Libri > Harry Potter
Ricorda la storia  |      
Autore: Querthe    06/11/2008    4 recensioni
Una notte come tante altre, forse, per Olivander a Diagon Alley. Ma poi sente un sussurro, e deve muoversi.Una mia personale idea di come si creano le bacchette e come è nata la prima, oltre a un grazie ad una persona per me oltre che speciale. Grazie, Strega_mogana, per essere mia moglie.
Genere: Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Sorpresa
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Durante l'infanzia di Harry
- Questa storia fa parte della serie 'Le cronache di Ellyson Witchmahoganye'
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
Tic.
Tac, tic.
Tac, tic, tac.
Apro gli occhi e non vedo nulla.
La stanza è buia, le ante chiuse e nessuna luce dalla strada. Non che mi sarei stupito se ci fossero state luci. Chiudo sempre le imposte prima di andare a dormire.
La mia finestra volge ad Est.
Allungo la mano nodosa e quasi ossuta, fino a toccare la mia bacchetta, la prima bacchetta che ho creato.
Mi spiace svegliarti, le dico, sfiorandola e afferrandola con gentilezza, sollevandola dal suo letto di raso rosso su cui riposa quando non è tra le mie mani.
Lei sembra rispondermi con un tremolio quasi impercettibile.
Sbadiglio, e quasi controvoglia muovo nell’aria la sua punta. Ciliegio, undici pollici e mezzo, una misura che amava, anche se non sapeva usarla. La scia di scintille dorate e biancastre si sparge nella stanza, illuminandola come la luce di una piccola abat-jour babbana.
La sveglia, tonda, di latta azzurra con vari graffi vicino alle due semisfere lucide che ogni mattina mi svegliano con il loro allegro trillo, mi guarda come un arcigno poliziotto dai baffi all'insù.
Le due meno dieci. La notte è lunga, e io ho sonno.
E non ne ho più allo stesso momento.
Non potrò averne finché non riesco a togliermi questa voglia che a volte mi assale. Mi piace questa sensazione, mi fa sentire vivo, ma a volte mi da molto fastidio.
Certo, è anche bello durante il giorno, è esaltante, e certamente a volte mi piace fare anche le ore piccole, davanti ad un bicchiere di sherry, di quelli che tiro fuori solo quando sono solo in negozio, da un doppiofondo di un armadietto.
Mi piace il suo profumo, mi piace il sapore caldo e avvolgente che mi accarezza la bocca e poi le narici mentre lo scaldo con le mani e la lingua.
Ma adesso ammetto che è leggermente seccante.
Mi alzo, infilando i piedi nelle mie fidate pantofole da camera. Sono vecchie. Come me. La vestaglia, di quelle di stoffa rossa e pesante, dai bordi trapuntati e con una lunga cintura, mi viene incontro e mi avvolge, tenendo dentro il caldo che ho accumulato nel letto. Mi avvicino alla finestra e guardo fuori, tra una lista di legno e l'altra, oltre il vetro. Nessuno in giro. Sono tutti a dormire.
Beati loro.
Di nuovo quella sensazione, di nuovo quello strano prurito nelle dita e nelle mani che mi ha svegliato e mi ha costretto ad alzarmi.
Sospiro. Tanto lo so che non posso tornare a dormire finché non le costruisco l’abito che mi sta chiedendo. Ammetto che non so come e quanto tempo ci impiegherò, ma so che devo finirlo.
Mi muovo in corridoio, passo accanto al bagno. Mi fermo un secondo e mi guardo allo specchio. Senza occhiali sembro vagamente affascinante, considerando la mia età. Sono nel taschino destro della vestaglia da camera. Non voglio metterli, ma se non li infilo sul naso, non riesco nemmeno a leggere i titoli de La Gazzetta del Profeta.
Scala, pianerottolo, piano inferiore.
Almeno prima di iniziare, sveglio per sveglio, mi faccio una buona cioccolata calda. Lascio la bacchetta in corridoio, vicino alla statuetta di una ballerina classica che continua a danzare sulle note del Lago dei Cigni. Le piaceva quell’opera, e così le ho comprato il piccolo ma grazioso soprammobile.
La cucina a gas sibila allegramente per alcuni minuti, per poi permettermi di riempire una tazza quasi rasa di bollente liquido nero.
Mi guardo in giro, come se lei mi potesse ancora vedere. Forse è solo per ricordarla. Mi piace ricordarla. Tanto tempo fa, forse troppo, siamo stati assieme in questa cucina, a sorseggiare cioccolata calda e a pensare cosa sarebbe successo da lì a poco.
Sorrido, mentre aggiungo una punta di sherry alla cioccolata e la porto con me nel laboratorio, appena accanto al negozio e sotto la casa dove abito da tempo. Forse troppo.
