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Autore: flatwhat    02/12/2014    0 recensioni
Canon era. What If.
Dopo gli eventi della barricata, Enjolras si risveglia, ferito e dolorante, a casa di Valjean.
Alcuni dei suoi amici sono sopravvissuti, la maggior parte sono morti.
Come reagirà alla notizia? Non sarà l'unico a dover decidere cosa fare ora della propria vita.
(Enjolras/Valjean, Courfeyrac/Fantine, Grantaire/Javert; major character death; iniziata come una sfida con me stessa, opinioni/critiche/pomodori ben accetti)
Genere: Angst, Triste | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Slash, Crack Pairing | Personaggi: Enjolras, Fantine, Grantaire, Javert, Jean Valjean
Note: OOC, What if? | Avvertimenti: Incompiuta, Tematiche delicate, Violenza
Capitoli:
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Capitolo 4: Varie Incertezze
 
‘Solo stasera e poi non vi chiederò più niente’, aveva detto Grantaire, ma Javert non era uno stupido. Sapeva che, appena tornati, avrebbe ricominciato a lamentarsi di come gli stavano finendo i colori per dipingere.
Non c’era nessuno per strada in quel momento, ma Javert accelerò il passo, aspettandosi che Grantaire facesse altrettanto, dietro di lui.
Il ragazzo sapeva essere davvero fastidioso, se voleva, ma più Javert ci pensava, più doveva convenire che l’essere rinchiuso tutti i giorni con solo pochi momenti di libertà, e con Javert come unica compagnia avrebbe reso isterico chiunque.
A proposito di Grantaire, era strano che non avesse ancora detto una parola. Javert si volse a guardarlo e lo vide tenere il capo chino a osservare attentamente dove metteva i piedi, passo dopo passo.
Javert soppesò l’idea di chiedergli cosa non andasse, dopo che ebbe rallentato il passo facendo in modo che Grantaire lo raggiungesse, ma lui alzò la testa e parve capire senza che gli venisse detto nulla.
“Sono un po’ nervoso, Monsieur”, disse, scrollando le spalle come a dire ‘Non è niente di grave’.
Javert lo fissò per un lungo momento e poi volse di nuovo lo sguardo verso la strada.
“Valjean si fa chiamare Fauchelevent, davanti a sua figlia. E al vostro Enjolras. Cercate di fare attenzione”.

