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Autore: Aki_chan_97    13/12/2014    10 recensioni
Faithshipping - Yusei x Aki
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È da quando è comparsa la minaccia di Ghost che Yusei non riesce più a dormire tranquillo. Tra i Duel-Bot, Sherry e l’individuo con gli occhiali rossi ci capisce sempre meno. Lo stress si fa sentire, e non passa di certo inosservato agli occhi di una certa testa rossa… la quale, tra le altre cose, ha una questione ancora in sospeso da risolvere.
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(Posta tra gli episodi 74-75)
[+ fanart allegata dell'autrice]
Genere: Fluff, Introspettivo, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Aki/Akiza, Yusei Fudo
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Io: bene gente XD qui è Aki_chan_97 che parla! Mi presento con una one-shot venuta fuori dal nulla, già già °^° eh beh, c’era un motivo se ho fatto tardi con Il ritorno del caos ^-^” chiedo perdono X0 in realtà ha iniziato la shot proprio per mancanza di ispirazione spero vi piaccia il racconto a sorpresa :3 io lo ritengo il mio miglior parto lavoro completato finora, vi sarei grati se mi diceste anche solo due parole in una recensioncina ^__^ per me vale molto più di quello che possiate pensare :) buona lettura, e VIVA LA FAITHSHIPPING! *W* *si leva dalle scatole*

 [Disclaimer:non possiedo niente Yugioh 5d's (sono troppo pigra per scrivere un disclaimer decente, ma tanto è ovvio che non vi ho diritti)]

Pov: terza persona
 

La stanza era in penombra. Solo una flebile luce filtrava dai vetri delle finestre, chiarore appena sufficiente a capire dove si trovassero pezzi di mobilio o potenziali ostacoli per lasciare intatta la quiete della camera; brevi ticchettii di una tastiera riempivano l’aria, leggeri e rapidi, mentre la luce blu del monitor delineava il viso della persona impegnata a riversare in quella macchina tutto il suo stress.

Fin troppo assorto nel suo lavoro per rendersi conto del tempo che passava, Yusei non si era nemmeno accorto della luce che aveva fatto capolino dalle finestre: il sole era appena sorto. Aveva lavorato tutta la notte per l’ennesima volta. Peggio, si era messo a trafficare con computer e moto proprio perché non era riuscito a prendere sonno: non solo le altre notti era stato infastidito –ed infine svegliato- da diversi incubi, proprio come quella scorsa, ma questa volta si era sentito talmente stanco da non riuscire nemmeno a rilassarsi nel sonno. Era davvero possibile una cosa del genere?

Di natura, Yusei non era portato a dormire a lungo: restava sempre in uno stato di semi-allerta, persino quando era incosciente. Probabilmente era stata l’abitudine al Satellite a forgiarlo così. Tuttavia, non se ne lamentava: riusciva ad essere più produttivo, specialmente se anzi di dormire sul divano il pomeriggio lo passava tra i circuiti delle moto o tra i dati sul computer, o semplicemente con i suoi amici. Sentiva di non sprecare il suo tempo.

Tuttavia, questa volta la frustrazione aveva raggiunto il suo culmine: sin dall’apparizione di Ghost, si era accorto di essere sempre più nervoso e paranoico; il suo modo di duellare era stato totalmente rimesso in discussione, e dimostrato carente proprio per la sua punta di diamante: le carte Synchro. Senza quelle, il suo deck restava un mazzo mediocre, pieno di mostri con bassa forza d’attacco e carte magie o trappole di puro supporto. Ma l’unione faceva la forza, e questa filosofia non l’aveva mai tradito in nessun duello. O almeno finché Ghost non fece la sua comparsa. Cos’era il suo deck senza i suoi mostri Synchro? Cos’era lui senza Guerriero Rottame, Nitro Guerriero o Turbo Guerriero?

Ma soprattutto, cos’era lui senza Polvere di Stelle?

Che avrebbe fatto se Ghost si fosse ancora ripresentato? Non poteva contare sull’aiuto del Drago Cremisi ogni volta, era ingiusto ed immorale. Decisamente non da lui. Ma allora, cosa?

Davvero l’Accel Synchro di cui parlava quel misterioso individuo poteva avere ruolo in tutto questo? L’intervento di quello strano personaggio lo aveva lasciato alquanto interdetto: come poteva sapere così tanto di lui? Come poteva essere a conoscenza dei suoi problemi e del vero metodo per sconfiggere Imperatore Macchina Wisel? Lo aveva sfidato in un’impegnativa gara di velocità, gli aveva detto di superare i suoi limiti, ma aveva finito soltanto per aumentare le domande nella mente già affollata di Yusei. Che significato aveva tutto questo?

Non solo, c’era anche Sherry ad aggiungersi a quella contorta situazione. Di partecipare al suo team non se ne parlava, tuttavia non poteva restare indifferente alle sue intenzioni. Le sue parole riguardo Yliaster gli avevano lasciato dubbi, come moschini che ronzavano attorno alla testa. Faceva di tutto per scacciarli, ma quelli tornavano sempre, insistenti.

Smise di battere le dita sulla tastiera. Mentre attese che il computer terminasse di caricare i dati, si passò una mano sugli occhi, rendendosi conto di quanto gli dolessero per aver fissato ininterrottamente e troppo a lungo lo schermo luminoso del monitor. Sentiva mani e spalle totalmente intorpidite. Si appoggiò lentamente allo schienale, rovesciando il capo all’indietro, e chiuse gli occhi: gli sembrava di vedere quella nebbiolina diffondersi nella sua testa come un dolce veleno, impedendogli di mettere a fuoco la realtà attorno a lui. Era stanco, eppure non riusciva ad addormentarsi, o a farlo senza essere bruscamente svegliato da incubi.

Aprì gli occhi, notando la luce solare diffusa del soffitto: a quanto pare, ci aveva messo più di quanto pensava a sistemare il programma. Tuttavia, sapeva che non sarebbe finita lì, che avrebbe dovuto apportare altre modifiche al motore affinché il lavoro riuscisse perlomeno ottimale in tempo per il WRGP.

Perché la vita doveva essere così difficile?




 

“Buongiorno Yus’! Dormito bene?” esordì al mattino Crow appena affacciatosi nella stanza principale del garage. Yusei era già lì, una piattino vuoto sul tavolo e lui che trafficava inconcludentemente davanti alla scrivania con il computer e una tazza di caffè fumante.

“Ciao Crow…” rispose distrattamente Yusei, senza nemmeno voltarsi.

Il sorriso di Crow cadde all’istante in un’espressione pressoché piatta. Sapeva già tutto quanto.

“…Dimmi che hai dormito, Yusei, per favore.”

Il moro gli rivolse lo sguardo con un perplesso mmh? prendendo la tazza di caffè, fingendo di essere impegnato a bere caffeina piuttosto che a rispondergli, ma il compagno capiva bene quell’atteggiamento: quando Yusei temporeggiava nel rispondere voleva dire che la risposta non era delle migliori, senza eccezioni.

