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Autore: sery_loveisforever    08/12/2014    2 recensioni
"Avanzava lentamente con eleganza, con il suo completo ricoperto di brillantini. Era di una bellezza disarmante anche con i suoi buffi capelli tinti di rosso. Un tempo avrei riso riguardo i suoi capelli e sicuramente lei mi avrebbe dato un pizzicotto. Ma adesso non riuscivo a riderne, anzi ne ero incantato. Il suo sguardo si trasformò da uno sguardo quieto ad uno sguardo smarrito, devo dire che la mia presenza le faceva ancora effetto."
Festival di Cannes 2014, Robert Pattinson e Kristen Stewart si rincontrano. Che cosa ne sarà dei loro sentimenti? Si ameranno ancora o la paura di soffrire li farà dividere nuovamente?
Genere: Malinconico, Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Kristen Stewart, Robert Pattinson
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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Ciao a tutti, è la prima volta che pubblico qualcosa di mio. Non so cosa mi abbia portato a farlo, forse perchè sono stata spronata dalla mia migliore amica, la persona che adora tutto ciò che scrivo. La vorrei ringraziare pubblicamente: grazie tesoro, non dico il tuo nome ma tu sai bene che mi riferisco a te. O forse perchè è ora di voltare pagina e cercare di mettermi in gioco. Oggi voglio presentarvi questo one shot sui "Robsten". So benissimo che adesso non stanno più insieme, ma loro sono stati fonte della mia ispirazione per un bel po' di anni. Oooookay, adesso non voglio più annoiarvi con i miei commenti, buona lettura ragazzi :-*







                                                                     Living now

Cannes, Maggio 2014
 
Pov. Kristen
 
Spesso si è masochisti, mi sono sempre chiesta il perché.  Alle volte nei propri dolori si trova qualcosa che ti possa far piacere, qualcosa che ti possa aiutare ad andare avanti e voltare pagina… o forse si è masochisti perché non ci interessa del dolore pur di riprovare alcune sensazioni? Sensazioni che prima ti hanno messo il mondo ai tuoi piedi,  che ti hanno fatta toccare il cielo non con un dito, ma con un intero palmo della mano. Sensazioni che poi si trasformano in uno dei tuoi peggiori incubi e non ti fanno più vivere la vita come volevi.
Eppure ero qui in Francia, pronta per andare a Cannes, pronta a sorridere forzatamente, ad essere gentile anche con le persone che mi urtavano, a far finta di nulla.
Guardavo fuori dal finestrino dell’auto, un po’ scombussolata per tutte quelle ore di aereo, il fuso orario non aveva mai smesso di scombussolarmi. Erano le 18, eppure per il mio corpo era come se fosse ora di pranzo. La mia pancia fece un rumore assurdo, lo sentirono tutti nella vettura. Percepii persino l’uomo alla guida ridacchiare.
“Il tuo stomaco impaziente sarà ricompensato fra poco” disse Ruth.
Feci un sorriso dannatamente forzato, non mi importava di mangiare assolutamente. Ero sicura che dopo aver ingoiato qualsiasi boccone sarei stata invasa dalla nausea per la tensione per il giorno dopo.
Avrei dovuto dire di no a tutto.
Non sarei dovuta venire a Cannes, non avrei dovuto accettare. Avrei potuto dire benissimo di essere impegnata, ma l’idea di rivederlo mi fece dire quel dannato al telefono. E adesso mi ritrovavo a mugugnare fra me e me e riavere contatti con i miei sensi di colpa.
I miei sbagli erano andati contro di me, facendomi sbattere la mia fottuta testa al muro. Gli avevo fatto del male non lo potevo negare. Eravamo riusciti a riaggiustare tutto, ma com’è che si dice? Ah sì, appena tradisci una persona una volta lo farai sempre. Forse per questo lui non era riuscito ad andare avanti, forse per questo mi guardava sospettoso ogni momento che prendevo il cellulare. Ogni litigata era sempre pronto a rinfacciarti quel mio fottuto sbaglio, perché sì… era stato uno sbaglio. E ogni litigata finiva che io mi stancavo e mi chiudevo in bagno fino a quando mi fossi calmata.
Ecco, avevo creato un bel casino.
Avevamo deciso di mollare tutto, non potevamo andare avanti così. Beh, è stata una delle decisioni più difficili che la vita mi abbia mai presentato. Dirsi “addio” è sempre difficile, specialmente se si dice insieme e entrambi con le lacrime che rigano il viso.
Cazzo Kristen, te ne saresti dovuta stare a Los Angeles,  non qui a marcirti l’anima, sei una testa di cazzo.
Ancora ricordo il suo viso quella sera. Pioveva, riesco ancora a sentire le goccioline bagnarmi la testa, mentre uscivo per vederlo andar via. Mi sarei voluta mettere a correre e avrei voluto stringerlo a me, ma no… era il momento di dirgli addio. Portava la sua felpa grigia scolorita, la felpa che io amavo e che spesso gli rubavo per avere il suo profumo addosso, aveva sulle sue spalle la sua chitarra. Quante canzoni mi aveva dedicato con quella chitarra, quante sere passate sul divano a cantare, mentre suonava le sue canzoni. Quante serate, dopo aver suonato, passate a fare l’amore, a gridarci ti amo, a sudare, a piangere per il grande amore che Dio ci aveva dato. Avevo distrutto tutto da sola, come lui non me lo poteva perdonare, non me lo sarei potuta perdonare neppure io.
No, non mi ero mai perdonata e mai lo avrei fatto.
“Kris, stop” Ruth, la mia manager, interruppe il vortice dei miei pensieri.
“Uh?”
“Stop a ciò-che-sai-tu. Devi andare avanti” sempre saggia e sempre pronta come un’amica. La adoravo quella donna.
“Non so di cosa tu stia parlando” dissi con finta aria interrogativa.
Lei sbuffò, come mi conosceva lei era assurdo.
“So che stai pensando a Robert e non mi preoccupo di dirtelo. So che ti fa male sentire il suo nome, ma so pure che non finirai mai di amarlo. Vorrei che almeno per domani lo dimenticassi”
Sì, come no. Come si può dimenticare la persona che ami, specialmente se te la ritrovi davanti e se il posto ti suscita mille ricordi?
“Sì Ruth, ci riuscirò”.
Mi strinse la mano e cercai di sorriderle, ero un’attrice dopotutto, se non riuscivo a fingere io chi lo avrebbe fatto?
 
