Storie originali > Romantico
Segui la storia  |       
Autore: cozallineed    12/12/2014    1 recensioni
Lo guardai negli occhi, in segno di sfida, pur sapendo che non sarei riuscita a sostenere il suo sguardo a lungo. I suoi occhi erano profondi e allo stesso tempo impenetrabili. Chiunque guardasse una meraviglia del genere rischiava di rimanere intrappolato per sempre dentro quel turbine di mistero e bellezza.
Rimasi incantata a guardare quegli occhi tremendamente belli, fino a quando mi accorsi che tra le sue labbra si faceva strada un sorrisino sempre più impertinente. Distolsi immediatamente lo sguardo imbarazzata.
Lui lo sapeva. Sapeva ciò che era in grado di provocare con i suoi occhi, il suo sorriso, i suoi modi di fare, i suoi modi di sfiorare. E sfruttava questa capacità a suo piacimento. E tutti ci cascavano. Ma io no, non ci sarei cascata. Mai. Lo promisi a me stessa.
Genere: Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
Capitoli:
 <<  
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
“Noah, ma dov’eri finito, tesoro! Torna a ballare!”, mi incitò Daria tirandomi per la camicia. Le feci cenno di no e andai a sedermi al bancone del bar. Daria si imbronciò leggermente, ma poi tornò in mezzo alla folla.
Quel locale cubano, in stile “Dirty Dancing”, era davvero figo. La gente ballava con i bacini praticamente incollati, muovendosi in modo eccessivamente provocante. Io avevo ballato con Daria fino a qualche minuto prima. Lei ne aveva approfittato per strusciarsi contro di me e per starmi incollata, e io l’avevo assecondata, sguinzagliando il lato stronzo e con instinti prettamente animali del mio essere. In fondo quel ballo doveva essere ballato con passione e sensualità.
Era da molto tempo che non frequentavo quel locale. Ballare in quel modo riusciva a togliermi dalla testa tutti i pensieri e le preoccupazioni che avevo, riuscivo a divertirmi, anche se in maniera sbagliata. Ma quella sera non volevo certo rimanere a casa a pensare a Cassandra con quello là.
Ero stanchissimo, avevo ballato per tutta la sera senza mai fermarmi. Per fortuna le persone non mi avevano riconosciuto, sbronze com’erano.
Guardai Daria, che fortunatamente si era trovata un altro compagno di ballo. Era davvero una bella ragazza: alta, capelli ricci e castani, occhi neri e profondi e un fisico da urlo. Peccato che quando stavamo insieme mi aveva fatto soffrire come un cane. L’avevo chiamata perché era l’unica ragazza che mi era venuta in mente disposta ad uscire con me senza nessuna pretesa.O quasi.
Erano quasi le una di notte e il locale era pienissimo.
Spostai lo sguardo da lei e cominciai ad osservare la gente che ballava: erano tutti per la maggior parte innamorati, lo si vedeva dai loro sguardi mentre si toccavano ballando. Probabilmente ancora non sapevano che avrebbero sofferto come dei poveri disgraziati a causa dell’amore.
Pff, ma per favore. Io avevo sofferto già una volta e non volevo più ricaderci, anche se Cassandra metteva in seria discussione questa mia determinazione col suo essere maledettamente diversa da tutte le persone con cui avevo avuto a che fare nel corso della mia vita. Lei era dolce, testarda, determinata, terribilmente bella e, soprattutto, era sincera.
Cercai di smettere di pensare così tanto visto che ero in un locale e chiesi al barista di darmi qualcosa da bere e lui provvide subito. Ma, mentre bevevo, rischiai di soffocarmi alla vista di Cassandra che ballava da sola, in mezzo alla folla, ridendo. Posai immediatamente il bicchiere di vodka sul bancone e mi diressi velocemente verso di lei. Che ci faceva in quel locale?
Mentre mi dirigevo verso di lei, un ragazzo le si era già avvicinato per ballare con lei e la mia gelosia era già salita alle stelle. Tutta la stanchezza che provavo prima per aver ballato troppo era improvvisamente svanita.
“Ehi amico, stai alla larga.”, intimai a quell’idiota. Sentendomi Cassie si voltò e appena mi vide mi fece un gran sorriso.
Che colpo al cuore.
“Noah!”, esclamò lei abbracciandomi. Io rimasi di pietra. All’uscita di casa avevamo tipo litigato. Perché in quel momento faceva finta di niente?
Be’, in compenso l’idiota si era dileguato.
