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Autore: Jaqueline    12/12/2014    6 recensioni
Castore&Polluce | One!shot | Missing Moment | Angst, Triste, Malinconico.
Da quando sei morto, faccio sempre lo stesso incubo: l'ultimo momento della tua vita, in loop, notte dopo notte, settimana dopo settimana.
[I Classificata al contest Fino alla fine! indetto da SunlitDays]
Genere: Angst, Malinconico, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Castore, Polluce
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
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Nick: Jaja'Chan (Forum), Jaqueline (EFP)
Titolo: Il filo delle nostre vite
Personaggio scelto: Castore e Polluce
Pacchetto scelto: La mia operazione di salvataggio finisce parecchio male, ho utilizzato sia obbligo che prompt (o almeno credo)
Genere: Angst, Triste, Malinconico
Rating: verde
Avvertimenti: Missing moment
Conteggio parole: 868
Introduzione: Da quando sei morto, faccio sempre lo stesso incubo: l'ultimo momento della tua vita, in loop, notte dopo notte, settimana dopo settimana. 
Note dell'autore: la storia si svolge in un momento imprecisato tra La battaglia del labirinto e Lo scontro finale, ho ipotizzato che Polluce sia tornato a casa da sua madre per meglio elaborare il lutto. Ad un certo punto si parla di fantasmi/demoni, è tutto frutto di un mio headcanon molto triste: l'unico motivo per cui il dio ha avuto una breve relazione con la madre dei gemelli è perché gli ricorda Arianna; la povera donna non riesce ancora a sopportare di essere stata un "rimpiazzo", se così si può dire (sono una persona orribile, scusami). Tutto il resto è angst e tristezza a palate!



 
.: Il filo delle nostre vite :.