“Non ci credo… sei stato di nuovo sveglio tutta la notte?!” esclamò, stupito, preoccupato e sconsolato dal comportamento del suo migliore amico. Come poteva Yusei passare di continuo notti in bianco e pretendere di reggersi in piedi il giorno dopo?! Era una follia! Non poteva andare avanti così!

“No, mi sono alzato presto, tutto qua… il sistema di accelerazione andava ricalibrato, e…” cominciò, ma Crow lo interruppe bruscamente.

“Yusei, anche se ci teniamo tutti quanti al WRGP, non puoi trascurare la tua salute! Ti ritroveremo collassato sul pavimento a dormire uno di questi giorni!”

“Fidati, non accadrà.” Concluse Yusei, posando la tazza vuota di caffè sul tavolo.

“Ah, fai come ti pare, io ti ho avvisato.” decretò, avviandosi verso la cucina. “Oggi il lavoro inizia presto, devo sbrigarmi pure a fare colazione, che noia!” commentò, andando a cercare qualcosa da mettere sotto i denti prima di uscire. La retribuzione del suo lavoro di consegne era sufficiente per il minimo sostentamento, ma era chiaro che anche Yusei doveva fare la sua parte con riparazioni ogni tanto. Comunque, il fatto che la povera Black Bird dovesse essere il povero mezzo destinato alle consegne, faceva sembrare a Yusei tutto… uno spreco immenso.

“Jack dorme ancora?” domandò casualmente Yusei.

“Puah! Secondo te, sua maestà Jack si alzerebbe veramente prima delle dieci?” strillò Crow alla fine della frase, col chiaro intento di farsi sentire nelle altre stanze. Se lo avesse svegliato, tanto meglio: il biondo avrebbe avuto più tempo per andare a cercarsi un lavoro dignitoso. Crow mal sopportava il suo spreco di moneta, benché fossero ancora rimasugli della sua carriera da re dei duellanti turbo, tuttavia… sarebbero stati tutti più felici se Jack si fosse mostrato più volenteroso.

Yusei si limitò a stringere le spalle, posando lo sguardo sulla sua moto rossa fiammante: se voleva “sorpassare i suoi limiti”, compresa la velocità, doveva assicurarsi che la moto reggesse alla perfezione eventuali sforzi o imprevisti.

Poi, guardò l’orologio: segnava le 7:45. Un pensiero gli fulminò la testa: Aki sarebbe passata da lui alle 10! Si era quasi dimenticato che il giorno prima aveva accettato di darle una mano per i suoi compiti di fisica a scuola, e che le aveva dato appuntamento per quell’ora, ma col fatto che non avesse dormito per niente, aveva dubbi sulla sua stessa lucidità. E nonostante ne fosse consapevole, per qualche strano motivo la sua mente di notte si rifiutava comunque di rilassarsi. Si alzò dalla sedia dirigendosi verso il bagno: una doccia fredda lo avrebbe aiutato a ridestarsi del tutto.

Cominciò a muovere un po’ di passi verso le altre stanze, togliendosi la maglia lungo la strada; passando davanti allo specchio del bagno, il suo sguardo cadde per l’ennesima volta sul suo braccio marchiato, e poi suo fianco destro: erano passati solo sei mesi, ma quella dannata cicatrice non ne voleva sapere di mimetizzarsi decentemente sulla sua pelle. Quei ricordi dolorosi non sarebbero mai svaniti, come nemmeno avrebbe mai fatto quella ferita. Ma erano cose che nascondeva, perché consapevole del suo ruolo nell’insieme dei Signer: in quanto cardine fondamentale del meccanismo, lui non poteva permettersi di mostrare debolezze, o gli ingranaggi sarebbero crollati tutti.

Nel frattempo, si tolse il resto degli abiti ed entrò in doccia, aprendo subito il getto d’acqua. Rabbrividì per la bassa temperatura, e non appena il getto si stabilizzò a ‘sopportabile’, iniziò a rilassare i muscoli. Una cosa a cui non aveva badato, però, era che sotto la doccia pensare gli veniva più facile, e le “uniche” cose che gli venivano in mente erano tutte le cattive novità. Le elencò dalla prima all’ultima, cercando ordinatamente risposte per ognuna di quelle: niente. Ogni domanda restava irrisolta, se non matrice di nuove domande ancora. Quasi si pentì di essersi preso quel tempo per pensare.

Non una cosa che quella mattina andasse per il verso giusto.


 

Passò mezz’ora prima che tornasse nel soggiorno, fresco e pulito, notando che Crow fosse già uscito di casa. Benché effettivamente si sentisse un po’ più a suo agio, il suo sguardo si posò sconsolatamente sugli attrezzi della moto sparsi sul pavimento: era tutta la notte che sbatteva la testa sui sistemi della Runner senza trovare un modo per velocizzarne le prestazioni, e più andava avanti, meno riusciva a concludere.

Raggiunse la sua postazione e si sedette davanti al computer, cercando di capire se davvero la doccia avesse migliorato la situazione. Dopo qualche minuto, si accorse che il sonno, a differenza dell’essere semplicemente allerta, era veramente qualcosa di insostituibile. Non appena Aki fosse andata via dopo aver finito i compiti, avrebbe tentato di riposare, magari riusciva a recuperare un po’ di energie.


 

Nel frattempo, l’orologio segnò le 9:55. Aki sarebbe arrivata puntuale, era svizzera quando si trattava di orari accordati. Ormai erano usciti tutti –Jack compreso-, e Yusei era l’unico essere vivente rimasto a girare ancora nel garage. Il che, a dirla tutta, non gli dispiaceva affatto: avrebbe preferito decisamente di restare in santa pace in compagnia di Aki, piuttosto che infastidito dai commenti “da Cupido” dei suoi amici, specialmente Crow, che in questo tendeva ad essere più fastidioso di Jack.

Il rosso avrebbe fatto bene a darci un taglio a quegli scherzi però: sapeva che l’argomento “Aki” restava un tabù per Yusei, eppure sembrava fregarsene alla grande. Con tutte le disavventure passate, il loro rapporto era diventato sempre più strano, o forse, era lui che lo percepiva così: il moro l’aveva sempre considerata una sua amica, così come erano suoi amici Jack, Crow o i gemelli, eppure… c’erano degli strani “sintomi” che non riusciva a spiegarsi per niente. Tipo quello strano senso di eccitazione che si sentiva nel fondo dello stomaco ogni volta che lei era presente, o la tentazione che si sentiva addosso di osservarla con occhio più “critico” ogni qual volta lei fosse distratta -e si schiaffeggiava da solo mentalmente solo per averci provato.

