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Autore: Drew Bieber    12/12/2014    0 recensioni
Summer è una ragazza di 12 anni, vive in Canada a Stratford in una grande e lussuosa villa, ha perso la madre quando aveva 5 anni e ora vive col padre che però non c'è mai a causa del lavoro. Frequenta una scuola privata. Ha una grande passione per la musica e un giorno mentre passeggia per strada viene attratta dal suono di una chitarra e la voce di un ragazzo che suona per strada,Justin. Ben presto diventano amici ma Justin è un ragazzo povero e quando la madre muore deve andare in un orfanotrofio, ma Summer non volendo lasciare il suo amico supplica il padre di adottare Justin. Justin è felice ora ma Summer a 15 anni riceve una borsa di studio per andare a studiare in un conservatorio di Londra molto importante ma vuole rifiutare per non lasciare Justin, ma il ragazzo sa che è un occasione da non perdere e convince Summer a partire. Justin diventa famoso un anno dopo. I due non si vedono per molto tempo, ma nel periodo di Natale si incontrano per caso a Stratford.
Genere: Drammatico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Justin Bieber
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Capitolo 15
Alla fine ero davvero stanca e anche se pensavo di fare un piccolo di riposino di qualche ora mi addormentai abbastanza profondamente per quasi tutta la notte ma di colpo mi svegliai presa da un forte caldo, mi guardai intorno restando ferma distesa nel letto, non riuscivo a vedere molto soprattutto perché era buio, la luce della luna non riusciva a penetrare bene tra le fessure degli scudi esterni della finestra poi mi girai verso il comodino, sforzando un po la vista lessi l’ora, 3.04 del mattino, mossi un po le braccia alzandole quasi e mi accorsi, poco a poco, che ero completamente sudata, dalla testa ai piedi, così mi alzai velocemente mettendomi seduta e sentii un leggero freddo dietro la schiena, mi guardai di nuovo intorno, ma questa volta esaminando più dettagliatamente i dettagli della stanza mettendo a fuoco ciò che vi era all’interno e, proprio tra la porta e la cassettiera vidi una figura, mi concentrai sul volta di quella persona e presa dallo stupore accesi la lampadina sul comodino, lo stesso dove era la sveglia, e la luce calda scoprì il viso di Justin, quel viso che ormai non vedevo da tempo, quel viso che avevo esaminato ogni volta che mi capitava di perdermi del suo sguardo, in quegli occhi, così belli, di quel color caramello con qualche sfumatura sul chiaro quasi verde, che per ora però spenti, e non mi sembravano poi così familiare, quelli di Justin mi trasmettevano sempre gioia, brillavano, adesso invece era freddi, avevo paura di guardarlo, rannicchiato contro il muro, con le gambe piegate contro il petto e strette tra le braccia, indossava il suo pigiama blu indaco, i capelli erano tutti scompigliati, era pallido e facendo attenzione notai che aveva un po di occhiaie, come se avesse passato delle notti in bianco. Mi guardava con la sua espressione seria/triste/affranta e non parlava, quel silenzio in un certo senso mi facevano male, mi ferivano più di qualunque altra parola potesse dire, ma era meglio così, non avrei saputo come rispondere, qualunque fosse stata la sua domanda o qualunque altra cosa avesse detto. Mentre i nostri occhi si scambiavano sguardi io grondavo completamente di sudore e alla fine fui costretta ad alzarmi anche se un lentamente, quando stetti in piedi Justin stava come per alzarsi ma poi si blocco e si rimise nella sua posizione iniziale, iniziai a camminare verso la porta ma lui forse pensava che stavo andando verso di lui e mi guardava quasi spaventato, probabilmente non sapeva come affrontarmi, beh a me non andava di affrontarlo, non ce la facevo, in quel momento volevo solo fare una doccia e cambiarmi dato che mi sentivo schifosamente appiccicosa, quindi lui poteva starsene tranquillo sul suo pavimento e la schiena appoggiata al muro, gli arrivai vicino, la mia mano sulla maniglia della porta, con la gamba lo colpii