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Autore: Julietds    04/12/2014    0 recensioni
[Traduzione]
Erin, appena trasferitasi in una nuova città, ha trovato lavoro presso i Grohl: occuparsi della casa. Jordyn, le bambine e i ragazzi dei Foo Fighters sembrano adorarla, solo una persona cerca costantemente di evitarla senza un motivo apparente: Dave.
La mia prima traduzione - con qualche piccola aggiunta per trasmettere nonostante la lingua - fatta su una storiella che mi ricorda "Arlandria". Il mio contributo per un fandom che (purtroppo) ha così poche fanfic.
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“Erin…mi dispiace” disse. “Non ho niente contro di te. Niente. Dio, sono uno stronzo” disse continuando ad aggrottare le sopracciglia. “È solo che…quando sono nella stessa stanza in cui ci sei tu percepisco questa strana sensazione, sai no? So che lo senti anche tu. Quella strana sensazione alla bocca dello stomaco, la stessa nella tua mente. Il 'E se..?' Non mentirmi, Erin. So che la senti” disse, praticamente strappandosi i capelli.
“È come se non avessi nemmeno una moglie e figli quando penso a te. Ti ho incontrato per la prima volta quando stavi camminando per casa con dei fottutissimi pantaloni da yoga addosso…e non sto cercando di passare per un porco ma tu hai il più sensazionale fondoschiena che io abbia mai visto.”
Genere: Fluff, Sentimentale, Song-fic | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: Traduzione | Avvertimenti: nessuno
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Ain't that the way it always starts?
A simple round of conversation
In the shape of an equation
A future station to station




Erin

Erano le nove meno un quarto di mattina quando imboccai il vialetto di Dave e Jordyn sorseggiando dalla mia tazza caffè. Nero, come l'ho sempre bevuto. Il sole era già nel cielo, pronto a scaldare con i suoi raggi. Avevo già lavorato in case abbastanza grandi ma nessuna era comparabile a quella; c'erano una piscina, un campo da tennis e naturalmente un parco giochi. Un sacco di spazio insomma. Abbassai lo specchietto ancora una volta e diedi un'occhiata alle occhiaie scure che avevo sotto gli occhi: trasferirsi non era qualcosa per cui gioire o da cui si trarre sonno.
Presi un respiro profondo stringendo i denti mentre aprivo la portiera e uscivo dalla macchina, cercando di non sbattere la portiera come mi lasciai scivolare la borsa sulla spalla. Non era niente di che, giusto le cose essenziali: il caricatore del telefono, burro cacao, alcuni soldi. Non avrei avuto bisogno di molto, inoltre Jordyn disse che mi avrebbe fornito qualsiasi cosa di cui avessi avuto necessità mentre lavoravo.
Non appena fui davanti alla porta mi sistemai una ciocca di capelli fuori posto e la raccolsi insieme al resto della mia chioma bionda in uno chignon che non mi riuscì granché bene perché si disfò quasi subito. Il problema era che mi ero appena spazzata le spalle…a malapena. Indossavo degli attillati leggins neri che finivano a metà polpaccio e una t-shirt oversize, grigia, che apparteneva a mio fratello.

