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Autore: _Aras_    11/12/2014    1 recensioni
I sentimenti che uniscono Allie e Thomas hanno cominciato a farsi sentire proprio mentre erano ai lati opposti dell'Europa e ora che sono di nuovo vicini devono scoprire se possono creare una relazione duratura.
I sentimenti di Dafne e Michael sono nati improvvisamente quand'erano insieme, ma il loro tempo era limitato e, ora che sono ai lati opposti dell'Europa, devono tentare di andare avanti e dimenticarsi.
I sentimenti di Alice invece sono bloccati, nascosti sotto una cortina di timidezza e paura che le impedisce di essere felice. Riuscirà a uscirne, con l'aiuto di un'amica?
Dal capitolo 5:
«Com’è andata la tua sessione di studio?»
«Abbastanza producente, anche se ogni tanto tendevo a distrarmi» rivelò, avvicinandosi appena a lei.
«Forse dovresti prendere del… come si chiama quella cosa che aiuta ad aumentare la concentrazione?»
«Fosforo?» ipotizzò Thomas. «Non credo sarebbe utile nel mio caso.»
«No?» lo stuzzicò lei, sorridendo.
Lui scosse la testa. «Avrei bisogno di qualcosa di più… umano» disse, mentre le posava una mano sul collo con un tocco delicato. Allie abbassò appena gli occhi, osservando la misera distanza che li separava e avvertendo il calore della sua pelle irradiarsi in lei.
Genere: Introspettivo, Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Universitario
Capitoli:
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epilogo
Bolle di felicità

A story of everyday life







Epilogo

Alice chiuse la porta e vi si appoggiò, sfinita. Nonostante l’università fosse iniziata da appena una settimana le lezioni, per quanto interessanti, si erano già fatte pesanti. Quel giorno aveva finito tardi, era uscita dall’edificio alle diciotto passate e si sentiva stanchissima. Salì le scale per raggiungere la sua stanza e gettarsi a letto, in modo da poter riposare un po’ prima dell’arrivo dei parenti.

Era il suo compleanno e, come d’abitudine, sua madre aveva organizzato una cena con nonni e zii di cui lei sarebbe dovuta essere la protagonista.

Quando aprì la luce della camera, il suo cuore perse un battito per lo spavento. Davanti a lei, agghindate, eleganti e totalmente inaspettate, stavano Allie e Dafne.

«Tanti auguri, Alice!» esclamarono, sorridenti, baciandole le guance.

«Finalmente non sono più l’unica vecchia!» rise Allie, sedendosi sul letto.

«Che ci fate qui?» domandò, sorpresa di vederle. Sorpresa che sapessero che era il suo compleanno. Non ricordava di aver detto loro la data di recente, e non poteva credere che lo ricordassero dai tempi della scuola, soprattutto dato che non aveva mai festeggiato.

«Che domanda! Siamo venuti a prenderti per andare a far festa» rispose Dafne, aprendo l’armadio e cominciando ad analizzarne il contenuto.

«Questa sera vengono i miei parenti, non posso uscire» rifiutò, scuotendo la testa. Non avrebbe accettato in ogni caso, per quanto apprezzasse il fatto che si fossero offerte. Con ogni probabilità avrebbero voluto portarla in discoteca o in un locale sconosciuto, affollato e – per tutti gli altri – divertente.

«Abbiamo già sistemato tutto con i tuoi genitori, non c’è problema» la rassicurò Dafne, estraendo l’abito che aveva comprato qualche settimana prima al negozio dove lavorava Edmond.

«Dove mi volete portare?» sospirò, sedendosi sulla scrivania, incapace di nascondere il suo sguardo sconfortato.

«Ti piacerà» le assicurò Allie, sorridendole in modo incoraggiante.

Alice chiuse gli occhi ed si lasciò andare a un profondo respiro.

Doveva calmarsi.

Doveva fidarsi.

Allie e Dafne erano sue amiche, le volevano bene – per quanto quell’idea fosse assurda, ormai ci aveva fatto l’abitudine e ci credeva – e non avrebbero fatto nulla che potesse ferirla.

Doveva credere alla loro promessa. Voleva credere alla loro promessa.

