Anime & Manga > L'Attacco dei Giganti
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Autore: OndaVerde    07/12/2014    4 recensioni
Era basso. Beh, questo si era già capito, aveva un’aria arrogante e presuntuosa, già gli stava sul cazzo.
Semplicemente delle volte non sappiamo spiegare perché alcune cose ci tocchino più di altre; quando determinate sensazioni ci colgono impreparati, il più delle volte tentiamo di ignorare, ma tutto quello che cerchiamo di allontanare il più possibile da noi, come se fosse spazzatura, è ciò che forse più desideriamo, ma nel profondo ognuno di noi ne e cosciente, oppure lo sarò presto.
-Eren x Levi-
Genere: Commedia, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Shonen-ai, Yaoi | Personaggi: Carla, Jaeger, Eren, Jaeger, Grisha, Jaeger, Mikasa, Ackerman
Note: AU, Lime | Avvertimenti: nessuno
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CASA JAEGER

Capitolo primo - IL FRATELLO

Per svariati minuti, nel salotto di casa Jaeger calò il silenzio. Dopo il discorso tenuto da Carla nessuno pareva voler parlare. Grisha Jaeger stava comodamente seduto sul divano a tre posti color crema, e appoggiato con un gomito sul bracciolo, assisteva tranquillamente a quella che prometteva essere una bella lite madre e figlio. Mikasa dal canto suo era rimasta completamente indifferente alle parole della madre, e se ne stava seduta accanto a Grisha, che silenziosamente se la rideva sotto i baffi.

L’unico che pareva essere rimasto interdetto dalla situazione era Eren. E mentre Carla spiegava la situazione, lui sembrava essere molto agitato, finché dopo qualche minuto dalla fine del discorso era esploso. Si era alzato di scatto dal divano dove era seduto accanto a Mikasa, e si era avvicinato fulmineamente a sua madre, spaventandola non poco.

-Eren, caro che ti prende non sei contento? Avrai un fratello maggiore! – disse Carla stentando un sorriso.

 - Mamma! Perché me l’avete tenuto nascosto per tutto questo tempo? – urlò il giovane in preda alla rabbia.

- Eren tesoro, non essere arrabbiato, io e tuo padre non te lo abbiamo detto prima perché avevamo paura di una tua reazione esagerata, e sapevamo che avresti tentato di impedircelo a tutti i costi – disse Carla guardando di tanto in tanto suo marito in cerca di man forte.

- E così me l’avete detto all’ultimo così che io non possa più fare niente per impedirvelo eh! – sputò Eren guardando sua madre con disprezzo.

Era deluso più che altro, credeva che tra loro non ci fossero più bugie, e invece adesso era costretto a convivere con un estraneo per il resto della sua vita senza poter fare niente. Più volte i suoi gli avevano chiesto se avesse voluto un fratello più grande, ma lui aveva sempre rifiutato con sommo dispiacere di Carla, che da sempre aveva desiderato un terzo figlio anche se un po’ più maturo. Ma Carla stavolta ci era riuscita, aveva adottato un ragazzo con o senza il consenso di suo figlio.

Ormai Eren e Mikasa avevano entrambi 17 anni, ma pur avendo la stessa età non erano gemelli, la verità è che Mikasa era stata adottata dalla famiglia Jaeger in seguito ad un incidente, in cui i suoi genitori morirono e fu la sola a salvarsi. I due divennero subito molto affiatati, facevano tutto insieme, e pur essendo coetanei Eren considerava Mikasa come una sorella maggiore, dato che lei era molto matura e molto protettiva nei suoi confronti, anche troppo a detta di lui.

-Eren, non essere egoista, ormai è fatta, arriverà domani mattina e che tu lo voglia o no d’ora in poi vivrà a casa con noi, e sarà tuo fratello! – disse Carla decisa ed entusiasta.

- Ma io ho già Mikasa! – si lamentò Eren.

