Serie TV > Distretto di polizia
Ricorda la storia  |      
Autore: LadyDancer    04/12/2014    1 recensioni
L’insegna del Decimo Tuscolano sembra brillare sotto la luce del sole, le sue lettere appaiono chiare come non lo erano mai state. Da quant’è che Roberto non le vedeva. Fino a sei anni fa entrava e usciva normalmente dal Decimo, senza badare all’insegna, era una cosa naturale, mentre ora, sei anni dopo, gli sembrava l’insegna più bella del mondo. Anche a lui, come ad Anna e a Giulia, quel posto ricordava casa.
Genere: Azione | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Anna Gori, Luca Benvenuto, Roberto Ardenzi, Sorpresa, Un po' tutti
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
Il X Tuscolano è sempre pieno di gente. Gente che corre da ogni parte. Dentro, fuori, intorno, non c’è un attimo di pace. Nel suo ufficio, Luca, anzi, il vicequestore aggiunto, mi raccomando “aggiunto”, ci tiene tanto, Benvenuto, è immerso da scartoffie delle quali farebbe volentieri a meno. Ogni tanto entra Vittoria, e ogni santa volta si porta dietro fogli su fogli da controllare e firmare, identikit, responso della scientifica, della postale, aggiornamenti del questore. Questo è il brutto di essere a capo di un commissariato, questa è l’unica cosa che non piace a Luca del suo lavoro, le questioni burocratiche. Così all’ennesima bussata di Vittoria, nemmeno alza gli occhi, dice semplicemente: - Grazie, metti sulla scrivania anche questi. -
- D’accordo vicequestore AGGIUNTO, il caffè glielo poso sul tavolo. -
Luca si interrompe da ciò che stava facendo, se la ricordava quella voce, l’avrebbe riconosciuta tra mille, non era la voce di Vittoria, né quella di Elena, né tantomeno quella di Ugo o Ingargiola. Era la sua voce, ne era sicuro. Alza gli occhi. Davanti a lui c’è l’unica persona che avrebbe voluto vedere in quel momento, con addosso il sorriso più bello del mondo. Davanti a lui c’è Anna. Per un attimo Luca crede di aver visto un fantasma, sa bene che la sua migliore amica, se così vogliamo chiamarla, si è trasferita a Trieste due anni fa, insieme ad Abel, il figlio di Dorian, per studiare biologia marina. E invece eccola qua, di nuovo insieme a lui, anche se per poco tempo.
- Anna! Che ci fai qui? Non eri a Trieste? – scatta in piedi per andare verso di lei.
- Sono tornata. -
- E quanto ti fermi? Spero che tu abbia preso una bella pausa dagli studi. -
- Luca, non c’è nessuno studio, io non ho mai abbandonato la polizia. -
- Che significa che non hai mai abbandonato la polizia? E biologia marina? -
- Non mi sono mai nemmeno iscritta. Era una scusa per allontanarmi da te, da noi, da quello che era successo. Ho fatto domanda per una nuova destinazione e mi hanno trasferito a Trieste come ispettore capo. Dopo due anni però ho capito che senza di te, di voi, non posso vivere, così ho chiesto il trasferimento di nuovo qui, al Decimo, la mia casa. -
- Quindi ti fermerai per sempre? -
- Per sempre Luca, per sempre. -
Scoppiano in lacrime entrambi, e si abbracciano così forte da recuperare tutti e due gli anni di separazione. Nello stesso momento la porta del commissario si spalanca, entra Elena in fretta e in furia per abbracciare la sua grande amica.
- Tesoro come stai? -
- Adesso bene, benissimo. E tu? Con Castelli? -
- Una meraviglia. Senti ma quanto hai intenzione di fermarti? –
Nel frattempo entrano nell’ufficio anche Vittoria, Ugo e Giuseppe.
- Ragazzi – si schiarisce la voce Anna – oggi sono tornata, ma ho intenzione di rimanere per sempre. Non vi abbandonerò più. Se siete d’accordo, l’ispettore Gori da oggi torna ufficialmente in servizio. -
- Signorsì ispettore! – affermano tutti solennemente, con la mano attaccata alla fronte, come vuole il protocollo della Polizia di Stato.
