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Autore: Sylphs    10/12/2014    8 recensioni
"Signorina Lovegood, c'è una buona ragione per la quale è ancora qui o sta sprecando il tempo di entrambi?"
Lei sollevò lentamente lo sguardo trasognato ed incrociò quello di Piton.
"Professore" disse con voce remota e sognante: "Mi dispiace, ma non me la sento di prendere la mia borsa".
"Prego?" ringhiò Piton, innervosito, senza capire.
Lei non fece una piega: "Se la prendo, toccherò il vischio".
Di cosa diavolo stava parlando, quell'assurda ragazza? Il vischio?
"Toccherà il vischio" ripeté, a metà tra il disorientamento e l'irritazione: "E quindi?"
"Potrebbe essere pericoloso" cantilenò lei: "Spesso il vischio è infestato dai Nargilli".
Questa shottina senza pretese parla di Severus, Luna... e i Nargilli XD c'è anche un piccolo accenno di Lily/Severus all'inizio... grazie mille a chiunque darà un'occhiata!
Genere: Comico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Lily Evans, Luna Lovegood, Severus Piton | Coppie: Lily/Severus
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: II guerra magica/Libri 5-7
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Nargilli
 
 
 
 
 
 
 
“Delle more!” strillò Lily eccitata, indicando col dito: “Guarda, Sev, delle more!”
Severus guardò: un cespuglio intricato risaltava tra gli alberelli del boschetto che lui e la rossa usavano come rifugio segreto fin da quando erano bambini. Tra le foglioline incrostate di brina ammiccavano succosi frutti violacei. La fresca ombra verde che nelle stagioni calde li proteggeva dal sole si era tramutata in una semioscurità azzurrina, e ogni cosa, dai tronchi al terriccio, si era ricoperta di uno strato di neve farinosa che scricchiolava sotto le suole delle scarpe. Le more sembravano quasi una contraddizione, in quel gelido pomeriggio di dicembre.
“Ecco delle volontarie per la merenda!” sentenziò Lily, allegra, con i bellissimi capelli sciolti sotto al cappuccio e simili ad una vampa di fuoco nel candore nevoso. Si era già avviata verso la frasca, imprimendo sul sentiero delle piccole impronte, e lui era invece rimasto indietro, assorbendo il calore piacevole del suo entusiasmo e seguendo con gli occhi la sua figura, flessuosa anche se imbacuccata negli abiti pesanti.
La ragazza si accovacciò accanto al cespuglio e iniziò a strappare via le more, gesto che lo riscosse dalla sua contemplazione.
“No!” soffiò impulsivamente, affrettandosi a raggiungerla e posandole una mano sul braccio con estremo imbarazzo: “No, Lily, non prenderle!”
Gli occhi verdi di lei – occhi che lo lasciavano ogni volta senza fiato – si alzarono a lanciargli uno sguardo perplesso: “Perché? Non ti piacciono?”
Avvertì le guance diventare più calde, e odiò la propria carnagione pallida che rivelava alla perfezione il rossore: “Non è questo, è che… dopo il primo novembre fino all’anno nuovo le more appartengono ai Nargilli”.
La sua amica inarcò un sopracciglio, cosa che lo fece sentire enormemente stupido e inadeguato: “Cosa sono i Nargilli?”
“Sono… una specie di folletti” spiegò goffamente: “Piccoli, veloci… e detestabili. Amano scocciare le persone con dispetti di pessimo gusto, tipo” storse il naso con disprezzo: “Far inacidire il latte, rubare oggetti e vestiti, o farti inciampare quando meno te l’aspetti… un po’ come…”
Si morse le labbra, trattenendosi a stento dall’aggiungere James Potter. In effetti, James Potter e i Nargilli avevano molto a che spartire. Entrambi possedevano un senso dell’umorismo alquanto mediocre che però le persone, essendo mediocri a loro volta, apprezzavano, e una propensione a tormentare il prossimo guidata dal mero, ributtante desiderio di esercitare il proprio potere dispotico. Ed entrambi rubavano. Non solo gli incantesimi – aveva odiato Potter ancora di più quando aveva usato contro di lui il Levicorpus, una sua creazione – anche le persone. Anche Lily.
Lily, che lo stava osservando in modo strano: “Come mai conosci i Nargilli? Io non li ho mai sentiti nominare”.
Il suo tono, gentile ma nascostamente condiscendente, portò Severus ad arrossire furiosamente per la vergogna sotto la cortina di capelli unti. Acide parole gli salirono alle labbra.
Forse non li hai sentiti nominare perché sei una nata Babbana!
Ma per fortuna, ricacciò indietro anche quelle. Lily non era come tutti gli altri, Lily era tutto. Solo con lei riusciva a respirare, ad essere se stesso. E se lo stava osservando con aria stranita… era soltanto colpa sua.
“I-io l’ho letto in un libro” balbettò: “Lo sai che leggo molto”.
Le labbra della sua amica si piegarono in un mezzo sorriso: “E cosa c’entrerebbero questi Nargilli con le more?”
Scrollò le spalle, furioso con se stesso per essersi ficcato in quella situazione e aver nominato i maledetti Nargilli: “Loro… ne sono ghiotti” precisò, sforzandosi di suonare freddo e sicuro: “Ma se le mangiano solo dopo il primo novembre fino a gennaio. Sono loro che spogliano i cespugli. E se qualcuno lo fa al loro posto… se gli mangi le more… ti faranno pagare lo sgarbo in un modo o nell’altro”.
Lily scoppiò in una risata cristallina che lo fece sentire ancora più stupido: “Hai paura che i Nargilli mi puniscano per averli derubati delle more, Sev?”
Il ragazzo si fissò le logore scarpe bucate in preda ad un imbarazzo cocente, rendendosi conto di quanto le sue affermazioni suonassero patetiche: “Io volevo solo…”
La mano dell’amica gli si appoggiò leggera sulla spalla: “Ascoltami” Lily incastrò i suoi occhi verdi in quelli neri di Severus: “Nessun Nargillo mi farà lo sgambetto o inacidirà il latte che bevo a colazione… fidati”.
Perso nel suo sguardo smeraldino, percepì la propria vacillante sicurezza sfumare. Probabilmente, quella dei Nargilli era solo una sciocca leggenda che aveva trovato in uno dei suoi sciocchi, strambi libri, e Lily aveva ragione, Lily era una persona normale che sapeva riconoscere un’idiozia quando la sentiva.
“Ok” borbottò impacciato: “Ok, lascia perdere i Nargilli, era una sciocchezza”.
Il viso di lei si distese in un caldo sorriso: “Bene. Ora facciamo merenda?”
 