Voleva ripagarle dell’attenzione che le prestavano, della delicatezza con cui la trattavano, comprendendo la sua sfiducia e cercando di aiutarla. E se questo significava uscire a festeggiare, nonostante la stanchezza, nonostante l’imbarazzo, avrebbe dovuto farlo.

«Che devo fare?» chiese, alzandosi in piedi e spostando lo sguardo dall’una all’altra.

*

Nel giro di mezz’ora, Alice era pronta. Le ragazze le avevano fatto mettere il vestito e avevano scovato, nascoste nell’ultima scatola in fondo all’armadio, un paio di scarpe eleganti con il tacco basso, le uniche adatte al suo abbigliamento. Allie le aveva raccolto i capelli in una treccia e aveva applicato un trucco leggerissimo, invisibile all’occhio umano ma comunque in grado di eliminare le tracce di stanchezza dal suo volto.

Guardandosi allo specchio, Alice si sentiva bella. Le era capitato raramente di provare una tale sensazione, forse solo un paio di volte nella vita. Non come Allie e Dafne, ma si sentiva carina, riusciva ad apprezzare il suo corpo e quelle forme che le erano sempre parse troppo abbondanti.

Stava scendendo le scale per raggiungere i suoi genitori e avvertirli della loro uscita, si sosteneva al corrimano, lievemente insicura con quelle scarpe che non aveva quasi mai indossato. Li chiamò ma non udì risposta, così si avventurò per il corridoio e guardò in cucina: nessuno. Percorse qualche altro passo, trovandosi davanti alla porta del salotto, insolitamente chiusa. L’aprì e, di nuovo, il suo cuore perse un battito.

Una volta spalancata la porta, la luce si accese senza che lei allungasse la mano per premere l’interruttore e un vociare improvviso le riempì le orecchie. Davanti a lei, anch’essi vestiti di tutto punto, stavano i suoi genitori, suo fratello, Thomas e Edmond.

Arrossì, distogliendo lo sguardo dal ragazzo. Era piacevolmente sorpresa da quell’iniziativa: non aveva mai ricevuto una festa a sorpresa, non aveva mai avuto nessuna persona che tenesse tanto a lei da organizzarla. C’erano pochi invitati, solo quella manciata di persone a cui voleva bene e che era felice di avere vicino in quel momento. Sorrise, chiedendosi con quale giustificazione Edmond fosse stato incluso alla lista dei presenti.

Amico? I suoi genitori avrebbero davvero creduto che lei avesse un amico maschio? Eppure era proprio così.

Quel ragazzo così strano - sì, perché negli ultimi tempi tutto le sembrava strano – che aveva voluto conoscerla nonostante la sua timidezza, la sua riluttanza a un ulteriore rifiuto. Un rifiuto che non era mai arrivato, perché sebbene lei si fosse comportata come al suo solito, pur sforzandosi di apparire più estroversa, lui non se n’era andato. L’aveva trattenuta al bar per quasi un’ora al loro primo incontro, le aveva strappato il numero di telefono e le aveva scritto in continuazione, con un’insistenza nuova e sconosciuta per lei. Non aveva capito – anche in quel momento non ne era consapevole – che quel desiderio di sentirla, di conoscerla andava oltre la semplice amicizia. E tuttavia lui non aveva mai tentato un approccio troppo diretto, forse consapevole che così facendo l’avrebbe spaventata e allontanata da sé.

Le era rimasto accanto, almeno virtualmente, senza aspettarsi nulla in cambio, accogliendo le sue scuse quando gli diceva di essere impegnata e non poter uscire. Non l’aveva forzata ma aveva trovato comunque il modo di rivederla. Dietro lo schermo del telefono, Alice era riuscita ad aprirsi con più facilità, così lui sapeva che università frequentasse, che lezioni seguisse e che strani orari avesse.

Un pomeriggio, mentre stava uscendo in strada per tornare a casa dopo due ore di Arte Antica, se l’era ritrovato davanti. Si era scoperta meno intimorita del solito, forse perché sentiva di conoscerlo sebbene l’avesse visto solo una volta. Lui l’aveva accompagnata sino alla porta di casa, scherzando e ascoltandola mentre, presa da un’insolita loquacità, gli raccontava la sua giornata.