leggermente e lo sentii irrigidirsi, abbassai lo sguardo ma non troppo, lui mi fissava la gamba come se la stesse studiando, feci pressione sulla maniglia e quasi come per scappare aprii velocemente la porta e la richiusi di scatto, facendo probabilmente fin troppo rumore. Andai verso il bagno e mi feci una doccia veloce ma come una stupida dimenticai il cambio, sarei dovuta ritornare in camera ma, ci avrei giurato qualunque cosa, Justin era ancora lì quindi, dopo averci pensato un po, mi misi l’accappatoio asciugandomi per bene e facendo meno rumore possibile uscii dal bagno e camminai lentamente in camera mia, aprii la porta, sempre piano e dalla fessura che man mano diventava più grande vidi subito Justin sul pavimento, ancora lì, dov’era, riuscivo a vedere appena il suo viso, vedevo bene i suoi capelli, aperta completamente la porta entrai nella stanza muovendo piano i piedi quasi strusciandoli a terra, forse anche perché non volevo farmi sentire e rompere quel silenzio che regnava tutta la casa, richiusi la porta dietro le mie spalle e appena fatto questo partii a razzo verso l’armadio prendendo subito un cambio e sempre velocemente attraversai il corridoio e mi chiusi in bagno. Mi calmai di nuovo facendo tutto con tranquillità, prima di tutto mi appoggiai sul bordo della vasca e ripresi fiato, ero stanca e volevo solo andare nel mio letto al caldo così mi feci forza e mi tolsi l’accappatoio rimettendolo al suo posto e presi il pigiama. Quando finii camminai fino alla mia stanza per la seconda volta, entrai e mi infilai nel letto, finalmente stavo comoda nel mio letto con le coperte addosso e la testa appoggiata sul cuscino, chiusi gli occhi e pensai davvero che avrei ripreso a dormire profondamente come prima ma ogni dieci minuti mi rigiravo tenendogli occhi socchiusi e non riuscivo a prendere sonno. Il fatto che Justin fosse lì a pochissimi metri di distanza a fissarmi mi rendeva tutto difficile così stetti girata sul fianco sinistro e guardarlo ininterrottamente, lui non si smentì e ricambiò lo sguardo, passato credo un quarto d’ora così lo chiamai quasi con un fil di voce, lui inizialmente non disse nulla ma notai che aveva alzato il sopracciglio destro e poi si alzò avvicinandosi a me e una volta vicino al letto si sedette di nuovo a i nostri sguardi erano alla stessa altezza, molto più vicini di prima, non contenta di quella vicinanza mi misi seduta –vieni qui- passai la mano sul materasso, si alzò ancora una volta e si sedette sul letto vicino e me ancora stando in silenzio, non appena fu lì lo strinsi fortissimo appoggiando la mia testa tra l’incavo del suo collo al che lui rimane senza parole e non riusciva né a muoversi né a respirare per quanto lo stringevo, non sapevo da dove prendessi tutta quella forza dato che ero quasi senza forze, sentivo che il suo corpo era freddo, credo che era stato seduto sul pavimento a lungo senza coperta e fuori mancava poco che non nevicasse dato che eravamo in pieno inverno e poi lui era in pantaloncini e a torso nudo quindi immagino stesse congelando. Sentii le sue braccia stringersi attorno ai miei fianchi e stavo scoppiando di felicità, mi strinse come se ci fossimo ritrovati dopo tanto tempo come se avesse voluto abbracciarmi già da molto tempo e adesso che ne aveva l’occasione non voleva lasciarmi più a me non dispiaceva affatto anzi, sentivo poi il suo cuore battere forte e gli presi ad accarezzargli il braccio e poi la mano sentii che gli venne la pelle d’oca e accennai un sorriso, magari lo avevo accarezzato così piano e dolcemente che gli avevo fatto un leggero solletico. Sempre tenendomi stretta a se si distese con la schiena sul cuscino e io su di lui, guardai la sua espressone ed era come se finalmente avesse trovato la pace e la tranquillità dopo tanto tormento e anch’io avevo quasi la stessa sensazione, quel muro che c’era tra di noi era crollato. Piano piano mi abbandonai alle sue carezze e chiusi gli occhi addormentandomi profondamente vicino a lui. Almeno per quella notte sperai che potevo ritornare a sognare un futuro felice.