- Non m’interessa, sarà tuo fratello e basta, e poi Mikasa è una ragazza, e diverso dall’avere un fratello maschio. Sono convinta che andrete d’accordo, Levi è un ragazzo amabilissimo ed è molto educato, e se devo dirlo anche molto carino. Ma ahimè la sua storia non è altrettanto bella come il suo viso. – disse Carla guardando furi dalla finestra con un tono triste.

Quando si girò vide suo figlio che la guardava in attesa. HHA-HHA! Aveva finalmente destato la sua curiosità, adesso forse sarebbe stato meno prevenuto nei confronti del nuovo arrivato. E contenta come una pasqua decise di raccontare la storia di Levi alla sua famiglia, visto cha di lì a poco ne avrebbe fatto parte.

-Bhe per cominciare lui è più grande di voi due, ha 19 anni. Quando ne aveva soltanto otto egli fu strappato brutalmente dalla sua famiglia per motivi sconosciuti. Rimasto da solo fu rinchiuso in un orfanotrofio poverissimo dove i bambini venivano maltrattati e malnutriti, è rimasto lì per 5 anni, finché una famiglia in visita all’orfanotrofio comprese le reali condizioni dei bambini, e fecero chiudere quel posto. Successivamente tutti i bambini furono trasferiti in una casa di cura a Torst, ed è lì che l’ho trovato, intento ad andarsene, ma io l’ho subito fermato e gli ho proposto di venire a vivere con noi, e lui ha inaspettatamente accettato. Sono venuta a conoscenza della sua storia tramite la direttrice della casa, che mi ha detto che Levi è molto restio a raccontarla in giro, infatti per tutto il tempo di permanenza nella casa – 6 anni- è sempre rimasto da solo, a causa del suo carattere introverso, non ha mai avuto amici.  -  racconto Carla ai suoi figli.

- Ah dimenticavo di dirvi che ha origini francesi –

Eren sembrava essersi vistosamente calmato dopo aver ascoltato la storia. Era anche tornato a sedere al fianco di Mikasa.

-Allora che ne pensi Eren? Cercherai di andare d’accordo con lui? – disse Carla a suo figlio speranzosa.

- Cercherò di andarci d’accordo, ma non posso assicurarti niente, e poi non so se riesco a considerarlo un fratello –

- Va bene, va bene, basta che con litighiate e che tu lo faccia sentire a casa – disse Carla continuando – e un'altra cosa Eren, dormirà in camera tua – asserì convinta.

Eren credeva di aver capito male, e guardo sua madre incredulo e in cerca di spiegazioni.

-hai capito bene – disse la donna

- Che cosa!! – urlò Eren – che cavolo stai dicendo madre?! –

- ho detto che dormirà in camera tua-

- non sene parla proprio! – sputò Eren scuotendo la testa e gesticolando furiosamente.

- Eren, non farmi arrabbiare, Levi dormirà in camera tua. Non ci sono altre camere in casa, non può certo dormire con tua sorella! E poi la tua stanza è abbastanza grande per entrambi-  sentenziò Carla, e così dicendo diede le spalle al figlio e s’incamminò in cucina per preparare la cena.

Furioso Eren si precipitò su per le scale diretto in camera sua. Gli abitanti della casa ne ebbero la conferma appena i rumore di porta sbattuta rimbombò per tutta la casa. Grisha ancora divertito dalla piega che aveva preso la situazione, s’incamminò anch’ egli in cucina.

-Caara, cosa c’è per cena- disse alla moglie

-aspetta e vedrai, non essere impaziente- disse lei – credi che le cose con Levi andranno bene? –

- non preoccuparti cara, andranno d’accordo- la tranquillizzo Grisha.

 

Intanto che in cucina i due sposi confabulavano tra loro, Eren in camera sua si era lanciato a faccia in giù nel letto, sprofondando con la faccia nei morbidi cuscini, ed emettendo strani lamenti, che sembravano i versi di qualche animale strambo non ancora catalogato. All’improvviso allungò una mano da sotto il corpo, che fece vagare per un po’ sul comodino alla ricerca di qualcosa. Dopo vari oggetti precipitati rovinosamente in terra, il ragazzo trovò quel che cercava: il suo cellulare. A questo punto alzò il viso quel tanto che gli bastava per guardare lo schermo illuminato del cellulare, e inizio a digitare.