Da quando sei morto, faccio sempre lo stesso incubo: l'ultimo momento della tua vita, in loop, notte dopo notte, settimana dopo settimana.
Ti vedo cadere, gli occhi vitrei (eri davvero già morto, Castore?), il sangue che cola lungo gli zigomi e ti sporca le labbra - come quando a quindici anni abbiamo rubato una bottiglia di vino dalla cantina e mamma ci ha scoperti e tu hai riso, Castore, tentando di leccare via i residui di rosso dall'angolo della bocca -, un urlo muto che mi gela il sangue nelle vene e si mescola col tamburellare frenetico del mio cuore, assordandomi.
Il semidio che ti ha abbattuto ha i capelli neri, biondi, rossi e gli occhi grigi, verdi e azzurri; è alto e basso, è un miscuglio di elementi che cambia ogni notte, che si prende gioco della mia memoria.
L'ho ucciso. L'ho ucciso, Castore, e non ricordo nemmeno che faccia avesse.
Il sogno finisce quando la mia spada gli trapassa il ventre e la sua espressione si confonde con la tua, lo stesso shock di chi si vede strappare via la vita in un solo, orribile istante. È scolpito in ogni suo (tuo) lineamento, a volte mi fa provare un po' di rimorso; la maggior parte del tempo, invece, no.
Quando mi sveglio c'è sempre mamma seduta ai piedi del letto. Guarda fuori dalla finestra, i capelli biondi arruffati, le occhiaie violacee che contrastano col pallore cereo del suo viso. 
Non si volta mai a guardarmi. Dice che è come ritrovarsi davanti un fantasma, ed è difficile per lei affrontarlo quando cala la notte.
Vorrei dirle che è dura anche durante il giorno, che quando mi guardo allo specchio le uniche cose che vedo sono una corona di riccioli macchiati di sangue e quel sorriso triste che facevi quando la mamma ci raccontava dei suoi demoni: Arianna, Dioniso e adesso anche tu ed io, Castore, allineati e pronti ad affogarla in un oceano di rimorsi, rimpianti e scelte sbagliate.
Oggi mi ha chiesto di non tornare al campo; ho visto la paura nei suoi occhi, una muta preghiera di capire, di ascoltarla, di restare.
Come faccio a dirle che qui non c'è più niente, per me? Come faccio a spiegarle che gli ultimi legami che ho con la mia parte mortale sono svaniti con un colpo alla testa, e l'unica cosa che noto nel suo sguardo è il desiderio di non tagliare quell'ultimo filo che la tiene ancorata al mondo divino?
Eri tu la mia famiglia, Castore. Tu e solo tu.
Ti ricordi quella storia che nostra madre ci ha raccontato da piccoli, per spiegarci come siamo nati? Siamo le metà di un acino d'uva che si è diviso cadendo a terra; siamo l'acino d'uva che è stato salvato da una goccia di sole caduta dal cielo, che ci ha reso vivi, splendenti, di nuovo uniti. 
Ed io ci credo a questa storia, Castore, ora più che mai. Ma non eravamo legati al grappolo, né al sole, come credevamo da piccini. Siamo (eravamo) qualcosa di completamente nuovo, di diverso, qualcosa di separato, ma inscindibile nelle sue parti.
Anche adesso, sono diverso dal ragazzo che conoscevi tu: il ragazzo con la testa sulle spalle, che sapeva prendere quasi sempre le decisioni giuste, che riteneva la famiglia (non quella divina, figuriamoci, lo sai cosa intendo per famiglia) il valore più importante, per cui si deve lottare, sempre e comunque. Cosa penseresti del Polluce di adesso? Un ragazzo pronto a tutto pur di vendicare la morte di suo fratello (oh, Castore, uccidere quel semidio non è stato neanche lontanamente abbastanza), un ragazzo che se ne infischia dei principi che si era ripromesso di seguire. Probabilmente mi daresti un cazzotto e mi urleresti contro, e io sarei arrabbiato e cupo e confuso per un paio d'ore, ma poi capirei e ti ringrazierei persino.
Ma non ci sei, Castore, e anche se tento di immaginarti come la voce della mia coscienza (te lo ricordi, quando guardavamo e riguardavamo Pinocchio alla tv e io ridevo dicendo che ero il tuo grillo parlante?), non funziona. Non funziona perché è solo una voce nella mia testa, quando in realtà ho bisogno di sentirla sul serio, quella voce, con le sue inflessioni e le sue cadenze, che pian piano svaniscono dalla mia mente, inesorabili.
Prima o poi non ricorderò più il suono della tua voce, e il solo pensiero mi terrorizza.
Questo mondo è buio senza di te, Castore. Forse eri tu la goccia di sole, ed io l'acino d'uva, forse ci siamo davvero creati da soli.
No, non tenterò di raggiungerti, dovunque tu sia ora. Vivrò, combatterò le mie battaglie, morirò giovane. L'abbiamo sempre saputo, che il filo della nostra vita non poteva essere più lungo di un paio di metri; eppure, eravamo seriamente convinti che fossero intrecciati e della stessa lunghezza.
Io ne sono ancora convinto, Castore. Sono sicuro che le Parche hanno perso tempo prezioso, tentando di separare quei due fili, e che alla fine il mio si sia sfilacciato e una parte è stata tagliata via col tuo.
Gli abbiamo dato del filo da torcere (ah!, non credevo di essere ancora capace di fare delle battute), a quelle tre vecchiacce. Probabilmente stanno orchestrando qualche morte orribile solamente per me. Sii paziente, Castore, e aspettami. Abbiamo tanto di cui parlare.


Noticine estasiate:
Sono arrivata prima con una storia che mi piace sempre di meno ogni volta che la leggo, yeah!

Ringrazio tantissimo la giudicia del contest per aver lo splendido lavoro sia nel creare il contest che nell'amministrarlo, tanti abbracci di cuore <3
Passate a leggere le storie delle altre concorrenti, che meritano davvero, le ho lette tutte e sono bellissime!
Come al solito, commenti e critiche sono ben accetti.

 
   
 
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