***
Roberto si sveglia di soprassalto, come fa ormai praticamente tutte le sere da quando è morto Mauro. Francesca gli chiede se ha avuto un incubo, anzi, l’incubo, ma lui non risponde, continua a guardare fisso nel vuoto. Dopo qualche minuto si riprende:
- Ho sognato Mauro. -
- L’avevo intuito, amore. Però devi capire che non puoi fartene una colpa ogni volta, hai preso i suoi assassini sei anni fa, non sarà arrivato il momento di ricominciare a vivere? -
- Non ho sognato l’incidente. – si interrompe qualche secondo, come per riflettere se sia giusto dire alla moglie quello che sta pensando. – Ho sognato Mauro, in carne ed ossa. Mi diceva che non era morto, che stava bene e che dovevo tornare al Decimo per capire di cosa stava parlando. -
- Tesoro, l’hai detto tu, era un sogno. -
- Sì ma era troppo reale. Ti ricordi quando Carrano ti ha fatto indossare la collana/bomba e mi è apparso Mauro che mi ha detto quale filo tagliare? Ecco, una cosa del genere. -
- Ho capito, ma sono anni che sei commissario capo alla DIA, ci siamo anche trasferiti a Salerno, te lo sei guadagnato quel posto, perché vorresti buttare tutto per un semplice sogno? -
- Perché me l’ha detto Mauro, ecco perché. –
***
Nel frattempo al Decimo tutti festeggiano il ritorno di Anna nell’ufficio del vicequestore, e nessuno si accorge dell’arrivo di una donna sulla quarantina, con un trench bianco e l’aria di una che è appena tornata a casa dopo tanti anni. Si affaccia all’ufficio degli ispettori, osserva le scrivanie, e si sofferma su una in particolare. Era passato così tanto tempo, ma ogni volta che ci posava lo sguardo non poteva fare a meno di vedere il suo viso, di sentire la sua voce, il suo profumo. Quella era e sarebbe sempre stata la scrivania di suo marito, troppe volte era entrata lì per dare ordini, troppe volte l’aveva visto seduto lì, ed era per questo che se ne era andata. Ora tornarci era stato un trauma. Non vedendo nessuno, decide di avviarsi nell’ufficio del suo agente scelto, del quale aveva seguito la carriera da lontano, che era riuscito a diventare addirittura vicequestore aggiunto. È qui che sente un gran chiasso, e capisce che c’è aria di festeggiamenti.
- Che è qua? Non si lavora? Mi meraviglio di lei vicequestore, che acconsente a lasciare un commissariato in queste condizioni! – e inizia a ridere guardando la faccia stupita degli uomini che fino a qualche anno fa erano i suoi uomini.
- Non sono un semplice vicequestore, sono un vicequestore aggiunto, prego! – e inizia a ridere anche lui.
- Mi raccomando, “aggiunto”, altrimenti ci rimane male! – dice Anna per prenderlo in giro.
- Ispettore Gori! Mi avevano detto che eri partita per Trieste, sono contenta di vederti qua. -
- Anch’io commissario Corsi. -
- Giulia! Che bello rivederti! Come stai? – la stritola Vittoria.
- Bene bene, grazie. -
- Commissario, come mai qua? – interviene Ingargiola.
- Nostalgia di casa – dice sorridendo – e ovviamente lavoro. Ah ragazzi, mi raccomando, da oggi per tutti sono Giulia, niente commissario o vicequestore, qui l’unico capo è Luca ora. -
- D’accordo commiss… Giulia. – si riprende Ugo sorridendo, e tutti continuano a brindare al ritorno delle due donne del commissariato, Anna e Giulia.
***
L’insegna del Decimo Tuscolano sembra brillare sotto la luce del sole, le sue lettere appaiono chiare come non lo erano mai state. Da quant’è che Roberto non le vedeva. Fino a sei anni fa entrava e usciva normalmente dal Decimo, senza badare all’insegna, era una cosa naturale, mentre ora, sei anni dopo, gli sembrava l’insegna più bella del mondo. Anche a lui, come ad Anna e a Giulia, quel posto ricordava casa. Ma allo stesso tempo ricordava due dei momenti più brutti della sua vita. La morte di sua moglie Angela, e la morte del suo migliore amico Mauro. Lentamente apre la porta d’ingresso del commissariato, come se avesse paura di quello che avrebbe trovato. Quante volte aveva attraversato quel corridoio, quando lavorava li. Non appena entra nell’atrio, delle immagini gli si parano davanti agli occhi. L’arrivo del commissario Scalise, quando il commissariato era nelle sue mani e c’era gente che andava e veniva senza uno straccio di ordine, la conoscenza casuale del commissario Corsi, quando credeva che fosse una povera ragazza trovatasi nel posto sbagliato al momento sbagliato, la morte del suo amico Paolo, la morte di sua moglie Angela, l’avviso di garanzia a causa della morte di Ira Droscorcic, il tutto affrontato con i suoi colleghi, i suoi grandi amici, compagni di un percorso importante della sua vita, ma soprattutto insieme a lui, Mauro, ed era per lui che era tornato, dopo così tanto tempo, al Decimo Tuscolano.