Ad Armin

Non sai cosa sta succedendo qui!! Mia madre ha adottato un altro figlio! Ti rendi conto Armin, è anche più grande di me!

Dopo aver inviato il messaggio posò l’aggeggio di nuovo sul comodino e si rituffò sui cuscini riprendendo a lamentarsi. Dopo vari minuti passati in posizione prona a emettere versi animali, un altro suono si aggiunse a quella già strana sinfonia. Era il cellulare.

Armin: Davvero? Perché sei così arrabbiato? Dai non sarà poi così male, non vedo l’ora di conoscerlo!

Una smorfia di disgusto si disegnò sul suo volto appena lesse il messaggio. Adesso anche il suo migliore amico era in combutta con sua madre.

-Non vedo l’ora di conoscerlo gnè gnè gnè – disse scimmiottando il suo amico.

Veloce rispose ad Armin.

Eren: Adesso ti ci metti pure tu, già mia madre mi ha fatto una testa così! Arriva domani mattina, e dovrà dormire anche in camera mia. Capisci adesso perché sono così arrabbiato?!

Armin: E dai non è mica la fine del mondo, a proposito com’è che si chiama?

Eren: tsk…si chiama “Levi”

Armin: è un nome singolare, non è di qui?

Eren: mia madre dice che è di origine francese…

 

Una voce dall’oltretomba risuonò per tutta la casa. Era sua madre.

-EREN!! La cena è pronta! Scendi –

 E dopo aver congedato Armin, rispose con lo stesso tono.

-Siiii! Arrivo- e scese a rotta di collo le scale, fino ad arrivare in cucina, simile ad un cane affamato. Le sue similitudini con gli animai continuano ad aumentare. Per cena c’era pollo al forno con patate, ma la prospettiva che sua madre avrebbe potuto riaprire il discorso “Levi” quasi lo tentò a fare dietro front e tornare in camera senza mangiare, ma il suo stomaco non era moto d’accordo, e così si costrinse a sedersi a tavola con il resto della famiglia.

-Non ti smentisci mai cara – disse Grisha gustando la cena sorridente.

Carla sorrise dolcemente a suo marito che l’adulava da quando si era seduto in tavola. Ma i suoi occhi scivolarono subito su suo figlio, e il dolce sorriso che aveva dipinto sul non più giovane volto, si era trasformato quasi in un ghigno malefico, creando ai lati delle labbra delle sinistre rughe.

-Allora…Eren, sei pronto per l’arrivo di Levi? – chiese diabolicamente a suo figlio.

La testa di Eren fece un’inquietante scatto di lato per poter guardare accigliato sua madre in volto.

-Mi sembra di stare guardando l’esorcista- butto là Mikasa, trattenendo una debole risatina.

Suo padre invece non si trattenne per niente, e proruppe in una fragorosa risata che fece voltare in sua direzione tutti gli altri. Dopo qualche tempo, finito di scompisciarsi, li guardò con occhi stupiti.

-Perché mi guardate in quel modo? –

- Ma insomma Grisha stai ridendo da 10 minuti buoni! - lo rimproverò Carla.

- ah ehm…scusate – mormorò e tornò tuffarsi con la testa nel piatto.

Eren a quel punto tirò un sospiro di sollievo, credendo che l’interruzione di suo padre, avrebbe fatto cambiare discorso a Carla; non sapeva quanto si sbagliava.

-allora Eren? Ti ho fatto una domanda –   insisté Carla

- No mamma – rispose lui disinteressato

-No cosa Eren? –

- Mi hai chiesto se sono pronto per l’arrivo Levi. No, non lo sono. Contenta? –

- No che non sono contenta, volente o nolente domani mattina andrai con tuo padre a prenderlo alla stazione – impartì severa Carla.