***

“Prego, entrate, Messieurs”.
Javert e Grantaire entrarono , facendo un cenno di saluto a Toussaint.
Fantine scorse, con la coda dell’occhio, l’espressione di Jean, notando come avesse già indossato l’espressione più gentile che poteva, mentre lui e Cosette accoglievano i due ospiti in modo quasi festante.
Da parte sua, Fantine non andò oltre al suo mezzo sorriso con le labbra chiuse.
I convenevoli andarono avanti per un po’.
“Monsieur Grantaire, sono lieto di vedervi in forma. Ah, questa è mia figlia Cosette”.
“Incantato, Mademoiselle”.
“Piacere di conoscervi, Monsieur”.
“Ah, Javert, vorresti accomodarti? Ah, Monsieur Grantaire, siete qui per Enjolras, giusto?”.
“Beh…”.
“Vi accompagno da lui, Monsieur, c’è anche Courfeyrac. Toussaint, vieni anche tu, così intanto ci prepariamo per uscire”.
“Fate pure”, aggiunse Fantine, rivolta a Toussaint, che stava venendo trascinata da un’entusiasta Cosette, insieme a Grantaire. “Non avremmo bisogno di niente, stasera”.
Cosette annuì. 
“Sì. Lasciamoli a discutere di cose barbose”, borbottò, facendo poi l’occhiolino a Fantine.
Fantine non poté resistere ad un sorriso più sincero che le increspò le labbra.
Prima che avesse il tempo di sentirsi in colpa per sua figlia, e la vita che sia lei che Jean le nascondevano da sempre, la porta si chiuse con fragore, lasciando nel piccolo salotto solo quei tre tristi anziani. Fantine si includeva nella definizione.
Sospirò, vedendo gli altri due che si sedevano sulle poltrone, per poi prendere posto a sua volta. 
Le sue personali riserve verso Cosette avrebbero potuto aspettare, come anche le preoccupazioni di Jean, perché quella sera l’Ispettore Javert era venuto di nuovo a intrattenerli con le sue. E se Fantine poteva pensare a lui con fredda oggettività quando lui non c’era, si ritrovava a reprimere moti improvvisi di puro fastidio, quando si trovava in sua presenza.
Ricordava, quando Jean era tornato insieme a Courfeyrac, quella sera di giugno, ricordava com’era stata alzata tutta la notte incapace di prendere sonno, ad aspettarlo, pregando che questa volta il suo spirito di sacrificio non gli fosse fatale.
Ricordava di come, anche quando Courfeyrac era improvvisamente crollato dopo una giornata da incubo e Jean aveva cominciato a delirare su come sarebbe dovuto tornare in galera, anche mentre lui e Fantine si accingevano a prendersi cura dei due svenuti, anche dopo che lei lo aveva visto tornare in uno stato pietoso.
Ricordava di aver alzato la voce, forse aveva addirittura urlato, al punto che aveva svegliato la povera Toussaint, che preoccupatissima si era immediatamente precipitata fuori a cercare quel medico tanto buono, tale Meunier, il quale viveva a pochi isolati ed era degno di fiducia. Certamente, Toussaint aveva già capito precedentemente tutto al riguardo della vita che Jean e Fantine (spinta dal pensiero di lui; fosse dipeso da lei, si sarebbe liberata dai segreti da tempo immemore) si ostinavano a nascondere, anche se non l’aveva mai palesato. E se non l’aveva saputo prima, non c’era modo che non l’avesse scoperto quella notte, quando Fantine aveva gridato verso lo spettro di quell’uomo che era il fantasma pauroso della Legge.
‘Non lascerò che ti porti via! Lo ammazzerò!’, era ciò che aveva gridato, tra le altre cose. Solo l’espressione che era passata sul volto di Jean in quel momento era bastata per imprimerle quel momento nella sua memoria e in quell’istante Fantine si era sentita come tornata a tanti anni prima, quando quel signorotto l’aveva maltrattata e lei aveva reagito.
(Quando poi Javert era passato dalla porta di casa, Fantine era stata pronta a graffiare, prima che Grantaire facesse capolino annunciando che l’Ispettore non si sentiva bene e lo avrebbe accompagnato a casa).
Di quel momento, Fantine ricordava anche che Courfeyrac aveva iniziato a riprendere conoscenza e aveva udito anche lui quelle urla disperate.
Questo ultimo pensiero le riportò alla mente Courfeyrac. Ma prima che Fantine potesse anche solo provare ad aggiungere a questo turbinio di riflessioni il comportamento che avrebbe dovuto tenere con quel ragazzo, ora che Fantine aveva preso ad osservarlo cautamente per scoprire se le somiglianze con Tholomyes si fermassero solo a determinati atteggiamenti, Jean parlò.
“Come va il lavoro?”.
Fantine si riscosse.
La domanda era stata rivolta all’Ispettore Javert che, Fantine glielo leggeva in faccia ogni volta che Jean gliela poneva, non avrebbe potuto detestare di più di come faceva attualmente.
Fantine registrò le rapide contrazioni del suo volto prima che lui rispondesse.
“Nulla di nuovo. Stiamo cercando un evaso che non si fa trovare”.
“Capisco”, disse Jean.
La conversazione parve finire lì, ma ad un tratto l’Ispettore Javert si posizionò dritto sulla poltrona, una mano sul mento, squadrando Jean da capo a piedi.
“Ciò mi ricorda che forse tu sai dove si trovi”.
Fantine si irrigidì. Javert gli dava del tu per sua stessa richiesta, ma era il tono con cui si era appena rivolto a Jean che fece nascere un principio di sdegno in Fantine. Oltre che quella strana assunzione.
Jean allargò leggermente le braccia, innocente.
“Non saprei. Lo conosco?”.
Javert si risistemò contro schienale.
“Lo hai incontrato nelle fogne, quando… quella sera”.
“Ah”, fece Jean. “Sì, ho incontrato-”, si bloccò di colpo.
“Immaginavo”, aveva ripreso Javert. “Non saresti potuto uscire senza una chiave”.
Jean pareva essere diventato muto, tanto che le successive parole di Javert furono pronunciate in tono esitante, quasi imbarazzato.
“Forse non avrei dovuto. Perdonami”.
Ma non era stato il ricordo di quel giorno a fermare Jean.
“Va tutto bene. Ma non proprio dove sia andato”.
La rapida occhiata che gettò a Fantine di soppiatto la fece raggelare. Era la prima volta che lei udiva parlare di un fuggitivo dentro le fogne, poiché né Jean né Courfeyrac lo avevano mai menzionato. E ora, negli occhi di Jean, le era sembrato di scorgere una strana riservatezza.
‘Che cosa mi sta nascondendo?’.
Fu lei a parlare, questa volta, con voce alta e autoritaria.
“Ispettore, potete dirmi come si chiama, l’uomo che state cercando?”.
Javert la fissò, sorpreso da quello scatto improvviso. Fantine notò, con la coda dell’occhio, che anche Jean la stava guardando, le sopracciglia curvate quasi impercettibilmente.
“Si chiama Thenardier”, rispose Javert, con nonchalance.
Una frazione di secondo dopo, notò l’espressione sgomenta di Fantine. Non ci volle molto prima che ricordasse, e che il suo volto assumesse un’aria simile.