Il giorno dopo mi svegliai più tardi del solito, mi guardai un po intorno e solo quando notai che stavo tra le braccia di Justin mi ricordai subito tutto ciò che era successo quella notte. Justin mi guardava sorridendo e mi accarezzava i “capelli”, questo mi diede quasi fastidio dato che non ero poi così felice di essere quasi calva del tutto, mi vergognai e abbassai lo sguardo, intuendolo, Justin smise e mi strinse a se –mi dispiace piccola- sussurrò con una specie di senso di colpa, io rimasi sorpresa non per quello che aveva detto in se ma perché dopo tanto tempo ho sentito la sua voce ed era sempre la stessa, la sua voce che tanto mi piaceva, quella voce vellutata, dolce, confortante e divertente, mi venne da sorridere e mi scostai da lui mettendomi seduta con la coperte sulla schiena leggermente curvata, le gambe incrociate e le mano appoggiate tra di esse. Guardavo Justin dopo quasi due mesi, dopo la notizia, dopo averlo visto la sera prima, dopo aver dormito con lui nel mio letto, dopo essermi svegliata tra le sue carezze e tutto quel silenzio tra di noi non esisteva più e per fortuna, avevo bisogno di qualcuno che mi sorridesse con quel sorriso che aveva solo lui, avevo bisogno di qualcuno con cui parlare, avevo bisogno di qualcuno che mi abbracciasse, che mi confortasse, che mi facesse ridere nonostante stessi affrontando un periodo così duro, avevo bisogno semplicemente di lui e adesso ce lo avevo davanti tutto per me. Istintivamente gli presi la mano e iniziai ad accarezzarne il dorso e lui fissava i miei movimenti, poi aprii il palmo della mano e così anche lui e incrociammo le dita, lo guardai, mi sorrise e mi attirò a se di nuovo stringendomi talmente forte da non farmi respirare, ovviamente lo faceva apposta e io ridevo supplicandolo di lasciarmi ma lui rideva e mi diceva di no così gli tirai dei pugni sul torace cercando mi fargli mollare la presa ma niente, strinse ancora di più la stretta. Mentre stavamo in quella posizione Amanda aprì la porta e io riuscii a vederla a malapena dato che ero rivolta verso la porta ma non potei chiamarla così Justin non la notò e intanto disse qualcosa che sentimmo entrambe –sei solo mia e non lascerò che NIENTE (accentuò molto questa parola) e nessuno ti portino via da me- la sua voce si fece sempre più un sussurro al mio orecchio ma Amanda sentì lo stesso –il mio mondo non ha senso senza di te- io divenni subito rossa, me ne accorsi perché sentivo un calore in tutto il viso e la sua presa divenne più dolce, mi sentii così protetta ma allo stesso tempo demoralizzata, sapevo che quel “NIENTE” era riferito al cancro, mi sentivo protetta nel sapere che voleva proteggermi e che avrebbe fatto di tutto a questo scopo ma mi sentivo demoralizzata perché si stava facendo tutta un’illusione e forse avrebbe illuso anche me, ero solo ai primi mesi di cancro ma sapevo che sarei morta, ogni giorno i globuli bianchi continuavano ad aumentare del mio sangue che poco a poco avrebbe perso il suo colore rosso, sentivo anche un senso di colpa perché sarei morta e gli avrei lasciato un enorme vuoto, lui credeva di poter “sconfiggere” il cancro come un principe che uccide il drago cattivo e salva la sua principessa ma questa non è una favola e non ci sarebbe stato nessun “E vissero per sempre felici e contenti” io lo sapevo, con quella frase me lo ricordava mi sbatteva in faccia che quelle cure erano inutili ma ovviamente non era questa la sua intenzione, Justin non sentendo alcuna risposta da me lasciò completamente la presa e lasciando cadere le braccia lungo i suoi fianchi intuendo che avrebbe fatto meglio a restare zitto e io vedendo le sue braccia distese mi sentivo scoperta senza difese come se non ci fosse più e se fossi di nuovo sola. Amanda che era rimasta lì tutto il tempo finalmente si avvicinò di più a noi e anche Justin si accorse di lei, la guardò con la coda dell’occhio ma rimase a fissare fuori dalla finestra come da prima che lei entrasse, -ragazzi vi va di fare colazione?- disse lei sorridendo forse sperando di combattere quella tensione che si era creata, io avevo lo stomaco chiuso ma, dato che mi sentivo un po a disagio a stare in quella situazione annuii e mi alzai, Amanda sorrise ampiamente alla mia risposta e se ne andò in cucina a preparare la colazione, io scossi piano Justin e lui si girò.
Io: dai andiamo
Justin: dove?
