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Autore: blackmiranda    10/12/2014    4 recensioni
(Questa storia è stata ispirata dall'OC Contest organizzato da smartys_ayane sul forum di EFP).
Kisshu rischia di venire congedato dall'esercito a causa dei suoi comportamenti aggressivi e violenti.
Zori è la giovane aliena a cui hanno affidato il suo caso e che tenterà in tutti i modi di comprenderlo e aiutarlo.
Zori attese che il rimbombo della porta si acquietasse prima di parlare. “Che è successo?” chiese cercando un contatto visivo che lui si rifiutò di concederle.
Kisshu sbuffò. “Mi hanno beccato.” rispose semplicemente, ostinandosi a fissare un punto indefinito del pavimento.
Genere: Angst, Introspettivo, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Kisshu Ikisatashi/Ghish, Nuovo Personaggio
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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III



 

Il giorno seguente, Zori era riuscita, seppur ancora malconcia e ammaccata, a tornare nel bosco e svolazzare fino alla cima di un albero. Kisshu l'aveva aiutata, quasi trascinandola dietro di sé, ma prima di prenderle la mano le aveva rivolto un'occhiata interrogativa, che la ragazza aveva interpretato come un buon segno nella giusta direzione.

“Grazie.” gli disse quando si sedettero, lui su un ramo e lei su un altro, separati dal tronco della pianta.

Kisshu le sorrise e lei pensò che probabilmente non erano state molte le volte in cui si era sentito ringraziare da qualcuno.

Distolse lo sguardo dal ragazzo, concentrandosi sul paesaggio circostante. Tra le fronde a mezzaluna poteva scorgere dei frammenti di cielo viola e i picchi degli alti monti a nord. Non c'era una nuvola in vista e i suoni del sottobosco, uniti al gentile venticello fresco che spirava da nord-ovest, parevano quasi volerla cullare.

“È bellissimo qui, Kisshu.” sussurrò appoggiando la testa al tronco dell'albero.

“Già. Il mondo è sempre più bello visto dall'alto.” commentò lui dondolando una gamba nel vuoto.

“Magari potrei portarci anche gli altri miei pazienti...” rifletté lei portandosi una ciocca di capelli ribelli dietro l'orecchio. “È mille volte meglio della stanza in cui lavoro di solito.”

Kisshu si girò a guardarla. “Quanti altri pazienti hai?”

“Non molti. Tre o quattro.”

Il ragazzo abbassò lo sguardo. “E sono...tutti maschi o..?”

Zori corrugò la fronte. “Dove vuoi arrivare, Kisshu?” chiese in tono sospettoso.

Lui si strinse nelle spalle. “Volevo solo capire, tutto qui.” rispose ostentando innocenza.

“Hai mai pensato che forse potrebbero piacermi le ragazze?” gli domandò a bruciapelo.

Lui sgranò gli occhi. “Ti piacciono le ragazze?!” esclamò, e il tono che usò fu talmente comico da farla sorridere.

Scosse la testa, mordendosi il labbro per tornare seria. “No, ma non è questo il punto. Sono miei pazienti, come lo sei tu, quindi anche volendo non sarebbe giusto intrattenere una relazione romantica con loro.” spiegò pazientemente.

Il ragazzo si accigliò. “Perché no?”

“Perché comprometterebbe il rapporto. Non posso permettermi di restare troppo coinvolta.”

“Cioè, in poche parole, tocchi le loro vite nel profondo e poi te ne vai e li pianti in asso?”

Zori percepì distintamente della rabbia nella sua voce. Cercò di soppesare le parole. “Non è così. Io cerco di aiutarle, tutto qui, ma poi sono loro a dover andare avanti con le loro vite...”

Kisshu strinse le mani a pugno. Zori poteva vedere i muscoli delle sue braccia tendersi sotto la pelle pallida. “Cosa c'è che non va?” chiese con voce pacata, facendo del suo meglio per mascherare il nervosismo.

Lui contrasse la mascella. “Niente.”

La ragazza capì di averlo ferito e le dispiacque. “Dimmi cosa posso fare per te, Kisshu, e cercherò di accontentarti. Mi dispiace di averti...messo di malumore.”

Kisshu sospirò. “È colpa tua. Io lo dicevo di non aver bisogno di niente e di nessuno...” mormorò incurvando la schiena. “Merda.

Merda, gli fece eco Zori tra sé e sé. In che casino sono andata a cacciarmi?