***

Quando la porta del salottino si chiuse dietro di loro, Grantaire aspettò di venire accompagnato da Enjolras e Courfeyrac.
Ma Cosette sembrava restia ad allontanarsi dalla porta, guardandola intensamente.
Un rapido pensiero attraversò la mente di Grantaire, che ricordò le parole di Javert.
‘Valjean si fa chiamare Fauchelevent davanti a sua figlia’.
Cercò di schiarirsi la voce nel modo più educato possibile, e quando Toussaint si voltò verso di lui con un’espressione apologetica dopo aver richiamato Cosette, offrì solo un gran sorriso.
“Scusate voi, Madame. È solo che non vedo l’ora di rivedere i miei amici”.
Cosette gli sorrise a sua volta e lo prese di nuovo per un braccio.
“Toussaint, voi intanto andate a prepararvi”.
La cameriera si accomiatò con un leggero inchino.
“Dopo andrò a trovare Marius, sapete”, cinguettò Cosette, scortando Grantaire nel corridoio.
“Ah! Posso chiedervi di portargli i miei saluti, Mademoiselle?”.
“Certamente! Ecco, questa è la stanza”.
L’esitazione di Grantaire evidentemente non le passò inosservata, quando passò qualche secondo e ancora lui non aveva fatto cenno di aprire la porta.
Si protese in avanti verso di essa, con il pugno alzato sulla porta e guardò Grantaire, con una domanda rinchiusa nel suo sguardo.
Grantaire annuì e Cosette bussò.
“Posso? Sono Cosette”.
Socchiuse la porta.
“È arrivato Monsieur Grantaire”.
Scorgendo Enjolras e Courfeyrac, Grantaire non poté trattenere un sorriso.
“Io andrò a trovare Marius e a portare i vostri saluti. Buona serata”.
Dopo un piccolo inchino, Cosette si volse verso Grantaire e gli fece un altro dei suoi sorrisi.
“Vi lascio soli”, disse, a voce bassa, e se ne andò dopo un altro inchino.
Grantaire trattenne il fiato ed entrò nella stanza, illuminata da due candelabri d’argento, e chiuse la porta dietro di sé.