La mia bacchetta si riscalda per un istante.
E’ arrabbiata. Falsamente arrabbiata.
Deve aver sentito il profumo del liquore nella mia cioccolata. Si preoccupa troppo, anche dopo tutto questo tempo. Capisco che mi ha perdonato anche per questa piccola marachella da ragazzino, e sorrido di nuovo, quando mi manda un piccolo vellutato tremolio sulle dita, mentre la stringo dolcemente.
Sento il sussurro delle mie bambine nella stanza accanto.
Tanti piccoli, dolci, sommessi mormorii che si mischiano a quello che ho in mente e che insiste nelle mani, nel prurito che me le fa muovere inconsciamente.
“Un attimo, un attimo.” mi ritrovo a dire “Adesso inizio. Abbi pazienza, piccola mia. Sei già pronta, devi solo venire alla luce. E sarai bellissima, come tutte le altre.”
Quando entro nel laboratorio, mi accorgo che le scintille di luce non mi hanno seguito oltre la porta. Accendo, ad una ad una, le candele che sono disseminate nella stanza, dalle pareti agli scaffali, dai tavoli a sopra alcuni libri che non apro mai.
Il locale è pulito, senza un utensile o altro fuori posto. Lo sistemo ogni sera, prima di andare a letto. Una piccola mania che ho sempre avuto, ma che si è accentuata con gli anni. Ammetto proprio per evenienze come questa.
Sfortunatamente nell’ultimo periodo capita troppo spesso.
O forse sono io che divento sempre più intollerante con l’età che avanza.
Mi siedo e aspetto. Le mani sono sul tavolo di legno scuro e lucidato dal tempo, i singoli strumenti di rame, di bronzo, di ottone, di oro e di argento mi guardano con i loro ciechi occhi, attendendo che io scelga.
Scuoto la testa e ripeto loro, come ogni volta, che la scelta non è mia, ma dell’anima.
Improvvisamente le mani si muovono di nuovo, si stropicciano, si risistemano tranquille sul tavolo.
Mi alzo, guidato dalla sua voce, e le mie mani si muovono decise verso una scatola di cartone chiusa con un nastro marrone chiaro.
Noce.
Una buona scelta. Massiccio e resistente. Sarà una bacchetta potente. Sarà bella, resistente e sicura di sé, come il suo padrone o la sua padrona. Una regina.
Il pezzo di legno è leggermente bitorzoluto, ma nel complesso liscio e omogeneo, senza troppi nodi o imprecisioni di crescita. Vedo la sua forma finale per un istante, ma potrebbe essere solo un suo desiderio, e non ciò che dovrà essere.
Appoggio il legno, lungo quasi venti pollici, e mi siedo di nuovo.
Chiudo gli occhi. Ora viene la parte interessante della nascita. Il vestito l'ho scelto, ora bisogna trovare chi lo indosserà. Chi mi sta chiamando.
Corde di cuore di drago, piume di fenice, crine di unicorno, scaglie di lamia, polvere di denti di sfinge. Potenti, molto potenti, ma non è loro la voce che sento.
Ora non vogliono nascere. Non loro.
Cosa sei, cosa vuoi?
Lei mi chiama, mi sussurra che vuole essere subito dentro il suo vestito.
Sento la sua voce, calda e sabbiosa, morbida come velluto, ma pericolosa. Sei piena di vita, hai il potere di generare tanto la vita quanto la morte in te. Le mie dita fremono, forse di paura, forse di eccitazione.
Sarai una creazione potentissima, qualcosa che non ho mai fatto, qualcosa che farà tremare tutte le altre tue sorelle quando ti presenterò al mondo.
Ho paura, e voglio crearti.
Dimmi chi sei!
Fammi uscire, fammi uscire, mi intimi con dolcezza.
Poi ti riconosco, capisco cosa sei e come toccarti.
Come ho detto, sarai difficile e stupenda.
Mi alzo e raggiungo un piccolo armadietto. La chiave l'ho sempre con me, dentro al mio cuore. Con un gesto lento e misurato la faccio uscire, tiepida e dorata.
La infilo nella serratura, che la riconosce con una leggera, cristallina risata.
Mi permette di far scattare il suo meccanismo. Le due antine si aprono da sole mostrandomi uno spazio molto più grande di quello che il mobiletto darebbe a credere.
File di scatolette e boccette sono allineate in ordine preciso. Ognuna con la propria etichetta. Anche se, ormai, non ho più bisogno di leggerle.