Io: giù a fare colazione
Justin: non ho fame
Io: neanch’io ma vado comunque dai vieni ti prego
Mi sporsi in avanti verso lui appoggiandomi sulle braccia, pensai di indietreggiare data l’estrema vicinanza ma restai ferma e i nostri nasi quasi si sfioravano, feci labbruccio e gli occhi dolci, magari non ero poi così dolce dato che avevo le occhiaie anche se non troppo evidenti ed ero pallida come un fantasma per non parlare di quei quattro capelli che mi ritrovavo in testa tutti scombinati, magari suscitavo più pietà, lui sorrise lo stesso e si alzò, mi prese per mano e si mise a correre giù per le scale trascinandomi dietro di se ma appena fui sull’ultimo scalino dovetti fermarlo, mi appoggiai al corrimano e poi mi sedetti respirando un a fatica, ero sempre più stanca ormai e entrambi ce ne rendemmo conto subito, mi guardò preoccupato, mi abbassò alla mia altezza e mi prende il viso tra le mano e mi guardò negli occhi –tutto bene?- gli risposi dopo un po dopo aver ripreso fiato quasi completamente –si tranquillo ce la faccio- sempre tenendomi al corrimano mi alzai e lui vedendomi in difficoltà mi tenne per i fianchi e mi aiutò ad alzarmi –scusami- disse lui io scossi la testa per fargli capire che non doveva preoccuparsi e poi camminando a passo tranquillo nel mio pigiama azzurrino raggiunsi la cucina e entrambi ci sedemmo comodi sugli sgabelli. Il bancone era pieno di cibo: pancake, frittelle, uova strapazzate, salsicce, becon, cereali, ciambelle, latte, succo d’arancia, caffè. Solo a guardare mi sentivo piena ma alla fine presi due pancake, qualche frittella e un po di uova strapazzate con succo d’arancia, Justin invece abbondò con becon, salsicce, uova, poi una tazza di cereali e latte. Mentre mangiavo alzai lo sguardo verso l’orologio, 10,02, a quell’ora era strano non vedere già mio padre per casa, prima che scoprissimo la mia malattia io non lo vedevo mai dato che stava tutta la settimana a lavoro e il weekend stavamo un po insieme adesso invece lavorava da casa proprio perché doveva accompagnarmi in ospedale per la chemio, in realtà poteva anche venire Amanda con me ma mio padre teneva molto a stare con me, credo che era perché per lui quelli erano gli ultimi momenti che potevamo passare insieme, poi chiesi ad Amanda e lei mi confermò che era ancora a dormire ma proprio un quarto d’ora dopo, quando avevo quasi finito e Justin era quasi a metà, eccolo scendere e sedersi sullo sgabello, ci saluta e dopo essersi versato il caffe prese il suo giornale e iniziò a leggere poi prese una ciambella e la mangiò, lesse qualche notizia e poi parlò con noi.
Papà: Sum per le 11 dobbiamo essere in ospedale quindi sbrigati a fare colazione
Io: si papà, oggi starò solo mezza giornata per fortuna
Papà: come hai dormito?
Quando mi fece quella domanda rivenni leggermente rossa e guardai Justin, lui stava sorridendo e anch’io, mio padre ci guardò confuso e poi gli risposi guardando di sott’occhi Justin.
Io: molto bene
Papà: mi sono perso qualcosa?
Justin: nono assolutamente
Papà: tu come mai non sei a scuola?
Justin: stanno facendo alcuni lavori quindi oggi e domani niente scuola
Io: la scuola è sempre la solita?
Justin: se intendi terribilmente noiosa si
Io: non mi perdo niente
Justin: affatto
Justin finì di mangiare, io già da un pezzo ma non me n’ero andata per parlare un po poi mi alzai e andai a cambiarmi. Odiavo andare in bagno la mattina e mettermi davanti lo specchio per lavarmi la faccia e i denti, tenevo sempre lo sguardo basso per non guardare la mia immagine riflessa nello specchio, l’immagine di quella che non era più una persona, non con quella faccia così stanca, quel corpo così magro e quelle braccia piene di lividi a causa degl’aghi, odiavo il mio aspetto, odiavo me ne stessa e quello che stava succedendo, quella malattia che mi scorreva nelle vene quel dolore con cui dovevo convivere. Quindi velocemente mi lavai e indossai un paio di jeans e una felpa, aprii la porta dove dietro trovai Justin, lo abbracciai forte e lo salutai poi andai in ospedale con mio padre. Era una cosa noiosissima fare la chemio, ore e ore distesa a non fare niente, a volte dormivo, altre guardavo fuori la finestra altre ancora parlavo con qualche infermiera ma per poco, volendo sarei potuta girare per l’ospedale con la flebo ma sarebbe stata