- Ma mamma!! – piagnucolò Eren

- Niente storie ci vai, punto e basta –

- Ma non può andarci Mikasa?! – chiese ancora più lamentoso di prima

-No, Mikasa deve aiutarmi a preparare il pranzo, la domenica mi aiuta sempre. Sei tu quello che non fa mai niente - 

- ma dopodomani inizia la scuola, e domani è l’ultimo giorno in cui posso svegliarmi all’ora di pranzoooo – disse allungando lamentosamente la o.

Ma sua madre si mise le dita nelle orecchie per non sentirlo.

-Mammaaaaa!! – urlò il giovane

-Lalalalalalalalalala non ti sento non ti sento – urlava sua madre con le orecchie accuratamente tappate, sembrava una bambina.

- uffa – bofonchiò Eren

- invece di lamentarti finisci di mangiare e va a lavarti – gli ordinò la donna che fino a poco prima urlava con le mani sulle orecchie.

Sbuffando Eren continuò a mangiare, mormorando il suo dissenso sottovoce, mentre sua madre lo inceneriva con lo sguardo. Nessuno parlava, ma improvvisamente il silenzio fu rotto dallo stridere violento di una sedia sul pavimento; era Eren che alzatosi, ancora infuriato, annunciò senza preamboli che aveva finto che se ne sarebbe andato in camera sua. I resto della famiglia rimase a tavola a conversare amabilmente del più e del meno, finché anche Mikasa, ringraziando sua madre per la cena, si alzò compostamente – al contrario di suo fratello-  e si ritirò anch’essa in camera sua.

A questo punto Carla iniziò a sparecchiare, mentre Grisha si accomodò sul divano accendendo il televisore sul solito canale che trasmetteva documentari.

-tesoro, a che ora arriva Levi domani? – chiese il marito dal salotto

Carla, che stava lavando i piatti chiuse la fontana e si fermò.

-Dovrebbe arrivare verso le 10:00, almeno così mi ha detto miss. Zoe – rispose lei alzando un po’ la voce per farsi sentire dal marito

Miss. Zoe era a direttrice della casa di cura di Torst, e da quello che Carla aveva capito era molto legata a Levi, all’epoca quando il ragazzino era arrivato, lei era ancora un’inserviente, ed era stata l’unica ad interessarsi a ragazzo. Adesso era diventata la direttrice, e desiderava il meglio per Levi, ma proprio per questo all’inizio era stata scettica all’adozione. Ma subito si era ricreduta quando il ragazzo aveva mostrato interesse ad andarsene da lì.

 

La camera di Eren non era proprio il top in fatto di ordine, ma lo era in fatto di disordine. Infatti il pavimento era disseminato di vestiti e oggetti a caso, il letto poi non ne parliamo proprio; era sommerso da cuscini e altri indumenti, e sul comodino accanto al letto c’erano fogli sparsi e accartocciati. Una solitaria sedia vicino al letto, che Eren usava per appoggiare i vestiti una vota tolti, era diventata un ammasso scomposto di tessuto non identificato. Sulla parete destra c’era un’ampia finestra che affacciava sulla strada, e in un angolo una piccola scrivania piena di scartoffie e note, dove vi era comodamente adagiato un laptop nero con un adesivo bianco che raffigurava un paio d’ali. Gli armadi color mogano invece stavano rispettivamente difronte ai due letti. I muri dell’ambiente erano tempestati di poster di tutti i tipi, e c’erano molte mensole piene di libri e fumetti.

Il letto dove avrebbe dovuto dormire Levi era uguale a quello di Eren, con l’unica differenza che si capiva che era un letto. Era affiancato a quello di Eren, e adesso che il ragazzo in questione lo osservò meglio, gli sembravano un po’ troppo vicini e così si alzò dal suo di letto, e spostò l’altro di una ventina di centimetri più distante. Soddisfatto del lavoro iniziò a spogliarsi. Sembrava una scimmia mentre si toglieva i pantaloni saltellando per tutta la camera, iniziando poi ad inveire contro i boxer che gli si erano attorcigliati alle caviglie. Con un calcio supremo li fece volare per la stanza, e senza preoccuparsi di raccattarli si diresse tranquillo in bagno.