Aveva ipotizzato che si trattasse di semplice apprezzamento per lei, come persona: aveva un carattere piacevole, un bell’aspetto ed era uno degli interlocutori più intelligenti con cui avesse avuto a che fare negli ultimi tempi. Col fatto che Aki avesse cominciato a frequentare la Duel Academy, aveva notato in lei diversi cambiamenti: frequentava più persone, il suo carattere era sempre più estroverso e la vedeva molto più spesso di buon umore. Tuttavia, c’era sempre qualcosa di strano quando incrociava il suo sguardo.

In genere, Yusei riusciva a capire con chi avesse a che fare col suo solito sguardo indagatore, ma per qualche curioso motivo non riusciva ad interpretare quello di Aki. E non riusciva a spiegarsene il perché. Era forse lui che inconsciamente si tratteneva dall’analizzarla troppo a fondo? O che semplicemente non era capace di scrutarla con la sua solita freddezza? Cosa c’era di diverso?

Non finì di chiedersi queste cose che sentì bussare alla porta: l’orologio segnava le 9: 59. Perfetto. Corse subito alla soglia per non farla aspettare, e non appena aprì la porta, venne saluta da un allegro sorriso. Ecco, era quello il raggio di sole che stava aspettando. Quella scintilla perfetta riusciva a trasformare ogni “no” giornaliero in un “sì” raggiante. Tuttavia, non poteva stare lì impalato ad ammirarla: doveva salutarla, e alla svelta.

“Buongiorno, Aki.” le sorrise, accennandole educatamente ad entrare. “Ciao Yusei. Come va?” lo salutò lei, varcando la soglia.

“Tutto bene. Come va alla Duel Academy?” ribatté, bypassando la domanda come cosa da niente. Una risposta più veritiera sarebbe stata “Non un granché bene, sono quasi due giorni consecutivi che sono sveglio e non ho idea di che diavolo stia succedendo. Tra Ghost, Sherry, Yliaster e questa storia sull’Accel Synchro non so di cosa preoccuparmi prima.” Ma il “tutto bene” risolveva un mucchio di dilemmi.

“Benissimo! Da quando sei venuto tu a scuola sono cambiate un sacco di cose! Specialmente Heitmann, con nostra immensa gioia ha decisamente cambiato registro. Anche se… per quanto riguarda me, fisica resta il mio tallone d’Achille.” Commentò, battendo una mano sulla borsa che portava con sé, sicuramente carica di libri. “Ho tentato di risolvere gli ultimi problemi assegnati, ma alcuni esercizi mi sono sembrati strani… penso di aver sbagliato qualcosa.”

“Allora vediamo di che si tratta. Vieni, sediamoci.” la invitò, accennando alla sua scrivania. Dato che non era riuscito a concludere niente con il motore, aveva rimesso a posto tutti gli attrezzi, ripulito le macchie d’olio sparse alla sua postazione e tolto i fili scoperti attorno alla moto. Tutto era ordinato e preciso, come caratteristico del suo modo d’agire e pensare.

Non era la prima volta che Aki gli chiedesse supporto per la scuola, ma lui apprezzava la sua considerazione. Si rendeva utile anche a lei in un modo più pratico e tangibile, e questo lo rendeva felice. Anche se non aveva ricevuto un’istruzione molto approfondita, la sua esperienza con i motori e i circuiti gli era sufficiente, e gli tornava sempre utile in qualche modo. E dove mancavano le basi teoriche, c’era la sua innata capacità matematica di logica e ragionamento a supportarlo.

Eppure questa volta sperava che il suo deficit di prontezza passasse inosservato. Sentiva ancora il peso delle quasi quaranta ore filate da sveglio sulle fibra del suo cervello stressato, ma le poteva reggere mascherandole bene. Almeno per quel breve momento di compagnia.

Il tempo scorse lento, ed entrambi fecero il possibile per trovare un senso a quei problemi contorti ed inutili, ad avviso della rossa. Yusei, più di tutto, notava ed apprezzava l’intelligenza brillante di Aki: non aveva mai bisogno di ripetere le cose, dirle una volta bastava sempre; lei assimilava ordinatamente tutte le correzioni per non commettere più errori, e dove mancava a lui qualche nozione, lei gli ripeteva il passo teorico per filo e per segno. Di seguito, si arrivava insieme alla soluzione del problema. Ognuno completava le conoscenze dell’altro reciprocamente, ma Aki più il tempo passava, più dimostrava di migliorare. Era davvero una studentessa modello, e per questo Yusei l’ammirava immensamente. Probabilmente, in una scuola vera e propria come la Duel Academy non sarebbe stato capace di dimostrare una tale disciplina e bravura come aveva fatto lei.

Si rendeva conto di essere capace di incantarsi in quei pensieri all’infinito, ma la sua facciata fredda era sempre pronta a schermarlo da qualunque possibile intuizione esterna, entrando in gioco ogni qual volta ci fosse qualcosa che gli impedisse di concentrarsi sugli altri attorno a sé. Certo, non erano mancate occasioni in cui anche quella cedesse, come alla sera del galà, quando si era bruscamente congedato dal Team Unicorn, o quando diede quello strattone a Crow che lo stava semplicemente invitando a comportarsi con decenza: succedeva, e lui ne soffriva il rimorso ogni volta.

Ma ora… gli dispiaceva essere costretto a ricorrervi. Tenere quella maschera anche con Aki gli sembrava ingiusto, perché lei si meritava più confidenza da parte sua. Eppure, il suo attuale stato mentale lo aveva pregato di adottarla per il suo bene e di riparare il prima possibile, dopo aver concluso quella fase di estenuante attesa, e lui continuava a temporeggiare per mettere d’accordo entrambe le sue idee.

Passato qualche istante, Aki gli fece notare una falla nello svolgimento del problema che lui non aveva nemmeno ipotizzato: si era sentito talmente convinto di quel passaggio da escluderlo automaticamente dalla lista dei “punti da revisionare”, quando invece costituiva un errore di fondamenta. Fu costretto a rileggerlo più di una volta, incapace di stare dietro al filo logico dei suoi stessi pensieri: sentiva gli ingranaggi della sua testa faticare a camminare molto più del solito. Pregò che comunque lei non se ne accorgesse.

Si scusò rapidamente e la invitò a correggere e ad andare avanti, ma, man mano, si accorse che lo sguardo di lei si posava sempre meno sul libro e sempre più su di lui: teneva il gomito sul tavolo ed il viso sostenuto dal suo pugno, mentre con la sinistra appiattiva le pagine del libro di teoria. A volte, capitava che la mano sottile e delicata della rossa finisse casualmente molto vicina alla sua, grande e forte, o che ci si scontrasse proprio, ma lui faceva sempre finta di non accorgersene. Ignorava quel piccolissimo brivido che gli correva lungo il braccio, e continuava ad ascoltarla.

Nel frattempo, il quesito di fisica era stato terminato, ma lo sguardo di Aki indugiò molto più a lungo sul viso del moro, troppo a lungo da poterlo ignorare. “Permetti un parere?” gli chiese lei, di punto in bianco. Yusei si bloccò, stupito: cosa doveva dirgli?

