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Autore: __iriis    02/12/2014    4 recensioni
Era ormai arrivata a metà bicchiere nel giro di poco quando alzò lo sguardo su addominali scolpiti e tatuati, spalle larghe e bicipiti muscolosi che le si erano improvvisamente parati davanti.
La stava fissando insistentemente e si sentì quasi minuscola sotto il suo sguardo da inquisitore.
«E tu chi sei?» domandò con sorpresa, senza smettere di squadrarla da capo a piedi.
«Annabeth» sussurrò, deglutendo a fatica quell'improvviso groppo che le si era formato in gola.
«Annabeth...?» il suo nome pronunciato da lui, con quel particolare timbro di voce, le fece letteralmente accapponare la pelle.
«Annabeth Howard.» precisò.
«Anna ed io ci siamo conosciute stamattina! Non è adorabile, Harry?» Camila si intrufolò nel discorso, mettendo un braccio attorno alle spalle dell'amica.
Dal canto suo Annabeth non riusciva a trovare il coraggio di staccare i suoi occhi da quelli quasi ipnotizzanti di Harry. Erano di una particolare sfumatura di verde con qualche spruzzo di grigio qua e là, come nuvole temporalesche; belli ma minacciosi, come se stesse studiando il modo migliore di metterti al tappeto.
«Già, adorabile».
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SOSPESA.
Genere: Erotico, Fluff, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Harry Styles, Nuovo personaggio, Un po' tutti
Note: OOC | Avvertimenti: nessuno
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Aveva appena finito di disfare l'ultimo dei dieci scatoloni che il corriere le aveva consegnato appena qualche ora fa.
Il piccolo appartamento che i suoi genitori le avevano affittato per quel tempo in cui avrebbe dovuto viverci adesso le sembrava molto più familiare.
L'aveva trovato già tutto arredato con un mobilio semplice e delicato e le era piaciuto da subito. Aveva solo aggiunto il suo tocco personale, riempiendo le mensole e gli scaffali della libreria che ospitava il televisore a schermo piatto. La spalliera in ferro battuto del suo letto a due piazze adesso era tutta illuminata da quelle piccole lucine che le ricordavano tanto il natale -che era da sempre la sua festività preferita-, ed aveva attaccato al muro degli adesivi che con il buio si sarebbero dovuti illuminare.
Si puntellò i pugni chiusi sui fianchi, facendo diverse volte un giro su se stessa, ammirando soddisfatta il suo lavoro.
Con un sorriso si avviò in cucina, dove il frigorifero aspettava solo di essere riempito, e disinfettò il tutto con un attenzione maniacale.
Adesso abitava ufficialmente poco distante da New York, in un quartiere che all'apparenza le era sembrato tranquillo. Tra pochissimi giorni l'università le avrebbe finalmente comunicato il calendario di quello che sarebbe stato il suo primo semestre e quell'idea non poteva che renderla elettrizzata.
 


c1


 
 
Stava seduta al bancone di una caffetteria poco distante dall'università. Sottolineava con attenzione sul libro di testo, sorseggiando di tanto in tanto il suo cappuccino caldo con panna e cannella.
Era ormai passato un mese, le lezioni le seguiva con regolarità, a casa tutto procedeva nel migliore dei modi, e a breve avrebbe potuto dare il suo primo esame.
Non si lamentava di certo, anche perché non c'era nulla di cui lamentarsi, però c'era qualcosa...
«Ti porto una fetta di crostata appena sfornata tesoro?» Amy, una tenera signora sulla cinquantina, amorevole come una madre ma con qualche chilo di troppo, stava dietro al bancone con in dosso un grembiule a righe rosse e di tanto in tanto sbirciava sul libro di Annabeth cercando di capirci qualcosa. La vedeva sempre così presa da quelle pagine, ogni volta che andava lì passava delle ore seduta a studiare, bevendo cappuccini «Devi pur mettere qualcosa in quello stomaco prima o poi» ed ogni volta lei cercava di convincerla a mangiare una fetta di una delle sue deliziose torte.
«Tra cinque minuti vado via Amy, ma se vuoi puoi incartarmela e la porto con me» rispose gentile, alzando lo sguardo dal testo di filosofia e rivolgendolo a quella donna.
Amy sorrise soddisfatta e sparì sul retro per prendere una confezione di cartone per poterci adagiare delicatamente una fetta di crostata alla Nutella dentro.
«Ecco a te piccola» L'adagiò sulla superficie lucida del bancone, vicino alla borsa della ragazza.
Annabeth tirò fuori dalla tasca dei pantaloni una banconota da dieci dollari e gliela porse. «Oh, non essere stupida!» l'ammonì come se avesse appena fatto qualcosa di brutto. «Te la regalo»
«Sei sempre troppo buona con me» osservò lei, riponendo i soldi. Arrossì leggermente e si portò qualche ciuffetto dietro l'orecchio.
Adorava passare del tempo in quel piccolo locale sempre così tranquillo e silenzioso. Le piaceva soprattutto la compagnia che Amy le riservava. Era l'unica persona con la quale era riuscita a stringere un minimo di rapporto da quando era lì. Né un amica, né niente. Si sentiva così sola a volte.