- Non ci credo – sussurra una voce poco lontana da Roberto – Non può essere lui. No sicuramente mi sto sbagliando. -
- Con chi ce l’hai Ingargiò? – scherza Vittoria – hai visto un fantasma? -
Giuseppe non parla, si limita a fare cenno a sua moglie, per indicare la figura che si vede di fronte.
Luca e Giulia escono dall’ufficio e notano Vittoria e Ingargiola che fissano un qualcuno che loro ancora non riescono a vedere. Si avvicinano ancora di più, e finalmente capiscono quelle facce.
- Roberto! Ma sei davvero tu? -
- Certo che sono io! Luca! Vittoria! Giuseppe! Giulia?! Che ci fai qui?! -
- Potrei farti la stessa domanda io, caro commissario Ardenzi. -
- Poi con calma ve lo spiegherò. Ma Alessandro? Anna? Parmesan? Irene? Che fine hanno fatto tutti? -
Alla detta di Irene, tutti abbassano lo sguardo.
- Che succede ragazzi? -
- Eccomi! – dice Anna uscendo dall’ufficio insieme a Elena – da quanto tempo! – e si scambiano due baci affettuosi.
- Lei è l’ispettore Argenti. – prova a cambiare discorso Luca.
- Piacere Elena. -
- Piacere Roberto. – si presentano con una stretta di mano.
- Insomma gli altri? – incalza Roberto.
- Parmesan è andato in pensione quattro anni fa. – afferma Vittoria.
- Ah finalmente si è deciso ad andarsene! Erano anni che diceva di voler cambiare mestiere. -
- Alessandro è partito per gli Stati Uniti. – dice Luca.
- Bene, una vacanza fa bene a tutti. -
“Sì, chiamala vacanza…” pensa Ugo.
-
Immagino sia partito con Irene. -
Silenzio tombale.
- Si sono lasciati? -
- Non esattamente. – bisbiglia Anna, guardando a terra.
- Allora? – Roberto inizia a capire.
- Irene è morta quattro anni fa. Tre assassini… - irrompe Elena
- Erano due gli assassini, Elena. – la consola Luca.
- Due assassini gli hanno sparato in pieno petto mentre cercava di fermarli da sola, ce l’hanno portata via a trent’anni. – continua tutto d’un fiato.
Anna abbraccia Elena, e tutti si guardano con aria triste.
- Mi dispiace, non potevo saperlo. – si rammarica Roberto.
- Dài, oggi non è giornata per essere tristi, abbiamo ritrovato non uno, non due, ma ben tre ispettori, commissari e vicequestori del mitico ed inimitabile Decimo Tuscolano, dobbiamo essere felici. – cerca di rallegrare gli animi Giuseppe.
- Forse ritroveremo anche un quarto. – azzarda Roberto.
- Perché? Che vuoi dire? – chiedono in coro.
- È il motivo per cui sono tornato, ma poi vi spiegherò meglio. - 
***
Nessuno riesce ancora a rendersi conto che Anna, Giulia e Roberto sono tornati al Decimo, e soprattutto che non sono tornati solo di passaggio, non sono in vacanza, sono lì per rimanere, tutti e tre, per continuare ad essere una squadra, quella squadra fortissima che erano anni prima.
- Robè, tu riprendi il tuo ufficio, quello di là. – dice Luca.
- Ma non c’è qualcun altro? Se è occupato prendo una delle scrivanie qua. -
- No tranquillo, da quando te ne sei andato quell’ufficio non l’ha occupato più nessuno. -
- Veramente? -
- Certo! -
E si congedano, in modo da dare a Roberto il tempo di riambientarsi in quello che era stato il suo ufficio per tantissimo tempo.
