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Autore: Targaryen    11/12/2014    9 recensioni
Riconosci quel luogo, riconosci quell’istante. Riconosci le due figure sedute l’una dinanzi all’altra, l’uomo e la donna, ma non rammenti i loro gesti. Nei tuoi ricordi c’è una carezza e null’altro a sancire la promessa di un ritorno, c’è l’amore racchiuso in uno sguardo che vince il timore di sbagliare ancora. Nei tuoi ricordi non c’è alcun addio, non c’è il respiro che si ferma e il dolore che dilaga tramutando il sangue in sale.
Genere: Introspettivo, Sentimentale, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Harlock, Miime
Note: Movieverse | Avvertimenti: nessuno
- Questa storia fa parte della serie 'Il Canto delle Stelle'
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Incontro di ombre

 
 
E se tutti noi fossimo sogni che qualcuno sogna,
pensieri che qualcuno pensa?

- Fernando Pessoa -
 

Giungono senza farsi annunciare, i sogni.
Giungono di notte, quando il respiro dello spazio scandisce il tempo e scivola lungo i corridoi, ristabilendo il proprio dominio sul regno che gli uomini credono loro e che invece, da sempre, appartiene a lui.
Indossano altri nomi, a volte, e si librano funesti su ali di paura, ma i più camminano in punta di piedi di ricordo in ricordo, parlando con la voce del passato e conducendo laddove il presente si confonde con esso.
Alcuni sono modellati nel desiderio, come pallide sculture che un raggio di luna rivela solo quando la coscienza è assopita, mentre altri respirano speranze insieme a coloro da cui prendono vita.   
Vi sono poi loro, fragili trame di invisibili fili che regalano domande e che non conoscono risposte, disseminando di incertezza ciò che si ritiene di sapere e squarciando il velo dell’arcano. Sono sogni che sogni non sono, e che nascono e muoiono laddove l’orbita infinita irride sé stessa.
Giunge così, il tuo sogno che sogno non è.
In una notte di buio e di stelle, addormentata tra le braccia dell’unico mare che sazia la tua sete di libertà  e che culla la nave che tu chiami casa. Una notte come tante, custode di una pace conquistata dopo anni di tormenti e di un futuro che ti sorride con il volto spensierato di un bambino.
Sollevi le palpebre, confuso, ma non ne avverti il movimento e comprendi che ciò che stai osservando non è la realtà. Eppure, nella realtà, il tuo cuore sussulta e accelera il battito.
Riconosci quel luogo, riconosci quell’istante. Riconosci le due figure sedute l’una dinanzi all’altra, l’uomo e la donna, ma non rammenti i loro gesti. Nei tuoi ricordi c’è una carezza e null’altro a sancire la promessa di un ritorno, c’è l’amore racchiuso in uno sguardo che vince il timore di sbagliare ancora.
Nei tuoi ricordi non c’è alcun addio, non c’è il respiro che si ferma e il dolore che dilaga tramutando il sangue in sale.
Non è il tuo corpo ad essere lì, lo sai, e sai che quello non è il tuo tempo. Quello non è il tuo dolore, eppure lo senti penetrare in te e una paura irrazionale si risveglia.
“Harlock, sei sicuro?”, domanda la donna.
L’uomo dischiude le labbra e la sua voce ti giunge arida come il vento che corre tra le dune, modellando frasi che non ricordi di avere mai pronunciato per poi svanire inghiottita dalla sabbia.
“Mi dispiace, Meeme. Perdonami”, sussurra.
Vorresti distogliere lo sguardo per un istante e recuperare la lucidità che ti sta sfuggendo, ma non ti è concesso decidere delle tue azioni.
Non è andata così, ripeti a te stesso senza sosta. Non è andata così, e ti aggrappi a quella certezza come se da essa dipendesse la tua intera esistenza.
Attendi, e quando lei risponde rabbrividisci perché hai già udito le sue parole.
“Non c’è nulla da perdonare, Harlock. Non sono triste. Morte e rinascita … Lo so che sono parte dell’eterno ciclo della vita.”
Sogno e realtà cominciano a confondersi e la tua anima sanguina ferita dall’agonia che leggi nei loro sguardi. La mano dell’uomo stringe quella di lei, le loro dita intrecciate come a voler frenare la corsa del tempo. Ma il tempo non si ferma, perché non prova pietà e perché non può capire.
Silenzio, e poi quell’ordine infame che rammenti sin troppo bene. Lui lo impartisce di nuovo e tu quasi intravvedi la polvere rossa che per troppe vite colorò le tue notti.
“Libera la materia oscura.”
Trattieni il respiro, forse solo nel mondo in cui la tua mente è sospesa o forse anche tra le coltri che ti avvolgono.
Lei riversa il capo all’indietro mentre uno spasimo ne attraversa il corpo, lasciandola accasciata sulla sedia dall’alto schienale. La vita la abbandona in una miriade di luci fatue, che volteggiano stancamente verso l’alto e che si dissolvono arrendendosi all’oscurità.
L’uomo resta immobile a capo chino, le dita che stringono il nulla e una calma irreale intorno a lui. La sua disperazione diventa la tua e, per un istante, ti trascina nella sua realtà.