Era felice di rivederlo anche quella sera, di avere un’altra possibilità di stare con lui.

*

Guardandola entrare nella stanza, Thomas si sentì immensamente orgoglioso di lei. Il suo amore per Allie cresceva di giorno in giorno, così come il rispetto e l’ammirazione per il suo carattere altruista. Conosceva Alice da poco, ma aveva seguito il lento processo che l’aveva portata ad aprirsi al mondo grazie ai racconti di Allie. La sua ragazza gli aveva descritto tutto, ogni incontro, ogni problema, ogni piccola conquista. Sebbene la vera protagonista di tutto ciò fosse Alice, non era a lei che stava pensando Thomas.

Lui pensava ad Allie, a colei che offriva il suo aiuto senza secondi fini, alla giovane donna che dimostrava di avere un cuore grande e buono. A colei che amava. Aveva smesso di fingere che la dichiarazione che gli era scappata qualche giorno prima fosse avventata, che non fosse completamente vera: l’amava, lo sapeva, e il fatto che lei non avesse ancora ricambiato quella confessione non cambiava nulla.

Le sorrise, avvicinandosi a lei.

«Ci sei riuscita» disse, circondandole la vita con un braccio.

«A fare cosa?»

«Ad aiutarla. Guardala» la incitò, indicando Alice con un cenno del capo. La ragazza stava ridendo con Edmond e Dafne, sembrava spensierata e il rossore che l’aveva assalita inizialmente era scomparso. I suoi genitori la stavano osservando seduti sul divano, felici come non mai perché finalmente la loro bambina aveva superato i problemi che l’avevano tormentata a lungo.

Thomas sposto velocemente lo sguardo lungo la stanza, notando l’assenza di una persona.

«Ciao.»

Riconobbe all’istante la voce alle sue spalle, sebbene non l’avesse sentita che per pochi minuti qualche settimana prima. Allie lo sentì irrigidirsi al suo fianco e gli strinse la mano nel tentativo di calmarlo, poi si voltò per guardare Nicholas.

Lo salutò, cercando di non apparire scortese ma anche senza mostrare falso entusiasmo. Era inevitabile incontrarlo in quell’occasione, lo sapeva e aveva avvertito Thomas prima di partire. Aveva sperato che Nicholas avesse il buonsenso di ignorarli o perlomeno di comportarsi in modo appropriato, data la loro storia passata.

«Volete da bere?» domandò, porgendo loro due calici.

«Questa è… coca cola?» Allie afferrò il bicchiere e lo studio per un attimo, incredula.

«I miei genitori sono astemi, non teniamo alcolici in casa» spiegò, sbuffando, prima di spostare lo sguardo su Thomas con insistenza perché accettasse la sua offerta. «Non è avvelenato» scherzò.

«Me lo auguro» commentò lui, prendendo un primo sorso. Non aggiunse nient’altro, rimase zitto a fissare la parete in fondo alla stanza fingendo di non vedere il ragazzo. Per quanto desiderasse sforzarsi di essere più gentile, provare a non pensare al loro precedente incontro, non ci riusciva. Al suo fianco, Allie cercava il suo sguardo per incitarlo a sciogliersi, senza risultati.

Nicholas, stanco della tensione che li circondava, sbottò: «Okay, questo silenzio non mi piace. Voglio solo scusarmi per come mi sono comportato, non ero completamente in me quel giorno e non voglio davvero mettervi i bastoni tra le ruote. Mi sembra che ora tutto vada bene tra di voi, no?»

Allie annuì con gratitudine alla sua domanda. Aveva apprezzato la sua decisione di scusarsi di nuovo, questa volta davanti a Thomas.

«Allora siamo a posto?» chiese lui, porgendo la mano a Thomas. Com’era successo pochi minuti prima quando gli era stato offerto il bicchiere, Thomas non rispose subito. Fissò la mano che, tesa a mezz’aria, aspettava di essere stretta nella sua. Non sollevò nemmeno gli occhi per incontrare quelli di Nicholas, aveva capito dal tono della sua voce che era sincero. Lentamente allungò il braccio, chiudendo in una morsa ferrea la mano che aveva davanti, per trasmettere tutta la sua determinazione nel costringerlo a rispettare la promessa che aveva appena fatto. Sentì che anche la sua stretta si rafforzava in un istintivo tentativo di opporsi a lui.