Entrare di nuovo li, dopo tutti quegli anni, è stato peggio dell’entrata iniziale al Decimo. In quella stanza aveva lavorato instancabilmente giorno e notte, aveva passato momenti bellissimi, e momenti infelici. Era in quella stanza che aveva lavorato per trovare l’assassino di sua moglie, ed era lì che il suo amico Mauro entrava sempre quando aveva bisogno d’aiuto. Forse non era stata una buona idea tornare al Decimo. O forse sì. L’unica cosa che vorrebbe adesso è un altro segnale di Mauro, anche un segnale piccolissimo, che solo gli faccia capire di aver fatto la scelta giusta, e soprattutto gli faccia capire perché l’abbia fatto tornare in quel posto pieno di ricordi.
I pensieri vengono interrotti da una telefonata, è Ugo: - Ragazzi, hanno individuato la banda di Sartori, si trova in un casale abbandonato a Manziana, al chilometro 42. -
Roberto attacca il telefono, prende il giubbotto antiproiettile e la pistola e esce dal suo ufficio. Contemporaneamente escono anche Luca, Giulia, Anna ed Elena, anche loro con i giubbotti e le pistole. Si guardano. La voce di Luca risuona nell’atrio sotto gli occhi di Ugo, Vittoria e Ingargiola: - Forza, vecchio Decimo Tuscolano, facciamogli vedere chi siamo e andiamo a prendere quei bastardi! – un sorrisetto gli spunta dalle labbra, proprio come tutti gli altri, e insieme si avviano alle macchine.
- Guardali che belli tutti insieme! Sembra di aver fatto un tuffo nel passato! – commenta Vittoria.
- Hai ragione. Mi mancava la nostra squadra. – conclude Giuseppe.
***
I poliziotti arrivano al casale. Lasciano le macchine un po’ fuori mano, giusto per non farsi riconoscere, e si avvicinano sempre di più.
- Roberto e Giulia con me, entriamo. Anna ed Elena nascondetevi e controllate l’esterno. Contatto radio sempre attivo. – la voce di Luca è autoritaria, degna di un ottimo coordinatore.
- D’accordo. -
- Ah, sono contento di lavorare ancora con voi. – dice mentre si avviano, in un momento che sembra quasi inopportuno.
Si avvicinano sempre di più al casale.
- Facciamo un giro intorno per controllare quante vie di fuga hanno. -
- Luca, qua c’è una finestra abbastanza bassa. – dice Roberto.
- Il retro invece sembra pulito. – è Giulia che parla.
- D’accordo. <> -
- Ricevuto. -
I tre poliziotti con il grado più alto si avvicinano alla porta d’ingresso, è socchiusa. Giulia dà una sbirciatina, e nota quattro uomini sulla quarantina che discutono animatamente, poggiando le proprie armi sul tavolo. Luca inizia a contare con le dita per fare segno agli altri due. Uno…due…TRE!
- Fermi polizia! – spalancano la porta e puntano le pistole.
Quelli però sono più veloci, si alzano e tirano fuori le armi a loro volta. Iniziano a sparare, e nonostante i numerosi oggetti che gli permettono di ripararsi, Giulia viene ferita alla spalla. Luca si alza e inizia a sparare al primo, che non fa in tempo a rispondere al fuoco. Un altro cerca di vendicarlo, ma Roberto ha i riflessi pronti e gli spara ad un fianco, mettendolo fuori gioco. Ne mancano due, che tentano di scappare dalla finestra sorvegliata da Anna. Nel frattempo entra Elena, che ha sentito gli spari ed è preoccupata. Il primo riesce di corsa a saltare sparando a raffica verso i quattro poliziotti, che sono quindi costretti a rimanere nascosti. Il criminale però non si accorge che fuori c’è Anna, pronta a fermarlo con la pistola puntata alla testa.
- Dove credi di andare? Pensi che noi poliziotti siamo così idioti? –
Nel frattempo il secondo criminale rimasto vivo riesce tranquillamente a scappare, senza dover sparare nemmeno un colpo, visto che Anna è troppo occupata ad arrestare il suo complice.
- Uno sta scappando! Correte! -
Luca e Roberto iniziano a correre, mentre Elena rimane ad aiutare Giulia che coraggiosamente non vuole nemmeno chiamare un’ambulanza.
Il criminale ha parecchio vantaggio, ma ad un certo punto riescono a vederlo. Sembra quasi che abbia fatto un giro in tondo. Come se avesse voluto farsi trovare. Come se la fuga fosse solo un diversivo. Fatto sta che entrambi continuano a corrergli dietro, e il criminale si infila in un vicolo cieco, dal quale non potrà uscire se non con le manette alle mani. Roberto e Luca gli puntano le pistole contro.
