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Autore: picturetoswift    08/12/2014    0 recensioni
“Sarebbe bello se non crescessi mai, se potessi restare sempre così, ma so che non è possibile. E allora ti auguro il meglio, piccola mia, perché sei la cosa che amo di più in assoluto.”
Genere: Slice of life, Song-fic | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Taylor Swift
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Un respiro. Una spinta. Un altro respiro. Un’altra spinta.
Il dolore che provo è lancinante, e se non pensassi a te, sono sicura che mi ucciderebbe.
Già, se non pensassi a te, piccola peste che non sei altro, che in nove mesi mi hai soltanto procurato nausee e dolori e che adesso mi stai facendo passare le pene dell’inferno, non avrei un motivo per affrontare questo dolore.
Un ultimo respiro. Un’ultima spinta. Ed eccoti qua.
Ci sei. Sei qui con me. Sei così piccola.
Ti prendo in braccio e ti appoggio al seno. Sei così bella che mi fai dimenticare tutti i dolori provati. La tua presenza mi scalda il cuore. Sei la mia bambina.
Ti prendo la mano, e tu stringi la mia. Ho aspettato questo momento per così tanto, che vorrei non finisse mai.


Sì, perché so che arriverà il giorno in cui non potrò più stringerti la mano in questo modo, perché ti vergognerai, sarai grande e mi dirai: «Mamma, non ho due anni!» e io ci rimarrò male, perché veder crescere la propria bambina senza poterla prendere per mano ti fa un po’ male.
Poi, però, saprò che mi vuoi bene, che in fondo non ti vergogni di me, e che ti diverti quando facciamo i biscotti insieme o quando ti lascio usare il mio rossetto rosso, o quando giochiamo insieme a “Just Dance” anche se faccio leggermente pena a ballare. E so che mi prenderai in giro e riderai, che farai i video e che li invierai alle tue amiche perché ammettiamolo, quando ballo sembro una gazzella ubriaca. So anche che ti ingelosirai quando presterò qualche attenzione in più al tuo fratellino più piccolo, che mi terrai il muso per due giorni, poi però mi abbraccerai e dedicheremo tutta la giornata solo a noi due. Non sarò perfetta.
Ma mi amerai comunque, come io amerò te quando prenderai dei brutti voti a scuola o mi risponderai male, o quando mi farai impazzire perché non vorrai lavarti i denti e vorrai andare a letto tardissimo.
E quando avrai quattordici anni, sarà ancora peggio! Vorrai prendere il pullman per uscire con le amiche, e non mi permetterai di accompagnarti in macchina, a meno che non mi fermi un po’ prima in modo che tu possa arrivare dai tuoi amici da sola.
E le litigate per il coprifuoco, e per quelle cose che a quattordici anni non puoi fare, ma che vorresti tanto fare.
Però spero che ci saranno anche dei bei momenti, spero di andare a fare shopping con te e consigliarti il vestito più bello per il ballo scolastico, e magari ascolterai anche la musica che ascoltavo io o, perché no, proprio la mia!
E a scuola tutti ti chiederanno se sei davvero la figlia di Taylor Swift, e tu risponderai di sì, orgogliosa dentro. E so che ti terrai lontano dalle solite oche, quelle che se non hanno i vestiti firmati fanno le scenate e che sanno solo prendere in giro.
E poi avrai dei ragazzi, e piangerai, e starai male, e so già che vederti triste mi distruggerà, ma le sofferenze non posso togliertele, anche perché ti aiuteranno ad essere più forte e a scegliere bene le persone con cui avere a che fare, a fare delle selezioni.
Ti prometto, però, che proverò ad alleviare i tuoi dolori e anche quando mi caccerai da camera tua o mi chiuderai fuori, ti lascerò sempre dei biscottini fuori dalla porta, e che lascerò una vaschetta intera di gelato solo per te, e che non sarò una di quelle madri: “non mangiare quello, non fare quello”, che ti lascerò sbagliare, e che ti aiuterò a capire i tuoi errori e a rimediare, ovviamente nei limiti del possibile.
E arriverà anche il giorno in cui te ne andrai e non ti avrò più in casa, andrò in camera tua e mi sdraierò sul tuo letto, stringendo al petto una tua foto, anche se magari abiterai soltanto due isolati più in là. Poi arriverà il tuo fratellino, e verrà sul letto con me, e mi abbraccerà, e penserò a quando se ne andrà anche lui, e forse comincerò a piangere, ma sarò anche contenta.
Contenta perché non voglio trattenervi, perché voglio solo che siate felici, che facciate ciò che più vi appaga. E se vorrete trasferirvi in Australia, Spagna, Danimarca, Inghilterra, e saremo lontani, vi romperò le scatole con le video–chiamate ogni sera, ma so che vi farà piacere.
E quando avrete dei figli darò sempre loro delle caramelle e dei soldini, anche quando mi direte di smetterla.




«Il nome della bambina?» la voce dell’infermiera interrompe il corso dei miei pensieri.

In tutto questo, non ho ancora pensato al nome da darti.
Scorro tra tutti i nomi dei personaggi dei miei telefilm preferiti. “Grey’s Anatomy”.
“April” penso tra me e me.
«April.» dico.
«April?» mi chiede il tuo papà, guardandomi.
«April.» affermo, convinta.
Papà guarda l’infermiera. «Che April sia.»
Si volta verso di me e mi scocca un bacio sulla fronte, poi ti guarda e ti accarezza.
Siete entrambi così belli. Resterete per sempre i miei eterni bambini –uno un po’ più cresciuto dell’altra–.

Sarebbe bello se non crescessi mai, se potessi restare sempre così, ma so che non è possibile. E allora ti auguro solo il meglio, piccola mia, perché sei la cosa che amo di più in assoluto. E proverò a darti tutto ciò che mi sarà possibile dare.

Mi rilasso. Ti prendono per farti il bagnetto. Chiudo gli occhi.
«È fatta.» mi dice il tuo papà, accarezzandomi il viso.
«È fatta.» rispondo io, stringendogli la mano.
   
 
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