Draco Malfoy piangeva.
Disperato, in quella stanza delle necessità, piangeva … Draco Malfoy.
Solo, con la testa fra le mani e le braccia attorno alle ginocchia.
 L’armadio svanitore torreggiava su di lui.
Non voleva fare quello che stava facendo e, da brava serpe, non avrebbe voluto prendere parte a quello che stava succedendo.
Avrebbe voluto continuare a passare le giornate divertendosi, nella sua sala comune, o, a sbeffeggiare Potter, Weasley e la Granger.
Avrebbe voluto continuare ad essere un adolescente ancora per un po’. Ma no. Non poteva.
Quella guerra stava trascinando tutti in un vortice senza via d’uscita, e lui, figlio di un mangiamorte, non poteva tirarsi indietro. Era palese che doveva schierarsi da quella parte, che doveva combattere per quell’ideale.
Doveva, doveva, doveva. Quella schifosa ed insensata parola, incredibilmente capace di mettere nell’animo di Draco un grande timore … sapeva che in quella guerra doveva, e basta.
Non poteva scegliere da che parte voler stare, non poteva scegliere di voler lottare per un altro ideale, non poteva scegliere nemmeno di non voler lottare.
Si sentiva un burattino, costretto a fare mosse ridicole nelle mani di un burattinaio incapace.
Piangeva, e nella mente si figurava i volti dei suoi genitori, di suo padre. Costretto a patire le pene dell’inferno nelle mani dei dissennatori.
Un padre a cui era molto legato, un uomo per cui avrebbe dato la sua vita, l’uomo che aveva da sempre amato, invidiato ed imitato eppure così sbagliato per Draco, così spietato e crudele rispetto a lui, che se ne stava dentro quella stanza fatta di acari e polvere a piangersi addosso.
Sarebbe voluto andare da Blaise, o da Theo, ma no, Draco Malfoy non mostrava agli altri i suoi tormenti. Restava lì, e lasciava che le lacrime le rigassero il viso in silenzio.
Singhiozzava.
Ogni tanto qualche goccia si infrangeva sul pavimento grigio di polvere, produceva un suono quasi impercettibile, ma piacevole.  Pensava a sua madre, così bella, così vittima, proprio come lui.
Poi affermò che si era divertito in quella scuola e che aveva molte avventure da raccontare.
Ricordò quando per la prima volta si presentò a Potter tutto tronfio e la gita del primo anno nella foresta proibita, quando invitò al ballo la sua migliore amica Pansy, quanto era stupenda la Granger la sera del Ballo del ceppo, quando il secondo anno si abbracciò per la prima volta con Blaise, il fratello che non aveva mai avuto. 
Era stato bene ad Hogwarts. Stava per distruggere qualcosa di stupendo.
La sua mente subito andò a Voldemort.
Il mostro dal sorriso gelido e dagli occhi di serpente che con immensa soddisfazione qualche mese prima gli aveva annunciato che se non avesse adempito al suo ordine avrebbe annientato lui e i suoi genitori, incredibilmente fondamentali …incredibilmente sbagliati.
Dentro quel letamaio e in quella situazione di immensa tristezza, Draco Malfoy si rese conto di non aver mai scelto. Un forte scricchiolio proveniente dall’armadio svanitore gli fece alzare la testa.
Si, doveva alzarsi, doveva finire di ripararlo … doveva.
Sorrise rassegnato per un secondo, ma abbattuto rimase seduto ed incrociò le ginocchia.
Così, con accanto una mela verde mangiucchiata e con un uccellino morto nella mano sinistra, Draco Malfoy piangeva.