Bussai la porta e mi fu aperto istantaneamente: Jordyn mi sorrise con i suoi stupendi occhi che brillavano. Wow, che dentatura! Aveva un aspetto fresco e pronto per iniziare la giornata e indossava un completo che metteva decisamente in rilievo la sua gravidanza. Non riuscivo a credere che stessero per avere la terza bambina… povero Dave.
“Erin! Ciao! Oh mio dio, è così eccitante averti qui. Andiamo, entra!” disse in fibrillazione.
Devo ammettere che fossi un pochino nervosa. Molto nervosa, in realtà, ma il suo spirito di gentilezza mi suggerì che tutto sarebbe andato per il meglio.
“Scusa, sono in ritardo. Ho perso tempo chiedendo le indicazioni… non crederesti alle espressioni che ho ricevuto come risposta.” Risii mentre sentii come se un enorme peso mi fosse stato tolto dalle spalle.
Rise anche Jordyn, fu un adorabile suono. Chiuse la porta d'ingresso e mi guardò intanto che i miei occhi analizzavano la stanza che mi trovai di fronte. Era così bella. Era moderna con un leggero tocco vintage, foto di famiglia alle pareti, cose così. Era davvero accogliente.
“So che questa parte della casa sembrerà pulita ma aspetta solo di essere nel seminterrato, nel salotto e su tutto il piano di sopra. Oh, ora che mi ricordo, lascia che ti presenti le ragazze. Dave è uscito a fare colazione con Taylor e i suoi bambini. Alison dovrebbe arrivare di qui a poco, portiamo le bambine a fare due tuffi” disse allegramente.
Avrei adorato vivere con lo stile di vita che stava avendo lei: essere una modella, avere una rockstar come merito, palate di soldi. Sorprendentemente ero okay anche solo con la mia semplice e noiosa vita.
“Violet! Harper!” chiamò entrando in cucina, della quale non avevo avuto tempo di innamorarmi. Sarebbe stata il sogno di ogni chef amatoriale; c'erano alcuni piatti nel lavandino e pochi oggetti sparsi sul piano di fianco.
“Non abbiamo nessun posto specifico dove mettere i diversi oggetti, quindi se trovi uno spazio libero va più che bene” disse con le guance lievemente imporporate.
Potevo sentire dei passi pesanti provenire dai gradini di legno appena lucidati che portavano al piano di sopra. Violet e Harper stavano ridendo in lontananza ma si calmarono non appena varcarono la soglia della cucina.
Adoravo già quelle due piccole. Sapevo che il mio lavoro non sarebbe stato quello di far loro da babysitter ma non potevo fare a meno che essere presente… se ciò ha un qualche senso. Violet assomigliava propria a sua madre: gli stessi occhi azzurri che avrebbero potuto sciogliere il cuore di qualsiasi uomo e un sorriso perfetto. E poi c'era Harper, la giovane piccola e minuta Harper che aveva gli occhi nocciola di suo padre e il suo stesso naso. Erano semplicemente stupende.
“Bambine, lei è Erin. Si occuperà di tenere in ordine la casa, cercate di non rendere il suo lavoro un ardua impresa, okay?” chiese educatamente. Loro annuirono ma subito Violet prese a tempestarmi di domande.
“Sai fare i frullati? Ti piace andare a nuotare?” chiese insistentemente, domanda dopo domanda.
Io risi nervosamente ma risposi sì a entrambe le domande e lei mi sorrise. Quella era un'altra delle cose che facevano parte di Dave. Harper rimase in piedi dietro sua madre e inclinò leggermente la testa; io le sorrisi e lei fece altrettanto prima di tornare a giocare con la sorella.
“Quindi… tutto quello di cui hai bisogno è in questo armadio” disse accompagnandomi davanti a una grande porta in legno, appena prima della sala da pranzo. “Penso di averti detto tutto ma se hai bisogno di qualsiasi cosa, fammi semplicemente sapere.” Sorrise.

“D'accordo, grazie mille. Veramente, è una splendida opportunità” risposi.
Lei sorrise nuovamente e mi avvolse in un abbraccio. Era calda e sapeva di profumo alla pesca. O meglio, in qualche modo mi immaginai che quello fosse il suo odore. Non so nemmeno perché…
“No, grazie a te. Con due bambini e quella peste di mio marito questo posto è sempre a soqquadro. È abbastanza imbarazzante” disse ridendo. “Ad ogni modo io sono in seminterrato a fare qualche bizzarro esercizio per la gravidanza…che francamente odio. Vorrei semplicemente gettarmi con la faccia in una pizza in questo momento” disse passando una mano tra i suoi bellissimi capelli mossi.
“Oh, ti capisco riguardo a questo. Magari potremmo uscire a mangiarne una qualche volta” le proposi. Volevo decisamente essere sua amica, chi non avrebbe voluto?
“Mi piacerebbe molto” concluse prima di lasciare la stanza.