“Kris, cosa vuoi mangiare?” il suo sguardo sempre premuroso, nonostante domani fosse stata la mia giornata al festival mi sentivo fin troppo tranquilla. Ero sicura che fosse lui a darmi tutta quella carica.
“Mmm ci sono spaghetti alla carbonara?” lui sgranò gli occhi.
“Kris, siamo in Francia, mica in Italia” cominciò a sghignazzare.
“Senti, scegli tu per me”
Mi piaceva che scegliesse lui per me quando mangiavamo fuori, aveva dei gusti simili al mio palato.
“Okay, se proprio me lo concedi” mi sorrise, Dio il suo sorriso mi mandava in tilt.
Eravamo riusciti a scappare dai paparazzi e fotografi e trovare una sala più tranquilla per noi due. I nostri colleghi e amici –perché Tom lo consideravamo come tale- ci avevano concesso una serata tutta per noi, dato che il lavoro spesso ci divideva.
“Sei stanca? Magari avremmo potuto mangiare in hotel, magari in camera” il suo tono nascondeva un doppio senso.
“Sei un pervertito, a dire la verità ho fame di cibo” mentii, avevo una gran voglia di lui.
Sporse il labbro in fuori per evidenziare la sua tristezza, al che alla sua espressione cominciai a ridere.
“Mi sei mancato amore”
“Tu di più” disse prendendomi la mano.
Mi era mancato tantissimo, era diventato il centro del mio universo.
“Era tutt’altra storia quando giravamo Twilight, lì sì che potevamo goderci” disse amaramente, sapevo quando gli mancasse. Erano davvero dei bellissimi tempi.
“Beh, ti ricordi tutte le volte che di nascosto venivi nella mia stanza? Dio se mi mancavano quei tempi” cominciai a ridere ripensando alle nostre fughe notturne in hotel.
“Oh mamma sì! E ti ricordi quando siamo stati ehm interrotti quella mattina? E poi dalle nostre espressioni avevano capito che eravamo stati al letto assieme”
“Dio Rob, sempre lì vai a perderti” la sua risata si mischiò alla mia, sinfonia perfetta.
“Ti ho mai detto che i capelli scuri ti stanno benissimo? Ti risaltano gli occhi, sembrano più illuminati del solito” mi imbarazzai, non avrei mai smesso di arrossire ai suoi complimenti, neanche se fossero passati cent’anni.
“Grazie, ma i miei occhi sono più illuminati perché ci sei tu” anche lui si illuminò.
Che strano il destino che ci aveva fatto incontrare. Avevo mollato tutto per lui, persino Mike.
Era diventato in un secondo il centro del mio universo, il senso delle mie giornate, la persona con cui mi confidavo, la persona di cui avevo bisogno… potrei continuare all’infinito.
“Ecco il cameriere con l’arrosto, dev’essere per noi” mi fece un occhiolino dopo aver visto il cameriere puntare verso il nostro tavolo.
 
“L’arrosto per lei signorina” la cameriera mi sorrise e la nuvola di ricordi perse la sua consistenza.
“Grazie” mimai.
Avevo scelto quello che lui mi aveva ordinato due anni prima.
Dunque se dovevo  farmi male, perché non farmelo completamente? Almeno sarei tornata a casa senza ripensamenti.
Chissà che cosa avrebbe pensato alla vista dell’arrosto sul tavolo, sicuramente si sarebbe vantato delle sue scelte. E se lo avesse visto ora…ora che non eravamo che niente?
Sicuramente si sarebbe ricordato, a lui non sfuggiva mai nulla, e magari avrebbe capito che lo pensavo ancora.
No, non lo doveva sapere. Lui doveva andare avanti, io dovevo andare avanti.
Come potevo andare avanti se ogni pensiero mi portava a lui?
Fanculo.
Eppure dovevo  farcela, dovevo combattere, dovevo riuscire a vivere senza di lui.
Non avevo più avuto nessuna sua notizia, neanche Tom mi parlava di lui, ormai l’argomento Rob era intoccabile. Tom è sempre stato un grande. Gli avevo chiesto una volta come stesse, mi aveva
subito cambiato discorso, mi aveva detto che non dovevo sapere, come lui non doveva sapere di me.
Touchè Tom.
Non era solo Cannes che mi portava a lui, ma anche la nostra casa, ora diventata la mia casa. Lui la voleva vendere a tutti i costi, ma io avevo deciso di tenerla. Lui non aveva mai capito il motivo. Non aveva voluto neanche la mia parte di soldi. Me l’aveva regalata. Avevo pregato di accettare i soldi, ma non cu fu nulla da fare. Testa dura era, testa dura rimaneva
Bene, se volevo vivere lì lo avrei dovuto accettare.
Mi sottomisi all’idea di tenermi i miei soldi e stetti nella casa che aveva dato l’inizio di tutto, l’inizio della nostra vita. Ma ora aveva dato anche la fine, la fine di tutto. Mi ero ritrovata un bel po’ di volte a cercare i suoi calzini gettati sotto il letto, prima di andare a dormire, ma poi pensavo: “Che cavolo sto cercando?”. Cercavo le sue abitudini ovunque e alcune le avevo anche acquisite. Come ad esempio, spazzolarmi i denti e nel frattempo andar girovagando per casa. Quante volte lo avevo rimproverato per questo? Quante volte avevo urlato? E invece ecco a far la stessa cosa. L’amore è questo, è amare i difetti.
Avevo finito  quell’arrosto davvero in fretta, forse era tutta  la fame allucinante che avevo. Cavolo, il mio stomaco aveva proprio ragione.
Ora la parte tragica, andare a dormire nello stesso hotel di due anni prima. Lo stesso hotel dove avevamo condiviso il tutto insieme. Bene, se avessi potuto scappare lo avrei fatto.
 