una pazzia ero troppo stanca per camminare quindi restavo immobile sul mio letto sperando che il tempo passasse velocemente e appena entrava l’infermiera e mi diceva “per oggi abbiamo finito” tiravo un sospiro di sollievo non tanto per il “per oggi” ma per il “abbiamo finito” così salto giù dal letto, metto il giubbino e torno a casa. È ora di pranzare quindi mi siedo nella sala da pranzo e mangio metà piatto di pasta e un po di carne e verdure, di solito non mangio così tanto ma già so che il mio stomaco non reggerà tutto questo cibo infatti appena dieci minuti dopo aver finito di mangiare corro in bagno e vomito, odio vomitare mi viene sempre un gran mal di testa, mi lavo bene i denti e scendo a prendere un’aspirina poi risposo per poco più di un’ora. Al mio risveglio il mal di testa non è del tutto passato ma sto comunque meglio, Amanda viene a sederci vicino a me con il suo solito sorriso e mi chiede come sto, ovviamente non a meraviglia ma meglio del solito, resta stranamente in silenzio a fissarmi o meglio fissava la mia testa senza capelli e si rattrista, mi passa una mano sul collo poi sulla guancia e poco a poco arriva quasi alla testa, mi dà leggermente fastidio perché mi fa ricordare che non ho più i miei lunghi capelli che tanto mi piacevano, piacevano anche a lei, fin da piccola ha sempre insistito nel pettinarmeli ogni mattina soprattutto da quando è morta la mamma –sai tesoro dovremmo fare qualcosa con questi capelli- disse e io non capivo bene a cosa si riferisse –io non ho più capelli- le feci notare dato che era così alla fine –già proprio per questo, forse dovresti prendere una parrucca almeno riusciresti a guardarti allo specchio- la guardai esterrefatta sia per la sua proposta ma soprattutto perché non capivo come avesse saputo che non mi guardavo allo specchio –come ...- mi interruppe –ogni volta che passò per il bagno e vedo che sei dentro non ti guardi mai allo specchio, lo eviti, come se ne avessi paura- forse quello che diceva era vero e forse dovevo darle ragione, almeno quando sarei uscita non dovevo subirmi lo sguardo della gente che mi fissava capendo perché fossi calva, da quando mi sono caduti i capelli cercavo di evitare la gente per la vergogna, la maggior parte delle volte mi guardavano in ospedale, con quegli sguardi rattristati e pieni di pietà, mi dava fastidio che pensassero “povera ragazza così giovane e con un cancro” o “guarda come è ridotta è così magra e pallida” e guardando mio padre compativano anche lui pensando “quell’uomo ne starà passando di tutti i colori, non avrà più una figlia” mio padre pensava spesso che anch’io potessi morire, mia mamma era già morta e se se ne sarebbe andata anche sua figlia, la sua unica figlia, sarebbe rimasto solo come un cane e l’ultima cosa che volevo era far soffrire qualcuno a causa mia ma questo era già successo. –si Amanda, è una buona idea- le accennai un sorriso, ero davvero felice della sua proposta, mi sarei sentita più normale con una parrucca, anche se i capelli non crescevano dalla mia testa. Ci preparammo e uscimmo, Robert ci accompagnò dal parrucchiere dove di solito andava Amanda, io non ci ero mai stata dato che i capelli me li lavavo e asciugavo sempre io e se dovevo tagliarli o fare qualche acconciatura carina chiamavano l’ex parrucchiere di mia madre, arrivammo davanti un salone che fuori aveva il muro in bianco, dentro c’era un arredamento moderno, delle poltroncine in pelle erano sistemate in un angolo c’erano alcuni clienti ad aspettare alcuni leggevano delle riviste prese da un tavolino di ferro avanti a loro, eravamo andate in un giorno in cui il negozio non era molto affollato quindi non ci volle molto, Amanda andò a salutare il parrucchiere io ero impegnata a guardami intorno, le pareti erano di un grigio freddo e su una parete c’era una specie di murales con rappresentata Marilyn Monroe, poi una parete con specchi e poltrone, vidi la mia immagine e abbassai lo sguardo ricordando le mie condizione a causa del tumore, sentii Amanda chiamarmi e mi avvicinai a lei e al suo parrucchiere un ragazzo di 20-30 anni alto, magro, capelli castani e folti con una barba crespa e occhi color caramello con riflessi smeraldo, mi ricordavano gli occhi di Justin, ci presentammo, si chiamava Andrew, e gli disse il motivo per cui eravamo