Decisi di iniziare dalle scale intuendo che sarebbe stato il lavoro che mi avrebbe impegnato più tempo. Appoggiai la borsa sul ripiano del lavandino e tornai all'armadio. Realizzai solo in quell'istante che non mi aveva fatto fare un giro della casa, ma in fondo me la sarei cavata ugualmente nel trovare un paio di spray e qualche panno per pulire; trovai persino una cesta che riempii con qualsiasi cosa di cui pensai avrei avuto bisogno e salii le scale.
I gradini scricchiolarono a ogni mio passo mentre facevo scorrere la mano sulla ringhiera camminando il più lentamente possibile. Una volta in cima mi morsi le labbra per non lanciare un urletto dall'eccitazione. Dopo quasi dieci minuti di girovagare per le stanze, trovai il bagno che le bambine condividevano. C'erano due piccoli sgabelli su cui salire per arrivare al ripiano del lavandino che pulii insieme con la vasca, i lavandini, gli specchi e il resto della stanza. Passai tre ore al piano superiore pulendo le stanze delle ragazze e quella di Dave e Jordyn. Cercai in tutti i modi di trattenermi dal scendere al piano di sotto e gettarmi su uno di quegli uomini: erano una delle mie band preferite dopotutto.
Rimasi di fronte al grande specchio nella camera di Dave e Jordyn a specchiarmi per qualche minuto. Avevo fatto appena il letto e rimesso a posto i guardaroba; Jordyn aveva vestiti più belli che mai, la invidiavo un sacco. Non con cattiveria, ma l'invidia c'era. Ero nel bel mezzo dello spolvera mento del comodino e della scatola in cui Jordyn teneva i gioielli quando la porta si aprì lentamente facendomi sobbalzare leggermente.
“Scusa” disse Dave.
Mi voltai per guardarlo nei suoi pantaloncini cargo, calze e maglietta nera e nei suoi capelli color cioccolato perfettamente in disordine.
“Non fa niente” dissi finendo velocemente di spolverare.
Potevo avvertire il suo sguardo su di me intanto che piegavo il bucato e lo riponevo dentro i cassetti.
“Non mettermi le calze e l'intimo nello stesso cassetto. È una cosa che odio” disse con astio.
Gli davo le spalle ma dallo specchio potevo vedere che mi stava fissando. “Okay” risposi. “Io son-”
“Erin, lo so” disse sbrigativo. Sembrava essere di cattivo umore o di fretta, forse entrambi.
“Uhm… se hai bisogno che me ne vada lo farò” dissi rompendo quell'imbarazzante silenzio.
“Devo solo prendere il costume da bagno. 'Scusa” disse mentre mi levavo di torno.
D'un tratto mi voltai di scatto ma il mio gomito urtò una foto di Jordyn con le ragazze, facendola cadere giù dal comodino; entrambi ci allungammo per prenderla al volo e le nostre mani si toccarono. La sua era fredda ma allo stesso tempo diede alla mia una qualche sorta di calore. I nostri occhi si incrociarono e potei vedermi perfettamente nel riflesso dei suoi. “Tieni” dissi. “Ho finito qui” velocemente presi le mie cose prima di correre fuori dalla stanza e giù per le scale raggiungendo così la cucina ancora da pulire.
 