E rieccomi nella stessa stanza di due anni prima, certo di numero diverso, ma le disposizioni sempre le stesse. Il divanetto rosso di velluto, la moquette anch’essa rossa, il letto piazzato al centro della camera e la grande finestra che dava sul panorama. Mi giravo intorno, come se cercassi o aspettassi qualcuno. Chi sarebbe dovuto arrivare? “Robert” diceva la mia testa. Sì, sogna Kris.
Eppure più dicevo “sogna”, più me lo immaginavo varcare quella porta e abbracciarmi. Era sempre così quando tornava a casa, entrava e veniva subito ad abbracciarmi. Mi portava il cielo in terra.
Immaginavo che mi avrebbe presa in giro per come erano conciati i miei capelli, che sembrava che avessi una ricrescita da barbona, mi immaginavo che poi avesse detto che ero bellissima così. Immaginavo il proibito, quello che la mia mente doveva evitare.
Dopo aver fatto una doccia rigenerante mi misi al letto. Perché era così difficile dormire in una stanza piena di ricordi? Lo avevo fatto tantissime volte, ma stavolta le mie capacità sembravano essere state annientate.
Doveva essere l’ansia per il giorno dopo, l’idea di rivederlo dopo tutto questo tempo mi faceva agitare. Bene, dovevo riuscire a sforzarmi di dormire per poter avere la mente lucida il giorno dopo.
 
Dopo aver visto il film gli applausi riempirono la sala. Gli altri si alzarono in piedi e io -con la capacità di un bradipo che odia i tacchi- mi alzai. Guardai la meraviglia. Tutti che applaudivano la nostra performance, centinaia di persone che mi guardavano, ma il mio sguardo si fermò solo su uno. Eccolo lì davanti a me, quasi coperto da quelli davanti che mi applaudiva. Aveva lo sguardo emozionatissimo, lo vedevo già da lontano. Mi si inumidirono gli occhi, per cui mi girai alla mia sinistra e vidi Tom farmi un occhiolino e con la testa indicare Rob. Annuii, lo riguardai. Non gli importava dei fotografi, non gli importava della gente affianco, dei pettegolezzi… aveva gli occhi solo per me.  E io solo per lui. Dopo gli applausi mi feci avanti tra la folla, per raggiungerlo.
“Senza parole” riuscì a soffiarmi, prima di darmi un lungo abbraccio. “Lo avevo detto che eri una grandissima attrice” continuò.
Ci staccammo e lo guardai, aveva gli occhi lucidissimi, specchio dei miei. Mi lasciai andare e lo baciai. Non mi importava dei paparazzi, dei  fotografi, degli altri… mi importava solo di noi due. Lui rimase sorpreso a quel gesto.
“Andiamo a festeggiare amore, te lo meriti” e mi accompagnò verso l’uscita.
 
“Cazzo” la sveglia cominciò a suonare interrompendo i miei sogni. Oddio, non proprio sogno, era soltanto un ricordo di due anni prima. Ormai era diventato normale sognare i propri ricordi, lo facevo minimo due volte al mese. Ma questo era davvero realistico, fin troppo. Quella notte fu magica.
“Facciamo un figlio?” disse dopo aver finito di fare l’amore.
“Rob, ci dovevi pensare prima” mi misi a sghignazzare.
“No, davvero”
“Rob non dire cazzate, sai cosa vuol dire? A parte che io sono abbastanza giovane e poi non voglio progettare mio figlio dopo essere stata euforica per il successo del mio film” anche lui cominciò a ridere.
“Okay, hai ragione. Ma davvero voglio una famiglia da te”
“Un giorno amore, un giorno” lo baciai e ricominciammo quello che avevamo finito.
 
Un giorno… quante cose racchiuse in quella parola.
 
Sils Maria: speravo che quel film vincesse il festival. Onestamente lo meritava.
Questa volta non indossavo un abito, avevo quasi saltato per la felicità quando mi avevano fatto vedere quello che avrei dovuto indossare: un top e un paio di pantaloni. Azz c’erano pure i tacchi, però  sapevo benissimo che le mie vans erano con me da qualche parte.
Ero su quel tappeto, sorridevo. Sorridevo non perché lo volevo, ma perché era un dovere.  Avevo smesso di guardarmi attorno, avevano detto che lui non si sarebbe presentato.
Che cavolo stava facendo? Okay, non me ne sarebbe dovuto importare.
E invece ero lì a pensare le migliaia di cose che lo avrebbero tenuto  impegnato. A dire la verità avevo tirato anche un sospiro di sollievo al pensiero che non ci fosse stato.
Ma c’era una cosa più grande che volevo evitare oltre Robert: i giornalisti.
Le loro domande mi irritavano, ma cercavo sempre di  fare del mio meglio per non apparire sgarbata.
“Come sarà rincontrare il suo ex collega Pattinson?” ecco, la domanda che più volevo evitare. Cosa rispondere? Stupida giornalista, che cavolo di domande mi faceva?
Cominciai a pensare velocemente una sensata risposta da dare, senza essere scortese.
“ La carriera mia e di Robert è cresciuta insieme. Beh, ritrovarci sarà senza dubbio emozionante. Sono davvero felice dei suoi successi, come credo che lui sarà felice dei miei” feci un sorriso tirato e ingoiai quel nodo che avevo alla gola.
“Vi siete tenuti in contatto? Voglio dire vi siete divisi subito dopo la fine della Saga di Twilight o no?” altra domanda, altro calcio nel mio stomaco.
“No” farfugliai “con gli impegni che ho non riesco a tenermi in contatto con nessuno, ma senza dubbio so che sta bene e che sta lavorando anche lui senza sosta” basta con le domande di merda, faccio per andarmene dopo averla salutata. Cominciai a camminare e cercare di calmarmi.
“Su Kris, sorridi” pensai, ma senza riuscirci.
Ruth mi osservava, allora sorrido anche a  lei, ma non se la bevve e scosse la testa.
Ero un disastro.
Mi fecero segno di andare a fare la foto insieme ai miei colleghi. Cominciai ad avanzare lentamente per via dei tacchi. Notai una figura familiare avvolto in una giacca e un paio di pantaloni neri e con due occhi azzurri che mi fissavano. Erano fin troppo familiari.
Fu lì che lo vedetti.
 