“Sì, parla pure.”

Lei si soffermò indecisa per un secondo, prima di decretare: “…Stamattina mi sembri stanco. Cos’è successo?”

…Centro. Era talmente evidente anche da fuori? Cosa avrebbe dovuto dirle adesso? Lui non era affatto bravo a mentire, qualunque cosa avrebbe detto sarebbe suonata come una scusa fasulla, e Aki avrebbe insistito per la verità. Al massimo, sapeva sminuire i fatti reali…

“Ho solo dormito un po’ meno degli altri giorni… ma non c’è bisogno di preoccuparsi. Sono sveglio, è tutto ok.” improvvisò, mimando la parte dell’innocente.

“A che ora sei andato a dormire?” insisté, curiosa quasi più che preoccupata. La questione la incupiva alquanto. ‘Non ci sono andato proprio, e la notte prima avrò riposato al massimo tre ore’ avrebbe sinceramente ammesso Yusei, ma preferì mordersi la lingua in anticipo.

“Più tardi del solito… ma stanotte recupererò, non preoccuparti.” la rassicurò lui, sperando di riuscire nell’impresa almeno per la notte successiva.

Aki inclinò il capo. Si sentì improvvisamente in colpa per averlo stressato ulteriormente: Yusei non sembrava essersi nemmeno accorto degli sbadigli che gli erano sfuggiti qua e là durante lo svolgimento degli esercizi. Se l’avesse saputo, non gli avrebbe nemmeno chiesto lo stress di mettersi a ragionare anche su quei contorti questionari di fisica. In fondo, era conscia del fatto che dietro a quel pretesto si celasse una semplice tattica per avvicinarsi a lui: non era esperta di moto, e di Duel Monsters parlava poco, quindi era l’argomento comune più efficace che era riuscita ad individuare fino ad allora. Ma immaginandoselo puntuale ed intelligente come al solito, non aveva lasciato spazio ad imprevisti, tipo una sua ipotetica stanchezza.

Man mano che lo osservava, notava la leggera ombra di due occhiaie farsi strada sotto i suoi occhi blu. Il suo stress era diventato improvvisamente la cosa più evidente del mondo: perché non l’aveva chiamata e chiesto di rimandare? Perché si sforzava di aiutarla anche quando avrebbe chiaramente preferito stare a dormire piuttosto che scervellarsi su una cosa tanto futile?

“E come fai a reggerti in piedi? Io se non dormo minimo sette ore non riesco nemmeno a pensare il giorno dopo…” commentò, cercando di fargli notare il suo punto di vista “più salutare”.

“Non è tanto grave… non dormo un gran che per abitudine, sette ore sono anche troppe per me.”

Stavolta, Aki rimase incerta su cosa rispondergli. Il suo modo di girare attorno ai problemi era tanto semplice quanto… dannoso. Per quanto ne sapeva, poteva aver dormito anche due ore soltanto… pregava seriamente che non avesse davvero passato la notte in bianco. Ma alla fine avrebbe avuto senso, in fondo si parlava di Yusei. Secondo le dicerie dei gemelli, una volta l’avevano beccato a dormire addirittura su una sedia in piena mattinata. Di cose bizzarre era capace anche lui, per quanto paradossale potesse sembrare la cosa. (io: a cominciare da quei capelli anti gravità) Lui era quello responsabile ed altruista, inquadrato e perfetto… non quello che trascurava il sonno fino a rischiare la comparsa di occhiaie visibili al mondo intero.

O almeno, non intenzionalmente.

“Hai da fare domani?” gli chiese lei, di punto in bianco per la seconda volta. Si sentiva crudele a restare ancora: lo costringeva a mantenersi sveglio e vigile, quando avrebbe decisamente preferito che riposasse. Se lo sentiva addosso quel senso di colpa. Almeno gli avrebbe lasciato la raccomandazione di non sprecare quel tempo che lei aveva implicitamente intenzione di sottrargli.

“Non avevo programmato nulla... perché?”

“Volevo chiederti di fare due passi… così, per rilassarci. Tanto sarà domenica, no?”

Yusei rimase paralizzato per qualche istante: dove si era mai visto che fosse lei a proporre appuntamenti? Una cosa era se gli chiedeva aiuto per i compiti, un’altra era se gli chiedeva di uscire senza uno scopo apparente, proprio come per un appuntamento... Avrebbe voluto sprofondare. Ma se doveva incolpare qualcosa di sé, doveva puntare il dito contro la sua mancanza di iniziativa. Gli stava chiedendo di fare due passi, di uscire. Cosa significava quella proposta tanto semplice? Un’innocente richiesta di compagnia? Un interesse che andava più oltre di così? Cosa?!

“Sì… va bene. Vuoi che passi da te?”

“No, verrò io, senza fretta. Alle dieci, come oggi.”

“Okay, d’accordo allora. Ci sarò.” concluse lui, con un piccolo sorriso. Era strano. Aki stava mettendo via i libri quasi come se avesse avuto fretta di andarsene. Perché? Aveva forse detto qualcosa di sbagliato? Cosa le era preso all’improvviso? Che fosse stato inopportuno in qualche modo?

“Ah, un consiglio Yusei: la camomilla fa miracoli quando si tratta di dormire.” aggiunse Aki con un occhiolino lesto. Yusei sbatté gli occhi ripetutamente attonito, processando il significato dell’ultima frase. La salutò mentre lei usciva, chiedendosi nel frattempo se quel consiglio fosse fine a se stesso o se con quello Aki intendesse qualcosa di più. Quando erano le donne a fare cenni del genere era sempre difficile interpretarli. Ma trattandosi di Aki, sentiva più corretta la seconda opzione.

Guardò il suo riflesso nel monitor spento: effettivamente, anche da quello specchio scuro poteva dire di non avere la cera migliore del mondo. Molto probabilmente, lo stava invitando a fare di tutto pur di riposare.

Non solo aveva fatto la figura dello stoccafisso mentre lei se ne andava, le aveva anche fatto capire che cascava di sonno. Fantastico. Veramente non c’era una cosa che andasse per il verso giusto quella mattina.

Si alzò e si avviò rapido sul bracciolo del divano più vicino, sedendosi immobile per qualche istante e successivamente cadendo di schiena contro la stoffa morbida (io: TUNF! *i seguaci di Yotobi capiranno*). In un primo momento, percepiva ancora quello stato di eccitazione che lo aveva mantenuto “sveglio” fino ad allora –o che almeno non gli aveva fatto crollare la testa sul tavolo-, ma lì, fermo sul divano, percepì quell’adrenalina scemare progressivamente sempre più in fretta. Evidentemente la presenza di Aki doveva avergli giovato in qualche modo, perché non si accorse nemmeno del momento esatto in cui perse coscienza, abbandonato tra sogni completamente neri.