***
 
La lezione pomeridiana era finita, e Severus Piton era intento a riordinare in silenzio i volumi e gli alambicchi sparsi sulla cattedra mentre gli studenti si alzavano rumorosamente dai tavoli e buttavano senza cura nella borsa gli ingredienti con cui avevano preparato la pozione del giorno, facendo il loro solito, insopportabile chiasso. Non avevano imparato nulla, naturalmente, i suoi insegnamenti erano entrati loro in un orecchio solo per potersene uscire dall’altro, e lui aveva perso il suo tempo, ma era ormai abituato a quello spreco di sapere, a quel trasmettere nozioni ad individui che, salvo nel caso dei Serpeverde, erano troppo arroganti, frivoli o mediocri per comprenderle, e la cosa non lo infastidiva più. Che quei ragazzi marcissero nella loro stupidità e nella loro forsennata ricerca di fama e successo, che continuassero a schiamazzare, distrarsi e attirare l’attenzione… non era un suo problema.
“Ehi, Lunatica, prendi questo!”
Sollevò gli occhi a quell’esclamazione e rivolse allo studente da cui era venuta, un Grifondoro – ovviamente – di nome Andrew Kirke, uno sguardo annoiato.
Il suddetto studente aveva lanciato sul tavolo della Lovegood, una Corvonero dagli ingarbugliati capelli biondo sporco e dagli occhi sporgenti, un grappolo di vischio e aveva dato in una risata sguaiata che alle orecchie di Piton era stata insopportabile quanto un gesso strusciato su una lavagna.
“Magari ti aiuterà a farti baciare da qualcuno” soggiunse, con un largo, sciocco sogghigno stampato sulla faccia.
La Lovegood aveva avuto un sussulto, quando il viluppo di bacche bianche le era atterrato davanti, ed era schizzata in piedi come una molla, allontanandosi di scatto e suscitando ulteriori risa nel Grifondoro. Il suo strano viso si era fatto più pallido, e gli occhi sporgenti si erano dilatati ulteriormente, dandole un’aria quasi grottesca.
Normalmente, Piton non sarebbe intervenuto, li avrebbe lasciati scannare tra di loro con piacere e, se la vittima fosse stata Potter, Weasley o la Granger, si sarebbe anche goduto lo spettacolo, ma in questo caso la scenetta lo irritò. Forse era il fatto che il torturatore fosse un Grifondoro, e che gli ricordasse James nelle movenze, nel ghigno superbo, in quell’ironia da quattro soldi… in ogni caso, si alzò dalla cattedra con un’espressione gelida.
“Signor Kirke” sibilò in tono sardonico: “Oggi ho già tolto venti punti alla sua Casa, desidera che gliene sottragga altri dieci? Immagino che i suoi compari non ne sarebbero contenti”.
Provò un’acuta fitta di godimento quando il Grifondoro sbiancò e perse in un istante tutta la propria sicurezza, rattrappendosi su se stesso; i tempi in cui i Malandrini lo tormentavano e lui era incapace di difendersi erano finiti, ormai, ed erano gli altri a tremare al suo cospetto, gli altri a non osare opporsi alla sua parola… salvo Harry Potter, ma era scontato, perché era la copia altrettanto arrogante e inutile di suo padre.
“M-mi scusi, professore” farfugliò pateticamente l’idiota: “Stavo solamente…”
“Non mi interessa sapere cosa stava facendo, signor Kirke” lo interruppe, secco: “Sparisca dalla mia vista e basta”.
Quello non se lo fece ripetere due volte.