venute, feci per sedermi ma Amanda mi fermò, noi non dovevamo aspettare, Andrew si sarebbe occupato di me e i suoi colleghi degli altri clienti, mi sentivo un po in colpa per loro, dopotutto gli ero passata davanti mentre probabilmente stavano aspettando da ore ed erano annoiati. Mi fece mettere su una poltrona in pelle come quelle nell’angolo ma aveva due braccioli grandi e ci sprofondavo dentro, mi rasò la peluria che mi era rimasta in testa e mi fece provare una parrucca simile ai miei capelli di prima ma dato che potevo scegliere la pettinatura che più mi piaceva volevo cambiare, -ho sempre voluto essere rossa- così prese una parrucca che era poco più lunga mi metà schiena e con un colore rosso fuoco che si abbinava alla perfezione con i miei occhi chiari, mi piacque subito, mi fece un piccolo ciuffo di lato e con la piastra me li fece mossi, mi guardai allo specchio e già mi ero dimenticata la mia testa calva che però era sempre lì sotto quella finzione ma non mi importava stavo proprio bene anche Amanda lo disse e ovviamente anche Andrew che era molto fiero della sua “creazione”. Usciamo poi dal negozio e torniamo a casa, corro subito nella camera di Justin ma appena arrivo davanti la porta lui esce e mi guarda dalla testa ai piedi sorpreso –ma che hai fatto?- mi chiede stupito a occhi spalancati –mi sono ricresciuti i capelli- scherzai io per vedere se ci credeva ma per come mi guardava si capiva che non se l’era bevuta –no è una parrucca, Amanda mi ha proposto di prenderne uno dato che non mi ci vedevo proprio senza capelli- allungò una mano verso il mio ciuffo e lo accarezza per poi scendere a prende un boccolo e mettermelo avanti –mi piace questo colore- sorrisi alla sua affermazione e anche lui –grazie mille- mi si avvicinò e mi sussurrò qualcosa all’orecchio –sei bellissima- quella voce roca sul mio collo mi fece rabbrividire e poi aggiunse qualcosa –e tremendamente sexy- accennò una risata e arrossii arretrò per guardarmi e vedendo la mia faccia sconvolta scoppia a ridere –oooooooooh stupido smettila- gli gridai contro paonazza dalla vergogna e lui per provocarmi mi mise un braccio un braccio intorno la vita e la mano dietro la schiena e mi avvicinò, si lassò la lingua sul labbro inferiore e poi se lo mordicchio –si tremendamente sexy- aggiunse –adesso però ti guarderanno troppi ragazzi- non sapevo cosa dire e non sapevo come interpretare cosa aveva detto, sembrava che questo non lo rendeva troppo felice, poi mi lascia e si mette le mani nelle tasche, si guarda intorno e fa un sospiro profondo, dopo aver tenuto lo sguardo fisso sul pavimento mi guardò –ti va di uscire?- annuii subito felice di quella proposta ed entrò nella sua stanza lasciandomi fuori, non entravo dalla sua stanza da un po ormai e da ciò che potevo vedere dalla fessura della porta mentre entrava, dentro era alquanto buio e ciò mi rendeva curiosa di sapere se fosse cambiato qualcosa lì dentro, uscì dopo appena cinque minuti con la sua giacca, io avevo già il mio cappotto quindi dovevamo solo andare verso la porta, scese le scale e lo seguii poi aprì la porta e uscì io dopo di lui e la chiusi. Durante il tragitto stavamo un po lontani ma pian piano ci avvicinavamo e ci ritrovammo mano nella mano, io strinsi forte la sua perché non volevo più lasciare la sua mano e non volevo più star lontana da lui, per la strada c’erano alcuni negozi e spesso ci fermavano, o meglio mi fermavo, per vedere i vestiti nella vetrina, al terzo negozio Justin mi propose di entrare a dare un’occhiata –ma no dai che entro a fare?- -a vedere qualcosa che ti piaccia- ma ti annoieresti- -no entra su o ti ci trascino io- ridacchiai per ciò che aveva detto e sempre tenendolo per meno aprii la porta del negozio ed entrai, guardai qualche vestito esposto sui manichini, qualche maglia piegata sugli scaffali, i jeans sulle stampelle e cercando qua e là trovai un abitino proprio carino, chiamai Justin e glielo feci vedere –ti starebbe bene provalo- andai in camerino e lui mi aspettò fuori, tolsi i miei vestiti e indossai l’abito ma dato che aveva la zip dietro la schiena non riuscivo ad alzarla, aprii la tenda del camerino e mi girai di spalle alzando i capelli –me la alzi?- -siamo provocanti oggi?- si alza, prende la zip del vestito e la chiude, poi mi giro e mi avvicino al suo orecchio –hai detto tu che sono sexy no?