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Autore: _Heartland_    06/12/2014    1 recensioni
| Raccolta di sette one-shot | Seguito di "Silenzio." | Originale | Drammatico |
| Dalla storia |
❝ William Tanner era seduto al tavolo da lavoro, analizzando con circospezione un foglio che ormai osservava da ore. Di tanto in tanto riprendeva la penna in mano e si appuntava qualcosa, per poi tornare a far scorrere lo sguardo sulle carte con fervida attenzione e la fronte corrucciata, segno di attenzione.
« Papà? »
« Sylvia » la appellò lui. « C’è qualcosa che non va? »
La bambina abbassò il capo, intrecciando nervosamente le dita fra loro e facendo correre gli occhi ridenti e schivi lungo le assi del pavimento. « Se… » vi fu una pausa, come se alla biondina fosse mancato il respiro. « Se stai lavorando, non è importante ».
[ ... ]
« Se non fosse stato importante, non mi avresti recato disturbo » le fece notare il padre, tornando alla realtà dopo le sue lunghe riflessioni.
[ ... ]
« Io… mi stavo chiedendo una cosa… » riprese a quel punto Crystal, fermandosi come per rispettare una pausa melodrammatica.
[ ... ]
« Chiedi pure » la rassicurò lui, facendole segno con la mano di avvicinarsi. Provò ad assumere un’altra maschera, ma il risultato fu semplicemente la faccia cordiale che riservava ai suoi potenziali clienti.
[ ... ]
« Tu… mi vuoi bene? Mi vuoi bene come un papà? » ❞
Genere: Angst, Drammatico, Introspettivo | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: Raccolta | Avvertimenti: Incompiuta, Tematiche delicate
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She was just like a Rainbow.



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Solamente chi trae l'un dopo l'altro i giorni lontano dagli affetti che prima non si guastano e troppo tardi si apprezzano e amano, può comprendere quanto sia il rimpianto dei beni ignorati per l'anima che si ammala di nostalgia.

——— ❖ Carlo M. Franzero.❖———
 
 

A Sophia, che ringrazio ancora infinitamente.
 

OO. Prologo | Grey.
 
 
 
Non vi era alcun rumore a disturbare la quiete che aleggiava nel grande ufficio. Vi era solo silenzio. Quel silenzio che soleva accompagnare sempre il signor Tanner nelle sue attività lavorative, che gli donava, per un po’ di tempo, la pace a la tranquillità a cui egli aspirava.
William Tanner era seduto al tavolo da lavoro, analizzando con circospezione un foglio che ormai osservava da ore. Di tanto in tanto riprendeva la penna in mano e si appuntava qualcosa, per poi tornare a far scorrere lo sguardo sulle carte con fervida attenzione e la fronte corrucciata, segno di attenzione.
« Papà? »
Fu il suono di una voce dolce e melodiosa ad interromperlo, scuotendolo dal suo stato di solitudine. L’uomo alzò lo sguardo, posando gli occhi cerulei su di una bambina dai boccoli biondi e lucenti, cui un sorriso timido sul volto ne esprimeva tutta l’ingenuità.
« Sylvia » la appellò lui, distendendo il viso in un’espressione assolutamente tranquilla, lasciando che lo stress accumulatosi durante le ore di lavoro gli scivolasse di dosso. « C’è qualcosa che non va? »
La bambina abbassò il capo, intrecciando nervosamente le dita fra loro e facendo correre gli occhi ridenti e schivi lungo le assi del pavimento.  « Se… » vi fu  una pausa, come se alla biondina fosse mancato il respiro. « Se stai lavorando, non è importante ». Fu solo il sussurro a fuoriuscire dalla sua bocca, così fievole che minacciò di dissolversi nel grande silenzio dell’ufficio del padre.
Il signor Tanner, dal canto suo, piegò la testa di lato, restando a contemplarla da dietro la scrivania. Cosa aveva che non andava, quella bambina? Era vero, non aveva mai amato i bambini, ma dopo aver ricevuto la notizia di sua figlia, non aveva più potuto far nulla. “Tanto vale crescerla bene, allora” si era detto l’uomo, decidendo di caricarsi sulle spalle quell’ennesimo peso. Crescerla bene, però, per lui significava  darle tutti gli oggetti materiali di cui aveva bisogno: cibo, indumenti, materiali scolastici. Ma William Tanner pareva far finta di non conoscere la vera necessità dei bambini: l’amore.
D’altra parte, era curioso il fatto che lui la chiamasse Sylvia, benchè il primo nome della bambina fosse Crystal. L’uomo, però, era solito preferire il secondo, dato che lo definiva più “elegante, raffinato e professionale”. A rigor di logica, però, era semplicemente un’altra delle manifestazioni del poco interesse che William Tanner provava per sua figlia, vedendola solo come un’altra delle tante carte che erano ordinatamente composte in pile sul suo piano di lavoro.
« Se non fosse stato importante, non mi avresti recato disturbo » le fece notare il padre, tornando alla realtà dopo le sue lunghe riflessioni. Ora la sua espressione era mutata di nuovo. Vi era un leggerissimo sorriso tirato sulle sue labbra sottili e taglienti, e il suo sguardo non pareva esprimere alcuna emozione: era semplicemente vuoto, proprio come lui. Il viso era disteso in un’espressione ancora più soave, tanto che non si distingueva più neanche una delle rughe che erano solite caratterizzare la sua fronte durante le attente ed elaborate ore di lavoro.
« Io… mi stavo chiedendo una cosa… » riprese a quel punto Crystal, fermandosi come per rispettare una pausa melodrammatica. Ormai le era palese che discutere col padre e cercare di negare l’evidenza l’avrebbero soltanto portata ad un vicolo cieco.
« Chiedi pure » la rassicurò lui, facendole segno con la mano di avvicinarsi. Provò ad assumere un’altra maschera: una più gentile, dolce e affettuosa, che avrebbe potuto riservare ad una figlia, ma il risultato fu semplicemente la faccia cordiale che riservava ai suoi potenziali clienti. La bambina, ciò nonostante, parve non farvi caso e obbedì, i piccoli passetti che echeggiavano regolari sul pavimento pregiato. Si sporse oltre la scrivania, poggiando le manine sul piano di lavoro e osservando dunque il padre dritto negli occhi, gli occhi blu, profondi come l’oceano, che cercavano inutilmente di scavare oltre quell’aria di indifferenza dell’uomo, in cerca di un qualche atteggiamento di affetto nei suoi confronti.
« Tu… mi vuoi bene? Mi vuoi bene come un papà? » la domanda fu un sussurro riuscito per miracolo al di fuori delle sue labbra, appena percettibile, che si disperse subito nella grande sala vuota che minacciava di sovrastarlo con la sua freddezza. Era come uno spiraglio di luce all’interno di un vicolo buio e oscuro: rappresentava la speranza, quel sentimento che ogni mattina corrodeva e contorceva lo stomaco della biondina come una morsa.
Le iridi grandi e profonde della bambina, però, si colmarono di pura delusione quando l’unica cosa che giunse alle sue orecchie fu il freddo ed opprimente silenzio.