«Dios mìo!» Improvvisamente quel silenzio venne spezzato da una ragazza dai folti capelli neri che fece il suo ingresso nel bar in modo molto rumoroso.
«Oggi non è proprio giornata!» continuò, sedendosi sullo sgabello libero accanto ad Annabeth.
«Che succede querida?» intervenne Amy, sbucando dal nulla, non appena aveva sentito quella voce squillante.
Annabeth restò ad ascoltare in silenzio, con una smorfia di disappunto dipinta sul volto. Chiuse il libro, riponendolo nella borsa. Sicuramente non avrebbe potuto continuare a studiare con quel chiacchiericcio che le ronzava nelle orecchie.
«Lo sai che il proprietario di quel locale alla fine della strada è proprio uno stronzo?» disse sempre la stessa ragazza che Anna capì fosse spagnola o qualcosa di simile. «Mi avevano contattata per un colloquio oggi pomeriggio alle tre e non appena sono arrivata mi ha chiuso la porta in faccia dicendomi che avevano già trovato un altra!» sbatté le mani sul bancone quella moretta, scuotendo la testa incredula. Restò con quell'espressione sul viso per un po', mentre Amy l'assecondava ad ogni sua parola.
«Cami ti lascio con Annabeth per qualche minuto, -la ragazza in questione alzò lo sguardo dalla sua tazza- ho un problema con Arthur» Amy lasciò le due ragazze con qualche insulto rivolto a suo marito, dirigendosi verso la porta rossa con una finestra a forma di oblò che dava sicuramente sul retro.
«Piacere di conoscerti. Io sono Camila» la ragazza le allungò una mano tempestata di anelli di ogni tipo, sorridendole cordiale.
«Annabeth» gliela strinse, ricambiando il sorriso altrettanto gentilmente.
«Sei nuova di qui?» Camila prese un sorso dalla tazza di caffè che precedentemente Amy le aveva versato.
«Come hai fatto a capirlo?» domandò stupita.
«Abito qui da tutta la vita, so riconoscere le facce nuove» disse l'altra facendo spallucce e sorridendo.
«P-per quale tipo di impiego avevi quel colloquio prima?» si permise di chiederle, curiosa. Le era ormai chiaro che non fosse molto riservata come persona già da come aveva fatto il suo ingresso.
«Io canto, quindi mi aspettavo che potessero inserirmi in qualche numero» spiegò, «E' un locale simile al Burlesque, non so se hai presente, e quindi mi sarebbe piaciuto provare qualcosa di diverso da quello che faccio di solito» concluse, svuotando la tazza. «Quel tizio era un gran pezzo di merda che non ti immagini. Dio! Tornerei lì solo per tirargli un pugno in faccia» Il modo in cui sembrava volesse sputare fuoco da un momento all'altro fece ridere Annabeth, contagiando quasi subito anche la stessa Camila.
«Sono sicura che non ne valga nemmeno la pena» tentò di placare quella sete di sangue che aveva visto ardere negli occhi della ragazza. Non era mai stata brava a confortare le persone, a dare consigli e sostegno, semplicemente perché non ne aveva mai avuto modo.
Era sempre stato difficile per lei farsi degli amici, e questo fardello se lo portava appresso da una vita intera.
Camila non ebbe modo di risponderle che fu bloccata sul nascere dalla suoneria del suo cellulare.
«No, Niall, non mi sto masturbando. Sono da Amy» Sbuffò lei, alzando gli occhi al cielo. Annabeth cercò di non ridere. «Stasera? A che ora?» continuò, e senza volerlo Anna stava palesemente origliando tutta la conversazione.
«Okay» disse poi, voltandosi verso la ragazza al suo fianco e guardandola con uno strano luccichio negli occhi ed un sorriso sghembo. «Porterò con me anche un amica. A stasera biondo.» Camila chiuse la telefonata, riponendo il cellulare nella sua borsa.
«Questa sera ti porto in un posto» iniziò, mentre Annabeth la guardava sempre più spaventata «Mi è sembrato di capire che non conosci ancora nessuno di questa zona» sorseggiò un po' di caffè che si era ormai freddato. «Voglio presentarti la mia comitiva» concluse eccitata all'idea, con un altro sorriso malandrino.
«N-no, i-io... N-non lo so» boccheggiò Anna, in preda al panico. Perché? Si erano appena conosciute e questa ragazza già la trattava come se fosse la sua amica più fidata.
«Eddài, ci divertiamo!» le afferrò una mano inaspettatamente e cominciò a farle gli occhi dolci. «Ci incontriamo qui, facciamo alle... -ci pensò un attimo- nove, e poi andiamo insieme. Non è molto lontano, è proprio dietro l'angolo.» Accidenti! Quella ragazza era proprio ostinata e molto convincente!
«Okay» disse infine, non avendo altra scelta.
Si scambiarono velocemente i numeri di telefono per sicurezza e poi Camila scappò via, correndo letteralmente verso l'uscita del bar nei suoi grossi anfibi neri.