«Bene» disse Nicholas, sciogliendo la presa dopo qualche istante. «Ora vado a mettere un po’ di musica, altrimenti ci addormentiamo.»

*

Alice dominava la stanza, in piedi da sola a fianco al tavolo, mentre tutti gli altri erano seduti sul divano o su una sedia a guardarla. Stava scartando i regali, curiosa e anche un po' imbarazzata dall' essere al centro dell’attenzione. Il primo pacco, compatto e rettangolare, non lasciava molto spazio a dubbi: doveva essere un libro. Quando ne vide la copertina, però, rimase comunque stupefatta. Il volume conteneva tutta la storia della vita sulla Terra, era stato redatto dai migliori esperti del campo e lei aveva desiderato acquistarlo per mesi. Aveva sempre desistito per via del prezzo esorbitante e non aveva mai immaginato che la sua famiglia potesse farle un dono simile. Posò il libro sul tavolo e si avvicinò ai suoi genitori per ringraziarli. Dopo averle baciato la guancia sua madre la trattenne in un abbraccio e quando la lasciò, Alice vide che aveva gli occhi umidi. Le sorrise e passò a suo fratello, che aveva contribuito al regalo.

L'altro pacchetto assomigliava a un cubo e Alice non aveva idea di cosa potesse contenere. Lo scartò con delicatezza - le avevano insegnato a non sprecare nulla, nemmeno la carta da regalo - per trovarsi davanti a una scatola illustrata che presentava in evidenza l'immagine del suo contenuto. Meravigliata guardò Allie, che immaginò esserne l'ideatrice.

«Oh mio dio, non dovevate, davvero. Chissà quanto vi sarà costato! E ora non mi serve, ci vorranno anni prima che cominci a lavorare...» Non era mai stata brava ad esprimersi in queste occasioni: mentre parlava si rese conto che sembrava quasi infastidita dal regalo, come se non lo fosse piaciuto, così si zittì e rimase a guardare l’amica senza aggiungere altro.

«Lo so, ma così quando lo userai, tra qualche anno, penserai di nuovo a questo momento» commentò Allie.

Sorridendo, soddisfatta di quella spiegazione, Alice ringraziò le due amiche con un bacio sulla guancia, esitando poi quando fu il turno di Thomas. Non aveva una grande confidenza con lui, non si sentiva completamente a suo agio nel compiere un gesto per lei così intimo, ma era decisa a non permettere alle sue paure di rovinarle la serata e così, facendosi forza e scacciando i pensieri, lo accolse allo stesso modo.

Le sue guance s’imporporarono quando si trovò davanti Edmond, in attesa di ricevere il medesimo trattamento. Lo sentiva molto più vicino di Thomas, non era l’estraneità ad imbarazzarla quanto piuttosto il fatto che tra loro sembrava esserci sempre un po’ di tensione, l’aria sembrava farsi frizzante quando lo guardava.

«Grazie» mormorò, posando le labbra sulla sua pelle e avvertendo la sensazione pungente dell’accenno di barba che aveva sulle guance.

«Non hai ancora visto il mio regalo» le rivelò, posandole una mano sulla base della schiena per trattenerla.

«Cosa?» domandò, confusa, sollevando lo sguardo per incontrare il suo. Solo in quel momento si rese conto che la musica era sovrastata dal chiacchiericcio creato dalle ragazze, probabilmente d’accordo con Edmond per far sì che il loro spostamento non fosse molto evidente.

Sorridendo, infatti, lui la trascinò fuori dalla stanza e si fermò nel corridoio. Dalla tasca dei pantaloni estrasse un piccolo cofanetto di velluto rosso e glielo porse, aspettando una sua reazione.

«Cos’è?» chiese scioccamente Alice, sorpresa.

«Aprilo» la incitò, posandolo sulla sua mano. La ragazza si rese conto che stava tremando e si affrettò a far scattare la chiusura, in modo che quel fremito non si notasse.

Sul rivestimento scuro spiccava un ciondolo d’un azzurro intenso contornato da finimenti argentei, la forma arzigogolata non si poteva rinchiudere in una definizione classica ma il risultato era splendido.