 

Non si rese conto nemmeno di Aki che era rimasta lì, nascosta vicino ai vetri che illuminavano l’interno del locale, spiando le sue azioni una volta rimasto solo. Rise tra sé e sé quando lo vide crollare sul divano come un sacco di patate, con gli stivali penzoloni oltre un’estremità dei cuscini: era contenta che almeno stesse impiegando bene il suo tempo. Si era ricordata di quanto gli ultimi eventi dovevano averlo scosso, nella maggior parte dei quali era stata presente lei stessa. Solo, non aveva mai pensato all’effettivo peso che costituissero sulle spalle di Yusei.

Di quante responsabilità si era caricato quel ragazzo negli ultimi tempi? Sin dal sofferto periodo della guerra contro i predestinati oscuri, lui aveva svolto la funzione di leader per tutto il gruppo, unendo attorno a sé persone che fra loro non avevano quasi nulla a che fare. Quanto poteva essere difficile questo?

Dopo l’ennesima disavventura a opera di quei rapitori, il fato volle che finissero sulla stessa moto lungo l’autostrada centrale di Neo Domino a correre ad una velocità a parer di Aki disumana. Si tenne avvinghiata alla cima della moto per tutto il tragitto, terrorizzata ma allo stesso tempo eccitata da quel folle batticuore. Almeno, il fatto che il conducente fosse Yusei la rassicurava. Da quel che poteva vedere però, su quella moto in due ci si poteva stare… solo, a patto di stare stretti come sardine in scatola. E molto probabilmente, Yusei non voleva mettere a disagio nessuno dei due. La rossa aveva desiderato più di una volta di stringere il suo caldo busto al posto di quella fredda lamiera, ma non poteva farci niente, doveva andare così.

Tuttavia… l’esperienza le aveva donato un punto di vista tutto diverso. Aveva messo piede in un mondo assolutamente nuovo: aveva sentito il vento frustarle il viso, scuoterla fin dentro al cuore, sia fisicamente che metaforicamente, e questo le aveva lasciato una scintilla di stupore mai avvertita prima. E pensare che per Yusei era praticamente abituale… quella velocità da record era qualcosa che lei ancora temeva ma che lui amava, come aveva detto Sherry.

Sherry… Aki non si era dimenticata della gelosia che le crebbe in cuore sentendo parlare quella bionda con Yusei. Gli rivolgeva la parola come se l’avesse sempre conosciuto, con confidenza e atteggiamento di sfida, e onestamente, Aki si era sentita offesa al posto suo. O meglio, questo finché non si accorse che lui stava al gioco. Sherry parlava di anime in sintonia, ma Aki non la capiva. Anche lei sentiva il vento, anche lei percepiva quel fremito che le correva in mezzo alle spalle, ma non riusciva ancora a decifrare il vero significato di quelle parole, perché non era al posto della guida.

Le sembravano una barriera insormontabile per avvicinarsi a Yusei. Quanto avrebbe voluto fare la stessa cosa, duellare con lui, liberamente, senza l’impellente necessità di scannarsi a vicenda –o, per essere più precisi, di scannare lui-, ma semplicemente di divertirsi, e comunicare in un modo diverso, un modo che lui potesse comprendere ancora meglio del semplice parlato. Non voleva più sentirsi esclusa, come si rese conto di essere qualche volta dal cuore del team. Non lo avrebbe fatto per compiacere lui, ma per conoscerlo. Voleva entrare in sintonia con la sua anima, comprenderlo nel cuore, ben oltre la barriera di quelle iridi blu, esattamente come diceva Sherry.

E Aki avrebbe fatto qualunque cosa in suo potere pur di riuscirci.




 

Il mattino seguente arrivò presto. Il pomeriggio prima Yusei si era reso conto di aver dormito almeno sei ore filate sul divano, con sua immenso sollievo, e aveva finito con l’ultimare le correzioni alla moto circa a mezzanotte. Aveva preso il consiglio di Aki alla lettera, e di seguito era andato di corsa a ficcarsi sotto le coperte. Non avrebbe fatto una cattiva figura numero due.

Sperò con tutto se stesso che almeno la sua mente non gli giocasse brutti scherzi per l’ennesima volta: voleva essere in forze almeno per stare con Aki il giorno dopo, quindi doveva riuscire a non pensare alle sue stesse angosce almeno per un po’.

Gli era venuto da ripensare invece al bel viso di lei: quella ragazza era bella sia dentro che fuori. Anzi, a parte Martha, Aki era la femmina –o beh, donna- con cui si trovava più a proprio agio tra tutte quelle che conosceva. Non che non avesse conosciuto altre ragazze, ma… Aki era diversa da tutte le altre per infiniti motivi. E per certi aspetti, migliore di tutte quante messe assieme.

Era sempre lieto di averla attorno. Apprezzava la compagnia di tutti i suoi amici, certo, ma di nuovo, con lei tutto cambiava, tutto diventava diverso, forse più bello. Perché questa differenza? A cosa era dovuta? Che fosse inconsciamente interessato a lei… in quel senso? -Ma no! Non poteva essere, in nessun modo in nessun luogo! Aki di certo non era interessata a lui in quel senso… vero?

…Vero?!

Non lo sapeva, e di certo non l’avrebbe saputo con uno schiocco di dita. Nel frattempo, scivolò lentamente nel mondo dei sogni, accompagnato dal magnifico sorriso della rossa come ultimo dei suoi pensieri.



 

“Ciao Yusei!” lo salutò Aki fuori dal Poppo Time; Yusei era già lì, rimasto ad aspettare davanti al garage da qualche minuto prima di lei, non si era mai sentito più in forze. La visita di Aki gli aveva fatto davvero bene… Magari anche la camomilla la sera prima, ma forse –ok, decisamente- di più la rossa.

Si misero rapidamente d’accordo per avviarsi a piedi –cosa rara per Yusei non prendere la moto, ma accettava volentieri per lei- in direzione della spiaggia vicina al nuovo ponte Dedalo. Dato che era primavera, il clima era abbastanza favorevole, e anche le condizioni atmosferiche sembravano essere dalla loro parte quella mattina. Ogni cosa pareva era perfetta, quella domenica.

La chiacchierata scorreva tranquilla; ma Aki faceva di tutto pur di scambiare un occhiata diretta con lui, per contemplare il blu oceano delle sue iridi cristalline ogni volta che ne sentisse la mancanza, ammirandolo ogni volta: lui era forte, gentile, altruista, di saldi valori morali, leale, protettivo, amabile… era tutto quello che una ragazza potesse desiderare–oltre al fatto che il moro fosse un bel giovane da qualsiasi punto di vista.

Solo, lei non se ne capacitava. Non si capacitava di comprendere come potesse esistere un individuo su quel pianeta capace di riunire a sé tutti quei pregi. Era un mistero senza soluzione, ma lo accettava entusiasta così com’era.

