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Autore: jamesguitar    11/12/2014    7 recensioni
“Penso che sarebbe bello andare via, sarebbe bello se le nostre ali potessero farci spiccare il volo davvero e sarebbe bello scappare da questa merda. Tutto qui” forse ha parlato troppo, forse doveva solo alzarsi e lasciare la domanda in sospeso, ma nella sua vita ci sono troppe cose da risolvere e comunque, ormai, è troppo tardi.
Ellie alza le spalle fingendo di capire e basta, ma lei sa. Lei le sente, le urla alle due di notte, così come sente la batteria di Tristan. E forse lui sa che lei ne è a conoscenza, ma non vuole pensarci neanche e non vuole far preoccupare nessuno per lui, nemmeno una ragazza che non conosce.
“Dici? Sai, io penso che per spiccare il volo basta un po’ di coraggio”.
Genere: Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Nuovo personaggio, Tristan Evans
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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If these wings could fly.

A te, Giorgia, che probabilmente non leggerai questa os.
A te che ami Tristan e che sei una delle persone più talentuose che conosca, anche se non te lo dico mai.
 
 
Oh lights go down
In the moment we’re lost and found
I just want to be by your side
If these wings could fly
Oh damn these walls
In the moment we’re ten feet tall
And how you told me after it all
We remember tonight
For the rest of our lives.
-Birdy, Wings


 
 