 
Pov. Robert
 
Avanzava lentamente con eleganza, con il suo completo ricoperto di brillantini. Era di una bellezza disarmante anche con i suoi buffi capelli tinti di rosso. Un tempo avrei riso riguardo i suoi capelli e sicuramente lei mi avrebbe dato un pizzicotto. Ma adesso non riuscivo  a riderne, anzi ne ero incantato. Il suo sguardo si trasformò da uno sguardo quieto ad uno sguardo smarrito, devo dire che la mia presenza le faceva ancora effetto. “Wow” pensai “quanta eleganza in un corpicino così piccolo”. Ma il suo sguardo mi metteva anche inquietudine.
Perché avevo scelto di venire nel giorno della proiezione del suo film?
Perché lei era e sarebbe stata sempre la mia Kristen.
Perché non avrei smesso di amarla.
Perché volevo vederla, per l’ultima volta.
Nonostante il rancore che portassi per lei non riuscivo a non amarla, la pensavo. La pensavo anche quando ero con altre donne. Ma io non perdono, anzi non dimentico.
Non avrei dimenticato il dolore, non avrei dimenticato i tradimenti. Purtroppo è sempre stato un mio difetto non riuscire a dimenticare.
Ancora ci  fissiamo e allora gli alzo una mano a mo’ di saluto. Lei ricambia un po’ interdetta e arrossisce. Quant’è dolce quando arrossisce, un’abitudine che il suo corpo non aveva ancora perso.
Si girò a guardare i fotografi, con uno sguardo diverso. Ero più che sicuro che in quel momento stava morendo dentro, come stavo morendo anch’io nel guardarla.
Che cazzo mi ero messo in testa?
In realtà avevo davvero voglia di vederla nel suo nuovo film.
Ma chi volevo prendere in giro? Non me ne fotteva nulla del film, volevo vedere lei.
Volevo capire se mi avesse dimenticato davvero, ma da quello che aveva dimostrato in quei pochi secondi, faceva capire che non era del tutto indifferente.
Se la mia famiglia avesse saputo che fossi a guardare la proiezione del suo film mi avrebbero rinchiuso al manicomio, non volevano che mi facessi del male ulteriormente.
Dopo esserci lasciati, avevo preso il primo aereo per Londra. Volevo stare lontano da lei, dalla nostra città, motivo per cui i miei genitori furono sorpresi di trovarmi dietro la loro porta con tutti quei bagagli in mano.
 
“Rob, non ti aspettavamo a casa. Wow, volevi farci una sorpresa!”
“Ciao mamma, ciao papà” mimai, avevo l’aria distrutta.
“Oh, figlio hai l’aria stanca. Certo dopo tutte queste ore di viaggio” disse mia madre preoccupata.
Mamma le ore di aereo non sono nulla in confronto a quello che ho dentro. Ho dovuto dire addio all’amore della mia vita, sapendo che ci amavamo, ma non potevamo più farci male. Io non ero più riuscito ad andare avanti e lei non riusciva più a combattere.
L’amore ti può dare gioia, ma basta poco per averla distrutta. Mi sentivo fuori posto nella mia casa natale, avrei dato la mia vita per poter tornare indietro e dimenticare.
“Kristen come sta?” le parole di mio padre mi uccisero.
Mi sentii come mille spille che mi pungevano il cuore.
“Ho bisogno di dormire, domani ne parliamo” sentenziai andando verso la mia camera. La mia camera, il mio covo… sprofondai nel letto e cominciai a piangere, piangere come non mai. Combattuto fra i singhiozzi e le lacrime mi stavo sfogando. Avevo trattenuto le mie lacrime per tutto il volo, volevo evitare la prima pagina con scritto “Pattinson lungo pianto in aereo”, ma trattenere le lacrime per tutte quelle ore fu un martirio bello e buono.
Avevo sempre davanti gli occhi la sua esile immagine che mi lasciava andare sotto la pioggia, sapevo benissimo che non mi avrebbe mai lasciato andare…se lo aveva fatto, lo aveva fatto per me.
 
I ricordi prendevano il sopravvento, avevo provato a scacciarli per tutto questo tempo, ma adesso tornavano a galla. E trovarmela a pochi metri non faceva altro che farmi ricordare anche le cose più insignificanti. Quante volte l’avevo scoperta col mio pigiama addosso, quante volte preparava i dolci per me, quante volte mi aveva sgridato perché mi spazzolavo i denti vagando per casa, quante volte si era lamentata dei calzini gettati sotto il letto, quante volte… Due parole che mi facevano venire in mentre tantissimi ricordi, ricordi che mi avevano fatto vivere la mia vita meravigliosamente bene, ricordi che adesso mi uccidevano.
 