Camminando, si accorse però delle strane facce che facevano i passanti: molti li fissavano in modo strano, quasi stupito, li indicavano di nascosto, oppure cambiavano marciapiede o acceleravano l’andatura distanziandosi quanto possibile da loro. Si sentiva… osservata, con occhio cattivo. Aveva qualcosa che non andava nell’aspetto? Aveva per caso qualcosa gravemente fuori posto nell’abbigliamento? No, non le sembrava…

…poi però si accorse che le occhiate non erano rivolte solo a lei, ma soprattutto a Yusei. Alzò lo sguardo verso di lui, e poi l’illuminazione le giunse.

Sul suo viso c’era un marchio.

Era lo stesso marchio che imprimevano nella Struttura. Aki non ci aveva mai davvero pensato, era abituata a vedere Yusei con quello sul viso, e tale simbolo era diventato parte integrante della sua immagine; nessuno vicino a lui ci badava, nemmeno Zora, tutti quelli che lo conoscevano non mostravano il minimo disagio con lui. Eppure, tanti altri lo evitavano quasi con timore, se non disgusto.

Di lei in veste di Rosa Nera si ricordavano ancora, molto probabilmente, ma non tutti si interessavano al mondo dei duelli con attenzione. Potevano essere giunte notizie ai telegiornali, ma in ogni caso era passato abbastanza tempo, e di notizie bomba ne erano passate in quantità ben maggiore. Tuttavia, nel caso di Yusei, che lo riconoscessero o meno non faceva differenza, sia per la Fortune Cup che per la battaglia contro i predestinati oscuri, perché il marchio era un messaggio chiaro: chiunque lo portasse era stato in carcere, e che di conseguenza era un criminale, niente di più. Nemmeno aver salvato la città gli garantiva il consenso di tutti.

Lo trovava… triste. Angosciante. Benché le città fossero state riunite, cambiare i pregiudizi della gente sembrava ancora un’impresa impossibile.

“Ti va se scendiamo sulla spiaggia?” gli chiese ad un certo punto. Era curiosa di metterci piede, ma soprattutto sperava di non sentirsi addosso quegli sguardi inquietanti allontanandosi dalla strada più frequentata.

Yusei sembrava essere preso un po’ in contropiede, ma acconsentì. Si chiedeva come avrebbe fatto Aki a camminare sulla spiaggia con quelle scarpette –con gli stivali lui non si preoccupava di nulla-, ma sarebbe stato a vedere una volta giunti in prossimità della costa.

Il suolo sabbioso era stato recentemente compattato da qualche pioggia, quindi era più agevole da percorrere: la brezza umida rinfrescava l’aria, e il sole faceva brillare diverse scintille sul pelo dell’acqua in contrasto col fondale scuro. Beh, il mare di Neo Domino non era di certo il migliore per la balneazione, ma la spiaggia restava comunque un ambiente piacevole.

Finì che Aki camminò lo stesso con quelle scarpette. Yusei la seguì passo passo, incuriosito dal suo atteggiamento; si chiedeva come mai lo avesse portato fin lì, ma non fece nulla per scoprirlo di sua iniziativa, avrebbe atteso un qualunque genere di segnale da lei per soddisfare la sua curiosità.

Passarono vicino a degli scogli, e Aki andò a sedersi su uno di quelli che faceva contatto con la sabbia, invitando Yusei a fare altrettanto. Il moro si sedette su una roccia vicina, leggermente più in rialzo, indugiando con lo sguardo sul mare: verso destra si vedeva il Satellite. Era così strano osservarlo “dall’altra parte”, non ci aveva ancora fatto pienamente l’abitudine. Era persino visibile l’aura grigia che lo smog gli aveva creato attorno, come una cupola. Dell’inquinamento non si accorgeva più ormai, ma se ne rendeva conto quando la sera alzava gli occhi al cielo sereno: le stelle erano tutte spente. A Neo Domino erano le eccessive luci ad oscurarle, ma l’effetto finale era bene o male lo stesso. Com’era triste, sembrava quasi che nessuna di quelle due realtà avesse la benedizione del cielo stellato. E date le recenti follie accadute lì solo pochi mesi prima, sembrava essere vero.

Dolore, angoscia, disperazione… Yusei li aveva affrontati in prima persona, assumendosi la responsabilità della salvezza del mondo intero sulle sue sole spalle –o almeno, così intendeva fare prima di accorgersi di non essere affatto solo. Cosa poteva esserci di più rischioso, grave e allo stesso tempo necessario dello scendere su quel campo di battaglia? Yusei sentiva quel dovere esclusivamente suo, non solo perché era un predestinato, ma perché sulla sua coscienza gravavano le colpe di suo padre, origine inconsapevole della più grande tragedia della storia di Neo Domino. E avere la possibilità di riparare a quei danni, “sistemare le cose”, gli avrebbe concesso il disperato sollievo di cui l’oscurità del suo cuore –come l’aveva chiamata Rudger- aveva bisogno.

Non avrebbe mai dimenticato la gioia che lo pervase quando vide il ponte Dedalo finalmente in piedi. Insieme, lui e i suoi amici erano riusciti nell’impossibile. Tutto sembrava essere tornato alla normalità, come era giusto che fosse, come se tutti gli ingranaggi avessero ripreso a ruotare nel senso giusto. Solo dopo che passò la prima ondata di entusiasmo e che il ritmo delle città si stabilizzò si rese conto di come il mondo stava lentamente ricominciando a sprofondare nelle sue cattive abitudini. I contrasti con gli originari del Satellite erano ancora causa di problemi, e tanta gente avara si lamentava del dispendio immenso di denaro a favore della metà distrutta di Neo Domino. Come non potevano lodare il motivo d’orgoglio per l’umanità che simboleggiava quel ponte? Era come se qualcuno ancora si ostinasse a camminare… a rovescio. Ed era assurdo.

“…Questo mondo dev’essere impazzito.” (*)

“È bello stare qui.” Sospirò Aki, godendo dell’arietta. ‘È bello perché ci sei tu’ voleva aggiungere, ma si morse la lingua pur di non tramutare quel pensiero in parole.

“Hai ragione, è meraviglioso.” commentò lui, contemplando le piccole onde luccicanti all’orizzonte. Ognuno dei due lasciava tempo all’altro di godere della brezza marina senza dire una parola, gustandosi consapevolmente quel piacevole istante pieno di vita.

L’odore del mare, il vento fra i capelli, la freschezza dell’aria… Era una cosa tanto delicata quanto poetica. Era davvero un peccato non fare cose del genere più spesso. E poi, Yusei non poteva chiedere di meglio: se al posto di Aki ci fossero stati Jack e Crow, si sarebbero messi a correre o a prendersi a palle di sabbia strillando e sghignazzando a vicenda, senza fermarsi ad apprezzare la parte più bella dell’ambiente, e lui ci sarebbe puntualmente andato di mezzo, coperto di sabbia. Con Aki invece… era tutt’un altro mondo, sempre.