Dave

Il mio interesse schizzò alle stelle non appena Erin corse giù per le scale. Aspettai finché non sentii più i suoi passi e chiusi la porta della camera. C'era un'atmosfera piacevole; tutto brillava e profumava di pulito. Mi cambiai nella mia tenuta da nuoto e scesi le scale. Erin non era in nessun posto in cui potessi vederla ma poi sentii l'acqua scorrere in bagno.
Raggiunsi il frigo e afferrai un paio di birre sperando che uscisse così avrei potuto scusarmi per il mio comportamento da stronzo ma non lo fece, al che tornai fuori, dov'erano tutti gli altri, e mi sforzai di mantenere una faccia passiva mentre pensavo a lei.
“Hey D! Lanciamene una!” mi chiamò Taylor da seduto in poltrona. Mi diressi verso la piscina e gli passai una birra. I bambini erano in vasca, mogli comprese così mi sedetti vicino a Taylor e sospirai.
 “Hey, che succede?” mi chiese.
“Non so nemmeno se raccontartelo. Voglio dire… ho appena ordinato bruscamente alla nostra donna delle pulizie di non mettere le mie calze nello stesso cassetto dei boxer e non mi sono nemmeno presentato” dissi ridendo. “Non so nemmeno perché l'ho fatto. L'ho fatto e basta.”
“Ti sei comportato in questo modo tutto il giorno” disse Taylor scuotendo la testa.
“Lo so, ma mi sento uno stronzo.”
“Wow, stai finalmente considerando i sentimenti di qualcun altro, oggi!” mi stuzzicò. “Dev'essere proprio sexy.”
Io scossi la testa e ghignai prima di aprire la mia birra e prendermi un sorso più che meritato.
Le mie guance divennero leggermente rosse e Taylor mi diede un pizzicotto sul braccio. Fu tutto tranquillo per qualche minuto.

“Lo è” ammisi, sperando che Jordyn non sentisse.
“Che?”
“È sexy. Lei ha tipo..questo bel… uhm.. ma che sto dicendo?!”
“Beh, se non mi racconterai tu di lei sarò costretto ad entrare e vederla da me!” disse alzandosi.
Sorpassò Alison nella parte meno profonda a fine piscina in cui si stava lanciando Shane e sussurrò qualcosa al suo orecchio prima di dirigersi verso la porta. Mi fece cenno di andare con lui così lo seguii.
Entrammo dalla porta scorrevole a vetri nel salotto, la quale era completamente immacolata ora, e… mi senti un tale idiota a cercare dove fosse come uno stalker. Voglio dire, ho una moglie che amo immensamente, un figlio in arrivo e due ragazzine che sono tutto il mio mondo. Mostrare ogni tipo di interesse per questa cosa…qualsiasi cosa fosse avrebbe completamente fatto confusione con tutto.
Dedussi di aver dato a Erin l'impressione di non volere conoscerla, ma era solo che non riuscivo a togliermi l'immagine dei occhi verdi felino dalla testa.
“Hey, qui dentro” mi chiamò Taylor dalla cucina. Non appena lo raggiunsi la vidi: aveva le cuffie alle orecchie ed era intenta a strofinare i piatti prima di metterli nella lavastoviglie. Faticai a tenere lontano lo sguardo da quel fondoschiena: i leggins che indossava erano praticamente una cosa sola con la sua pelle e una spallina della sua maglietta era scivolata giù dalla spalla. Taylor andò alla credenza prendendosi poi uno snack e poi mi aspettò alla porta, solo che io rimasi immobile. Non riuscivo a muovermi.
Erin girò la testa e ci sorrise prima di tornare a occuparsi delle stoviglie. Quando mi voltai io a guardare Taylor aveva la bocca mezza aperta dallo stupore.
Doveva avere come minimo venticinque anni; non c'era modo che potesse essere un giorno più vecchia di trent'anni. Amavo il modo in cui le sue sopracciglia scure si incurvavano quando sorrideva e le sue labbra erano semplicemente… della forma perfetta.
Mi maledii per non averle sorriso di rimando o aver detto qualcosa ma seguii ugualmente Taylor fuori dalla cucina.
Improvvisamente Violet corse nella stanza con gli occhialini da nuoto in testa.
“Papà, papà! Ti stavo cercando! Harper e io vogliamo giocare al gioco dello squalo!” urlò praticamente. Io la presi in braccio e le schioccai un bacio sul capo prima di uscire di casa, desiderando di rientrare. La portai fino alla piscina e la misi in acqua guardandola sguazzare e sentendola quei suoni di felicità che mi facevano sempre sorridere come un pazzo.

Non riuscii a dormire quella notte.

   
 
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