«È magnifico» sospirò, puntando gli occhi in quelli di Edmond. «È per me?»

Lui rise, scuotendo la testa a quella domanda inutile.

«Perché?» Perché questo regalo? Perché hai voluto darmelo in privato? Perché sembri tenere così tanto a me?

Lui la fissò per qualche istante prima di rispondere, valutando le parole migliori e la quantità di verità che lei avrebbe potuto sostenere.

«Perché sei mia amica e ti voglio bene, mi sembrava un bel modo di dimostrartelo.» Perché con questa tua innocenza mi sconvolgi e non poterti dire tutta la verità mi tormenta.

Alice annuì e abbozzò un sorriso, posando il cofanetto sul mobile vicino a loro prima di mettersi la collana.

«Bellissima.»

Alice non riuscì a capire se quel complimento fosse diretto a lei o alla collana.

«Vuoi ballare?» La domanda lo sorprese, portandola ad incollare di nuovo gli occhi sui suoi.

«Qui?»

«La musica c’è» rispose Edmond, alzando le spalle e porgendole una mano. Sì, la musica c’era. Ma ballare con lui, così, da soli?

Sembrava un’azione troppo intima per due amici, un momento troppo imbarazzante per lei che non aveva mai affrontato una situazione simile.

«Non dovremmo andare di là, almeno?» Provò a raggiungere un compromesso, ma l’ennesimo cenno di indifferenza le fece capire che lui non era d’accordo.

Prese un respiro e strinse la mano che lui non aveva allontanato da lei, posando l’altra sulla sua spalla.

Edmond sorrise, lo vide e lo sentì quando lui posò la testa a lato della sua e la curva delle sue labbra le marchiò la fronte, risvegliando in lei un calore nuovo, non solo d’imbarazzo ma anche di eccitazione.

Si muovevano appena, spostando il peso ora su un piede ora sull’altro, e per la prima volta Alice sentì tutto l’impiccio di un silenzio dettato dalla timidezza che ancora cercava di vincere in lei.

«Respira» le sussurrò, stringendole la stoffa dell’abito all’altezza della vita. Non si era nemmeno resa conto di essere tanto tesa, ora che lui aveva parlato poteva sentire i muscoli rigidi che faticava a rilassare.

«Vuoi tornare di là?» chiese Edmond, notando che sembrava incapace di tranquillizzarsi.

«No» rifiutò Alice con decisione, scuotendo il capo. «Restiamo qui.»

Era decisa a combattere contro quell’ingiustificata timidezza, a lottare e vincere nonostante la battaglia fosse lunga e ardua.

Doveva farlo per se stessa, per poter avvicinarsi alla felicità.

*

Dafne si chiuse la porta della camera alle spalle e sospirò, sfinita. Era stata la prima ad andarsene e un po’ le dispiaceva, ma non poteva più sopportare Nicholas. In mancanza di altre persone con cui passare il tempo – i suoi genitori si erano ritirati presto, Allie e Thomas erano sempre appiccicati e anche Edmond non aveva mai lasciato Alice – si era avvicinato a lei e aveva cominciato a parlarle. Poi aveva continuato a parlarle, per tutta la sera. Poco importa che a lei non interessasse nulla dei suoi discorsi sullo sport e sulle corse automobilistiche, aveva continuato a informarla sulla sua vita finché non le era venuto il mal di testa. Così aveva salutato Alice e se n’era andata, sapendo che la voce che voleva sentire era un’altra. Una più dolce, più familiare, più amata.

Scalciò le scarpe e si sedette sul letto, trascinando con sé il portatile. Lo accese e controllò subito se il pallino che le interessava si era illuminato di verde. No. Sbuffò, sporgendosi per prendere il telefono dalla borsa. Aveva bisogno di sentirlo.

Stava per avviare la chiamata quando un cambiamento sullo sfondo del computer catturò la sua attenzione. Ora era verde. Si affrettò a cliccare sul nome di Michael e due finestre scure andarono subito a riempire lo schermo.