Restarono in silenzio per un bel po' di tempo, ognuno perso nei propri pensieri. Zori non si era mai dovuta misurare con una situazione del genere; non le era mai successo che uno dei suoi pazienti – per di più, uno instabile come Kisshu - arrivasse a coinvolgerla così da vicino. Temeva quello che sarebbe potuto succedere: sapeva benissimo che quella situazione non poteva portare a niente di buono. Kisshu stava sviluppando una dipendenza malsana nei suoi confronti e tutto quello che avrebbe ottenuto assecondandolo sarebbe stato ferire entrambi. D'altra parte, anche troncare all'improvviso ogni rapporto sarebbe stato rischioso. Il ragazzo era una mina vagante, non si poteva prevedere cosa avrebbe fatto se si fosse sentito rifiutato.

“E se io pagassi per fare altre sedute?” chiese lui, rompendo il silenzio.

Si guardarono negli occhi. “Lo faresti per parlare dei tuoi problemi e cercare di risolverli o per vedere me?” gli fece lei di rimando. Poteva sembrare una domanda presuntuosa, ma aveva bisogno di saperlo.

Lo vide tentennare. “Non lo so. Credo tutti e due.” Si agitò sul ramo. “Merda.” Gli sfuggì una risata. “Vorrei disperatamente andarmene e stare da solo, ma ho paura di perdere del tempo che potrei usare per stare qui con te.” La guardò di sottecchi, un sorriso amaro dipinto sul volto. “E non hai idea di quanto mi costi ammettere una cosa del genere.”

Zori si sentiva bloccata, schiacciata dal macigno che le si era appena depositato sul petto. Si chiese se non fosse colpa sua, se avesse inavvertitamente fatto qualcosa per incoraggiarlo, ma poi realizzò che uno dei suoi problemi era proprio quello: finiva sempre per sentirsi attratto dalle ragazze che rifiutavano le sue attenzioni. Era successo con l'umana e, a quanto pareva, stava succedendo anche con lei...

“Ti sei...innamorato di me?” gli chiese con un filo di voce. Si sentiva come una mosca intrappolata nella tela del ragno.

“Se dovessi basarmi sulla mia unica esperienza dell'amore, ti direi di no: non fa abbastanza male.” Si sporse leggermente in avanti. “Ma ci sono cose di te che mi piacciono molto. Mi piace passare del tempo con te...e non voglio che tutto questo finisca.”

Zori prese a tormentarsi le mani. “Tutto questo ha il potenziale per diventare un disastro, Kisshu.”

Il ragazzo scese dal ramo e le si parò di fronte, sospeso a mezz'aria. “Senti, tutto quello che so è che questi ultimi mesi sono stati un inferno, per me. Sei l'unica persona che ha il potere di farmi sentire meglio...”

“Potrei mandarti da un mio collega, è una persona fidata e sono sicura che...”

Non voglio andare da qualcun altro. Voglio te e basta.” Fece per prenderle le mani, ma si bloccò, arretrando un poco. “È più difficile di quanto pensassi...” lo sentì mormorare tra sé e sé.

Zori si rese conto che stava ancora sforzandosi di non toccarla senza il suo permesso. Un brivido le attraversò la schiena. Cosa avrebbe fatto se non gli avesse dato quell'ultimatum il giorno prima? Scacciò il pensiero: non era il momento giusto per lasciarsi distrarre da quel genere di ipotesi.

“Non credo di sentirmela, in tutta onestà.” gli disse dopo un breve colpo di tosse. “Non sono abbastanza brava nel mio lavoro per affrontare una cosa del genere.” continuò, le orecchie piegate verso il basso.

Kisshu pareva in procinto di perdere la pazienza. “Ti sto solo chiedendo di restare nella mia vita ancora per un po'!”

“Sì? E per quanto?”

“Non lo so!” rispose lui, esasperato. “Fino a quando ne avrò bisogno!”

Zori non replicò.

“Avevi detto che mi saresti stata a sentire. Che avrei avuto la tua più completa attenzione.” le ricordò lui in tono di rimprovero.

La ragazza incrociò le braccia al petto. “Tu mi hai detto di non sprecare il mio tempo con te.”

Kisshu rimase in silenzio, apparentemente in cerca di qualcosa da dire.

Zori sentiva di stare per cedere. Nonostante tutto, sapeva che non si sarebbe mai perdonata se l'avesse abbandonato proprio quando lui aveva ammesso di avere bisogno di lei. Sentiva di volerlo aiutare, anche a costo di sacrificare la propria pace interiore.

“Ci restano ancora due giorni.” disse, rassegnata. “Vediamo di sfruttarli al meglio.”

Il ragazzo le scoccò un'occhiata a metà tra l'incredulo e il trionfante. “E poi?” le chiese, speranzoso.

“Vedremo quando sarà il momento.”

Il ragazzo parve farselo bastare. Sorridendo, le disse: “Avrei tanta voglia di baciarti.”

Zori si irrigidì. “Preferirei di no.” fece in tono guardingo.