La Lovegood, al contrario, non lo seguì fuori dalla classe semibuia e satura dell’odore di erbe e umidità. Aveva la propria borsa appoggiata sul tavolo, proprio accanto al vischio che Andrew Kirke le aveva lanciato, e si teneva a debita distanza, girando lentamente intorno al banco e fissando intensamente le bacche bianche con i suoi strani occhi velati. Piton la scrutò di sottecchi per qualche istante, con le labbra serrate in una smorfia, e quando capì che non si sarebbe dileguata sulla scia della marmaglia di suoi compagni parlò di nuovo, in tono acido e sferzante.
“Signorina Lovegood, c’è una buona ragione per la quale è ancora qui o sta sprecando il tempo di entrambi?”
Lei non scattò come Kirke. Anzi, sollevò piano lo sguardo trasognato ed incrociò quello di Piton, senza mostrare alcun timore. L’uomo non era più abituato ad un confronto diretto con uno studente, salvo che con Potter, e quel modo sfrontato ma naturale che la ragazza aveva di fissarlo negli occhi lo fece sentire insieme a disagio e tremendamente irritato. Strinse i pallidi pugni.
“Professore” disse la Lovegood con voce remota e sognante: “Mi dispiace, ma non me la sento di prendere la mia borsa”.
“Prego?” ringhiò Piton, innervosito, senza capire.
Lei non fece una piega: “Se la prendo, toccherò il vischio”.
Di cosa diavolo stava parlando, quell’assurda ragazza? Il vischio? E perché continuava a guardarlo in volto come se tra di loro non vi fosse alcuna barriera, alcun confine, con gli enormi occhi che sembravano scavargli nell’anima? Non gli piaceva, il modo in cui lo faceva sentire. Sulle spine. Insicuro. Non si sentiva così da anni. Da tempi che preferiva dimenticare.
“Toccherà il vischio” ripeté, a metà tra il disorientamento e l’irritazione: “Quindi?”
“Potrebbe essere pericoloso” cantilenò lei: “Spesso il vischio è infestato dai Nargilli”.
Piton si fece completamente immobile, gli si mozzò persino il fiato.
“Nargilli?” ripeté in un soffio.
Luna annuì senza esitazione: “Non c’è da scherzare, coi Nargilli. Mio padre ha scritto un articolo su di loro. Inacidiscono il tuo latte, ti rubano i gingilli e ti punzecchiano, se li fai arrabbiare. E adorano starsene nascosti nel vischio. Kirke me l’ha gettato per questo, sa” sorrise, annunciando candidamente: “Pensa che io sia strana, e non gli dispiacerebbe vedermi presa di mira da un Nargillo. La gente è fatta così”.  
Il professore di pozioni sbatté le palpebre, cercando di fare ordine tra i pensieri che gli si affollavano a milioni nella mente e tra le emozioni sconosciute e incontrollate che gli si gonfiavano dentro, di reprimerle, di occultarle tutte quante dietro la sua solita maschera fredda e malevola, di non lasciarle intravedere a quella ragazza dallo sguardo opaco e profondo.
“Tu conosci i Nargilli” mormorò, il tono indefinibile.
“Anche lei, professore?” chiese Luna, sempre sorridendo.
Piton scosse più volte la testa: “Io…”
All’improvviso, il suo consumato ruolo di professore odiato e temuto da tutta la scuola gli veniva a mancare. All’improvviso, era di nuovo un ragazzo solo e ferito, che annegava rancore e umiliazione tra i libri e apprendeva di Nargilli, parlandone alla ragazza di cui era innamorato che però, come per tante altre cose, non aveva capito.
Forse Luna Lovegood intuì la sua confusione, perché infilò una mano dentro il maglione ed estrasse una collana di tappi di Burrobirra, mostrandogliela: “Mi sono fatta questa. Serve a…”
