibile.
"Allora, quale borsa pensi potrebbe abbinarsi ad Haruto_pon?"
Shark guardò svogliato la vetrina, maledicendo mentalmente la giovane e la sua ridicola idea di dover rifare il 'guardaroba' delle sue bestie.
"Quella lì."
La quattordicenne scoppiò a ridere.
"E adesso che c'è?!"
"Fino ad ora hai scelto solo cose viola!"
"E quindi?" le domandò irritato, ben sapendo dove voleva andare a parare.
"Sei un biora no jūgyōin!" calcò bene le ultime parole con le quali lo aveva etichettato da tempo, per via della sua smodata passione per quel colore.
Lui esaminò il suo abbigliamento, per poi ribattere sarcastico: "Meglio il nero da funerale, non è vero?"
"Questo è stile gotico ignorante." squittì lei visibilmente indignata.
"E agli altri piace!" aggiunse abbassando lo sguardo.
"Quali altri?" la investì pungente.
La ragazza gatto non si scompose più di tanto, intrecciando le dita guantate dietro la schiena.
Si leccò le labbra, dando volontariamente sfoggio all'altro dei suoi canini più lunghi della norma, prima di abbozzare una risposta.
"I miei adorati gatti ovviamente."
Lui sbuffò borbottando qualcosa simile a 'matta da legare...' per poi incrociare le braccia al petto in atteggiamento di sfida.
"Cara mia, io sarò anche un biora no jūgyōin, ma tu sei una neko jūgyōin."
"E ne vado fiera."





[Eyes]
Era una mattina di sole.
L'aria era frizzante, si sentiva che l'inverno era alle porte.
Reginald stava percorrendo la strada di ritorno per casa, intenzionato a prepararsi una calda cioccolata calda.
Mentre però si stava mentalmente organizzando la giornata, si bloccò sorpreso.
L'aveva riconosciuta subito, fasciata in quel cappotto grigio perla, mentre passeggiava sul marciapiede, sola come sempre.
Le dita feline che si risistemavano in continuazione il foulard bianco e gli occhiali da sole spessi e scurissimi, il capo leggermente chino, segno della sua proverbiale timidezza.
I ricordi lo travolsero con la potenza di un treno in piena corsa:
Cathy Katherine, una stramba amante dei felini, nonché una dei pochi veri amici che teneva.
Non si vedevano da dieci lunghi anni.
Erano poche le persone con le quali aveva instaurato un rapporto tanto profondo: i suoi familiari, Rio, il suo eterno rivale, Kite, la sua fidanzata e... lei.
La vide voltarsi nella sua direzione, mentre un'espressione di stupore prendeva spazio nel suo volto.
L'ex bullo si ritrovò a sorridere meccanicamente: trovava buffo il fatto che un individuo eccentrico come lei in qualche modo gli mancasse.
La raggiunse a grandi falcate, fermandosi a pochi centimetri dalla donna, che, ripresasi dallo sbigottimento, si era tolta gli occhiali e aveva sussurrato "Reginald, da quanto...", prima di stringerlo in caldo abbraccio.
Inutile dire che fosse cambiata molto in quel lasso di tempo, era normale d'altronde.
Non odorava più di pesce crudo o di cibo per gatti come ai tempi della scuola. Poi, al posto della sua zazzera grigia e spettinata senza capo nè coda, presentava un delizioso caschetto che le esaltava i lineamenti del viso.
Era più signorile, più composta, più attraente.
"Cathy, che bello rivederti." sorrise lui, visibilmente contento – una cosa che capitava alquanto raramente –.
"Come stai?" proseguì, tuffandosi nei suoi occhi chiari.
Gli stessi occhi che, il primo giorno del suo secondo anno delle medie, lo avevano colpito per la loro particolarità; erano gemme acquamarina, sottili e limpide, nascoste dalle spessi lenti a montatura nera.
"Io bene, tu?"
Gli stessi occhi che in quel momento si erano abbassati a studiare il suo abbigliamento.
"Tutto a posto."
"La tua compagna è tornata dalla Cina?"
"Tori dovrebbe arrivare fra tre giorni" la informò.
Gli stessi occhi che lo squadravano con docezza, affetto e con un pizzico di desiderio.
Gli stessi occhi che piano piano si socchiusero, mentre le sue labbra sottili sfioravano quelle carnose di Shark.
"Mi sei mancato un sacco..." mormorò, a pochi millimetri dalla sua bocca.
Neanche il tempo di chiederle spiegazioni, che il sapore della ciliegia gli invase il palato.
Il bacio durò poco, ma fu intenso, dolce e vellutato.
Reginald dischiuse lievemente le palpebre, ancora stravolto.
"Si può sapere cosa ti è..."
Ma lei si stava già allontanando.









* * *

Amarini mo itsudatsu shite wa ikenai= non vi allontanate troppo

Arigatou= grazie

Biora no jūgyōin= viola dipendente

Cattobingu= la versione di Cathy del "Kattobingu", ovvero "L'energia al massimo" di Yuma.

Dā= agli ordini

Futagoza Yuuto= gemelli Yuuto

Neko jūgyoin= gatto dipendente

Onigiri= polpette di riso ripiene

Onii_chan= fratellone

Pon= suffisso giapponese utilizzato per gli animali

Shin'ainaru kyōju= cara professoressa










Angolo Autrice*-*
Hello^^! Inutile ribadire ciò che ho detto nel Disclaimer^^, però vi propongo un giochino^^
Avrete notato che ogni flash fic/drabble/one shot, è ambientata in un tempo diverso: chi si vuole divertire a riordinarle^^?(via MP o reccy, come preferite, non è obbligatorio tranquilli/e^^)
Inoltre, mi piacerebbe molto sapere quale vi è piaciuta di più^^
Grazie infinite a chi leggerà e a chi perderà tempo a recensirla, i vostri complimenti mi fanno felice e le vostre crtiche mi servono per migliorare il mio stile di scrittura che, ahimè, a mio avviso, è ancora acerbo^^
A presto!
  
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