“C…che ci fai qui?”, le domandai.
“Come che ci faccio? Sono venuta qui per ballare! Dai balla con me!”, esclamò lei, cominciando a ballare avvicinandosi a me.
Non ebbi nemmeno il tempo di replicare che già eravamo praticamente appicciati, il suo corpo aderiva perfettamente al mio, come se i nostri corpi fossero due pezzi di un puzzle che combaciano alla perfezione. Lei era bellissima e io ero completamente in palla. Non riuscivo a muovere un muscolo e l’unica cosa che riuscivo a pensare era che eravamo veramente troppo, troppo vicini. Lei mi guardava innocentemente, come se non sapesse che mi stava provocando mille istinti che non potevo certo soddisfare in mezzo a una folla.
Cavoli, perché doveva farmi quell’effetto? Perché?
Daria poco prima non mi aveva fatto provare neanche la metà di quello che mi stava provocando quella maledetta ragazzina.
“C…Cas..Cassandra…”, balbettai confuso, in mezzo a quel delirio di gente e musica.
Lei, giusto per farmi impazzire un altro pochino, cominciò a muovere i fianchi contro i miei molto più lentamente di prima e mi mise prima le mani al collo e poi tra i capelli.
Io non riuscivo a reagire e lei se ne accorse, tanto che fece una risatina.
E fu lì che mi accorsi che era ubriaca marcia.
Le tolsi le mani dai miei capelli. “Cassie, ma tu hai bevuto?”, gli chiesi cauto, cercando di riacquistare lucidità.
“Giusto un pochino.”, mi confermò trattenendo un singhiozzo e ridendo istericamente.
Le circondai la vita con un braccio. “Adesso torniamo a casa.”
“No! Io voglio rimanere qua!”, gridò imbronciandosi.
“Cassandra..ho detto che andiamo a casa. Non costringermi a prenderti con la forza.”, affermai duramente nonostante la sua estrema vicinanza rischiava di farmi perdere la testa.
Ma prima che lei potesse replicare, arrivò Marco col respiro affannato.
“Noah! Meno male che l’hai trovata! Ha aperto la portiera mentre la macchina era in moto ed è scappata via! Sono riuscito solo adesso a trovare un posto dove parcheggiare!”, esclamò.
“Ma, scusami, posso sapere che cavolo ci fa lei con te?”, gli chiesi, cercando di non fare caso a Cassandra che mi abbracciava ridendo e accarezzandomi la schiena. Ogni volta che mi sfiorava mi provocava mille brividi, e l’unica cosa che mi tratteneva dal ricambiare le sue carezze, e fare molto di più, era il fatto che lei fosse ubriaca.
“Mi ha chiamato perché voleva andarsene a casa, ma quando sono andata a prenderla era già completamente ubriaca e non me la sentivo di lasciarla da sola e ho pensato di farle compagnia fin quando non saresti arrivato tu, ma lei mi ha fatto una testa così perché voleva venire da te, e allora io l’ho portata.”, mi spiegò, cercando di essere più sbrigativo possibile.
“Capisco. Be’, io direi di andare a casa. La macchina è lontana da qui?”, gli chiesi.
“Non molto, ma Cassandra sicuramente non ce la farà a tenersi in piedi per tutto il viaggio.”, mi disse lui, guardandola pensieroso.
“Sono la paladina dell’alcool!”, esclamò Cassandra nel frattempo, ridendo come una matta. Io non potei fare a meno di ridere con lei, ma mi ripresi subito.
“Va bene, vuol dire che la porterò in braccio.”, risposi poi a Marco.
Così le presi delicatamente le gambe con un braccio e la tirai su. Lei prontamente si aggrappò a me.
Durante il tragitto Cassandra parve riprendere un po’ di lucidità, non rideva più istericamente e mi fissava, seria. Quando arrivammo alla macchina, Marco si allontanò per fare una telefonata e io feci scendere Cass dalle mie braccia. Lei non ce la fece a stare in piedi e si aggrappò subito a me. Fece un risolino.
“Grazie.”, mi disse abbracciandomi forte.
“Per cosa?”, le chiesi confuso, ricambiando l’abbraccio.
“Per esserci sempre quando ho bisogno di te.”
Sorrisi e le baciai la testa. “Dai, entra in macchina.”