Ci divertiamo.” Divertimento. Persone nuove. Probabili amicizie.
Forse non era senza speranze dopotutto.

 

 
Non sicura di cosa avrebbe dovuto aspettarsi da quella serata, finì per l'indossare uno skinny jeans alto in vita, un cardigan rosso e le sue fidatissime converse bianche.
Dopotutto Camila non aveva parlato di discoteche o altro, era sicura che quell'outfit che aveva scelto sarebbe stato più che adatto.
Dire che fosse nervosa era poco in confronto a come si sentiva in quel momento, mentre aspettava che Camila la raggiungesse.
C'erano pochi locali nei dintorni che avevano ancora le luci accese ad illuminare le vetrine. Amy aveva già chiuso il suo bar, sicura che in quel momento stesse cucinando per Arthur ed i suoi figli come se avesse dovuto sfamare un intero esercito.
Si sistemò meglio la tracolla sulla spalla e si strinse in se stessa, mentre alcuni passanti cominciarono a fissarla in modo ambiguo.
«Ehy!» Camila sbucò alle sue spalle, sempre con quel sorriso stampato sulle labbra adesso colorate di un rosso acceso.
Analizzò a fondo il suo abbigliamento, convinta che non appena l'avesse vista si sarebbe trovata a disagio e fuori luogo, ma quello che si ritrovò davanti erano dei semplici leggings a fantasia ed una lunga canotta bianca con una giacca di jeans tre volte la sua taglia.
Anna tirò un sospiro di sollievo.
«Gli altri ci stanno aspettando, dài andiamo!» In silenzio Annabeth seguì Camila fino a quando non si ritrovarono davanti ad una porta in ferro massiccio. Nessuna insegna o altro che stesse ad indicare cosa fosse quel posto.
«Ah, comunque mi piace molto il tuo cardigan» ammiccò la mora prima di spingere la maniglia verso il basso ed aprire la porta.
Annabeth non aveva alcuna idea di cosa potesse essere quel buco. Davanti a lei si ritrovò un lungo corridoio illuminato da pochissime luci soffuse.
«Non fare quella faccia Annie, non ti ho portata in un bordello!» disse Camila ridendo, mentre avanzava verso un altra porta sul fondo.
Annabeth deglutì, iniziando a sentire veramente caldo.
«E' soltanto il nostro luogo di raduno. Veniamo sempre qui per stare tutti insieme, è apposto» la rassicurò ancora, vedendo chiaramente l'angoscia nei suoi occhi blu.
Camila aprì anche quella porta ed improvvisamente fu come risvegliarsi al mattino con la luce del sole in pieno viso.
Si ritrovò improvvisamente in un innocuo bar, almeno all'apparenza, che occupava uno spazio abbastanza ristretto e molto riservato. Arredato molto finemente, con grossi lampadari di cristallo appesi al soffitto e poltroncine di velluto rosse. Restò a bocca aperta, e dovette ricredersi.
«Quella da cui siamo entrate era solo una delle tante “porte sul retro”. La principale è dall'altro lato della strada. Io scelgo sempre la via più facile» spiegò Camila, mentre avanzava tra i tavolini con disinvoltura, per poi arrivare al bancone del bar dove salutò un ragazzo afroamericano con corti dreadlocks, alto e con occhi di ghiaccio.
«Ciao Stefan!» gli gettò le braccia al collo, lasciandogli un rumoroso bacio sulla guancia. «Gli altri sono di là?»
«Hanno già cominciato il primo, stasera c'è il delirio!» disse il ragazzo, afferrando uno strofinaccio con il quale asciugò velocemente un bicchiere appena lavato.
Annabeth fu distratta per qualche istante dalla loro conversazione e furtivamente iniziò a guardarsi attorno, notando un piccolo palchetto in fondo alla sala dove il sipario rosso era completamente calato, e soltanto poche persone occupavano dei tavoli.
«Lo spettacolo comincia tra un ora, se può interessarti» sussultò non appena Camila le arrivò da dietro. La ragazza ridacchiò. «Sei troppo tesa mami».
«Che genere di spettacolo?» disse, ignorando il suo commento.
«Loro cercano di imitare il Burlesque, ma non cantano. Sculettano e si spogliano per il piacere del pubblico maschile» spiegò, con un pizzico di disprezzo.
«Tu... l'hai mai fatto?» chiese, ricordandosi della conversazione che avevano avuto quella mattina.
«Ci ho provato, ma dopo la prima sera ho mollato tutto» fece spallucce e afferrò la sua mano, trascinandola verso il lato opposto. «Ci siamo già perse il primo round, sbrigati!» la strattonò, cominciando a camminare più velocemente.
«Primo round?» chiese confusa, mentre veniva spinta in un altra anticamera.
Camila non rispose e continuò a camminare spedita.
«Benvenuta al Rockin' Jokers, Anna» disse infine, aprendo l'ennesima porta. «Goditi lo spettacolo»
Venne catapultata in un altra dimensione non appena mise piede in quel posto.
Restò totalmente esterrefatta, mentre i suoi occhi avevano preso a guizzare da un soggetto all'altro, al ring al centro dello spiazzo dove due si picchiavano senza sosta, alla ragazza al suo fianco che fissava il tutto con sguardo euforico.