***

“Thenardier”, Fantine ripeté.
Valjean si premette una mano sul volto.
“Thenardier”, udì Fantine ripetere di nuovo, con voce tremante.
Un fruscio di vesti lo convinse ad abbassare la mano. Fantine si era alzata, e teneva le labbra serrate, come a voler trattenere le parole che minacciavano di uscire fuori come un’eruzione.
Valjean vide Fantine che prendeva fiato un paio di volte.
“Fantine”, cercò di dire, ma lei fulminò con lo sguardo prima lui e poi Javert.
“Quell’uomo è ancora a piede libero”, disse lei. Lo sforzo che stava facendo per suonare calma era chiaramente udibile nella sua voce tremolante.
Javert, che forse ora ricordava tutte le malefatte di Thenardier, abbassò gli occhi, di fronte a lei.
Persino Valjean si dovette sforzare, per riuscire a guardarla. Il peso che aveva sul cuore era difficile da ignorare.
Fantine sembrava voler dire parecchie cose, schiudeva le labbra e poi le richiudeva, si stringeva le mani.
Ma alla fine, si risedette.
“Trovatelo”, mormorò. “Vi prego”.
Nessuno osò parlare, e la stanza sprofondò nel silenzio, per alcuni interminabili momenti.

***

“Grantaire!”, esclamò Courfeyrac, andando incontro all’amico e stringendogli la mano.
Grantaire fu felice nel constatare che la sua stretta era forte e vigorosa.
Ma anche se era contento di rivedere Courfeyrac, il suo sguardo si spostava inesorabilmente verso Enjolras e tutto il suo corpo fremeva dalla voglia di parlare con lui.
Alla fioca luce proveniente dai candelabri, il viso del ragazzo appariva quasi ultraterreno, e sempre bello in modo angelico, nonostante fosse scavato dalla convalescenza.
Enjolras gli stava sorridendo.
Courfeyrac aveva mollato la presa, e Grantaire si avvicinò al letto di Enjolras, in silenzio.
“Come stai?”, riuscì a dire, poi.
Enjolras fece una risatina.
“Mi trovi in un momento non facile, Grantaire. Pensare che domani avrei voluto uscire da questo letto”.
“Non so se ti convenga farlo”, intervenne Courfeyrac.
Enjolras sbuffò.
“Devo, Courfeyrac. Anche solo per qualche minuto, altrimenti sento che impazzirò. Tu come stai, Grantaire?”.
Prima che Enjolras si rivolgesse a lui, Grantaire era rimasto in silenzio ad osservarlo come una visione. Quella domanda lo riscosse.
“Io sto bene”.
Enjolras, però, si accigliò.
“E l’Ispettore?”.
Grantaire si strinse nelle spalle.
“Non è una minaccia. Non te lo avevano già detto?”, disse, voltandosi poi a guardare Courfeyrac.
Ma sentì che Enjolras gli stava sfiorando la mano e non poté non abbassare gli occhi ad ammirare quell’evento.
“Volevo sentirlo da te”.
Per un lungo momento, i due si guardarono, senza dire una parola.
Nello sguardo e nel sorriso appena abbozzato di Enjolras, Grantaire scorse qualcosa. Esitazione?
“Enjolras”, sussurrò, stringendogli la mano.
Il ragazzo non tentò di rimuoverla ma, quasi teneramente, ricambiò la stretta.
“Perché mi hai salvato, Grantaire?”, chiese Enjolras, il sorriso che non gli arrivava agli occhi.