- sussurrai proprio come aveva fatto lui prima e proprio come prima a lui venne la pelle d’oca, ritornai indietro e gli feci l’occhiolino prima di girarmi verso lo specchio. L’abito mi stava attillato ma non troppo, aveva uno scollo a cuore e la gonna arrivava poco sopra il ginocchio, aveva una specie di fascia sulla vita ed era color cipria con qualche ruche, era carino ma non mi convinceva del tutto così lo tolgo e mentre faccio questo Justin mi chiama, esco con la testa fuori e vedo che ha in mano un vestito molto carino, lo provai senza esitare, era un vestito simile al primo ma questo era blu con un cinturino in vita, la gonna era della stessa lunghezza e aveva una coda dietro, mi piaceva proprio e mi sono fatta vedere da Justin, anche a lui piaceva e quindi lo presi, mi avviai per andare alla cassa ma lui mi precedette col vestito in mano e lo pagò al posto mio, lo guardai come per rimproverarlo e lui mi sorrise dolcemente –dovevo- mi prese per mano e uscimmo. Ci avviammo al parco che si trovava vicino da li, passeggiavamo per il parco tenendoci per mano e per un secondo ammisi che potevamo sembrare una vera coppia, a lui di sicuro poteva far piacere conoscendo i suoi sentimenti per me, volevo parlare proprio di questo a dire il vero, volevo chiarire la situazione. Arrivati vicino a una panchina ci sedemmo e per un po ci siamo messi a guardarmi intorno non sapendo cosa dire ma nonostante tutto le nostre mani non si lasciavano, questo mi rendeva sicura. –Sum, lo sai …- mi disse senza guardarmi in faccia –cosa?- fece un grande respiro profondo come se ciò che stava per dire era troppo –lo sai che ti amo- si girò verso di me e vidi le sue labbra pronunciare quelle due ultime parole che mi facevano quasi paura, io non risposi, come potevo? Cosa potevo dire? Nulla, semplicemente nulla ma dovevo dire assolutamente qualcosa –Justin… non puoi dirmi questo- feci anch’io un grande respiro profondo come il suo come se quelle parole pesassero anche a me –e sai il perché, finirà tutto, lo sai…- anch’io mi girai verso di lui e quelle ultime due parole e lui rimase freddo poi disse semplicemente – sei solo mia e non lascerò che NIENTE e nessuno ti portino via da me- ripeté quella frase, la stessa di sta mattina e come stamattina accentuò la voce su quel NIENTE –non puoi contrastare il cancro- gli feci notare con estrema freddezza –solo perché hai un cancro non significa che tu sia condannata a morire- non sapevo cosa dire, mi aveva sbattuto avanti quella che doveva essere la vera realtà, fin ora ci sono stati anche dei sopravvissuti al cancro e questi sopravvissuti hanno avuto una vita normale come chiunque io però non sentivo che sarei stata una sopravvissuta, io sarei morta. Rimasi a pensare a tutto questo con lo sguardo fisso a terra così immersa nei miei pensieri che non mi resi nemmeno conto che Justin mi stava coccolando stretta a lui e che mi stava sussurrando che andrà tutto bene che non dovevo avere paura, ci sarebbe stato lui per me. Sentendo quelle parole non potevo far a meno di aver gli occhi lucidi e quando proprio non ne potevo più trattenermi sbattei le palpebre lentamente, troppo, e rimasi con gli occhi chiusi e le lacrime mi scendevano lungo le guance, lui non se ne accorse finche una lacrima non gli bagnò la mano e vedendo quella goccia sorrise mi strinse ancora di più a se facendomi appoggiare il viso contro il suo petto, mi accarezzò i capelli e mi sussurrò –tranquilla piccola, sfogati- scoppiai a piangere tutte le lacrime che avevo represso in quei mesi così difficili, gli bagnai tutta la t-shirt ma a lui non importava, lui era sempre col sorriso col volto pronto a incoraggiarmi –Justin…- la voce era ancora modificata da qualche singhiozzio –scusami…- -per cosa piccola?- -per averti fatto star male tutto questo tempo- mi scontai da lui asciugandomi un po le  lacrime –spiegati meglio- si mise seduto meglio –continuo a pensare a quando tu mia hai detto che mi amavi e io sono stata così cattiva a dirti in quello stesso momento che avevo un cancro, mi sono sentita talmente pessima nel vedere la tua espressione, nell’immaginare come ti potessi sentire, scusa…- ripresi a piangere anche se cercavo di trattenermi ma non ci riuscii e lui mi abbracciò di nuovo. Lui sapeva sempre quando avevo bisogno ci conforto. Mi asciugò le lacrime e mi baciò la fronte poi mi sposto i capelli dietro l’orecchio. Era sera e quasi ora di cenare. Entrambi avevamo fame e nel parco solitamente c’era un furgoncino da street food e si metteva proprio dove stavamo noi. –Voi mangiare qualcosa?