«Ce l'hai fatta!» esclamò qualcuno, raggiungendo entrambe che stavano ancora lì impalate all'ingresso. Una testa bionda sbucò tra la folla, ed i suoi occhi azzurri furono subito sulla figura snella di Anna.
«Tu devi essere Annabeth!» continuò a gridare, forse per paura che non potessero sentirlo dato tutto quel baccano. «Piacere di conoscerti, io sono Niall» le allungò una mano che con tentennamento lei accettò.
«Andiamo di là, forza. Quella testa calda di Styles gli sta facendo il culo!» disse contento, mentre faceva strada a Camila e di conseguenza anche a lei.
Avanzarono tra la folla a forza di spintoni e gomitate, giungendo poi in un angolo appartato, che sembrava essere riservato a quelle poche persone quasi.
«Ma non parla?» chiese sempre lo stesso Niall a Camila, indicandole Annabeth con un cenno della testa. La ragazza ridacchiò e la tirò verso di se.
«Ragazzi lei è Annabeth, fatela sentire come se fosse a casa!» imbarazzata, Anna alzò una mano a mo' di saluto generale, passando alla rassegna tutti quei volti nuovi che la guardavano curiosi.
«Io vado a prendere da bere, tu stai qui» l'avviso la sua nuova amica prima di lasciarla da sola.
«Accomodati» propose uno dei ragazzi, battendo la mano sul tessuto del divanetto accanto a lui. Non se lo fece ripetere un altra volta e si sedette. Incastrò la piccola borsa tra la sua coscia ed il bracciolo del divano, unendo poi le mani sulle sue ginocchia. Maledetta agitazione!
«Io sono Liam» anche lui come quel ragazzo di prima le allungò la mano e lei l'accettò, questa volta senza esitare. Aveva bisogno di sciogliere un po' quella tensione e sperava tanto che Camila sarebbe ritornata presto con qualcosa da bere che avrebbe contribuito a migliorare la situazione.
«Annabeth» disse solo, guardandolo per un secondo, prima che un altra ragazza destasse l'attenzione di tutti, la sua compresa.
«Vai Harry, spaccagli il culo!» gridò questa, con un atteggiamento piuttosto mascolino. Si alzò in piedi, continuando a gridare incitamenti verso uno dei due ragazzi che sul ring stavano combattendo.
Anna storse il naso, vedendo i loro volti arrossati dai colpi e ricoperti da tagli che sanguinavano.
La violenza, lei non l'aveva mai tollerata.
«Non preoccuparti, è sempre così, ogni volta» si voltò verso Liam che le aveva parlato «Sei nuova di qui?» Di nuovo quella domanda.
Da quando era arrivata lì mai nessuno si era preso la briga di interessarsi a lei. Adesso lo facevano praticamente tutti.
«Si, vengo dalla California. Studio letteratura e filosofia all'università» spiegò, vedendo quanto fosse realmente interessato il suo interlocutore. Annabeth si spostò i capelli dal viso, buttandoli tutti alle sue spalle. Era tentata dall'idea di sfilarsi quel cardigan, per poi restare solo con il top nero. «Fa un caldo bestiale qui dentro» espresse a voce alta quel pensiero, facendo ridacchiare Liam.
«E' vero. Hugh non accende mai i climatizzatori perché dice che consumano troppa corrente e poi le bollette arrivano alte» Liam afferrò un bicchiere di vetro dal tavolino ai suoi piedi e bevve un po' di quello strano liquido rosa.
«Ma è una tortura stare qui dentro! Come fate?»
«Forse se ti sfili questo -indicò il suo cardigan, facendo attenzione a non toccarle il braccio- starai meglio» propose.
Quel ragazzo era davvero educato, pensò Annabeth. Ma comunque era troppo presto per dare un giudizio. Sarebbe stata solo una stupida a fidarsi di persone che aveva appena conosciuto.
Seguì comunque il consiglio del ragazzo e velocemente si tolse il golfino leggero, poggiandolo sulla sua borsa.
«Come va ora?»
«Meglio, grazie» rispose sorridendogli, nell'esatto istante in cui una campanella che avvertiva la fine di un round suonò.
«Eccomi!» Camila la raggiunse, sedendosi accanto a lei sul bracciolo del divanetto. Le passò un bicchiere, stracolmo di qualche drink a lei sconosciuto. Annabeth lo annusò, sentendo subito l'odore forte dell'alcol entrarle nelle narici.
«Gin Lemon» disse la ragazza dai folti ricci scuri «E' più gin che lemon, ,ma va bè» ridacchiò, bevendo dalla sua cannuccia nera.
«Grazie» si costrinse a poggiare le labbra sul bordo del bicchiere, prendendone un piccolo sorso.
Non bruciò tanto quanto aveva immaginato. Doveva essere perché la limonata attutiva di molto quel sapore amaro. In fin dei conti era gradevole e per essere il suo primo Gin Lemon se la stava cavando piuttosto bene.