- Abbassa l’arma! Forza abbassala! -
Roberto è abbastanza vicino al criminale per notare qualcosa di strano, una certa familiarità.
- Li avete presi tutti? – chiede lui.
- Tutti chi? Eravate solo in quattro. Due sono morti e uno l’abbiamo arrestato. E poi rimani te, che farai la stessa fine. Ti è andata bene, comunque. -
- Siete degli imbecilli! Può una banda criminale essere composta solo da quattro persone?! Intendo se gli altri li avete presi! -
- Quanti altri ce ne sono? -
Anche quando parla, Roberto ha una strana sensazione, come se l’avesse già sentita quella voce. Eppure quel tizio parla un italiano perfetto, senza un minimo dialetto, non sarebbe stato facile identificarlo.
- Perché dovrei dirvelo? -
- Perché ormai sei in trappola! -
- Se fosse stato per il vostro inseguimento a quest’ora ero già scappato in Nuova Zelanda a piedi! -
- Infatti mi sembra che adesso tu stia qui intrappolato e siamo noi che abbiamo le pistole puntate contro di te. – dice sprezzante Roberto.
- Ancora non avete capito niente eh, e voi pensate di prendere un clan grande come quello dei Sartori in queste condizioni? -
- Cosa dovremmo capire? -
- Comunque ce ne sono altri cinque. Stanno fuori Roma, dopo la Salaria. Stasera hanno un incontro importante con gli albanesi, uno scambio di armi. -
- Perché ce lo dici così? Senza nemmeno essere sotto interrogatorio? -
- Ho due pistole puntate contro, non vi sembra abbastanza? – ovviamente era un tono di sfida, e la cosa risuonava strana alle orecchie dei due poliziotti.
- Cosa avremmo dovuto capire? -
- Voi prendeteli, poi ve lo dico. –
Roberto si avvicina ancora più a lui per mettergli le manette, ma l’uomo fa un gesto strano con la testa, sembra quasi voglia coprirsi l’orecchio. Luca non ci fa caso, ma al commissario Ardenzi questo gesto non sembra proprio tanto normale, comunque fa finta di niente. Fatto sedere nella volante libera, portano entrambi i criminali al commissariato per interrogarli. Prima però Luca chiama Elena per sapere come sta Giulia.
- Tranquillo Luca, sta bene, per fortuna era solo un graffio, le hanno messo cinque punti. Tra poco la dimettono. -
- Meno male, oggi sembra la nostra giornata fortunata. -
I due criminali vengono interrogati separatamente. Per primo quello che ha arrestato Anna, quello che sembra meno sveglio. Luca invece, immaginando già che questo non avrebbe detto niente dello scambio, si rifugia in ufficio, per cercare ed analizzare delle carte. Dopo mezz’ora entra Roberto:
- Lù, questo non spiccica parola, pare che nella banda non c’è mai stato! -
- Pazienza, tanto in galera ce marcisce lui mica noi! Passamo a quell’altro va’. – l’accento romanesco di Luca torna a farsi sentire.
Prima di uscire dall’ufficio però, Roberto si sofferma a guardare la scrivania, come se avesse visto qualcosa di illuminante.
- A Lù, e semo du deficienti! Uno e due! -
- Perché? – Luca non capisce.
- Vie’ co me. -
Entrano nella sala interrogatori in fretta e in furia.
- Come se chiama sta sottospecie de criminale qua? – chiede Roberto all’agente che lo sta sorvegliando.
- Ettore Serpenti. – dice l’agente.
- Chi c’è dall’altra parte della sala interrogatori? – chiede sempre Roberto.
- L’altro che avete arrestato. -
- Fallo andare via e spegni tutti i microfoni. E esci pure te! Rimaniamo solo io e il Vicequestore Benvenuto. –
- D’accordo. -
- Ma che stai a fa Robè? – Luca ha uno sguardo più interrogativo che mai.
- Allora vediamo un po’, Ettore Serpenti. Quando siamo entrati nel casale sei l’unico che non ha tentato di sparare, o meglio, hai sparato ma non verso di noi, me ne sono accorto che sparavi al muro. -
- Eh si vede che non ho una gran mira. – ribatte l’uomo.