“Hmm. Posso abbracciarti?” le chiese allora, senza smettere di sorridere.

“Kisshu, per favore...”

Lui sospirò teatralmente. “Va bene. Posso almeno sedermi di fianco a te?”

“Non credo che il ramo sia abbastanza robusto per sostenerci tutti e due.”

“Io sono sicuro di sì.” Si appollaiò vicino a lei. “Ma in caso si rompa, sarò pronto a prenderti al volo.”

 

***

 

Il ramo non si spezzò, né quel giorno né il giorno successivo.

“Oggi ho atterrato una recluta durante l'allenamento.” le raccontò Kisshu, lo sguardo perso nel vuoto. “Una ragazza. Avrei potuto approfittarne...ma non l'ho fatto.”

Zori lo osservò, stupita non solo dalla notizia in sé ma anche dal fatto che avesse scelto di parlargliene autonomamente. Era fiera di lui, in un certo senso. “Ci hai pensato?” gli chiese gentilmente.

Il ragazzo annuì. “Non posso dire di non averci pensato. Però sono riuscito a fermarmi.”

“È un ottimo passo nella direzione giusta.” gli disse calorosamente, reprimendo l'istinto di posare la mano sulla sua.

Kisshu sorrise furbescamente. “Sai, ho letto in giro che molte volte per cambiare un certo tipo di comportamento serve un rinforzo positivo. Un incentivo, insomma.”

Zori sollevò un sopracciglio. “Non credo in questo tipo di metodologia. Non sto cercando di addestrarti.”

Lui si finse deluso. “Peccato.”

 

***

 

Quando, l'ultimo giorno di sedute programmate, andarono a posarsi sul solito ramo del solito albero (che Zori stava suo malgrado iniziando a considerare il loro albero) le sembrò che il volo le risultasse un pochino più facile rispetto alle volte precedenti.

A Kisshu non sfuggì questo lieve cambiamento. “Mi sei sembrata un po' meno pesante, oggi.”

La ragazza accennò un sorriso. “Forse sto imparando.”

Kisshu gonfiò il petto. “Per merito di chi..?”

Zori sbuffò. “Vuoi veramente sentirtelo dire?”

“Lo esigo.” rispose lui sogghignando. “Lungi da me rifiutare la gloria.”

“Hmm.” fece lei appoggiando la guancia sulla mano destra. “Grazie, Kisshu. È merito tuo. E mio, per aver deciso di venire in questo bosco.” aggiunse altezzosamente.

“Ehi, se fosse stato per te saremmo rimasti a terra. È merito mio se adesso siamo qui.” replicò lui, stizzito.

“Minuzie insignificanti.”

“Chiedo il permesso di contraddirti.”

“Negato.” gli fece lei ridacchiando. Si ricompose subito dopo. “Scherzi a parte, Kisshu...”

“Aspetta.” la interruppe lui, improvvisamente serio. “Vorrei insegnarti a volare davvero.”

Le sue parole la spiazzarono. “A volare? Perché?”

“Tu mi hai insegnato qualcosa...vorrei ricambiare, a modo mio.” rispose lui semplicemente. “Oppure, se preferisci, potrei insegnarti il combattimento all'arma bianca.” aggiunse poi, tentando di sdrammatizzare.

La ragazza non sapeva bene cosa dire. Era vero che la sua paura di volare era molto diminuita in quei giorni, ma il pensiero di restare sospesa nel vuoto con solo la propria concentrazione a sostenerla le faceva ancora attorcigliare lo stomaco. “Dovrei...ehm...pagarti...” balbettò poco convinta.

Kisshu scosse la testa. “No, non dovresti.”

“Io...non sono sicura che...”

“Abbiamo parlato così tanto in questi giorni, Zori. Non sarebbe meglio smetterla, almeno per un po'?” chiese con voce vellutata.

“Non ti piace parlare?” gli chiese, cercando di distrarlo dai suoi propositi.

“Non particolarmente. Tu sei un'eccezione.” disse lui, sorridendole. “Ma credo comunque che a volte le parole siano di troppo.”

“Credevo che volessi prolungare le sedute per parlare...”

Lui sospirò. “La verità è che voglio passare altro tempo con te. E visto quello che hai fatto per me, pensavo che sarebbe stato bello ricambiare.”

“Quello che ho fatto l'ho fatto perché era il mio compito. Ti prego, non confondere il piano professionale con quello personale.”

“Di' che mi detesti, allora, e facciamola finita.” sbottò lui in tono tagliente.

“Kisshu, io non ti detesto affatto.”

“Continui a rifiutarti di darmi una possibilità!” esclamò lui, scostandosi. “Ho fatto del mio meglio per dimostrarti che posso cambiare. Dimmi, cos'altro devo fare?”