«Dafne?» Il suono arrivò prima dell’immagine, portandola a sorridere. Un sorriso che si paralizzò non appena lui comparve sul suo computer. Era in una stanza poco illuminata, probabilmente la sua camera da letto, con addosso… beh, Dafne non vedeva cosa indossasse, ma certo una maglia non era tra questi indumenti. L’aveva già visto in costume, l’aveva visto addirittura nudo – a dire il vero poteva contare sulle dita di una mano le volte in cui l’aveva visto vestito di tutto punto, dato che si erano conosciuti al mare – ma tutto ciò risaliva a tanto, troppo tempo prima.

«Michael» lo salutò, sollevando lo sguardo dal suo petto nudo e dalle sue braccia forti per incontrare quello di lui, consapevole che lui l’aveva vista.

«Ti sei vestita così carina per me?» domandò, osservando l’abito che indossava.

Dafne sorrise, scuotendo la testa. «Sono stata alla festa di compleanno di un’amica» spiegò. «Tu, invece, ti sei svestito così per me?»

«Per chi altri?» rise lui, mentre il suo sguardo si faceva più intenso. «Non credi di avere troppa stoffa addosso, in confronto a me?»

«Cosa vuoi che faccia, uno spogliarello in diretta?» ribatté sprezzante, infilando le gambe sotto il lenzuolo e appoggiandosi alla testiera del letto.

«Non sarebbe una cattiva idea» acconsentì Michael, accompagnato dal cigolio della sedia che protestava ai suoi tentativi di mettersi comodo.

«Ehi!» protestò, incapace di nascondere l’enorme sorriso che continuava a formarsi sulle sue labbra.

«Sei stata tu a proporlo, non prendertela con me!» le ricordò al suo richiamo stizzito. «Non ci sarebbe nulla di male» aggiunse poi, con un’alzata di spalle.

«Non mi toglierò i vestiti davanti allo schermo di un computer» ribadì, decisa, incrociando le braccia al petto.

«Te li leverei io, se potessi.»

«Lo so» sospirò, conscia che stava dicendo la verità. Nei pochi giorni che avevano trascorso insieme l’attrazione era stata innegabile, tanto che nonostante i tentativi di opporglisi aveva ceduto. Solo perché si trovavano in due paesi diversi, non significava che si fosse attenuata. Anzi, ora la sentiva ancora più intensamente poiché sapeva cosa si stava perdendo.

«L’ho fatto in passato» continuò lui, percorrendo con lo sguardo il profilo del suo corpo, per quanto gli fosse possibile.

«Sì» annuì, ricordando quella notte, l’ultima notte. «Ma non mi hai tolto i vestiti, al massimo la biancheria» lo corresse.

«È stato comunque piacevole.»

«Sì» sospirò di nuovo, prima di allungarsi verso il comodino e prendere un elastico con cui legarsi i capelli. Cominciava a sentire caldo, le immagini dei suoi baci appassionati e del suo sapore erano vivide nella sua mente.

«Vorrei rivivere quel momento.»

«Oh, Michael!» gemette, frustrata, fissando il suo volto. «Smettila di parlare così, non mi fa bene, non ci fa bene.»

«Dafne?» la chiamò, sorpreso da quel repentino cambio d’umore.

«Non so esattamente come passi il tuo tempo libero, ma l’ultima volta che l’ho fatto è stata con te e sono passati più di due mesi. Mi manca, tu mi manchi e ricordare quanto stavamo bene insieme e quanto è stato bello non mi aiuta» continuò, agitando le mani e dimenticando di tenere un tono basso dato che i suoi genitori dormivano nella stanza accanto.

«Oh.» Michael esitò prima di porle la domanda, temendo di essere troppo invadente o che lei si offendesse. «Non ti sei…aiutata, da sola?»

«No!»

«Non è mica una brutta cosa» la rassicurò in fretta, interpretando quella risposta come un rifiuto stizzito.

«Non è quello… Non sarebbe lo stesso. Non farei che sentire la differenza dall’ultima volta e probabilmente starei ancora peggio» spiegò Dafne, sbuffando e alzando gli occhi al cielo.

«Quindi hai intenzione di fare voto di astinenza finché non ti innamorerai di qualcuno?» Si rese conto che le sue parole potevano essere fraintese: sembravano implicare che tra loro fosse stato amore, cosa che non avevano mai chiarito davvero dato che erano sempre stati intenti a minimizzare il loro rapporto per convincersi che non si trattasse di un legame profondo. «O perlomeno finché non ti piacerà abbastanza qualcuno da farci l’amore?»