Vorresti gridare, ma un fremito improvviso scuote la nave e il motore pulsa e rifulge come stella. Poi di nuovo il buio, e gli ultimi bagliori che disegnano i contorni del volto che è anche il tuo e delle lacrime che lo solcano.
Non vedi il suo occhio, ma senti il suo dolore che divora ogni cosa, persino la disperazione, e insieme a lui piangi parole mai dette, speranze mai nate e il futuro che è stato loro negato.
L’ambiente perde consistenza e l’aria diviene sottile. Con uno scatto improvviso ti sollevi a sedere sul letto, inalando violentemente come in procinto di soffocare. Respiri scosso da brividi, gli occhi spalancati e il cuore impazzito. Non era il tuo mondo quello che hai veduto, e quello non era il tuo passato, ma il dubbio ti dilania e solo volgendo il capo potrai metterlo a tacere. Raccogli il tuo coraggio e la realtà torna ad acquisire forma non appena il tuo sguardo incontra la donna distesa accanto a te. Sta cambiando posizione in risposta al tuo movimento repentino, ancora abbandonata ad un riposo che non è né sonno né veglia.
Ti porti le mani al viso e ritrovi le lacrime che hai versato, pallido riflesso dei rivoli di fiamma che incenerivano le carni dell’altro te stesso.
Meeme si sta destando, ma non attendi che le sue palpebre si sollevino. Rapido ti alzi e a grandi falcate raggiungi la stanza attigua, ancora preda di un irrazionale timore e con il sapore della paura tra le labbra.
Varchi la soglia e ti inginocchi accanto alla culla, e senti quasi il bisogno di piangere per il sollievo che provi dinanzi all’immagine di tuo figlio che dorme perduto nel suo mondo ovattato. Sollevi la mano per aggiustare la coperta che è scivolata di lato, e sorridi quando avverti un’altra mano posarsi sulla tua spalla.
“Cosa succede?”, domanda sua madre.
Parla a voce bassa, con una melodia profonda che mai avevi udito prima della nascita di Yura, e che risveglia in te una tempesta di emozioni che prima di allora non sapevi di poter provare.   
“Un sogno, Meeme, soltanto un sogno”, rispondi.
Non la vedi, ma sai che ha inclinato il capo di lato e che ti sta osservando con quel suo sguardo a cui nulla può sfuggire.
“Non il solito sogno”, dice.
“No.”
Ti alzi e la affianchi, cingendole le spalle e invitandola ad uscire insieme a te.
Meeme sorride e si lascia guidare, ma dopo qualche passo si ferma, allunga la mano sino alla vicina mensola e allontana dal bordo un piccolo veliero che pare navigare tra le ombre della stanza. Il tuo sguardo accompagna il suo gesto e le memorie trasformano le sue dita affusolate in quelle dell’amico che lo ha pazientemente strappato al reame della fantasia per donarlo a voi, in un tempo lontano.
Chissà cosa direbbe, vedendo la sua creatura vegliare il sonno di vostro figlio.
“Avrebbe trascorso giorni interi a giocare con Yura”, sospira Meeme, avvicinando le labbra al tuo viso e sfiorandolo appena.
Non ti sorprendi delle sue parole, perché da sempre lei legge i tuoi silenzi.
“E ora questa stanza sarebbe piena di modellini”, aggiungi.
Ridete entrambi senza far rumore, un omaggio che a Yattaran sarebbe piaciuto. E’ così che tenete in vita coloro che se ne sono andati, ricordandoli e tramandandone il lascito. 
Nella camera accanto la tenue luce di alcune candele appena accese difende dalle tenebre il grande letto in legno. Meeme vi si distende e tu fai lo stesso, accogliendola tra le braccia e abbandonandoti per un istante alle calde sensazioni che la sua vicinanza ti trasmette. Sai che non ti farà domande e che non ti costringerà a raccontare ciò che non vuoi, ma confidarti con lei allevia le tue pene più di quanto abbia mai fatto il silenzio.
“Ho rivisto noi”, sussurri, “Il giorno dell’apertura del motore, al tempo di Yama. Ma non è stato come lo ricordavo. Ci siamo detti addio.”
Con il susseguirsi dei minuti le immagini a cui hai assistito cominciano ad assumere contorni sempre meno definiti, ma il ricordo del dolore che hai provato permane e ti accompagnerà sino alla fine dei tuoi giorni.
Per un tempo imprecisato Meeme non dice nulla, ma ti stringe con più forza e le luci che danzano intorno a voi rallentano il loro moto, per poi allontanarsi non appena lei inizia a parlare.
“La mia gente credeva che esistessero infinite realtà, in ciascuna delle quali noi viviamo esistenze sempre diverse. Ogni vita è un cerchio, e a volte può succedere che i cerchi si sfiorino e che le realtà si sovrappongano per un breve istante. Forse è questo ciò che è accaduto questa notte, Harlock. Forse, per un breve istante, tu hai varcato il confine.”
La voce di Meeme si spegne e la quiete torna a regnare sovrana. Volgi il capo verso l’enorme vetrata e quasi li rivedi sulla nera trama punteggiata di luci, rivedi le loro dita intrecciate e le lacrime che assomigliano alle stelle di quel mare senza confini.
Li rivedi, e con un sorriso li restituisci alle correnti che un giorno accoglieranno anche te.
 