Ne uscì poco dopo accompagnato da una densa nuvoletta di vapore. Aveva un asciugamano legato alla bell’è meglio intorno ai fianchi e uno in testa a mò di madonna. Si poteva ben intravedere il suo bel fisico snello e slanciato, dalla carnagione caramellata e con un accenno di muscoli molto sensuale. Non andava in palestra ma gli piaceva tenersi in forma facendo qualche esercizio ogni tanto a casa. Gocce di acqua scivolavano dalle punte dei sui capelli castani, bagnando tutto il pavimento, ma ad Eren non importava minimamente, e si sdraiò sul letto bagnando pure quello. Il leggero rossore che si era formato sulle gote per via dell’acqua calda, creava un meraviglioso contrasto con i suoi occhi verde mare, che adesso le palpebre avevano coperto pigre.

La porta di aprì di scatto. E dei passi che Eren aveva imparato a riconoscere come quelli di sua madre, si avvicinarono al letto. Una mano fredda lo scosse piano riportandolo alla realtà, che quel leggero sonno gli aveva offuscato.

-Eren, quante volte ti ho detto di non addormentarti con i capelli bagnati!? – tuonò sua madre

Non rispose, aspettò solo che sua madre uscisse, per gemere irritato sul cuscino che si era portavo sul viso.

Dopo aver asciugato i capelli, quel tanto che serviva per non prendere un malanno, mise velocemente dei boxer puliti e s’infilò sotto le coperte. Spense la luce e chiuse i suoi bellissimi occhi, che bramavano riposo.

 

 

Ore: 9:15   Cucina di casa Jaeger.

-Papà sta zitto per favore! – si lamento Eren fissando la sua colazione ancora nel piatto.

- Caro, lascialo stare, lo sai che appena sveglio è intrattabile – lo riproverò Carla – Tesoro sbrigati a mangiare o farete tardi – continuò rivolgendo ad Eren un sorriso da mamma e pieno d’amore.

- Mamma la stazione è a soli 10 minuti di macchina – precisò il figlio

-Lo so, ma è meglio arrivare in orario, se Levi arrivasse e non dovesse trovarvi, finirà col perdersi. È pur sempre un ambiente nuovo per lui – disse Carla già preoccupata per il nuovo figlio.

Eren sbuffò come al solito, non valeva la pena mettersi a litigare con sua madre, tanto alla fine vinceva sempre lei. Si mise di buona volontà e ingurgitò malvolentieri la colazione. Di mattina non aveva mai un grande appetito, mangiava solo per compiacere sua madre. Lanciò veloce uno sguardo all’orologio appeso al muro e…cavolo il tempo era volato ed erano già le 9:45, dovevano muoversi.

Corse a prendere il cappotto e il cellulare, e usci di casa insieme a suo padre, che già era entrato in macchina e si apprestava a mettere in moto. L’auto uscì dal vialetto di casa, e imbocco la strada principale sfrecciando tra le altre vetture. Erano in ritardo.

 

Quanto era odiosa la stazione. Pensò Eren. Tutte quelle persone ammassate che aspettano il treno, tutte quelle valige trascinate. Una volta una signora gli aveva camminato con un trolley sui piedi, e non aveva nemmeno potuto protestare perché era molto anziana. Si limitò a forzare un sorriso e a trattenere le male parole. Era troppo affollato per i suoi gusti, e poi puzzava, e pur essendo un luogo non completamente al chiuso, l’aria era viziata. Troppo usata perché si potesse ancora respirare. Eppure, a tutti gli altri sembrava non fregare, troppo occupati a correre qua e là e a trasportare bagagli o ad ascoltare quello che l’altoparlante comunicava a proposito delle corse.

Interruppe il flusso dei suoi pensieri, un sconosciuto che gli starnutì pericolosamente vicino.

-Bleah…schifo.. – borbottò Eren a bassa voce per non farsi sentire.