***

Grantaire si sistemò la giacca, cercando di proteggersi con il colletto. Gli venne in mente che avrebbe fatto meglio a indossare una sciarpa, prima di respingere il pensiero con una risata. 
Il fresco serale sembrava così gelido da essere fuori posto, in quel periodo dell’anno.
L’Ispettore Javert camminava, meditabondo, a pochi passi dietro di lui. 
“È successo qualcosa, Monsieur l’Inspecteur?”, gli chiese, cosa che lo fece sbuffare.
“No”, rispose lui, e poi rigirò la domanda. “E a voi?”.
“No”, disse Grantaire.
Il rumore dei passi di Javert si fece più veloce. In un attimo, l’Ispettore fu accanto a Grantaire.
“Si nota abbastanza quando mentite, sapete?”.
Grantaire non riuscì a trattenere un ghigno.
“Vale anche per voi, Monsieur”.
Javert lo fissò, un lampo di rabbia negli occhi, ma non disse nulla. Per un po’, udirono solamente il rumore dei propri passi sulla strada.
In quei minuti, Grantaire rimuginò su quanto era successo. Aveva aspettato ma anche temuto quell’incontro per tanto tempo, e ora non sapeva bene come si sentisse.
Realizzò di avere bisogno di parlarne.
“Domani”, disse, e l’attenzione di Javert si focalizzò di nuovo su di lui. “Domani avreste voglia di ascoltarmi, Monsieur? In cambio, ascolterò volentieri voi”.
La prima risposta che udì, fu un sospiro.
“Se ci tenete”, disse Javert, poco dopo.

***

“Quando tornerà Cosette?”, chiese Jean, guardando fuori dalla finestra con aria nostalgica.
“Non lo so. Le ho dato il permesso di rimanere fino a tardi”.
Fantine gli posò una mano sulla spalla e si mise a guardare insieme a lui, anche se lei, in realtà, non stava veramente guardando qualcosa in particolare.
“Così non avrebbe sentito?”.
“Sì”, ammise Fantine. Sospirò.
“Penso che dovremmo parlarne, un giorno”.
“Sì, lo credo anche io”, rispose Jean.
Aveva risposto con una voce così mesta che Fantine sentì una stretta al petto. La sua mano lasciò la spalla di lui per afferrargli, quasi con forza, la mano appoggiata sul davanzale.
“Devi perdonarmi, per oggi”.
Jean si voltò a guardarla, e la malinconia nei suoi occhi fece sentire Fantine ancora più piccola. 
“Sono io che dovrei scusarmi. Avrei dovuto dirti di Thenardier”.
La mano di Jean era grande e fredda, nella sua. Fantine la strinse più forte, pensando a Thenardier e a come tornava sempre per mettere in pericolo le persone che amava.
Ma non voleva parlarne ancora.
“Sai”, balbettò, esitante. “Courfeyrac mi ha ricordato di dirti che devi sentirti libero di dire chi sei ad Enjolras”.
Jean emise un suono che poteva essere un sospiro o uno sbuffo, e si allontanò dalla finestra, lasciando anche la mano di Fantine.
Ma, prima di andarsene, si voltò verso di lei.
“Lo farò. Proverò”, disse.

***

Courfeyrac risedette sulla sedia, e nascose la testa fra le mani.
“Era questo che volevi dire?”.
Enjolras non rispose.
Non sarei dovuto sopravvivere.
Courfeyrac alzò la testa e la rivolse al soffitto, incapace di guardare l’amico, girato su un fianco sul letto.
E lui, Courfeyrac, che cosa provava?

 
Spazio autrice:
Lo so, è passato un bel po' di tempo dall'ultimo aggiornamento. X_x Mi dispiace presentarmi così e con un capitolo più corto del previsto, ma pazienza XD
In realtà, anche questo capitolo mi ha messo in difficoltà, non so se si nota XD, è sempre per via della povera Fantine... forse ho esagerato un po' nella sua reazione, ma questa è una Fantine che ha visto con i suoi occhi come i Thenardier hanno trattato la figlia.

Ringrazio tutti coloro che stanno seguendo la storia, e Alchimista per aver accettato di farmi da beta! <33
Al prossimo aggiornamento! Sto pensando di lasciare in pausa questa long per qualche giorno, ma giusto perché avevo in cantiere qualche altra robetta e questa long mi fissava malissimo e mi faceva venire i sensi di colpa, lol. Ma spero di non aggiornare troppo tardi! XD
  
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