Era ormai arrivata a metà bicchiere nel giro di poco quando alzò lo sguardo su addominali scolpiti e tatuati, spalle larghe e bicipiti muscolosi che le si erano improvvisamente parati davanti.
Capì che era uno di quelli che poco prima si stavano picchiando sul ring dal viso leggermente martoriato.
La stava fissando insistentemente e si sentì quasi minuscola sotto il suo sguardo da inquisitore.
«E tu chi sei?» domandò con sorpresa, senza smettere di squadrarla da capo a piedi.
«Annabeth» sussurrò, deglutendo a fatica quell'improvviso groppo che le si era formato in gola.
«Annabeth...?» il suo nome pronunciato da lui, con quel particolare timbro di voce, le fece letteralmente accapponare la pelle.
«Annabeth Howard.» precisò. Perché gli interessava tanto sapere quale fosse il suo nome?
La stessa ragazza che poco prima lo stavo incitando a picchiare forte gli allungò un bicchiere con un contenuto liquido cristallino all'interno. Lui buttò giù tutto in un solo sorso.
Ritornò poi a quella nuova ragazza, che aveva avuto modo di adocchiare già da quando era ancora sul ring, seduta accanto a Liam Payne a sorseggiare quel drink imbarazzata.
«Anna ed io ci siamo conosciute stamattina! Non è adorabile, Harry?» Camila si intrufolò nel discorso, mettendo un braccio attorno alle spalle di Anna.
Dal canto suo Annabeth non riusciva a trovare il coraggio di staccare i suoi occhi da quelli quasi ipnotizzanti di Harry. Erano di una particolare sfumatura di verde con qualche spruzzo di grigio qua e là, come nuvole temporalesche; belli ma minacciosi, come se stesse studiando il modo migliore di metterti al tappeto.
«Già, adorabile» mormorò con uno strano ghigno per poi voltare le spalle a tutti e ritornare sul ring per un altro round.
Non appena fu fuori dalla sua visuale, Annabeth tirò un sospiro di sollievo, cercando di convincersi del fatto che quella strana scossa che l'aveva attraversata lungo tutta la schiena non fosse altro che un semplice brivido.
Aveva trattenuto il respiro per un po', intimorita da quel ragazzo. Era una cosa idiota pensare che avesse potuto farle del male solo con uno sguardo, ma allora perché sentiva ancora quella sensazione incombere dentro il suo subconscio?
«Hai fatto amicizia con tutti?» domandò Camila, destandola dai suoi pensieri cupi.
«Non proprio. Solo Liam» fece spallucce lei, chinando lo sguardo.
«Ma che razza di maleducati!» gridò, facendo voltare il resto della combriccola. «E' questo il modo di comportarsi, brutti zoticoni?»
«Hai ragione dolce Camille, che screanzato son stato» intervenne uno dei ragazzi. Aveva lunghi capelli castano chiari acconciati in modo molto disordinato, tanto che arrivavano a coprirgli quei meravigliosi occhi azzurri che si ritrovava.
Sorrise, alzandosi dalla sua poltrona, ed avvicinandosi alle due ragazze tendendo una mano verso Annabeth.
«Io sono Louis, lieto di conoscerti». Camila gli assestò un pugno sul fianco, facendolo scansare malamente, tanto che finì quasi per far rovesciare tutti i bicchieri sul tavolino.
«Non prendermi in giro stronzo che altrimenti ti do fuoco!» lo minacciò la ragazza puntandolo con l'indice. Il suo sguardo infuocato metteva davvero i brividi, ma per loro forse era normale e quasi un abitudine farla incazzare in quel modo.
«Okay, la smetto!» Louis si trascinò un pouf sotto al sedere e ci sprofondò sopra. «Quindi, tu sei-»
«Si, sono nuova!» lo anticipò lei, e si pentì all'istante del modo in cui le era uscito. Era risultata troppo sgarbata? Adesso l'avrebbero odiata di sicuro. Cominciò ad agitarsi, cercando di rimediare con un sorrisetto. «Cioè,-»
«In realtà stavo per dire, californiana» borbottò accigliato il ragazzo, tamburellandosi un dito sulle labbra corrucciate.
«Si, di San Diego precisamente» Se lo avesse tenuto ancora in dosso sarebbe diventata un tutt'uno con il suo cardigan per l'imbarazzo che stava provando in quel momento.
«Perché diavolo ti sei trasferita dall'altra parte del paese?» cominciò, sgridandola «Magari avessi avuto io l'opportunità di abitare in California!»
Annabeth ridacchiò, ma non prestò tanta attenzione ai discorsi di Louis più di quanta ne richiedevano.
Su quel ring Harry aveva appena messo al tappeto il suo avversario ed il pubblico era praticamente impazzito a quel gesto dopo aver contato i dieci secondi assieme all'arbitro. Chiunque avesse puntato sulla vittoria di Harry quella sera sarebbe sicuramente ritornato a casa con qualche soldo di più nel portafogli.

 

 
Dopo la fine dell'incontro, la sala ring si era completamente svuotata, vedendo andar via sia vincitori che sconfitti.