Ma con tutta probabilità quello lo aveva sentito eccome, visto che si era allontanato rifilandogli un’occhiataccia degna di nota. Beh, meglio così, almeno non avrebbe rischiato di infettarsi.

Qualcuno gli passo talmente vicino che quasi lo fece cadere.

-Pardon – lo sentì dire.

Ad Eren salì l’istinto omicida, e giurò che se qualcun altro l’avesse toccato, avrebbe fatto una bruuuutta fine.

Odiosa stazione.

Torst in arrivo, c’era scritto sulle insegne indicative luminose. E infatti dopo pochi minuti davanti alle facce delle persone in attesa sfilò il treno proveniente da Torst.

TRENO PROVENIENTE DA TORST SU BINARIO 2. RIPETO, TRENO PROVENIENTE SA TORST SU BINARIO 2

Suo padre si diresse velocemente verso le porte del treno che si era appena fermato. Con malcelata svogliatezza Eren lo seguì. Aspettarono entrambi che Levi scendesse dal treno. Per Eren avrebbe potuto essere chiunque; non l ‘aveva mai visto prima, nemmeno in foto. Solo sua padre e sua madre conoscevano il suo volto.

Scese un ragazzino esile e biondo, con un bagaglio che probabilmente pesava più di lui. Potrebbe essere lui? Penso Eren. Naahh, trppo piccolo. Passava in rassegna tutta la gente che varcava la porta di quel treno, e ad uno ad uno li scartava, troppo piccolo, troppo vecchio, troppo ridicolo e così via.

-Troppo alto – ne scartò un altro. Era diventata una cantilena

- Troppo bass- suo padre lo interruppe.

-Eccolo è lui – esclamò suo padre indicando il tizio del troppo basso.

Suo padre gli andò incontro per salutarlo, mentre Eren rimase un po’ indietro a squadrarlo da capo a piedi.

Era basso. Beh, questo si era già capito, aveva un’aria arrogante e presuntuosa, già gli stava sul cazzo. Aveva dei lineamenti troppo affilati e un’aria fredda simile a quella di Mikasa, ad Eren sembrava un ibrido umano-coltello, anche perché i suoi occhi sembravano fatti d’acciaio ed avevano un taglio molto sottile e minaccioso. I capelli erano ossidiana pura, tenuti con la riga in mezzo non proprio centrata, e rasati al di sotto. Per quanto riguarda il suo corpo, Eren non aveva niente da ridire, anche se era basso, non sembrava per niente esile, anzi dava l’aria di essere molto forte. E quel cipiglio severo che aveva sul volto gli facilitava questo pensiero.

Non aveva molti bagagli solo un borsone sulle spalle e una piccola tracolla nera.

Eren si avvicino con circospezione, li sentiva mormorare. Stavano parlando di lui.

-Lui è Eren – disse suo padre indicandolo.

Si guardarono e si studiarono per un po’, poi Levi gli tese una mano che Eren strinse con vigore.

-Io sono Levi – disse guardando eren negli occhi.

- Piacere di conoscerti – disse il castano ricambiando lo sguardo.

- Bene, direi che possiamo ritornare a casa- disse Grisha contento che suo figlio non sesse facendo scenate.

 Per tutto il tragitto verso la vettura Eren camminò da solo sbuffando, visto che quei due non facevano altro che parlottare tra loro. Eppure gli era sembrato che Levi fosse un tipo abbastanza silenzioso. Forse stava solo rispondendo cortesemente alle domande che suo padre gli poneva, infatti la voce di suo padre sovrastava sempre quella intensa e bassa del ragazzo.

Ritornati alla macchina, partirono subito alla vota di casa Jaeger.

 

Quando arrivarono a casa erano le 10:30 passate. Mikasa e Carla stavano aspettando il nuovo arrivato con impazienza, soprattutto Carla. E appena sentirono il rombo del motore che si spense sul vialetto di casa, Carla salto giù dalla sedia per precipitarsi ad aprire la porta. Griha stava per parlare, quando sua moglie lo interruppe scostandolo e sorpassandolo di slancio per andare ad abbracciare e a sbaciucchiare Levi.