Il viaggio in macchina fu straziante. Cassandra mi stava addosso, con la testa appoggiata al mio petto, disegnando cerchi immaginari con le dita sul mio addome e sbirciando la mia reazione. La mia pelle bruciava sotto il tocco delle sue dita e rischiavo di perdere definitivamente il controllo.
Cercavo di starle lontano e di non pensare a cosa le avrei fatto io se non fosse stata ubriaca.
Cercavo di sembrare insensibile al suo tocco e di pensare a una delle mie frasi stronze per farla allontanare da me.
Ma non me ne venne in mente nessuna.
“Sta mettendo alla prova il tuo autocontrollo, eh amico?”, mi chiese ad un tratto Marco, sghignazzando. Lui godeva nel vedere che finalmente una ragazza mi stesse facendo nuovamente quell’effetto dopo tanto tempo.
“Esattamente come Kate mette alla prova il tuo. Sai, Cassie ieri vi ha sentiti nel suo bagno.”, gli risposi, rimettendolo al posto suo. Lui infatti non rispose, imbarazzato com’era.
Quando arrivammo a casa, erano quasi le due e pioveva.
Aiutai Cassie a scendere dalla macchina. Marco mi salutò con un cenno della mano e ripartì. Mi avviai verso la porta di casa prendendola per mano, ma lei si fermò di colpo.
“Guarda Noah, una pioggia d’estate!”, esclamò, come se si fosse accorta solo in quel momento della pioggia che cadeva copiosamente.
“Si, Cass, piove, quindi sbrighiamoci ad entrare se no ci ammaliamo”, le risposi, continuando a tirarla per la mano, ma lei me la lasciò e cominciò a roteare su sé stessa ridendo.
Alzai gli occhi al cielo. Era proprio andata. La caricai come se fosse un sacco e la portai dentro casa, nonostante le sue proteste.
“Okay, adesso non muoverti di qui.”, le ordinai correndo su per le scale a prendere degli asciugamano per asciugarci. Ma quando tornai la trovai a volteggiare per la casa con Whiskey in mano.
“Cassandra ma che fai! Povero cucciolo.”, la rimproverai mentre liberavo quel povero gattino dalle sue mani. Presi un asciugamano e glielo porsi, dicendole di asciugarsi.
Ma lei prese i lembi della sua maglietta scollatissima e fece per sfilarsela. Io mi girai immediatamente imbarazzato.
“Vado a prenderti il pigiama!”, esclamai correndo via.
Non potevo continuare così.
Mi cambiai e andai a prenderle il pigiama dentro camera sua.
“Cass…?”, la chiamai mentre tornavo in salotto.
Ma non ricevetti nessuna risposta. Scesi in salotto ma lei non c’era.
Mi prese il panico. E se fosse uscita fuori? Se fosse scappata via?
Alla fine però, fortunatamente, la trovai in cucina, nascosta sotto il tavolo.
“Mi hai trovata!”, esclamò ridacchiando.
“Cassandra, non lo fare mai più, mi hai fatto prendere un colpo! Adesso mettiti il pigiama, io ti aspetto in salotto. Guarda che se ti nascondi di nuovo ti faccio il solletico fino allo sfinimento!”, la minacciai.
Lei ubbidiente prese il pigiama dalle mie mani e andò a cambiarsi.
Andai a sedermi sul divano, sfinito.
Mi sembrava di dover badare a una bambina!
Poco dopo, Cass tornò. Era bellissima anche in pigiama. Le feci segno di sedersi accanto a me. Lei, per tutta risposta, si sdraiò sul divano, appoggiando la testa sulle mie gambe.
“Perché hai bevuto così tanto, Cass?”, le chiesi io dopo un attimo di silenzio.
Lei ci pensò su. “Non ricordo. Ballavano tutti.”, sussurò.
“Non capisco come Iris possa averti permesso di bere così tanto. Per non parlare del tuo caro amico Nicholas! Se ci fossi stato io…ma lasciamo perdere. Non farlo mai più. Domani passerai sicuramente una giornata di merda. Vuoi un po’ di caffè? Magari ti aiuterà ad acquistare lucidità…”, dissi, ma lei stava già dormendo come un angioletto. Tirai un sospiro di sollievo. Almeno sarebbe stata tranquilla per un po’.
Ne approfittai per riposare un po’ anche io. Appoggiai la testa allo schienale e chiusi gli occhi.
Chissà perché Cassandra si era comportata in quel modo quella sera. Era ubriaca, ma perché venire proprio da me? Perché non restare con Iris e Nicholas? E perché tutte quelle carezze e provocazioni? Che si fosse accorta che provavo qualcosa per lei?