Annabeth aveva seguito i suoi nuovi “amici” fuori dal locale, dove poté finalmente respirare aria nuova e fresca. Fu quasi come rivivere.
Tutti si erano appartati da un lato, fumando sigarette. Era sicura che le canne se le fossere riservate per il festino organizzato in cinque minuti per festeggiare la vittoria di Harry.
Annabeth non aveva mai vissuto situazioni del genere, quella serata era stata carica di prime volte, e avrebbe tanto voluto rintanarsi a casa e rifletterci su, rimuginare sulle cose che aveva visto e fatto fino al punto di impazzire. Lei era fatta così.
Nel frattempo Harry fece la sua uscita dalla stessa porta da cui loro due erano entrate qualche ora prima, vestito e medicato.
Gli amici lo accolsero con schiamazzi vari, esclamazioni di ogni tipo.
«E per il nostro campione indiscusso, ecco arrivare l'ennesima vittoria!» gridò Niall, andandolo ad abbracciare. Gli diede qualche pacca sulla schiena con la mano libera, mentre nell'altra teneva stretta la sua birra fidata.
Non persero tempo che subito si tuffarono a capofitto in una conversazione tutta incentrata sul match di quella sera. A detta di Niall era stato abbastanza duro, mentre per Harry 'una passeggiata'. Camila gli aveva invece più volte controllato i tagli sul volto, inorridita, sul punto di vomitare alla vista del sangue fresco.
«Annabeth, ci vieni oppure no?» la ragazza la riportò ancora una volta con i piedi per terra mentre si era persa nei suoi pensieri contorti.
«Non lo so...» bisbigliò, guardando l'orologio da polso che le aveva regalato suo padre prima di partire.
«Perchè insisti così tanto?» intervenne una terza voce «Gliel'hai già chiesto tre volte e ti ha sempre risposto allo stesso modo. Mi chiedo come tu abbia fatto a convincerla a venire questa sera qui. E' già un miracolo che non sia svenuta o altro» disse ancora, con una strana rabbia a contaminargli quella voce all'apparenza calma «Il Rockin' Jokers non fa per lei, noi siamo persone che non fanno assolutamente per lei. Ma dove l'hai conosciuta? Al ritrovo delle verginelle locali?» Niall al fianco di Camila cercò di trattenere una risata, dovendo poi voltarsi dal lato opposto per non ridere in faccia ad Annabeth che fissava Harry con sguardo attonito. «Scommetto che non sa nemmeno com'è fatto!» fece scivolare lentamente una mano verso il cavallo dei suoi pantaloni, stringendosi i genitali con sfacciataggine. Camila si portò una mano alla bocca, cercando di nascondere un sorrisetto. Nel frattempo tutti gli altri si erano come zittiti.
Annabeth trasalì, e dischiuse la bocca per lo stupore. Che non fosse un gentiluomo lo aveva capito dal primo sguardo che gli aveva riservato, ma che si fosse permesso di dire quelle cose orribili sul suo conto senza averla neanche conosciuta realmente era troppo.
«Tu non sai niente di me» azzardò, cercando di far risultare il suo tono abbastanza sicuro. Si strofinò le braccia con le mani, sentendosi improvvisamente indifesa.
«Conosco il tuo nome e questo mi basta!» disse ancora lui, tranquillo. Si accese una sigaretta, di cui ne fumò tre quarti in un solo tiro.
«Non starlo a sentire, Anna» Camila l'allontanò dal suo amico e dalle sue parole pungenti, cercando di ristabilire il suo umore. «E' solo un pallone gonfiato, di botte però» Entrambe risero, «Se non te la senti di venire io ti capisco, ma mi piacerebbe comunque restare in contatto con te» le confessò, più che sinceramente.
«No, sai una cosa? Io ci vengo. Ho proprio voglia di vedere cosa avrà da ridire a riguardo quell'energumeno!» sbottò incrociando le braccia al petto come una bambina.
In diciannove anni della sua vita non si era mai sentita più carica e ostinata a voler dimostrare che quel ragazzo sbucato da chissà dove si sbagliava di grosso sul suo conto.
«Okay ragazzi, ci siamo tutti?» gridò Camila, afferrando la mano di Annabeth ed incrociando le loro dita teneramente. «C'è una festa che ci aspetta!»

 

 
Forse non era stata la migliore delle idee unirsi a quel gruppo di ragazzi per festeggiare la vittoria di un emerito imbecille che si era anche preso la briga di insultarla senza crearsi problemi poco prima, con delle stupide frasi fatte ascoltate chissà dove. Ma tutto sommato non si stava annoiando poi così tanto.
Sarà stato anche l'alcol a giocare la sua parte, ma Liam 'Payno' e Louis 'Tommo' erano davvero uno spasso.
«Dove cazzo eri finito?» gridò improvvisamente Louis, non appena un quarto soggetto si unì alla loro piccola cerchia.
Un ragazzo alto e dal fisico asciutto si accomodò sulla poltroncina libera accanto a lei. «Io lavoro a differenza vostra che passate le giornate a scommettere su Harry!» puntualizzò, prendendo un sorso dalla bottiglia di birra che aveva in mano.