- -non ho molta fame- -su devi mangiare, almeno qualcosa- mi convinse e ci alzammo andando vicino al furgoncino, si affacciò una signora un po grassottella ma con un viso molto simpatico, dietro di lei un ragazzo e una ragazza stavano iniziando a cucinare qualcosa, vicino al furgoncino un uomo sistemava i tavoli, probabilmente era un’attività a conduzione familiare, Justin ordinò un hamburger con becon, uovo, insalata, cipolla, formaggio e cetriolini e un bicchiere di coca cola, io volevo un tacos di pollo e presi anch’io la coca cola, pochi minuti ed era già tutto pronto, Justin pagò per entrambi e ci andiamo a sedere ai tavolini, quel tacos era davvero buono e dal come Justin mangiava il suo hamburger anche a lui piaceva quello che aveva ordinato, finii tutto velocemente e con gusto, tutto ciò che era successo prima era quasi tutto dimenticato poi sentii il cellulare squillare e risposi. Mio padre mi chiese dov’ero, era preoccupato ma quando gli dissi che ero con Justin si tranquillizzò, comunque mi disse che dovevamo tornare a casa il prima possibile, si preoccupava continuamente per me e io non volevo creargli più problemi di quanti non ne avesse già, lo tranquillizza dicendo che per le 10 sarei ritornata a casa erano le 8.53 e quindi potevamo stare ancora un po soli. Quando anche Justin finì di mangiare continuammo il nostro giro per il parco e appena vidi le giostre e soprattutto l’altalena ci corsi sopra e Justin mi seguì ridendo –sei diventata improvvisamente una bambina?- gli feci la linguaccia, lui scoppiò a ridere e iniziai a dondolarmi sulla punte dei piedi mentre si sedé a terra proprio vicino a me –sai quando ero piccola io e i miei venivamo spesso qui, mi sedevo su questa altalena e i miei mi dondolavo, mi mancano quei tempi, mi manca mia madre… - quando nominai mia madre Justin divenne subito triste, anche lui aveva verso sua madre e anche a lui mancava mi sentivo un po in colpa –ieri mattina sono andata a trovarla, sulla sua tomba i fuori che avevo messo mesi prima erano tutti appassiti, erano così brutti per fortuna che ne avevo comprati degl’altri ci volevano proprio- -Justin tu ricordi la voce di tua madre?- mi guardò come se avessi chiesto una cosa un po strana ma volevo che rispondesse –si la ricordo ancora, perché?- mi rivolse la domanda guardandomi –ci sono momenti in cui non ricordo neanche il suo viso così corro a prendere la sua foto che tengo nel cassetto del comodino, la fisso ma non ricordo la sua voce e ci sto male Justin, vorrei poter ricordare di più- deglutii abbastanza rumorosamente poi continuai guardandolo –tu ti ricorderai di me Justin?- lo guardai sperando che dicesse di si anche se la riposta era sicuramente quella –certo, io ti ricorderò per sempre- ma sapevo che quella era una grande stupidata, si sarebbe ricordato di me forse per qualche anno ma poi sarei stato un semplice ricordo del passato, l’uomo non è fatto per ricordare all’infinito ma accettai quella risposta e tenni i miei pensieri per me, restammo lì ancora un po facendo anche qualche altro giro alle 9.30 tornammo a casa e alle 9.46 eravamo arrivati. Salii in camera mia e mi cambiai, caddi sul letto stanchissima e strisciai sotto le coperte, prima che potessi addormentarmi avvertii che Justin mi stava baciando la fronte e lo sentii augurarmi la buona notte e rimase lì aspettando che mi addormentarmi, non ci misi tempo e mi lasciai andare nel sonno.
ANGOLO AUTRICE
ALLORA ECCO QUI UN NUOVO CAPITOLO SPERO VI PIACCIA E SE AVETE QUALCOSA DA FARMI LEGGERE FATEMI SAPERE (LASCERO’ ANCHE UNA RECENZION SE VI FA PIACERE) VOLEVO DIRVI CHE PENSO DI SCRIVERE UNA NUOVA FANFICTION (SEMPRE CON JUSTIN PENSO) AMBIENTATA IN UN POSTO FANTASTICO (?) TIPO QUALCOSA COME “IL TRONO DI SPADE” CEH NON UGUALE MA CON MONDO FANTASTICO INTENDO PIU’ O MENO QUEL MONDO (SONO OSSESSIONATA DA QUEL LIBRO OUO) QUIIIIIIIIIIIIIIIIINDI MI FAREBBE SE LA LEGGESTE DOPO CHE L’AVRO’ PUBBLICATA DETTO QUESTO CIAO CIAO
  
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