Meno male che non aveva provato a baciarmi, non credevo che avrei avuto la forza per respingerla. Lo desideravo troppo.
Ad un tratto sentii aprirsi la porta.
“CASSANDRA!”, gridò Iris, correndo verso di me, seguita da un ragazzo. Doveva essere Nicholas quello lì.
Le feci segno di fare silenzio.
“Che ci fa lei qui con te?”, mi domandò Iris sussurrando.
“Si è fatta portare da me e quando mi ha trovato era già completamente ubriaca.”, dissi a bassa voce. “Posso sapere cosa è successo?”, chiesi poi, guandando entrambi duramente. Iris guardò Nicholas.
“Ecco ehm…noi non lo sappiamo.”, rispose Iris tutto d’un fiato.
“Come, non lo sapete?!”, domandai ancora, leggermente alterato.
“Quando siamo entrati abbiamo bevuto qualcosa tutti insieme. Poi io e Iris siamo andati a ballare, abbiamo invitato anche Cassandra ma lei non ha voluto, neanche dopo averla pregata. Ha detto che preferiva restare seduta e ha promesso che non si sarebbe mossa di lì. Quando siamo tornati al bar non l’abbiamo più trovata, l’abbiamo cercata ovunque, dentro e fuori il locale, abbiamo chiesto a tutti di lei, ma nessuno pareva averla vista, così siamo venuti qui e per fortuna l’abbiamo trovata. Abbiamo preso un bello spavento.”, intervenne Nicholas.
Io annuii e guardai Cassandra che dormiva profondamente.
Quando eravamo al locale cubano però la voglia di ballare le era venuta….
“Cassandra è bellissima anche quando dorme, vero Nico?”, disse Iris, guardandola con fare dolce.
“Già.”, disse Nicholas, guardandola anche lui.
“Già.”, dissi io freddamente, stringendo il pigiama di lei con fare possessivo.
“Be’ io direi che è ora per tutti di andare a nanna, non vi pare?”, continuai a dire freddamente, guardando Nicholas.
“E’ vero. E’ stato un piacere passare questa serata insieme, buona notte.”, disse lui rivolgendosi a Iris e facendole un occhiolino.
Lei arrossì violentemente, sussurrò un buonanotte e chiuse la porta di casa.
Sorrisi. A Iris piaceva Nicholas. Meglio così, almeno si sarebbe levato di torno.
Iris venne a sedersi vicino a me. “Hai passato una bella serata?”, mi chiese.
“Insomma, poteva andare meglio. Tu?”, risposi.
“Idem.”, mi disse.
Silenzio.
Tornai a guardare Cassandra, a immaginare di percorrere con le dita quei lineamenti così perfetti, a immaginare che fosse mia. La mia Cassandra.
“Ti sei innamorato di lei, non è così?”, mi chiese Iris all’improvviso.
Sbarrai leggermente gli occhi. Non potevo dirle la verità, perché sarebbe corsa a svelare tutto a Cass l’indomani, ma non mi andava neanche di dire una bugia. Se lei lo aveva notato in metà giornata sicuramente era già troppo evidente.
“Si.”, risposi alla fine.
“E allora perché non ci provi con lei?”, mi chiese ancora.
“Perché mi picchierebbe.”, dissi ridendo. Rise anche lei.
“No dai, seriamente. Perché?”
“Tanto mi rifiuterebbe e io non voglio soffrire ancora per amore.”, risposi alla fine, sinceramente.  
“Non saprai mai che ti rifiuterà se prima non ci provi.”, affermò lei facendomi l’occhiolino.
Rimasi spiazzato.
Dopo un po’ di silenzio, mi alzai facendo attenzione a non svegliare Cassandra e la presi delicatamente in braccio.
“Porto Cass in camera sua. Buonanotte, Iris.” 





Salve a tutti! Sono tornata! Spero vi faccia piacere xD scusatemi tanto se non ho aggiornato prima, ma con la scuola non ho proprio avuto tempo di scrivere! Spero tanto che vi piaccia il capitolo e ringrazio ancora tanto chi mette la mia storia tra le preferite, seguite e ricordate, chi recensisce e chi legge soltanto! Vi adoro! Spero che il capitolo vi piaccia :3 Alla prossima!
   
 
Leggi le 1 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<  
Torna indietro / Vai alla categoria: Storie originali > Romantico / Vai alla pagina dell'autore: cozallineed