 
Nota:
Il sogno di Harlock ricalca, nello svolgimento della scena e nei dialoghi, quanto riportato nella versione originale dello script del film “Space Pirate Captain Harlock” prima delle correzioni richieste da Matsumoto.
Riporto qui di seguito il testo di riferimento:

197. INT. ARCADIA --- DARK MATTER ENGINE CONTROL ROOM
 
The room is silent. Mimay sits on the throne of the engine room, her hands resting on the control panel. Harlock sits across from her.
MIMAY
Harlock, are you certain of this?
HARLOCK
I’m afraid so, Mimay. Forgive me.
MIMAY
There’s nothing to forgive, Harlock. I am not sad. Death and rebirth...I know they are part of the eternal cycle of life.
HARLOCK
Unleash the dark matter.
Harlock places his hand on Mimay’s, fingers locking. Mimay collapses backward, and goes lifeless; her body shatters like an exploding star, the energy absorbing into the walls of the control room. The dark matter engine rumbles ferociously, and emits a light such as never seen before.
Harlock watches in silence. From Harlock’s silhouette, he appears to be weeping.
 
L’intero script originale è liberamente consultabile al seguente indirizzo:
https://www.facebook.com/media/set/?set=a.10152817376042262.1073741847.84834002261&type=1
 
  
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