«Non lo so» rispose Dafne, scuotendo la testa, prima di accigliarsi e interrogarlo. «Perché stiamo parlando di questo?»

«Perché mi trovi terribilmente affascinante» scherzò Michael, mentre pensava ad un altro argomento di conversazione, perché quel discorso stava diventando troppo peccaminoso anche per lui. Dafne, tuttavia, non sembrava intenzionata a lasciar perdere.

«Credi che riuscirò ad innamorarmi di qualcuno?» chiese, la voce più flebile e l’espressione più seria.

«Sì, ne sono sicuro» rispose lui. Ne era davvero convinto: erano giovani, non potevano davvero pensare di essere destinati a vivere per sempre con l’idea di aver perso la loro occasione. Tra i sette miliardi di persone che popolavano il mondo doveva esserci qualcun altro in grado di farli sentire a casa, amati come non mai.

«E quanto credi ci vorrà?»

«Non lo so» disse, stringendosi nelle spalle. «Non importa. Non c’è nessuna fretta, quando arriverà il momento giusto qualcuno prenderà possesso del tuo cuore e i giorni che abbiamo passato insieme ti sembreranno insignificanti in confronto alla felicità che proverai. Ma io ci sono, sempre. Siamo amici, no?»

«Amici speciali» lo corresse lei, con la voce rotta e gli occhi umidi ma il sorriso sulle labbra.

Sì, lui ci sarebbe sempre stato. Come amico o come qualcosa di più. Non avrebbe mai potuto farlo uscire dalla sua vita, nemmeno volendo. Michael era parte di lei.

*

La festa era andata bene, Alice si era divertita e Allie era stata davvero soddisfatta del risultato: aveva vinto. La sua amica era riuscita ad aprirsi al mondo, a mettere tutta se stessa nella lotta alla timidezza e aveva già raggiunto un livello di espansività notevole rispetto a com’era qualche settimana prima. Ora stava tornando a casa, con Thomas seduto al suo fianco sul sedile del passeggero. Non era stato facile convincerlo a lasciarla guidare, l’istinto di prendersi carico di quel compito era troppo forte in lui, così come in tutti i ragazzi che aveva conosciuto. La macchina però era sua ed era riuscita ad averla vinta.

«Sei sicura che posso dormire da te?» le domandò, incerto. Allie gli aveva detto che i suoi genitori sarebbero stati in casa quella sera ma gli aveva anche assicurato che poteva comunque fermarsi da lei. Lui non era totalmente sicuro di trovarsi a suo agio in quella situazione.

«Sì, nessun problema.»

«Con i tuoi in casa? Non mi pare una buona idea» insisté, perché a meno che non avesse insonorizzato la camera da letto non sarebbe stato così confortevole come sembrava pensare.

«Perché? Tanto non faremo mica sesso» replicò con un’alzata di spalle, portandolo ad assumere un’espressione ancora più stupita.

«Sono felice che tu mi abbia consultato prima di prendere questa decisione» rispose, ironico, sprofondando nel sedile.

Allie sbuffò prima di voltarsi verso di lui e dargli la spiegazione che stava aspettando con uno sguardo rassegnato. «Ho il ciclo.»

La notizia lo colpì all’improvviso e lo fece sentire un’idiota. Avrebbe dovuto capirlo o almeno valutare l’idea, dopotutto stava studiando medicina e il fatto che regolarmente lei l’avrebbe mandato in bianco non doveva sorprenderlo. Stava per scusarsi, ma la sua risata lo fermò.

«Se anche entrassero per spiarci, saremmo sobriamente vestiti e non potranno dire nulla.»

«Sobriamente?» ripeté, notando la scelta delle parole. «Hai un pigiamone della nonna nell’armadio?»

Allie rise, fermando l’auto davanti al garage e aspettando che il portone automatico finisse di aprirsi. «Può essere.»