- Io non credo. Io credo più che altro che tu non ci abbia mai voluto sparare. E credo anche che quando sei scappato ti sei voluto far trovare per forza. Avevi mille vie di fuga e ti sei andato ad infilare in un vicolo cieco. Io credo che quando ci hai raccontato dello scambio con gli albanesi, non l’hai fatto perché avevi paura, ma perché volevi aiutarci. – la faccia del criminale inizia a diventare meno strafottente, si accorge che il commissario ha capito tutto. – E infine, credo che se adesso vengo lì, e guardo dietro il tuo orecchio sinistro, trovo una strana voglia a forma di fragola, che hai da quando sei nato e per la quale il tuo migliore amico Roberto ti ha sempre preso in giro. -
I due si guardano. Ora anche Luca ha capito tutto ma non riesce a crederci.
- Robè, lo so cosa stai pensando, ma lo sai meglio di me che Mauro è morto sei anni fa! -
- Mauro Belli non è mai morto. Mauro Belli è sempre stato qui, a Roma, infiltrato nel clan dei Sartori per conto della DIA. Mauro Belli non vi ha mai abbandonato, e, Luca, se non mi credi, guarda dietro l’orecchio, la voglia a forma di fragola c’è e c’è sempre stata, anche quando ero un criminale. -
- Mauro… sei tu! – nonostante Roberto sia stato il primo a capirlo, ora non riesce a crederci nemmeno lui. Il suo migliore amico è vivo, quello che credeva morto da sei anni, quello al quale non riusciva a smettere di pensare. Scoppiano a piangere entrambi, e anche Luca non si trattiene.
- Mesà che v’avevo sottovalutato ‘mpo troppo! – dice tra le lacrime Mauro, finalmente riacquistato il suo solito dialetto romano.
- È per questo che oggi non volevi dirci niente? Per gli altri componenti del clan? -
- Sì, non potevo fa saltà la copertura. So du anni che je stamo appresso, se me facevate beccà ve ammazzavo senza scrupoli a tutt’e due! – dice ridendo. Rivedere quel sorriso dopo tutto quel tempo è una sensazione bellissima, che né Luca né Roberto riuscirebbero a descrivere.
- Quindi immagino che stasera noi tre c’abbiamo n’appuntamento. -
- Eh no Maurè, io e Luca c’abbiamo l’appuntamento galante co Anna, Elena e Giulia, te co quell’altri cinque delinquenti. – scherza Roberto.
- Mesa che v’è annata mejo a voi! Mortacci, due ‘nve bastavano, addirittura tre ne volete! -
- Ao, e noi poliziotti semo esigenti! – continua Luca nello scherzo, ridendo come dei matti.
- Comunque, per il momento non diciamo niente a nessuno della copertura, lo faremo stasera, dopo averli arrestati. Non è per sfiducia, ma il commissariato potrebbe anche essere controllato. – il vicequestore riacquista il suo tono autoritario.
- Hai ragione. Quindi chiamiamo Patrizi e organizziamoci per stasera. Nel frattempo continua a fa’ r’criminale che vedo che te riesce bene. -
- T’o credo, so sei anni che n’faccio altro, giorno più giorno meno ‘nme cambia niente. – conclude Mauro sorridendo.
Usciti dalla sala interrogatori, Giulia che è tornata dall’ospedale li apostrofa:
- Ma le manette? Lo lasciate libero così? -
- Tranquilla, sa che se scappa ora gli tocca l’ergastolo, se invece ci aiuta per stasera diventa testimone di giustizia, e lì si che va tutto a favore suo. -
- Mah, se lo dici te…- Giulia non è ancora convinta, ma è Luca il capo, e lei non può fare niente.
- Ugo! Chiama Patrizi! Digli di venire subito qui! È urgente! – urla Luca.
- D’accordo, chiamo subito. –
***
Il maggiore Patrizi era stato informato, nessuno sapeva della vera identità di Ettore Serpenti. Nessuno, tranne il vicequestore Benvenuto e il commissario Ardenzi.
Tutto il resto della squadra circonda il luogo dello scambio con gli albanesi. Ettore Serpenti è di nuovo un criminale, anche se adesso, conoscendo la verità, sia Luca che Roberto si accorgono di quanto Mauro sia diverso da quelli con cui è costretto a collaborare.
Il commissario Ardenzi aveva cercato di convincere Mauro ad indossare il giubbotto antiproiettile, ma l’amico si era rifiutato:
- E se mi scoprono? Che mi invento? Che avevo paura nonostante fossi un criminale più criminale di loro? – aveva detto Mauro.