Annabeth restò ad osservarlo qualche istante in più, lasciandosi prendere da tutta quella bellezza misteriosa.
Aveva capelli neri come la pece acconciati più o meno come quelli di Louis, degli occhi che non aveva mai visto prima in vita sua, delle labbra piene ed un profilo perfetto.
«Sto aspettando» disse improvvisamente, muovendo la bocca lentamente. Louis e Liam si erano estraniati per un momento.
«C-come scusa?» balbettò Annabeth, guardandosi attorno.
«Sto aspettando che tu mi chieda l'autografo» finì la frase, sorridendo beffardo, voltandosi infine nella sua direzione «Scherzavo. Sono Zayn, comunque» e stranamente non le aveva allungato la mano.
«Annabeth» disse solo.
«Un nome molto grazioso, Annabeth» Lei sorrise lievemente a quel complimento e avvicinò le labbra al suo bicchiere. Quella birra le stava dando il voltastomaco, ma avrebbe resistito solo per dimostrare a quel buffone che lei non era affatto una suora o quant'altro.
Annabeth lasciò vagare lo sguardo un po' ovunque, curiosa, soffermandosi poi su Niall e Camila che se ne stavano appiccicati l'uno sull'altra, intenti a mangiarsi vivi contro una parete.
Quasi non si strozzò con la birra, e gli occhi le uscirono letteralmente fuori dalle orbite. Boccheggiò per un istante, continuando ad osservarli.
Niall non si faceva problemi a toccare pubblicamente ogni singola parte del corpo minuto di Camila e lei non dispiaceva di certo lasciarglielo fare. Il suo seno, le cosce, i fianchi. Le loro bocche sembravano delle ventose in quell'istante. Non riuscivano a staccarsi, neanche per riprendere fiato.
Era la prima volta che vedeva qualcuno baciarsi con così tanto desiderio, enfasi, passione. Provò un senso di gelosia per quella che fu una frazione di secondo. Mai nessuno aveva osato comportarsi così con lei, e riusciva a capirlo soltanto guardandoli che Camila si dovesse sentire venerata in quel momento da come Niall la stesse apprezzando in ogni sua singola cellula.
E nessuno, a parte lei, che li guardava a bocca aperta.
«Stanno insieme? Camila e Niall, intendo» chiese, voltandosi verso Liam e richiamando la sua attenzione.
Il ragazzo arricciò le labbra per un istante, seguendo poi lo sguardo di Annabeth, e sorrise. «Non sono una coppia. Ogni tanto capita che si scambiano delle effusioni, vanno a letto insieme, cose così, e poi è probabile anche che il giorno dopo non si parlino» spiegò velocemente con un alzata di spalle.
«Ma come...?» insistette lei, incredula. Non era possibile che facesse sul serio. Solo due persone che si amano da impazzire si comporterebbero come loro due.
«Tu sei davvero troppo genuina per poter frequentare persone come noi, Anna» le rivelò, senza però perdere quell'espressione divertita, ma che rivelava un pizzico di compassione.
Compassione per lei, pensò. Non poteva sicuramente essere altrimenti. L'estranea che si era intrufolata per un po' nel loro mondo quella sera era lei. Non il contrario.
«Fatemi spazio!!» Harry uscì da quella massa di persone tutte accalcate lì, al centro della stanza, tenendo nelle sue grosse mani quattro bicchieri identici al suo.
Si avvicinò a loro quattro che avevano smesso di parlottare e incitò Louis e Liam, seduti accanto a lei sul divano, a fargli un po' di spazio.
«Sposta quel tuo culo grasso!» disse facendosi posto accanto a Liam.
Annabeth iniziò ad agitarsi non appena il corpo di Harry cominciò a sfiorare il suo tanto che erano vicini. Diventava nervosa non appena lui era nelle vicinanze. Alquanto logico, pensò, visto le dolci e tenere parole che le aveva rivolto senza prendersi nemmeno la briga di presentarsi.
«Permetti?» le chiese dopo che lei stessa aveva cercato di scostarsi il più possibile da lui.
Annabeth non capì a cosa si stesse riferendo ed era quasi sul punto di chiederglielo, ma venne velocemente spostata da Harry sulle sue stesse gambe. «Grazie» disse poi, sorridendole compiaciuto. «Adesso sto più comodo».
Anna avvampò per l'imbarazzo e non appena tentò di alzarsi e scappare letteralmente via da lui, Harry la tenne stretta a se per i fianchi. «Sta' buona. Non ti faccio nulla» sussurrò al suo orecchio, provocandole una serie di brividi che la fecero trasalire.
Gli altri ragazzi, del tutto disinteressati a quello che era appena accaduto, continuavano le loro conversazioni, tranquilli.
Possibile che fosse tutto normale per loro? Pensò, volendo ardentemente ritornare a casa.
L'orologio segnava appena le due di notte, ma lei era già stanca, sia mentalmente che fisicamente.
Stava iniziando ad accettare il fatto che era seduta per la prima volta nella sua vita sulle gambe di un ragazzo che per lo più le stava anche antipatico. Buttò giù un paio di sorsate di birra, ritrovandosi il bicchiere improvvisamente vuoto. Lo lasciò cadere sul tavolino già stracolmo di spazzatura, incastrandolo ad un altro altrettanto vuoto.