Mi spostai da dov’ero, sentivo troppo i suoi occhi su di me e stavo cominciando a soffrire davvero. Mi appartai in un angolo più lontano e mi accesi una sigaretta. La sigaretta: uno sfogo per tutto i problemi. Sapevo quanto facesse male fumare, ma quando io e Kris ci eravamo detti addio, le mie sigarette avevano preso il suo posto, non riuscivo a starne senza.
Aspirai lentamente il fumo, gustandomi il momento e cercando di rimanere calmo. Wow, mi sto rilassando, non credevo che mi calmassi anche in momenti del genere. Aspirai per la terza volta e mi girai su me stesso e notai una figura che conoscevo bene, con la mia stessa postura che fumava.
Era lei.
Possibile che tra tutti i posti che c’erano me la ritrovavo a pochi metri nuovamente?
Non essere codardo Rob, avvicinati e parlale.
Mi avvicinai cauto, lei mi dava le spalle, non mi aveva proprio notato.
Cercai di osservarla, sembrava persa nei suoi pensieri e aspirava la sua sigaretta troppo nervosamente, quasi mi accorsi che le sue mani tremavano.
Ero qui, ormai dovevo farmi del male quindi le rivolsi la parola.
“Il vizio di fumare non te lo togli eh?” dissi con voce non troppo alta.
Si girò e i suoi grandi occhi verdi si sbarrarono.
“Rob… non pensavo venissi oggi” la sua voce era timorosa.
“Ho cambiato idea” sentenziai, mentre lei arrossiva.
“Cosa te l’ha fatta cambiare?”
Te, pensai.
“C’è una bella giornata per stare in hotel, non credi?”
“Sì, è così” mi fece un timido sorriso e ritornò alla sua sigaretta.
Ci fu una breve pausa di silenzio, credo anche lei non sapesse più che cosa dirmi, cos’altro fare.
“Come stai?” cazzo, pessima domanda che avevo fatto, ma ormai troppo tardi.
“Bene” disse e sapevo benissimo che quando rispondeva con una parola sola mentiva.
“Dovresti goderti la tua giornata, invece di parlare con me” dissi , ebbi timore della sua risposta.
Buttò la sigaretta che non aveva finito di fumare e si toccò i capelli.
“Sei tu che stai parlando con me” evidenziò, ma riuscii a percepire il suo sarcasmo.
“Touchè” le sorrisi.
Le ricominciarono a tremare le mani, segno che stava per dire qualcosa che mi avrebbe ferito.
“Rob, io devo andare” e invece mi aveva lasciato andare con queste parole, cogliendomi inaspettato.
“Kris io…” dissi, facendola voltare verso di me “è stato un piacere” le sorrisi a mio malgrado.
Anche lei mi sorrise amaramente e mi lasciò lì.
Solo.
Perché da quando era finito tutto era così che mi sentivo.
Perché era andata via? Perché non mi aveva parlato?
Stava male, si vedeva. Avevamo combinato un bel casino.
 
Avevo visto la proiezione del film, avevo applaudito  ma  senza emozionarmi come l’ultima volta, ormai eravamo quasi estranei. La vedevo da  lontano con uno sguardo perso nel vuoto, mi faceva male vederla così sofferente.
Non dovevo ricordare ma la mente ti fa solo brutti scherzi. Ricordai quando ero stato io al suo posto proprio lì davanti a quegli applausi.
 
La proiezione del film era finita e gli applausi divennero musica per le mie orecchie. Ero davvero emozionato di questo film, era stato uno dei miglior film che avessi mai fatto. Fra tutti quegli abiti scuri si distingueva lei. Il suo abito rosso lungo coordinato perfettamente con il rossetto che portava.
 Dio, che bellezza era quel giorno.
 Il colore che amavo più di tutti fasciava il suo corpo perfetto, quante volte le avevo ripetuto che il rosso le stava bene? Faceva da contrasto con la sua pelle chiara e i suoi capelli scuri raccolti. La vidi applaudire, aveva uno sguardo fiero di me. Sapevo benissimo che qualunque cosa facessi, lei mi avrebbe supportato sempre … credeva in me più di quanto io ci credessi. Era seduta, ma riuscivo a vederla benissimo. I suoi occhi verdi pieni d’amore, lo specchio dei miei. Appena gli applausi cominciarono leggermente a cessare, me ne fregai dei fotografi, dei miei colleghi, delle persone che mi circondavano: era come se fossimo soli in una stanza affollata. Andai da lei e mi calai. Lei mi cinse la testa con il suo braccio e le sue labbra si avvicinarono alle mie orecchie.
“Sei meraviglioso, sei splendido” le sue parole erano un sussurro, ma con tutto quel caos riuscivo perfettamente a sentirle. Non potei fare a meno di emozionarmi sulla sua spalla. Lei sentì le mie lacrime bagnarle il braccio e mi diede un bacio sulla testa.
Non so quanto tempo rimanemmo così, forse un minuto, un’ora... ma è stato intenso, dolce, meraviglioso come lei.
 
Ricordare faceva male, ma reprimere di più, come potevo dimenticarmi dei migliori anni della mia vita? Lei aveva fatto uscire la parte migliore di me, sapevo ridere, essere dolce, essere semplice come lei. Ecco, lei mi aveva cambiato. Ma adesso ricordare questi bei momenti non serviva più, aveva definitivamente fatto capire che non voleva parlarmi, aveva bisogno di stare lontana da me. E perché? Ovviamente perché non ci eravamo completamente dimenticati di noi. Quante volte Tom mi diceva di starle lontano, di non partecipare ai suoi eventi. Aveva ragione, vederla metteva in scombussolamento tutti i miei sentimenti per lei, avevo bisogno di stare alla larga. Lei aveva capito che cosa dovesse fare per guarire da questo nostro amore e io perché ancora ci mugugnavo su?
 