- Se ti metti sopra il tuo solito giacchetto di pelle, non lo sapranno mai. -
- No Robè, li conosco quelli, non si fidano di niente e di nessuno. Stai tranquillo, vedrai che non succederà niente. –
- Speriamo Maurè, speriamo. –
E così si era conclusa la loro conversazione, prima che Ettore Serpenti tornasse a casa per non far sospettare niente ai suoi ex complici.
- Ragazzi, mi raccomando, occhi aperti. Appena avviene lo scambio, aspettate il mio segnale e intervenite. – il vicequestore avvisa i suoi compagni, ormai in posizione, tramite l’auricolare.
- Ricevuto. -
- Ah, un’ultima cosa, evitate di sparare. È importante, non sparate a meno che uno di noi non rischi la vita. -
- Va bene Luca, tranquillo. -
- Adesso silenzio, vedo le macchine degli albanesi. -
Il luogo è isolato, è una vecchia cascina abbandonata che probabilmente non è segnata nemmeno nelle mappe catastali. Gli albanesi arrivano, seguiti da un grande camion che sicuramente contiene le armi. Questi escono dalle auto, si guardano intorno con fare circospetto e poi tornano a fissare i componenti della banda.
- Che c’è, non vi fidate? – dice uno dei Sartori.
- Fidarsi è bene, non fidarsi è meglio. – risponde il capoclan albanese.
- Dove sono le armi? -
- E i soldi? -
- Prima le armi. -
- Stanno nel camion. -
- Fammele vedere. -
- Prima voglio vedere i soldi. -
- I soldi ci stanno. Continuate a non fidarvi eh? Ettore vai a prendere la valigetta in macchina. -
Mauro si dirige verso l’auto, tira fuori una ventiquattrore nera e la apre di fronte all’albanese.
- Stavolta ti fidi o hai bisogno di contarli? -
Quello non risponde, fa cenno con la testa e li accompagna al camion. Apre le porte sul retro e mostra dieci casse che dovrebbero contenere una quantità innumerevole di armi. I Sartori iniziano a tirare fuori tutto, e iniziano a trasportare le casse dentro la cascina abbandonata. Mauro però, si ferma in mezzo al piazzale e ne posa una a terra.
- Ettore che cazzo fai? -
- Controllo se ci stanno davvero delle armi dentro. -
- Stavolta siete voi che non vi fidate eh. – esclama un albanese. – E fate bene! - tirano fuori le loro armi e iniziano a sparare contro la banda, tra cui c’è anche Mauro.
- Cazzo! Intervenite, subito! – urla Luca ai suoi uomini, e lo stesso fa Patrizi con quelli della Dia. I poliziotti corrono all’interno della sparatoria per fermarli. Mauro si rifugia dietro a una delle casse piene di armi, e inizia a sparare contro i suoi avversari, ferendo il capobanda a una gamba. Roberto corre verso Mauro, e nel frattempo anche lui colpisce uno degli albanesi. Gli altri riescono a salire sul camion e a fuggire. Anna e Luca catturano gli uomini di Sartori agonizzanti a terra, Elena ammanetta l’albanese ferito da Mauro. Manca solo Giulia. Nascosta dietro un cespuglio, vede Mauro, che per lei è ancora Ettore Serpenti, alzarsi in piedi e andare incontro a Roberto, con ancora in mano la pistola. Si sporge dal cespuglio dove è nascosta, tira su la pistola e prende la mira. Luca riesce a vederla solo all’ultimo secondo, accorgendosi che l’arma della Corsi è puntata proprio contro il loro grande amico Mauro.
- No, Giulia no! – cerca di urlare Luca. Ma ormai è tardi. Nella sua mente, Ettore Serpenti stava cercando di uccidere un suo collega e amico, e il suo capo aveva detto che gli era permesso sparare solo per salvare un amico in pericolo. Mauro si gira di scatto, non pensando minimamente che Giulia potesse sparargli. Quante volte avevano lavorato insieme, fianco a fianco, era il commissario Corsi, il suo capo, e di solito era lui che sparava ai criminali per salvare lei. Certo, questo quando lui era Mauro Belli. Ora che è Ettore Serpenti, per Giulia è un criminale come tanti, ed ha il diritto di sparargli per legittima difesa. Roberto, come Luca, segue la pallottola con lo sguardo, come se potesse deviarla. Corre verso il suo migliore amico, che non ha voluto indossare il giubbotto, per cercare di buttarlo a terra ed evitare il proiettile.