“… difendersi dai dispetti dei Nargilli” istintivamente, senza volerlo, Piton completò la frase al suo posto, ripescando ciò che aveva letto sul bizzarro volume che, frugando in biblioteca, gli era capitato tra le mani.
La Corvonero gli regalò un secondo, trasognato sorriso che gli fece tremare qualcosa nel petto: “Esatto. Loro odiano la Burrobirra. Ma temo che non basti a proteggermi”.
Piton fissò la borsa minacciata dalla presenza apparentemente innocua del vischio. Luna non pareva particolarmente spaventata, ma non aveva fatto un solo passo in direzione del tavolo, e continuava a tenergli puntati addosso quegli occhi sporgenti. Li sentiva pungere sulla pelle.
“Tu…” si schiarì la gola: “Sai delle more?”
“Del fatto che ne vanno ghiotti e che prendono in odio chiunque gliele rubi dopo novembre?” sussurrò lei: “Certo!”
A Piton tremarono lievemente le mani: “Davvero?”
“Davvero. Non cogliere more da novembre a gennaio è stato uno dei primi insegnamenti che papà mi ha dato quando ero piccola”.
Lei sapeva delle more. E lei ci credeva.
“Una volta, tanto tempo fa” bisbigliò il professore, incapace di porsi un freno, di trattenere l’umile confessione che lottava per emergere quando ne teneva altre, ben più gravi, chiuse dentro di sé: “Una mia amica, verso Natale, volle mangiare delle more. Tentai di impedirglielo, ma non mi ascoltò”.
Anche adesso il Natale era vicino. Fiocchi bianchi vorticavano fuori dalle finestre, e tutto era spruzzato di un candore fasullo. Per lui, non cambiava niente.
“I Nargilli si vendicarono?” domandò Luna con comica serietà.
Suo malgrado, Piton sorrise: “Ebbe latte acido a colazione per una settimana”.
Poi, per la prima volta da anni, rise tra sé, non con cattiveria, non con malevolenza, anzi, con la sensazione che qualcosa dentro gli si liberasse, qualcosa che era stato a lungo compresso, e quando la risata soffusa della Lovegood si unì alla sua, si sentì ancora più caldo. Ancora più bene accetto.
“Lascio qui la borsa” disse la ragazza senz’ombra di preoccupazione; per lei, separarsi da un oggetto personale importante come una borsa sembrava essere una questione di assai scarso interesse: “Ne avrà cura fino alla prossima lezione, quando gli elfi domestici toglieranno il vischio, professore?”
Piton la fissò, senza rispondere. Se chiunque altro, compreso un Serpeverde, gli avesse proposto una cosa del genere, di ridursi a lacché, a facchino, come minimo avrebbe tolto dieci punti alla sua Casa, ma a Luna non disse di no, non confermò nemmeno, rimase solo in silenzio.
“Ecco, prenda questa” Luna si sfilò la collana di tappi di Burrobirra, gli venne incontro e gliela mise in mano con naturalezza: “Tanto ne ho moltissime. La terrà al sicuro da quei perfidi Nargilli”.
Era un ciondolo malfatto, brutto e privo di senso. Severus se lo rigirò tra le dita lentamente, senza parole, e quando alzò gli occhi sulla ragazza, non trovò più nessuno, a parte un’aula vuota. E una borsa, abbandonata accanto ad un grappolo di vischio.
Gli aveva lasciato la sua collana. La sua collana che teneva alla larga i Nargilli.
Sa dei Nargilli, e ci crede.
Un sorriso gli si allargò sul volto giallastro e acido e chiuse la mano sul monile, stringendolo con forza.
 