Tristan ha le gambe pericolosamente in bilico oltre il tetto della biblioteca. Mrs. Walton l’ha sempre fatto salire sulla cima dell’edificio, perché infondo lo sa che era un bravo ragazzo, lo sa che non farebbe mai niente di pericoloso, o sbagliato. Il ragazzo fuma la sua sigaretta, sono gli ultimi tiri, questi. Ha aspirato quasi tutto il contenuto tossico di quell’affare mentre fissa il sole tramontare all’orizzonte, al di là della città che dovrebbe lasciare più spesso per esplorare il mondo e trovare il suo posto, come dice la sorella.
Lo zaino appoggiato alla schiena lo aiuta a non crollare all’indietro, mentre nulla gli impedisce di cadere in avanti. La scelta sta a lui, ma è un ragazzo che non si arrende, mai, e nemmeno una volta gli è passato per la testa di lasciarsi cadere e dimenticare un padre che torna troppo tardi la sera, una madre che non c’è da troppo tempo, una sorella che piange spesso e la scuola che va male, malissimo, o i coetanei che non lo hanno mai minimamente calcolato, i compagni che crede di odiare ma di cui non gli dispiacerebbe la compagnia, se solo non fossero così stronzi.
Un ultima boccata e la sigaretta è definitivamente finita, Tristan si decide a lasciarla cadere dal tetto, forse sulla giacca di qualche donna che cammina di fretta, o qualcosa del genere. Rimane lì, fermo, senza intenzione di muoversi. Perché forse quel posto è migliore di casa sua, forse è meglio non tornare sapendo che il padre non c’è ancora e che troverebbe sua sorella a piangere in bagno, come sempre.
Pensa piuttosto a qualcos’altro, qualcosa di più interessante, o almeno intrigante. Pensa a quella ragazza strana che a matematica gli ha lanciato una matita e gli ha sorriso, magari per rompere il ghiaccio, magari per prenderlo in giro. Ci pensa un attimo, ma non è nulla di che. Infondo non è la prima ed è anche per questo che gli altri ragazzi lo odiano, l’invidia è una brutta bestia.
Più volte Tristan si è ripetuto che deve essere un guerriero, che deve affrontare suo padre e dirgli che così non può andare avanti, scivolare nel letto della sorella piccola e dirle che andrà tutto bene, che senza la mamma resteranno in piedi lo stesso, perché sono insieme e possono sconfiggere i demoni che vogliono portar loro via anche il padre. Ma non ne ha la forza, vorrebbe, ma non ce la fa. Lui non mollerà, ma questo non vuol dire che lotterà. Semplicemente sopravvivrà, come ha sempre fatto.
Gli prende un colpo quando “Hey, sicuro che puoi stare qui?” sente, e si gira quanto basta per vedere la ragazza dell’ora di matematica. Grugnisce perché di fare conversazione non ha affatto voglia e non vuole che lei sia lì, tutto ciò che desidera è starsene solo, per conto suo.
“Che c’è, hai perso la lingua?” e la sua voce è così fastidiosa, Tristan vorrebbe tapparle la bocca.
“La mia lingua ce l’ho, ed è funzionante, grazie” borbotta, senza guardarla negli occhi, notando a malapena che si è seduta accanto a lui sul bordo del tetto ma che non riesce a stare con tutte e due le gambe fuori, ci vuole del coraggio in più che non ha, quindi ne tiene una con la mano e ci appoggia sopra il gomito.
“Tu dici? A me non sembra, dato che non ti ho mai visto parlare da quando ti conosco” e Tristan ride a quella frase, amaramente. Conoscerlo?
“Tu non mi conosci” dice infatti, guardandola finalmente negli occhi e  scoprendo uno sguardo perplesso, le sopracciglia aggrottate sopra ad un paio d’occhi color nocciola che non aveva notato prima. Fa di tutto per non arrossire ma poi lo fa lo stesso, gira la testa ancora una volta e torna a guardare l’orizzonte, il sole ha quasi finito di tramontare e ha paura che si faccia buio, perché a casa proprio non vuole tornarci ma sa che deve farlo.
“Io mi chiamo Ellie, comunque” dice la ragazza dai capelli castani e poi si mette a giocare con il buco all’altezza del ginocchio che ha sui jeans, perché non vuole incontrare di nuovo gli occhi di quel ragazzo interessante che l’hanno sempre messa in soggezione.
“Non mi sembra di avertelo chiesto. In ogni caso, io sono Tristan” il ragazzo non è mai stato gentile, non è il suo forte, e va bene perché è fatto così, nessuno lo accetta a parte se stesso e la sua sorellina troppo buona, ma in un certo senso gli basta e anche se del giudizio degli altri gli importa, fa finta che non sia così e resta se stesso.
“Simpatico, il ragazzo. Visto? Ora ti conosco. Sei Tristan, sei scontroso e non parli spesso” e lei lo sa che lui non è soltanto questo così come sa che la sua affermazione lo infastidirà, lo sa e l’ha fatto di proposito, perché vuole vedere quella fiamma che nei suoi occhi azzurri non ha ancora mai visto, dopo tre anni di osservazione solitaria.
Tristan scuote la testa e la getta all’indietro, poi “Non sai niente di me, Amy, o come cavolo ti chiami” dice infastidito, poco prima che lei lo corregga con il suo vero nome.
“Comunque, torniamo alla domanda principale: sicuro di poter stare qui?” Tristan alza le spalle a quella domanda, perché è così e basta e comunque ormai lei è seduta con lui, quindi sarebbero nei guai allo stesso modo.
“Sì, posso. Stai tranquilla, non ho intenzione di suicidarmi o niente del genere”.
Tristan ha la testa dura, ed Ellie anche. Proprio per questo non può trattenersi oltre e dice: “Lo so, ti ho osservato quando capitava di passare qua sotto. Sai, guardi sempre l’orizzonte come se cercassi qualcosa, e mi piacerebbe sapere cos’è”
Il biondo si gira di nuovo verso quegli occhi nocciola e stavolta non arrossisce, per il semplice fatto che non regge lo sguardo più di un secondo. “Mi hai spiato, quindi?” chiede con nonchalance, anche se la risposta gli interessa eccome e vuole che lei sia sincera, perché forse un po’ gli piace l’idea.