- Roberto che fai spostati! – urla Giulia.
Ma Roberto è comunque troppo lontano, e la pallottola arriva dritta al cuore di Mauro, l’amico che aveva creduto morto per sei anni, facendolo cadere a terra e facendogli perdere i sensi.
- No ti prego Mauro, non puoi lasciarmi di nuovo! Ti ho ritrovato solo qualche ora fa! – Roberto scoppia in lacrime, e Luca si butta a terra insieme a lui, cercando in qualche modo di sostenerlo.
- Mauro? Ma perché lo chiamate Mauro? Questo è Ettore Serpenti, un criminale! Mi fate capire perché state piangendo? – chiede Giulia.
Poi, tutto a un tratto, si ricorda che poche ore prima, l’avevano fatto uscire dalla sala interrogatori senza manette, imbastendo una scusa che non si reggeva in piedi. Sedendosi per terra, nota anche lei la voglia a forma di fragola dietro l’orecchio di quello che si stava accorgendo non essere un criminale.

- Belli, cosa ha dietro l’orecchio? Una bruciatura? -
- No commissario, è una voglia a forma di fragola, ce l’ho fin da bambino. -
- E quanto ce lo prendevo in giro quando eravamo ragazzini, vero Maurè? -
- Sta zitto che è meglio va’ Robè. Commissà, noi andiamo da Paolo che doveva dirci qualcosa di importante. -
- D’accordo, quando avete finito fatelo venire qui che dobbiamo discutere alcuni dettagli del matrimonio. –
- Certo commissario. -


- Ditemi che non è vero. – implora Giulia – Questo non è Mauro vero? Mauro Belli? Non può essere, Mauro è morto sei anni fa, ero al suo funerale, cazzo! – la Corsi inizia a dare di matto.
- Giulia… - Luca cerca di dire qualcosa, ma non ci riesce.
- Mauro?! Ma che dite?! Siete tutti quanti impazziti?! – sbotta Anna.
Elena non sa cosa dire, lei non ha mai conosciuto l’ispettore Belli, e non ha la più pallida idea di cosa stia succedendo.
- Non posso aver ucciso Mauro! Era un mio collega, un amico, non riesco a credere di avergli sparato! -
­- Giulia, non potevi saperlo, è colpa nostra. – la consola Luca.
A un certo punto, Mauro prova a muovere la bocca, come per dire qualcosa.
- Mauro! Grazie al cielo sei vivo! – Roberto non crede ai propri occhi.
Dopo alcuni secondi in cui prova a parlare senza ottenere successo, fa cenno al suo amico di aprirgli il giacchetto. Roberto ubbidisce e solo in quel momento si accorge che Mauro aveva addosso l’antiproiettile.
- Te lo sei messo alla fine! M’hai fatto pià un colpo idiota che non sei altro! -
Finalmente anche Mauro ritrova la forza per parlare: - Robè, già so morto una volta, e t’assicuro che non è stata proprio una cosa piacevole, almeno stavolta famme rimanè vivo! -
Giulia si butta a terra e abbraccia Mauro, cosa che non aveva mai fatto prima.
- Non so come scusarmi! Non avevo la più pallida idea che potessi essere tu! Mi dispiace tantissimo! – e quello che era un pianto di tristezza, adesso diventa un pianto di gioia. Tutti insieme aiutano il loro amico a rialzarsi, e lo accompagnano alla macchina.
- Maurè, te immagini la faccia de Ugo, Vittoria e Ingargiola quando te vedono? Secondo me se sentono male! -
- Faccio finta che vengo dall’aldilà! Sa’ gajardo! -
- Ao, sei stato n’criminale pe sei anni ma nsei cambiato de na virgola! -
- A me me pare che manco te sei cambiato tanto eh! Dillo che rosichi perché c’ho avuto la possibilità de assiste al funerale mio da vivo! -
- Ma per favore! Va’ a casa a fatte na doccia che stasera stiamo a cena tutti insieme. Sai quanto sarà contenta Mauretta de rivedè lo zio? -
- Come ai vecchi tempi? -
- Come ai vecchi tempi. -
   
 
Leggi le 1 recensioni
Ricorda la storia  |       |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Torna indietro / Vai alla categoria: Serie TV > Distretto di polizia / Vai alla pagina dell'autore: LadyDancer