Si sentì solleticare sul collo, proprio sotto il lobo sinistro e poi la mano di Harry che le accarezzava la gamba attraverso il tessuto del jeans. Dischiuse le labbra, pronta a dire qualcosa, ma lui la precedette, continuando però a stuzzicarla.
«Mi piace il tuo profumo» sussurrò.
Sicura di non aver messo nessun profumo o spray prima di uscire, si accigliò automaticamente, ma lui non poteva vederla. «Q-quale p-profumo?» gracchiò. Schiarendosi poi la voce, ripeté più forte: «Quale profumo?»
«L'odore di innocenza e ingenuità che ti porti appresso» finì, mordendole la pelle. «Mi piace da impazzire» soffiò.
Annabeth si voltò sconvolta per fissare i suoi occhi verdi guardarla con malizia e si alzò dalle sue gambe con una mossa rapida, tentata dal mollargli uno schiaffo per la sua inaccettabile sfrontatezza, ma gli voltò semplicemente le spalle e non si curò neanche di salutare gli altri ragazzi. Lasciò quella stanza allontanandosi da Harry che rideva di gusto per la sua reazione.
Aveva vinto lui. Per la seconda volta quella sera.
«Cosa le hai fatto?» sentì gridare da Liam, mentre lei ormai non riusciva a vedere più nulla se non immagini sfocate, appannate dalle lacrime che si erano accumulate agli angoli dei suoi occhi azzurri. Avanzava a tentoni, cercando di capire da che parte fosse l'uscita, e tutte quelle persone ubriache da far schifo non facevano altro che confonderla sempre di più.
Si sentiva persa, come in un mare in tempesta.
Camila ormai l'aveva completamente dimenticata, con tutto quello che le era capitato negli ultimi dieci minuti non ci aveva nemmeno più pensato.
Desiderava soltanto tornare nel suo piccolo appartamento ed addormentarsi avvolta dalle coperte.
«Da dove diavolo si esce?» Si lasciò sfuggire quel grido liberatorio e si portò entrambe le mani tra i capelli, esasperata.
«Ehy, Anna. Tutto okay?» si sentì tirare per un gomito e non appena si voltò incontrò gli occhi blu di Niall.
«No! Non è per nulla okay!» si dimenò dalla sua presa, scostandosi bruscamente.
«Camila era con me fino a due minuti fa. Posso andare a chiamarla se vuoi, sempre se è lei che cercavi» disse lui senza scomporsi minimamente alla vista della sua reazione rude. Comportarsi da maleducati doveva essere all'ordine del giorno per quei ragazzi.
Ma dov'era capitata? Possibile che bastasse spostarsi dall'altro capo del paese per sembrare di essere capitati su un altro pianeta?
«Si, grazie» borbottò questa volta calmando i suoi toni. Sentiva il sangue ribollire nelle vene, fino al cervello, dove riusciva a percepire perfino le pulsazioni del suo cuore.
«Aspettami qui». E fu di parola il biondino, poiché dopo pochi secondi ritornò da lei tenendo per mano Camila. Le lasciò da sole e sparì nella folla.
«Dov'eri?» chiese Annabeth.
«Io e Niall ci stavamo divertendo un po'...» disse vaga, senza guardarla negli occhi. Annabeth sorrise. Anche Camila allora era capace di imbarazzarsi con niente.
«Ti spiace mostrarmi da dove si esce? Voglio tornare a casa» si spostò la borsa da una spalla all'altra «Sono stanca e domani ho anche lezione all'università» si inventò quella scusa, pur di uscire da quell'inferno.
«Certo, vieni! Stavo giusto pensando di tornare anch'io» Ed in un batter d'occhio furono fuori.






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writer's corner.
Buonasera mie care lettrici!
Non saprei come iniziare questo piccolo discorsetto di benvenuto, ma ad ogni modo ci provo.
L'ultima fanfiction che ho scritto, prima di questa, non è andata a buon fine e chi la seguiva lo sa. Odio lasciare fanfic in sospeso qui sul sito e per questo che l'ho cancellata subito dopo aver capito che non sarei andata avanti. E' stato un brutto colpo per me, tanto che mi ci è voluto un po' per ritornare a scrivere, ma poi ci sono riuscita.
Porto avanti questa storia da un po', ci sono andata con i piedi di piombo, ma da un paio di giorni non pensavo ad altro se non al fatto che volevo pubblicarla da qualche parte per farla leggere al pubblico.
Se adesso riesco ancora a scrivere qualcosa sul foglio bianco lo devo soprattutto alla mia bff. E' il mio angelo custode praticamente e senza di lei non saprei cosa fare, davvero. I love you.
Quindi, dopo questa non-breve parentesi, spero che vi sia piaciuto il primo capitolo, che abbia suscitato almeno un po' di interesse in voi e mi piacerebbe -ovviamente- leggere i vostri pensieri.
Alla prossima, spero.
Love you all,
Iriis.

 
  
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