“Non proprio spiato, ma sì, ti ho guardato a volte mentre tornavo dalla lezione di batteria” annuncia la ragazza e inizia a sentirsi in imbarazzo, perché forse ha un po’ paura che lui si arrabbi o cose del genere. Poi però torna tutto alla normalità e si dice che è solo il nervosismo che prova a parlare con Tristan Evans, il ragazzo a suo parere più bello e allo stesso tempo misterioso che abbia mai visto.
Gli occhi del ragazzo hanno un guizzo e lui si gira verso Ellie, un po’ sorpreso: “Suoni la batteria?” le chiede, ignorando la sua domanda precedente e sperando che la dimentichi. Ma lei è troppo arguta e intelligente per i suoi trucchetti, lo sa che lui suona lo stesso strumento e avrebbe giurato che avrebbe girato la cosa a suo favore, dio, era così prevedibile.
“Sì, so che la suoni anche tu, abito poco lontano da te e il pomeriggio mi è praticamente impossibile studiare. Ma ora dimmi, perché ignori la mia domanda? È difficile rispondere ad una cosa così semplice?” Tristan sospira e sposta lo zaino da dietro la sua schiena, non ha voglia di sentire limiti dietro di lui o almeno non in quel momento, preferisce essere completamente in bilico.
“Non penso a niente in particolare, ecco.” Mente e lo sa che lei se ne è accorta, perché la vede alzare un sopracciglio.
“A ci vuoi darla a bere?” chiede infatti la mora, ridendo di lui e del suo pessimo tentativo di mentire. Eppure dovrebbe essere diventato bravo, dopo anni passati in una famiglia spezzata e distrutta come la sua, dopo anni in una cittadina falsa, piena di gente ipocrita.
Tristan alza le spalle e la guarda di nuovo, la terza volta. Stavolta regge lo sguardo ma non arrossisce ugualmente, perché quegli occhi nocciola sono interessanti e allo stesso tempo magnetici, e proprio non riesce ad emozionarsi mentre prova a esprimere ciò che prova a qualcuno che ha appena conosciuto. Non lo fa, di solito, ma vuole togliersela di torno.
“Penso che sarebbe bello andare via, sarebbe bello se le nostre ali potessero farci spiccare il volo davvero e sarebbe bello scappare da questa merda. Tutto qui” forse ha parlato troppo, forse doveva solo alzarsi e lasciare la domanda in sospeso, ma nella sua vita ci sono troppe cose da risolvere e comunque, ormai, è troppo tardi.
Ellie alza le spalle fingendo di capire e basta, ma lei sa. Lei le sente, le urla alle due di notte, così come sente la batteria di Tristan. E forse lui sa che lei ne è a conoscenza, ma non vuole pensarci neanche e non vuole far preoccupare nessuno per lui, nemmeno una ragazza che non conosce.
“Dici? Sai, io penso che per spiccare il volo basta un po’ di coraggio” cerca il suo sguardo ma non lo trova, perché lui è assorto dai suoi pensieri e proprio non ci pensa a girare la testa. Forse è meglio, perché Ellie è troppo vicina e andiamo, lei lo ha osservato, ma infondo non lo conosce così come lui non conosce lei. Forse va bene così.
Tristan sospira. “Magari, Ellie”
La ragazza si sente invasa da una tristezza infinita perché non vuole nemmeno pensarci, a quello che l’altro passa. Perché pensa a quanto la sua vita debba fare schifo, schifo davvero, e si chiede se al suo posto ce la farebbe a sopportare un padre che non ha mai saputo entrare nel ruolo, o non riuscire ad aiutare la sorella, o la mancanza di una madre che avrebbe dovuto esserci perché allora sarebbe andato tutto bene, ma non c’è.
“Come fai?” chiede allora, senza pensarci, e se ne pente subito.
“Cosa?” Tristan è confuso e allora si gira, costringendola a spostarsi di qualche centimetro perché non starebbe bene, se i loro nasi si toccassero quasi.
“Come fai, a sopportarlo?” Tristan allora accetta che lei sa, anche se odia essere compatito, e alza le spalle per la milionesima volta da quando l’ha vista.
“Sopravvivo” sospira e guarda Ellie alzarsi, poi si gira verso di lei che si dirige verso la scaletta che porta al piano terra e senza pensarci si ritrova a camminarle dietro.
Lei si gira e di conseguenza Tristan si ritrova ad osservarla, a guardare le labbra color ciliegia che fino ad adesso non ha mai notato particolarmente, o la maglietta che mostra un ombelico che dovrebbe essere coperto, o ancora delle converse decisamente troppo rotte, spaccate ai lati e piene di scritte. Si sofferma un attimo sui suoi occhi e la ascolta mentre dice “Sai, a volte sopravvivere non basta”, poi scuote la testa. “Che intendi?” chiede, insicuro di voler davvero sapere la risposta.
Lei abbozza un sorriso ed è la prima volta che Tristan la vede farlo sinceramente; magari inizia a pensare che non sarebbe male lasciarsi conoscere e conoscerla a sua volta.
“Sopravvivere non equivale a vivere, Tristan. E quando vivere davvero sembra impensabile, ti basta trovare qualcuno che viva con te”
Tristan allora ricambia al sorriso, e chissà, potrebbe davvero chiederle di vedersi per parlare, il giorno dopo a scuola. Magari potrebbe essere lei, la persona con cui vivere.







 
#ANGOLOAUTRICE
Okay, eccomi qui!
Ho scritto questa One Shot su Tristan ascoltando 'Wings', la canzone citata all'inizio, che personalmente trovo bellissima e ascolterei per ore e ore.
Qui troviamo un Tristan diverso dal solito, oppresso da una cittadina troppo piccola e una casa che gli sta stretta, una famiglia caduta in pezzi e nessun appiglio a cui appoggiarsi per vivere. Lei è Ellie -interpretata da Lucy Hale, aw-, una ragazza che lo ha sempre osservato da lontano e non ha mai avuto il coraggio di parlargli, anche sapendo tutto ciò che passava.
Spero che vi sia piaciuta, e se siete arrivati fin qui, mi farebbe piacere che lasciaste una recensione!

Bye,
Jamesguitar
  
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