 
 
Come ad un fiore appassito può bastare qualche goccia d'acqua per tornare alla vita, così ad un cuore stanco e deluso possono bastare una parola inattesa ed un abbraccio per tornare a battere.
——— ❖Filippo Alosi.❖———
 


{ Angolo Autrice! }
Salve a tutti!
Allora, premetto che questo era il prologo della mia nuova raccolta, "She was just like a rainbow", in cui metterò sette one-shot, ognuna ispirata a un colore dell'arcobaleno. Queste one-shot saranno scorci dell'infanzia di Crystal Sylvia Tanner, personaggio che finalmente potremo conoscere bene dopo la mia one-shot "Silenzio.", e dove sarà presente certamente il signor Tanner.
Inoltre mi dispiace per il banner che non è delle grandezze che dovrebbe essere, però mi piaceva troppo e l'ho tenuto. *^* Al limite cercherò di rifarlo.
Volevo scrivere qualcosa di più corposo incentrato sulla figlia, ovvero Crystal, a partire dai suoi sedici anni, ma prima mi serviva un'infanzia su cui basarmi, ecco come è nata l'idea.
La storia dell'arcobaleno mi è stata ispirata da una canzone, "Indaco" di Ludovico Einaudi. L'indaco, infatti, è stato sempre il mio colore preferito dell'arcobaleno, proprio perchè era
diverso dagli altri.
Bene, spero che mi seguirete in questa nuova via, seguendo stavolta Crystal Sylvia Tanner e suo padre.

Ah, inoltre, volevo dirvi che il colore del grigio come nome per il prologo non è casuale ( e anche qui ringrazio Sophia! ). Il signor Tanner è un tipo apatico e, analizzando bene la parola, ( togliendo la a ) si arriva a: sentimento, che soffre di.
E infatti sua figlia soffre di mancanza d'affetto, che è un sentimento.
Altra curiosità, sempre se siete arrivati sin qui. Ho scritto questo testo prima a mano, mentre a scuola interrogavano qualcun'altro a letteratura, e potete dare la colpa a Leopardi per il finale drammatico.
Ah, a proposito, una frase è ripresa proprio da lui: " e facendo correre gli occhi ridenti e schivi lungo le assi del pavimento. "
Il termine "occhi ridenti e schivi", infatti, compare proprio nella poesia di Leopardi "A Silvia" e, guardate un po', il secondo nome della nostra cara Crystal è Sylvia. Coincidenze? Resta a voi decidere.

Recensite!
Prometto che rispondo a tutti!


_Heart_


P.S.
Ringrazio ancora Sophia, che ha accettato di betare questa storia e mi ha aiutato parecchio.
E spero di sentire ancora tutti voi, dato che ho sentito che molti, benchè non sia un soggettino modello, son curiosi di seguire le vicende del signor Tanner e di sua figlia!

Grazie a tutti, se mi avete dato l'incitazione di continuare a scrivere di questo personaggio, e stavolta mi riferisco unicamente al signor Tanner, e di continuare le sue vicende.
Non lasciatemi sola durante il viaggio!

 
  
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