La ragazza iniziò nuovamente a sentirsi a disagio. “È solo che...se io e te adesso diventassimo qualcosa di più...non potrei più aiutarti, lo capisci? Non potremmo più tornare indietro, e comunque sarebbe una cosa anormale, nata in un contesto anormale, e finiremmo per ferirci entrambi.” Sentì le lacrime pizzicarle gli occhi. “E io non voglio farti del male, non più di quanto voglio che tu ne faccia a me.” Tirò su col naso. “Quindi adesso finiamo il tempo che dobbiamo passare insieme, e poi tu deciderai se smetterla qui o se continuare con un'altra persona che non sia me.”

“Mi stai già facendo male, Zori...”

“Beh, tu ne stai facendo a me, perciò direi che siamo pari.” Si abbracciò, cercando di smettere di tremare. “E so quello che stai pensando: 'se fa abbastanza male vuol dire che è amore', ma non è così, non dovrebbe essere così. E mi dispiace da morire non essere riuscita a dimostrartelo. Io non sono la tua persona giusta, e tu non sei la mia.”

 

***

 

Zori sapeva di aver fallito clamorosamente.

Sapeva che con ogni probabilità aveva peggiorato le cose, che per colpa sua Kisshu avrebbe avuto un ulteriore motivo per comportarsi come uno psicopatico e per odiare il mondo.

Sapeva anche di aver fatto andare troppo avanti la cosa e di essersi fermata giusto in tempo per evitare la catastrofe.

Se c'era una cosa che voleva evitare a tutti i costi era innamorarsi di un tipo come lui. Si rese conto di esserci andata pericolosamente vicino, nonostante tutti i suoi sforzi, quando un paio di giorni dopo non poté più trattenersi dal tornare a passeggiare nel boschetto degli alberi bianchi.

Si addentrò nel sottobosco con cautela, riconoscendo il sentiero illuminato dalle macchie di muschio fosforescente. Alzò lo sguardo nel tentativo di riconoscere il loro albero, quello più alto del bosco, ma dal basso era praticamente impossibile distinguerlo dagli altri.

Si sedette, appoggiando la schiena contro un tronco, e chiuse gli occhi. Cosa era andata a fare lì? Era evidente che non era riuscita a schivare del tutto il pericolo e che aveva formato un legame con Kisshu, volente o nolente, ma perché sembrava voler fare del suo meglio per rafforzare il legame invece di spezzarlo?

Non va affatto bene, quello che stai facendo, le sussurrò la parte saggia di sé stessa. Ne pagherai le conseguenze e lo sai.

Lo sentì arrivare ben prima di aprire gli occhi e trovarselo di fronte. Era curioso come avesse deciso di camminare invece che di volare.

“Siamo di nuovo qui.” osservò la ragazza mestamente, anche se la parte più nascosta del suo essere stava segretamente gioendo. Masochista.

Kisshu non disse nulla, limitandosi a fissarla con quei suoi occhi dorati che lei aveva imparato ad amare.

Quando le tese la mano per aiutarla a rialzarsi, lei la prese.

“Io non voglio innamorarmi-” Un altro bacio, meno forzoso rispetto all'ultima volta, la interruppe. Non le sfuggì certo l'ironia della cosa, ma in quel momento non trovò la forza – né la voglia - di opporsi. Chiuse gli occhi e rispose al bacio, pensando che forse Kisshu aveva ragione: forse a volte le parole erano di troppo.

 

***

 

“Che cosa siamo, in definitiva?” le chiese Kisshu poco dopo, un braccio stretto attorno alla sua vita.

Zori appoggiò la testa sulla sua spalla, inspirando il suo profumo che si mescolava a quello del bosco. “Non lo so. Di sicuro non siamo più quello che eravamo prima.” constatò arrendendosi all'evidenza.

“Potrei diventarlo, sai.”

La ragazza sollevò leggermente la testa. “Che cosa?”

“Responsabile, dolce e fedele. Potrei diventarlo.”

Il cuore le sfarfallò nel petto. Sorrise. “Insegnami a volare.”

 

 

 







Credo che questa sia la storia più sdolcinatamente romantica che io abbia mai scritto. Il bello è che non ero partita con questo finale in mente, ma ho finito comunque per scriverlo. Spero che vi sia piaciuto. :)
Tutte le storie che scrivo sono importanti per me, ma questa in particolare lo è anche perché il personaggio di Zori è stato il mio primo OC in una storia su TMM che avevo iniziato a scrivere quando avevo quindici anni (mai conclusa, ovviamente). Sono contenta di essere riuscita a riutilizzarla e a ridarle vita, in un certo senso. 

Un abbraccio a tutte coloro che hanno letto e recensito. ^3^

 

   
 
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