Suo figlio ridacchiava sotto i baffi. Un tempo dedicava a lui queste disgustose e smielate attenzioni, adesso sicuramente sua madre le avrebbe rivolte molto di più a Levi, essendo il nuovo arrivato. Si sentì quasi vittorioso dopo aver formulato quel pensiero, e guardò la scena che gli si parava davanti agli occhi soddisfatto. Levi fece fatica a scrollarsela di dosso, e appena ci riuscì era diventato ancora più pallido di quel che era.

Adesso erano tutti seduti in salotto. Levi al centro del divano, Eren e Mikasa ai lati. Grigha si era appropriato della poltrona, e li guardava tutti, soprattutto sua moglie che andava avanti e indietro dalla cucina. Aveva depositato sul tavolino di vetro difronte al divano una quantità spropositata di bibite e stuzzichini. Appena finito finalmente si adagiò su una sedia rubata dal tavolo in cucina, e cominciò a tartassare di domande Levi.

-Allora com’è andato il viaggio – disse rivolta a Levi

-Bene, signora Jaeger – rispose sintetico il ragazzo

-Oh per favore chiamami Carla –

- Certo, Carla – disse il giovane rivolgendosi a lei

- Quel signora Jaeger, mi fa sentire vecchia – disse ridacchiando lei

-Tu sei vecchia mamma – disse ironico Eren.

-Eren sta zitto, devi subito farti riconoscere – lo zitti sua madre.

- Uffa, non posso dire mai niente in questa casa – sentenziò lui sbuffando al pari di un cavallo.

Grigha come suo solito, quando gli si presentavano certe scenette non mancava mai di ridere.

-Levi, devi essere stanco per il viaggio. Eren accompagnalo di sopra e mostragli la camera – disse guardando suo figlio severa.

- Okay, vieni – disse soltanto alzandosi e imboccando la rampa di scale poco distante.

 

I due salirono velocemente le scale e si diressero verso la camera di Eren, che era la seconda a destra. Spalanco la porta ed entrarono entrambi.

-Ecco, questa è la camera. Il tuo letto è quello – disse indicando il letto a sinistra

-Li ci dormo io. Dobbiamo condividerla purtroppo – disse Eren demoralizzato

L’altro non diede cenni di dispiacere, né di altro.

-Non ho problemi – disse semplicemente

E buttato il borsone sul letto ci sedette sopra testandolo, e guardandosi attentamente intorno.

-Green Day? – domandò poco convinto Levi guardando uno dei poster più grandi che tappezzavano il muro.

- Si, qualche problema? – rispose Eren accigliato

- No, nessuno, piacciono anche a me – disse lui, strappando un piccolo sorriso al castano.

Passò ancora qualche minuto, in cui levi si guardò attorno con minuzia.

-Certo che fai proprio schifo – disse levi accorgendosi che il disordine regnava incontrastato.

- Che!? – urlò offeso Eren

-Ho detto, che fai schifo, guarda qua – disse raccattando da sopra il suo letto un paio di boxer sporchi.

Per la cronaca, quei boxer erano gli stessi che la sera prima, Eren aveva fatto volare con il cacio supremo. Li teneva in mano tra ‘indice e il pollice, senza toccarli troppo, e li stava sventolando davanti al viso del castano.

-Oops- fece Eren riacchiappandoli –ecco doverano finiti! – esclamò ridacchiando.

Levi lo guardo facendo una smorfia di disgusto.

-Come pretendi che divida la stanza con te se lanci roba sporca sul mio letto? – disse levi – non t’immagini neppure quanti batteri possibilmente mortali potrebbero esserci in questa stanza! -

- Beh, visto che ti lancio la mia biancheria, dovresti esserne lusingato – disse il castano birichino.

Levi, gli lanciò uno sguardo omicida, che la diceva lunga.

-Va bene, ve bene, starò più attento – si corresse Eren gesticolando.

-Tsk, lo spero – disse il moro con uno sguardo che trasudava morte.

 

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