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Autore: Menteconfusa    07/12/2014    0 recensioni
Una donna fragile immersa nel dolore di un matrimonio sbagliato.
Una ragazza che tenta di fuggire dal suo passato.
Due mondi che si scontrano.
Genere: Avventura, Mistero, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Shonen-ai
Note: nessuna | Avvertimenti: Non-con, Violenza
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Camminava con passo deciso, un po’ barcollante reduce da una nottata in bianco, passata a tentar di smaltire la sbronza. Sentiva un doloroso cerchio alla testa, le tempie le pulsavano insistentemente, senza darle un attimo di tregua. Non era nemmeno troppo sicura del perché fosse tornata in quel posto, lo stesso da cui era scappata anni prima. Eppure eccola lì, dopo anni e anni di vagabondaggio per terra e per mare, era di nuovo a casa. Una casa odiata e temuta.
Nulla sembrava essere cambiato in quel paesino dimenticato da Dio, ne le strade polverose, ne le case mezze distrutte, e nemmeno la piccola, insulsa,  sporca catapecchia in cui era cresciuta.
Anni terribili erano stati, alle prese con una madre alcolizzata e un brutale padre, violento assassino, sempre pronto ad attaccare, per ogni minima sciocchezza. Lo sapevano tutti in pese, di ciò che accadeva nella sua casa, della violenza delle percosse di suo padre, delle grida che a volte squarciavano la notte come lampi, dell’alcool, fiumi di alcool che sua madre scolava ogni giorno. Dell’abbandono più totale al quale Liv e i suoi fratelli erano  costretti.
Le persone vedono e sentono tutto e sono pronte a difendere chiunque a spada tratta, fino a che il tutto si limita a un bisbiglio nell’orecchio, una chiacchierata tra amici, un sussurro confidato, ma la gente è cieca e sorda quando le cose si complicano e le vittime vanno difese.
La paura è più potente del coraggio.
Liv se ne stava lì, al centro della piazza, gli occhi fissi su quella prigione di tanti anni prima. Non vedeva nulla se non un disordinato e crescente susseguirsi di ricordi. Il mal di testa si faceva sempre più forte, ad ogni immagine rievocata dal suo passato, a ogni nome, volto, scena, tornata alla memoria.
Fece un passo.
“Liv O’Connell, non vorrai veramente sapere cosa ne è stato degli altri? A nessuno importava di te e a te non deve importare di nessuno!” quella fastidiosa vocina nella sua testa, l’attaccava proprio nei momenti meno opportuni. Un'antipatica, acida, a volte melodrammatica vocina.
Ignorando del tutto la voce, Liv s’incamminò verso la casa.
Si fermò davanti alla porta e sospirando disse –Chi diavolo me lo fa fare? Sa Dio mille posti meglio di questo dove potevo trovarmi ora, magari con una bottiglia e buona compagnia..-
Decisa ad abbandonare l’impresa si girò di scatto, scivolò a terra e travolse una donna che, evidentemente, sarebbe dovuta entrare proprio in quella che era stata la sua casa. Liv si rese conto di averle fatto cadere le sacche della spesa. Il cibo che contenevano si sparse per la strada e la signora, rimasta dov’era, per terra, scoppiò improvvisamente a piangere.
Ancora stordita dalla velocità in cui erano avvenuti i fatti Liv si guardò in torno, sembrava che nessuno avesse notato il loro scontro.
Si alzò a fatica e tese una mano alla giovane disperata.
-Non mi sembra il caso di piangere in questo modo, è solo caduta della frutta, è recuperabile e ancora commestibile, se la si lava per bene … -
-Non è per la frutta!- disse la donna con voce strozzata e attutita dal guanto che le copriva l’esile mano, la quale era ora poggiata sulla sua bocca, quasi volesse impedire a se stessa di gridare.
-Le ho forse fatto del male?- disse Liv –se è così, sono mortificata…io…- balbettando iniziò a raccogliere il cibo sparso qua e là.
Vedendo come Liv si fosse messa a raccattare tutto ciò che era caduto, la dona sembrò rinsavire, si rialzò da terra e disse –Non importa, faccio io-
-Tutto a posto?-
-Si- disse la donna -adesso si-
-Lei non è di queste parti- disse Liv, spostando il suo sguardo sulla giovane.
-Neanche lei, non l’ho mai vista qui-
-Quanto vorrei avesse ragione- sospirò Liv, porgendole l’ultima mela.
Le due rimasero immobili a fissarsi, come se si conoscessero da sempre, ma improvvisamente si fossero dimenticate l’una dell’altra.
-Mi chiamo Liv- disse ad un tratto la più giovane delle due, rompendo il silenzio– Olivia in realtà, ma preferisco Liv-
-Lily-
-Vivi qui, in questa casa?- chiese Liv, accennando con un cenno del capo alla vecchia casa alle spalle della donna.
-No, conosco la proprietaria-
-E’ tua amica?-
-No, non direi. Mi paga in cambio di piccole faccende- disse Lily, poi strinse lo sguardo cercando di squadrare meglio la giovane straniera –Perché me lo chiedi? La conosci?-
Liv la guardò. Moriva dalla voglia di conoscere il nome della donna che abitava in quella casa, forse era una delle sue sorelle, o magari sua madre, sempre che l’alcool non le avesse già fatto marcire il fegato da tempo, ma forse non era il caso di rivelare la verità, non ancora. Era passato troppo tempo e doveva mettere chiarezza nella sua testa prima di poter affrontare il suo passato.
-No, assolutamente. Ora devo andare, è stato un piacere conoscerti Lily- disse mentre s’incamminava.
-Anche per me!- Le gridò la donna alle spalle.
Ripensando a mente fresca a ciò che era accaduto la mattina, Liv si rese conto della sua codardia. Ancora una volta stava fuggendo, ancora una volta aveva avuto paura.
Perché la paura supera il coraggio.
 
   
 
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