Nonostante le rassicurazioni della ragazza, Thomas non si sentì completamente a suo agio mentre si spogliava e si infilava sotto le coperte del letto nella stanza degli ospiti, aspettandola mentre lei si stava struccando in bagno. Non gli era mai capitato di dormire a casa di una ragazza mentre i suoi genitori erano presenti. Si rese conto che il suo ragionamento tendeva all’ipocrisia, dato che lei non si era fatta problemi a passare una notte da lui quando ancora la loro relazione non era nota e le conseguenze, se fossero stati scoperti, sarebbero state decisamente peggiori.

«Ti sei trasferita qui?» domandò, quando lei entrò nella stanza.

«No, sono troppo pigra per spostare tutti i miei vestiti qua» rispose Allie, stendendosi accanto a lui. «La uso solo quando ci sei tu» rivelò, sistemandosi su un lato per poterlo vedere in viso.

«Solo per me?»

«Solo per te» annuì, sporgendosi per posargli un bacio sulle labbra.

C’era una nuova dolcezza in quel contatto, una nuova meravigliosa sensazione di gioia nell’abbraccio che stavano condividendo. La prima volta che avevano dormito insieme si erano limitati a un sonno casto e silenzioso in camera di Thomas, nascosti al mondo che li circondava e frementi per la nuova piega che stava prendendo la loro relazione. La seconda volta era stata in quello stesso letto, dopo aver consumato per la prima volta il loro amore. Ora era diverso.

Non potendo intraprendere attività particolarmente erotiche, erano costretti a lasciarsi cullare dalla serenità e dal calore emanato dai loro corpi, dovevano perdersi nel tenero piacere dettato dalla loro vicinanza.

Fu una scoperta nuova e splendida, sentirsi parte di un mondo nuovo in cui non c’era bisogno di parole o di azioni, ma solo del suono ritmico del loro respiro e dell’unione delle loro anime.

In questa quiete, la mente di Allie aveva lavorato a fondo.

«Tom» lo chiamò, scostandosi appena per vederlo in faccia. «Quando abbiamo fatto l’amore per la prima volta mi hai detto che ti eri innamorato di me e io non ti ho risposto…»

«Non fa nulla, non preoccuparti» la interruppe, accarezzandole i capelli.

«No, ascoltami» insisté lei, prendendogli la mano e stringendola al petto. «Era presto per me, ero ancora annebbiata dal sesso e non me la sono sentita di ricambiare, perché sapevo che non sarei stata completamente sincera e sicura di me» spiegò e prese un respiro profondo prima di continuare.

«Ora però ho avuto il tempo per rifletterci, sono calma e le mie parole sono assolutamente vere: ti amo» disse, stringendo più forte la sua mano e fissandolo negli occhi.

Thomas rimase immobile ad osservarla, s’immerse nelle sue iridi sincere e sentì il cuore scoppiare di gioia. La baciò, lasciando la sua mano per circondarle il viso, avvicinandosi al suo corpo il più possibile. In quel bacio condensò tutto l’amore che provava per lei, quella moltitudine di sentimenti che non aveva mai provato con tale intensità nella sua vita. Baciò la sua anima, il suo cuore grande e il sorriso eterno che l’avevano fatto innamorare.

«Ti amo anch’io» sussurrò, staccandosi solo per un attimo dalle sue labbra per permettere al suo sguardo di incrociare quello di lei e accompagnare quelle parole nel suo spirito.

Ti amo.

Anche quest’avventura è finita, un altro capitolo della mia vita concluso.
È stato bellissimo condividere questo lavoro con voi, meraviglioso vedere che l’avete apprezzato e mi avete aiutato, con la vostra forza, a non abbandonarlo.
Il tempo per la scrittura, ora che ho iniziato l’università, si è drasticamente ridotto, non scrivo da settimane, ma non abbandonerò mai davvero quest’attività che mi lascia sempre con una sensazione di gioia e soddisfazione.


Grazie per essere arrivati fino a qui, spero che questa storia vi rimanga nel cuore, almeno in piccola parte, e che vi abbia lasciato qualcosa.


Il desiderio di lottare per la vostra felicità - come ha fatto Alice.
La forza di rischiare per la vostra felicità - come hanno fatto Thomas e Allie.
La speranza costante che, prima o poi, sarete davvero felici – la stessa che Michael e Dafne tengono stretta.
La volontà di rendere felice le persone a voi care – come conta di fare Edmond.

   
 
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