Non avevo partecipato al suo after, non volevo turbarla ulteriormente. Da quelle piccole cose capii quanto ancora fossi legato a lei, quelle piccole cose mi toglievano l’aria. Ero tornato in hotel, mi avevano scelto casualmente l’hotel dove avevo dormito insieme a lei due anni prima. Chissà lei dove alloggiasse, avrei voluto chiedere alla hall, ma avevo evitato per non avere quella risposta temuta. E se lei fosse stata davvero qui che avrei fatto?  Di certo avrei fatto qualsiasi per averla vicino. Mi sedetti sopra letto e miriadi di immagini cominciarono a fare breccia nella mia mente. Le scacciai immediatamente, non era il caso. Improvvisamente vidi che sotto la porta  vi era un foglietto piccolo bianco. “Ah, qualche fan” pensai. Lo presi maneggiandolo nelle mie mani.
La sua grafia.
Forse sono incoerente, sì lo sono sempre stata. Ma ho voglia di vederti. Sono nel giardino dell’hotel sulla panchina. Se non vieni non importa, capirò. Kristen.
Cazzo, cazzo, cazzo.
Voleva vedermi.
Ecco, questa mossa per me era inaspettata, non era da Kristen abbassare la cresta. Solitamente lei stava lontana da ciò che le faceva male e si isolava, ma stavolta aveva cambiato direzione, aveva deciso di vedermi.  E di certo dopo averla vista questa mattina e essermi messo a posto i miei dubbi, eccola lì a mettere in disordine di nuovo i miei pensieri.
Imprevedibile, come sempre.
 
Scesi con calma giù, non volevo farlo di fretta solo per non illuderla. Ormai le nostre vite avevano preso delle strade diverse e per quanto forte fosse il nostro legame dovevamo seguire le nostre strade. Eccola lì, con un giacca di pelle nera, in forte contrasto coi suoi capelli rossi.
Era ancora truccata e sotto non portava più il completo che aveva, ma un paio di jeans e una maglia larga, sapevo bene quanto amasse spogliarsi subito dopo gli eventi. Ah, dimenticavo le Vans erano di nuovo ai suoi piedi.
 
Rob passami le Vans” era nervosa alla fine di ogni evento.
“Dai Kris, resisti un altro po’”
Il suo viso diventò livido “Passami quelle fottute scarpe Rob, ogni volta sempre la stessa storia. Perché mi fanno indossare le scarpe più scomode del mondo?” quasi imprecò, cercai di farle capire di abbassare la voce.
“Perché sei una donna e le donne devono indossare i tacchi agli eventi. Invece toh, guarda me” mi indicai con un sorriso divertito riuscendo a farle ammorbidire la sua espressione contratta.
“Stronzo” il suo broncio diventò un sorriso e mi diede un pizzicotto. La cinsi con le braccia e la portai a me, il posto dove sarebbe dovuta essere sempre.
“Ora non ti lascio più andar via” le sorrisi e la baciai, facendo avvampare le sue guance di rossore.
 