Aki cercò di districare il nodo che le era improvvisamente sorto in gola. C’era ancora una cosa lasciata in sospeso: la questione della licenza. Non gliene aveva nemmeno accennato niente, tutto era rimasto a “sorpresa”; apparentemente sembrava una cosa da nulla, ma una notizia del genere, per lei, assumeva un significato completamente diverso da comunicare a lui.

“Yusei, è da un po’ che volevo dirti una cosa…” cominciò lei timidamente, tenendo lo sguardo basso.

“Cosa?”

“Stavo pensando… di prendere la licenza per i duelli turbo.”

Yusei alzò le sopracciglia, sorpreso.

Licenza?

Per i duelli turbo?

Aki?

“Davvero?” domandò lui, decisamente incuriosito. Aki si fissò le mani: cavolo, alla fine l’aveva detto sul serio. Era davvero questo ciò che voleva? Ma certo che lo era, e non era quello il momento per dubitarne!
“Sì. Anch’io voglio sapere cosa si prova a correre nel mondo dei duelli turbo e della velocità, come te, Jack e Crow… voglio conoscere anch’io il vostro mondo, ecco tutto.” Concluse, rivolgendogli lo sguardo. Non si sentiva di aggiungere altro: non poteva certo dirgli che puntasse ad “entrare in sintonia con la sua anima” o boiate simili.

Yusei, dal canto suo, si ritrovò per l’ennesima volta interdetto dal comportamento della ragazza: era felice della notizia, certamente lo rallegrava l’idea di avere Aki a correre in pista accanto a lui, eccome. Tuttavia… sembrava tutto molto strano: lui amava i duelli turbo perché gli piacevano i motori e i duelli, e… basta. Ma Aki, duelli a parte, di certo non era una grande fan della meccanica. Come poteva voler prendere la patente di punto in bianco? Molto probabilmente non era mai nemmeno salita su una vera Duel Runner in vita sua, se non in un’occasione… una in particolare. Davvero quella storia poteva significare qualcosa?

“C’entra forse quello che è successo con Sherry?”

Boom, colpita e affondata.

Aki deglutì.

“In un certo senso, sì, non lo nego.” ammise, facendo in modo che una delle sue ciocche di capelli più sporgenti le nascondesse gli occhi dalla sua visuale. “Ma questo non cambia le cose. Non ho intenzione di rinunciarvi.”

“Aki…”

“Sono seria, Yusei.” chiarì Aki, alzandosi in piedi e rivolgendogli il pieno viso. “Anch’io voglio conoscere il mondo della Velocità come voi, voglio sapere cosa si prova a duellare contro il vento… come ha fatto Sherry.”

Yusei la guardò negli occhi, studiando le sue iridi nocciola: voleva capire tutto ciò che lei non gli aveva volontariamente espresso a parole, perché di certo le cause non potevano fermarsi lì, conoscendola. Aki, dal canto suo, odiava e allo stesso tempo amava quel suo atteggiamento: con uno sguardo, lui sapeva buttare giù tutte le barriere attorno a lei con una facilità disarmante, tuttavia le permetteva –consciamente o meno- di contemplare quelle iridi blu in modo più diretto e profondo.

“Ne sono felice, Aki. Tu sai che avrai sempre il mio appoggio, qualunque cosa decida di fare…” cominciò.

“…Ma ci sono dei rischi. Ne sei comunque convinta?”

Aki esitò. Yusei era esperto in materia, e di certo sapeva di non poter –né dover- sottovalutare la possibilità di gravi incidenti. Aki era una principiante, i pericoli erano tutti dietro l’angolo per lei. Specialmente con le minacce appena comparse in città… come poteva automaticamente non preoccuparsi? Lui stesso insieme ai suoi amici era sopravvissuto per miracolo a rovinose cadute dalla moto, specialmente nei primi tempi di apprendimento; cosa avrebbe fatto se ad Aki fosse capitato qualcosa di tragico? No, non riusciva nemmeno ad immaginarlo.

“Ci ho pensato tanto, Yusei, e più il tempo passa, più sento che deve andare così. Mi impegnerò, e riuscirò ad ottenere quella licenza a tutti i costi!” dichiarò forte Aki, stringendo i pugni. Yusei sapeva che Aki avesse un carattere deciso, e ogni volta lei era lì, pronta a ricordarglielo. Si incantò ad osservarla, rapito ed affascinato: era raro per una ragazza avere un tale carattere, o comunque avere una qualsiasi caratteristica di Aki. E questo perché non ne esistevano altre come lei. Aki era unica al mondo, un fiore prezioso e introvabile. E lui era stato tanto fortunato da poterlo vedere. Era in momenti come questi che tutto trovava un senso: se lui non avesse passato quello che aveva passato, avrebbe potuto non raggiungerla mai.

“Yusei? Sei ancora qui?”

No, non si era accorto del tempo che era passato, né di Aki che un po’ imbarazzata gli agitava la mano davanti alla faccia già da qualche secondo. Così decise di saltare giù dalla roccia, alzandosi del tutto in piedi: dannazione, quei centimetri in più si sentivano da morire. Persino Yusei che non era una stanga come Jack faceva sentire Aki… bassa. E quei miseri tacchetti non la aiutavano.

“Tu hai le capacità per fare tutto quello che vuoi, Aki.” cominciò, catturando all'istante il pieno interesse della rossa, che arrossì lievemente al complimento. “Io sarò sempre qui a sostenerti, lo sai. Farò tutto il possibile per aiutarti.”

Uno spontaneo sorriso affiorò dolcemente sul volto di Aki, improvvisamente allietata da quelle semplici parole. Si sentiva come una bambina che aveva appena ricevuto il permesso di andare a giocare in giardino. Eppure, quella specie di “permesso” non le era mai servito, fin dall'inizio; ad ogni modo, era di Yusei che si trattava, e lei si sentiva comunque in dovere di renderlo assolutamente partecipe delle sue scelte. Soprattutto se lui stesso era coinvolto. Come poteva evitarlo?

“Ti ringrazio, Yusei.” gli sorrise lei, sentendo quasi la necessità di avvicinarsi a lui, toccarlo, e nel suo immaginario di abbracciarlo, per dirgli “grazie”, in un modo più convincente e diretto della semplice parola. Il suo viso, purtroppo, le sembrava lontano un miglio…

Aki, se solo sapessi quanto sei bella quando sorridi… pensò contemporaneamente Yusei, incapace di strapparsi quel sorrisetto irrigidito dalla faccia. Giustamente gli era venuto da sorridere, ma tutto quello zucchero sul visino di Aki doveva avergli involontariamente bloccato i muscoli facciali, facendogli presumere di aver assunto l’espressione più idiota che avesse mai sfoggiato in vita sua –ignaro del fatto che la rossa stesse pensando praticamente l’opposto-.