Angolo autrice: Da cosa è nato questo piccolo delirio alquanto deludente? Ehm… dal fatto che si avvicina Natale, prima di tutto, che volevo infilare una shottina semplice e senza pretese in un contesto che rimandasse alla festività, e che alla fine mi è venuto fuori questo :’) poi… confessiamocelo, una parte di me ha sempre shippato Severus/Luna. Non so, sarà perché secondo me hanno qualcosa in comune, che volendo avrebbero potuto capirsi… non li vedo proprio insieme, ma sento che se fossero entrati in contatto, sarebbe potuta nascere tra di loro una complicità anche forte. Così mi sono detta: quale può essere questo famoso punto d’incontro tra di loro? E sono venuti fuori… i Nargilli XD tutte le varie informazioni, more comprese, le ho lette in un forum a tema… il giovane Sev mi dava l’idea di essere un topo di biblioteca che passava gran parte del suo tempo studiando, apprendendo nuovi incantesimi e nuove nozioni, ed aveva quella sua vena strana, geniale e pazzoide (la stessa vena di Luna, solo inquinata da molto più rancore e oscurità) che avrebbe potuto portarlo ad imbattersi in argomenti in stile Nargilli… e a quel punto ‘sti Nargilli son diventati il tema principale della shot XD ho inserito anche un po’ di Lily/Severus, che come idea adoro *_*
So che non è nulla di che, ma cercate di prenderlo come uno di quei semplici bigliettini d’auguri natalizi che non ti lasciano un cavolo a parte la domanda “Cosa diavolo ha in testa questa?” ma che cercano di essere piacevoli :’) se vorrete lasciarmi un commento, ve ne sarò grata!
Auguri di buon Natale in anticipo a tutti,
Sylphs

 
  
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