Sorrisi ai ricordi.
“Finalmente comoda” dissi indicando i suoi piedi.
Stavolta la sua espressione fu diversa, mi sorrise un po’ di più lasciandosi andare.
Cos’era cambiato?
“Comodità è il mio secondo nome”.
“Lo so bene” contraccambiai il sorriso.
Mi sedetti vicino a lei, investendomi col suo profumo. Quante volte avevo avuto addosso il suo profumo? Quante volte?
“Come hai fatto a trovarmi?” chiesi, ero troppo curioso. Come mi aveva trovato?
Arrossii violentemente, avevo toccato un tasto che non dovevo, ma era mio diritto sapere.
“Ruth” disse e capii tutto, ma poi continuò “Lei stasera mi ha detto che aveva scoperto che alloggiassi nel mio hotel, in realtà non voleva che io venissi. Nessuno sa che sono qui e nessuno lo deve sapere. Sono venuta in hotel prima del solito, ho chiesto in che stanza fossi. Non che me lo volessero dire, ma so essere convincente” rise.
Eh, sapevo bene quanto riuscisse a essere convincente.
“Persuasiva” risposi imbarazzato, era la frase più lunga che lei avesse detto nella giornata.
“Sì, lo so. Come stai Robert?” mi chiese improvvisamente, sicuramente le era sembrato da maleducate non chiedermelo qualche ora prima.
“Bene. Il lavoro mi tiene lontano da tutto” era una mezza verità, beh non che stessi bene al 100%.
“A me il lavoro mi sopprime” ne era fiera, la luce che aveva negli occhi lo dimostrava.
“Beh, è una cosa bella Kris”
“Sì, lo è. Anche a me tiene lontano da tutto e forse è un aiuto” confessò, stavolta non arrossì. Era fin troppo sincera e fin troppo aperta.
“La tua famiglia come sta?”
“Tutto bene, loro sì e i tuoi?”
“Bene, ma infondo lo sai dato che ti senti con mia madre ogni tanto” è vero loro due si sentivano ogni tanto. Mia madre ha sempre adorato Kristen e anche adesso dopo tutto quello che era successo.
“E’ vero che stai conoscendo una ragazza?” la sua domanda mi spiazzò. Come diavolo faceva a saperlo?
“Cos..?”
“Ruth” disse a mo’ di risposta.
“Quella donna sa più cose di quanto so io” dissi ridendo.
“Sì” la sua risata si mischiò insieme alla mia.
“Comunque sì, sto conoscendo una tizia” i suoi occhi si dilatarono per un breve secondo.
“Voglio che tu sia felice” mi confessò, ma c’era un velo di tristezza nelle sue parole. I suoi occhi verdi adesso erano spenti ed era quello che temevo dandole questa risposta.
Ticchettava nervosamente le dita sulla panca e muoveva la gamba, quei tic li conoscevo a memoria.
“E io voglio che tu lo sia”risposi, ma il suo finto sorriso si dilagò.
“C’è tempo per me”
Silenzio, cosa si poteva dire in questi casi? Le sue risposte mi spiazzavano.
“Kristen perché mi hai fatto venire qui? Non capisco. Questa mattina non mi hai filato di striscio e adesso siamo qui come dei vecchi amici a parlare”.
Scrollò le braccia.
“Te l’ho scritto nel bigliettino: sono incoerente. Stamattina la tua presenza mi ha spiazzata, mi ero preparata 300 discorsi da fare se ti avessi visto, ma vedendoti all’improvviso non sapevo che dire. Allora non volevo parlarti per non stare male Rob, ma stasera alla festa ho pensato molto. Ho pensato a come sono andate le cose, a come ci siamo detti addio, a come ci siamo allontanati. Poi Ruth mi ha detto dove alloggiassi, mi ha detto della ragazza con cui ti senti e io… io..” le mancarono le parole per tre secondi “ io mi sono sentita in dovere di parlarti, di averti vicino a me anche se mi fa male. Era un destino essere nello stesso hotel, non credi? Forse dovevamo darci un addio diverso” le sue parole erano martellate nel mio cuore,  il nostro amore era forte, ma non potevamo continuarlo.
“Mi manchi Rob, mi manchi ogni giorno. So che non vale niente dirtelo, tu stai andando per la tua vita e io per la mia. Ma noi non potevamo dirci addio in quel modo, quello è stato l’errore più grande che abbiamo potuto mai fare. Non dopo la nostra storia” le lacrime cominciarono a rigarle il viso. No Kris non piangere, non piango da quel fottuto giorno e non vorrei crollarti davanti.
“E’ vero che mi sento con un’altra donna. E’ vero che sto andando per la mia strada, ma non ti dimenticherò mai” non ci pensai nemmeno due  volte nell’abbracciarla. Lei scoppiò in singhiozzi e presto anche le mie lacrime scesero sul mio viso. Quanto è brutto dire addio alla persona che ami. Perché il destino è dovuto venirci contro? Perché il lavoro ci ha diviso?
Alzò il suo viso e ci guardammo. Minuti interminabili, minuti che aspettavo da mesi, minuti che pensavo non arrivassero più. E invece eccoci qui a guardarci. Il nostro amore tormentato, l’avrei perdonata un giorno? Avrei dimenticato un giorno?
Forse.
Mai dire mai.
Ma non potevo certamente dirglielo, lei doveva continuare la sua strada, come io dovevo continuare la mia. Era giusto per lei, era giusto per me, era giusto per noi. Eppure tante volte non riuscivo a immaginare la mia Kristen con qualcuno, l’unica persona che vedevo al suo fianco ero io, solo io. Ma intanto io stavo andando per la mia strada, perché non doveva farlo anche lei?
Mi avvicinai al suo viso e si baciammo. Mi erano mancate le sue labbra morbide, il suo sapore, mi era mancato tutto di lei. Sentivo le sue lacrime salate nella mia bocca, anche quel sapore mi era mancato, il sapore di quando facevamo la pace, il sapore del trionfo del nostro amore.  Ci staccammo solo per un attimo.
“Voglio fare l’amore Kristen, facciamo l’amore per l’ultima volta” lei non rispose, si avventò sulle mie labbra e solo lì mi fece capire la sua risposta. Era un , anche lei mi voleva al mio stesso modo. Ci alzammo e senza staccarci da noi stessi andammo a finire nell’ascensore per salire al piano della mia camera. Era affiatata, vogliosa di me, come se non ci fossimo detti addio. Eccoci di nuovo noi.
Entrammo in camera molto rumorosamente, facendo sbattere la porta con l’angolo del muro.
La buttai subito sul letto e cominciai a spogliarla. Quante volte l’avevo spogliata nella mia vita, quante volte avevo lanciato i suoi vestiti fuori dal letto, quante volte eravamo diventati solo una cosa sola. Eppure eccola lì davanti a me come se non se ne fosse mai andata. La sua lingua entrò prepotente  nella mia bocca assaporando tutti gli angoli. Ad un tratto si staccò guardandomi negli occhi.
“Apparterrai sempre a me ovunque andrai e con chiunque sarai” gli dissi, era la verità. Lei mi sorrise nella penombra, sentivo i suoi denti sulle mie labbra.
“Nessuno deve sapere cosa è successo questa notte, noi non ci siamo mai visti” era quasi un’implorazione la sua “amami ora come mai, tanto non lo dirai. E’ un segreto tra di noi, tu ed io in questa stanza d’albergo a dirci che stiamo solo vivendo adesso”riconobbi quelle parole, appartenevano a una canzone italiana.
“Nessuno lo saprà, amiamoci adesso” la baciai e cominciai a baciarle il collo, mentre lei emetteva dei gemiti.
“Robert promettilo, domani mi dovrai lasciare andare. Ci faremmo soltanto male” diceva piagnucolando.
“Smettila fai l’amore, non pensarci”
Sentii che era pronta, allora lo fui anch’io e sprofondai dentro di lei. Cominciammo a muoverci e a amarci. Amarci come avevamo sempre fatto. Sentivo che c’eravamo composti, come due tessere di un puzzle compatibili, perché noi eravamo davvero compatibili, ma non potevamo farci del male ancora. Eppure eccoci lì a fare l’amore, gridare i nostri nomi e dirci che ci amavamo.
Sì noi ci amavamo.
Eppure stavamo facendo l’amore per dirci addio un’altra volta.
 
 
 
Finimmo di fare l’amore, eravamo abbracciati. Mi sembrava un sogno, ma no … era pura realtà. Una dolce realtà che sarebbe svanita dopo questa lunga notte. Chissà quando ci saremmo rivisti, chissà se ci rifossimo parlati.
“Non mugugnare, i tuoi pensieri li sento anch’io” mi disse, la sua voce che fino a prima era un misto di eccitazione e di euforia si era trasformata in malinconia.
“Penso che non saremmo dovuti arrivare a questo punto”
“Penso che non avrei dovuto tradirti per non arrivare a questo punto Rob” quella frase era peggio di uno schiaffo, “tu non dimenticherai mai”.
“E se un giorno dimenticherò? Che faremo?”
“Quel  giorno avrai altro a cui pensare, ne sono certa. Per questo mi perdonerai” i suoi sorrisi amari, però almeno dovevo ammettere che era più forte di me.
“E di questa notte che ne sarà Kris?”
Minuto di silenzio.
“Sarà un dolce ricordo. Sarà un ricordo di addio” disse la sua voce roca.
“Come fai ad essere così diplomatica, Cristo” mi alzai dal letto per guardarla meglio sotto quella luce fioca del abat-jour.
“Come vuoi che sia Rob? E’ andata così, punto. Non mi fare pentire di essere entrata in questa stanza”
“Dio, no! Non voglio assolutamente, è stato perfetto. Ed è perché proprio perché è perfetto che  non riesco a capire perché non dovremmo riprovarci” alzai il tono di qualche ottava.
“Perché non voglio Rob, non voglio ritornare a far parte di noi fino a quando tu non avrai dimenticato completamente. Non posso vivere con la sensazione che tu non ti possa fidare di me, che se vado a fare un film tu mi stia alle calcagna. Tu non mi perdonerai mai, lo so…
 e io non posso più stare con te” lei mi conosceva persino meglio di me stesso. Beh, era la mia Kristen…chi se no?
“Adesso vorrei godermi la nostra ultima notte e non voglio pensare a nient’altro” mi abbracciò, solo così riuscii a percepire le sue lacrime bagnarmi il petto.
La nostra ultima notte.
 