Ecco tutto ciò che rende davvero speciale una bacchetta. Ecco le corde, le piume, le scaglie e tutto il resto. Ed ecco te. Ecco te che mi hai svegliato nel cuore della notte. Ecco te che mi hai sussurrato nella mente e nelle mani.
Anche mia moglie capisce, e quasi cade dalla nicchia nel muro e dalla stoffa vellutata su cui l’ho adagiata dopo essere entrato.
Sangue di djinn. Raro, prezioso e molto, molto pericoloso.
Afferro con gentilezza la piccola boccetta di vetro spigoloso, come un cristallo cavo, contenente un liquido scuro, rossastro, caldo e quasi dotato di vita propria.
Sento il suo potere scorrere dentro il cristallo, sento che passa un po' nelle mie mani fino alla mente e al cuore, mi inonda i sensi e inizia a cantarmi una canzone che sa di carovane e di sole caldo, di dune e di antiche rovine piene di segreti.
I miei occhi vedono oasi perse nel deserto, piccole gemme di acqua smeraldina nel bianco assolato e cocente. Le mie mani seguono il ritmo della sua canzone, del suo sogno che vuole uscire e divenire realtà, toccando strumenti, incidendo e limando, lisciando e intagliando, finché la canzone non scema e si spegne nelle mie mani mentre osservo la bacchetta.
Il vestito è pronto. Dodici pollici e tre quarti.
Una stupenda misura per te, mia cara. La saprà apprezzare anche il tuo nuovo padrone. Il foro è sottile, quasi impossibile da vedere, ma tu mi gridi che vuoi entrare e nascere.
Riprendo la boccetta, il tappo di oro puro si svita con facilità, e con altrettanta facilità il lungo filo di liquido brillante si muove dal suo vecchio letto alla sua nuova casa, al suo nuovo corpo, illuminando la stanza di un bagliore rossastro che mi scalda il cuore e l'animo mentre sento la stanchezza ritornare.
Chiudi il foro da cui sei entrata.
Sarà difficile farti uscire, sarai resistente e dura, litigherai con il tuo padrone, ma sarete perfetti e quando vi sarete capiti, non oso immaginare ciò che potrete fare.
Grazie, mi sussurri con una voce dolce e serena.
Raramente l'anima di una bacchetta mi ha fatto così felice come te.
“Prego” rispondo trattenendo uno sbadiglio e poggiandoti su un letto di velluto nero.
Chiudo la scatola, anch'essa foderata di velluto nero.
“Bravo” mi dice mia moglie.
“Grazie a te” penso.
Se so fare bacchette, è il tuo amore che me lo permette.
Il tuo sacrificio.
Se sapessero chi ha inventato l’incantesimo di Olivander per poter fare magie. Se i maghi sapessero che se le mie bacchette funzionano così bene è per merito tuo. I tuoi consigli, i tuoi suggerimenti e la tua voglia di far parte del mondo magico.
Se sapessero che tu eri una babbana con un sogno nel cuore.
Ora il tuo sogno si è avverato.
Tu sai fare magie, tu mi permetti di farle. La mia bacchetta internamente è vuota, ma contiene ciò che di più prezioso potevi offrirmi.
La tua anima.
Ti accarezzo riprendendoti e con un movimento secco spengo le candele. Il laboratorio lo sistemerò domani mattina.
Torno a letto.
Tac, tic, tac.
Tac, tic.
Tic.
Mi addormento, come hai già fatto tu.

***

Due giorni dopo una giovane donna, vestita con un lungo abito di velluto verde, un piccolo ciondolo di argento decorato con un grosso smeraldo e un mantello di velluto nero varca il negozio in Diagon Alley.
La riconosco come una Serpeverde.
Le chiedo il nome, scusandomi per il disturbo necessario al Ministero della Magia, aprendo il grosso libro su cui annoto nome del mago e tipo della bacchetta.
Lei me lo dice.
Capisco.
La vedo, la vedo davvero, vedo i suoi occhi e le mostro immediatamente la sua bacchetta. Non posso sbagliarmi. Lei l'aveva sentita e si è voluta far vestire per la sua padrona.
Noce e sangue di djinn. Resistente. Dodici pollici e tre quarti, ideale per le evocazioni e le maledizioni.
La sfiora con la mano e la muove un istante, provocando nell’aria una scia di sottile fumo verde e nero che sa di menta e di pozioni.
Sorride, mentre estrae quanto necessario per pagarla, per poi uscire.
Sentirò spesso questo nome in futuro, ne sono certo, penso, mentre scrivo il suo nome.
Ellyson Witchmahogane.
   
 
Leggi le 4 recensioni
Ricorda la storia  |       |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Torna indietro / Vai alla categoria: Libri > Harry Potter / Vai alla pagina dell'autore: Querthe