 
La luce cominciò a filtrare dalla finestra, mi svegliai ma non la trovai più affianco a me, ma riuscivo a sentire lo scrosciare della doccia della mia stanza.
Fortuna che non era scappata lasciandomi in questo modo. I ricordi presero il sopravvento.
 
“Non amo alzarmi dal letto se ci sei tu” ridacchiava come una scolaretta, ogni domenica sempre la stessa storia. Beh, non solo la domenica, qualsiasi giorno in cui fossi a casa al mattino.
“Sei una bimba”
“La tua bimba” cominciò a darmi pizzicotti.
“E se mi faccio la doccia tu ti alzi o stai coricata dormigliona?”
“Ma certo che no, ti seguo anche nella doccia”
Era adorabile quando si svegliava di buon umore, un vero spasso. Certo le succedeva quasi tutte le mattine in cui non dovevo svegliarmi e alzarmi presto.
Mi alzai del letto e mi controllai allo specchio, notai la mia espressione riposata, ma anche soddisfatta. Avevo bisogno di lei per stare bene.
La sentii alzare dietro di me e avvicinarsi con passi esili dietro di me.
“Sei bellissimo, non c’è bisogno che ti guardi ancora” rise e mi abbracciò forte da dietro.
“Sei di buonumore stamani”
“Sì, sono di buonumore ogni mattina che mi sveglio insieme a te amore” mi sorrise, i suoi occhi verdi pieni di sincerità e gioia.
“Sei dolcissima. Chi lo avrebbe detto la silenziosa e timida Kristen Stewart così dolce?”
Arrossì violentemente, ma poi si rilassò dandomi un bacio.
“Bando alle ciance, ciccione. Andiamo a fare la doccia”
“La fai insieme a me?” chiesi con un sussurro provocante.
“Solo se finiamo quello che abbiamo iniziato” la sua mano va verso l’elastico del pigiama tirandolo
“Insaziabile”sussurrai al suo viso portandola in doccia.
 
La vidi uscire dal bagno, aveva i capelli raccolti con un elastico, una maglia a maniche corte e dei pantaloni di una tuta. Mi piaceva in qualsiasi modo quella donna.
Appena mi vide sveglio sgranò gli occhi, forse era più dura lasciarci andare in questo modo. Sicuramente se ne sarebbe andata senza dire una parola, lasciandomi qui. Le risposte ovvie le avevo ricevute, non c’era nient’altro da dire o da fare.
“Ah sei qui” affermai, non so se affermassi a lei o a me stesso.
“Sì, mi sono fatta una doccia” mi sorrise.
Era di una bellezza mozzafiato, la semplicità regnava nel suo stile ed era proprio di quella semplicità che mi ero innamorato. Sapeva essere semplice in ogni momento, per questo spesso odiava gli eventi, motivo per cui fra 20 anni me la immaginavo sempre così… semplice.
Mi alzai dal letto e notai che c’era una valigia davanti la porta.
“Parti?” lei annuì.
“Devo tonare a Los Angeles, mi spiace non avertelo detto. Ma avevo ad altro a cui pensare” arrossì come se stesse pensando qualcosa di proibito.
Le sorrisi a mio malgrado, anche se era il momento più temuto, quello a cui non avrei voluto arrivare.
“Capito”
“Gli impegni chiamano” dichiarò con un sospiro.
“Pensavo che rimanessi per il la proiezione del mio film” sentenziai, ci speravo davvero.
“Purtroppo come ti ho già detto il lavoro chiama. Poi non me la sarei sentita, davanti a centinaia di giornalisti e paparazzi. Avrei dato a loro altre carte da scrivere” fece spallucce, la sua espressione era indecifrabile, stava per piangere o cosa?
“Non ti dimenticherò mai Rob, ma devo andare. Ci siamo detti addio come si deve” continuò triste. I suoi occhi se stanotte erano accesi, ora con la luce diurna erano spenti.
“Come si deve, sì” le parole mi erano morte in gola, che dire più?
Si avvicinò per darmi un bacio sulla guancia.
“Non dimenticherò mai di questa notte, non dimenticherò mai nulla di te” mi diede una carezza sul viso, aveva gli occhi arrossati, era in procinto di piangere e.. e .. no non dovevo vederla piangere, non l’avrei più lasciata andar via e ci saremmo fatti nuovamente male.
“Ciao Kristen” salutai, tutte le parole che avrei voluto dirle andarono in fumo. Rimaneva solo quel dannato ciao Kristen a far muovere le mie labbra, non sapevo con quale forza stessi usando.
Lei andò verso la porta, si girò con eleganza trascinando il trolley con sè. I suoi grandi occhi verdi guardarono per l’ultima volta i miei.
“Ciao Robert, è stato un piacere” ricordai la frase che usai io la mattina precedente, ma in questo
contesto suonava davvero male.
Si voltò rapidamente e chiuse la porta dietro di lei.
E rimasi lì solo al centro del mondo.

 

 
  
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