“Ti va di andare?” le propose, cercando di spezzare quel frangente d’imbarazzo che aveva cominciato a farsi sentire.

“Sì, certamente” concordò Aki, accostandosi un po’ di più a lui. Era troppo contenta. Era quasi sciocco essere felici per una cosa tanto piccola, ma era contenta. Guardò il mare, respirando la brezza umida: l’orizzonte era molto più blu che alla riva, quasi come una netta pennellata di colore. Ma poi, veniva bruscamente tagliato in due da un’isola grigia e immensa: il Satellite. Si vedeva il ponte che lo collegava a Neo Domino, imponente e trafficato, ormai parte integrante di quel panorama. Per tanto tempo l’aveva guardato da lontano, quando il ponte ancora non c’era, avvolto nei suoi fumi scuri e irraggiungibile da ogni direzione… non sapeva immaginarsi come fosse visto da vicino. Ma i grattacieli decaduti le avevano sempre suggerito “una tristezza che è bene lasciar sepolta”.

O almeno, finché non incontrò Yusei.

In quel momento realizzò quanto poco sapesse della sua vita al Satellite: aveva visto quel posto durante la guerra dei Dark Signer, ne aveva visto i miglioramenti dopo la costruzione del ponte Dedalo, aveva visto la casa di Martha, che doveva essere la stessa in cui era cresciuto, aveva udito da Crow un accenno su chi fosse Kiryu e cosa fu il team Satisfaction, sapeva che Yusei fosse stato nella struttura, ma… poi? Che altro? Cosa sapeva realmente del ragazzo che le camminava accanto?

“Yusei… vorrei chiederti una cosa…” esordì “…com’era vivere al Satellite?”

Il moro arrestò i suoi passi, voltandosi verso la rossa: doveva avergli fatto quella domanda perché era rimasta a guardare il Satellite qualche attimo prima. Ma riflettendoci, perché indugiare nel risponderle? In fondo, stava parlando con Aki… cosa poteva esserci di sbagliato nel confidarsi un po’ con lei?

“Prova ad immaginare Neo Domino vista da lontano di notte, luminosa, distante in mezzo all’oceano: a me sembrava un sogno ad occhi aperti quando ero bambino. Al Satellite, chiunque dentro di sé sperava di lasciare quel posto, o almeno così mi facevano credere le apparenze. Ma poi, col tempo, il fato ha voluto che incontrassi brave persone, che avevano dimostrato a se stesse –e a me- di non aver affatto bisogno di una vita migliore: mi hanno insegnato tante cose, offerto la loro amicizia e il loro sostegno, senza che nemmeno glieli chiedessi.”

Infine, aggiunse sottovoce: “Ed io non meritavo niente di tutto questo.”

Non poté farci niente. Quelle ultime parole varcarono la soglia delle sue labbra d’animo proprio, contro la sua volontà. Quasi si coprì la bocca, ma il gesto avrebbe indicato troppo all’apparenza. Si maledisse mille e mille volte per essersele lasciate sfuggire, sperando che la ragazza non le avesse minimamente udite.

Aki aveva rivolto lo sguardo verso l’isola grigia nel mare, cercando di immaginare ciò che le aveva suggerito Yusei; ma poi udì quel sussurro, quella piccola ed impercettibile nota stonata nella sua voce, e non poté far a meno di voltarsi, per accertarsi che le sue labbra si fossero mosse per davvero. Dopo qualche istante, ricostruì nella sua mente con successo ciò che il vento si era portato via di quelle semplici parole, e non riuscì a credere a ciò che aveva appena udito.

Il suo vestito ondeggiò in un dolce mezz’arco, mentre si avvicinò a lui di alcuni passi. Gli occhi di Yusei si fissarono totalmente su Aki, ma erano… distanti, sulla difensiva. Volevano evitare che Aki ottenesse certezze di ogni tipo, ma allo stesso tempo comprendere se lei avesse recepito davvero oppure no quelle parole. Lei sospirò, prima di parlare.

“Non comprenderò mai il tuo modo di fare, Yusei. Ho come una strana sensazione quando ti osservo. La cosa che mi sembra più strana però è che quando ricevi aiuto o favori, sembra quasi che ti dispiaccia, e non per questione di cortesia. È un’impressione che non riesco più a ignorare, e ti prego di perdonarmene. Essere forti non significa doversela saper cavare sempre da soli, tu più di tutti dovresti saperlo.”

Yusei avvertì un nodo chiudergli lo spazio tra la gola e il cuore. “No, no, no, Aki, sei totalmente fuori strada!” voleva gridarle. Tuttavia, non poteva prendersi il lusso di spiegarle le cose come stavano nette e pulite per riportarla sulla retta via: era già successo che uscisse allo scoperto quanto di più oscuro nascondesse nel cuore con i gemelli e Crow –persino Truge- durante lo scontro con Rudger, perciò non voleva in alcun modo estendere anche a lei il peso di quella conoscenza. Era già grato ai suoi amici di non averne fatto parola fra loro, non poteva ignorare una tale accortezza.

“Non è così, Aki...” iniziò, ma per qualche ragione non seppe continuare. Strinse i pugni dalla frustrazione. Dannazione a lui e alle sue parole di troppo.

“E allora com’è? Che ti costa dirlo?”

Aki non sapeva più come comportarsi. Aveva sempre agito con disinvoltura in sua compagnia, ma non era ancora mai riuscita a guardare il mondo da una prospettiva che somigliasse alla sua. Non appena le si era aperta quella nuova finestra, lei ci si era fiondata a capofitto. Yusei sembrava però più distante del solito adesso, di certo qualcosa non andava: quelle parole sussurrate doveva averle dette davvero, ne era sicura, o almeno, aspettava conferme.

“Non è niente di importante.”

“Invece scommetto che lo è, proprio per questo.”

Yusei si stava trattenendo a stento. Si sentiva lì sul punto di mandare tutti i suoi stupidi problemi a quel benedetto paese, di dirle la verità piena e concreta, di spiegarle il perché di ogni suo gentile gesto quotidiano, districarsi quel doloroso nodo che sentiva in gola, eppure… non ci riusciva. Per quanto fosse insopportabile quella pressione, non era ancora sufficiente. Era come stare su una colonna di sedie tutte in bilico: le sentiva ondeggiare e ondeggiare, minacciandolo di farlo cadere in un qualsiasi momento, ma per qualche strano motivo… non crollavano. Avrebbe preferito gettarsi lui con le sue forze da quella torre, eppure sentiva di aver davanti un muro invalicabile.

Si sentiva soffocare, ma si diceva di avere ancora le forze per resistere.

Si sentì improvvisamente prendere per la manica della giacca, attirato delicatamente verso di lei: aveva un’aria supplichevole, eppure dolce, che lo invitava a…

…fidarsi di lei.

“Cosa c’è di sbagliato nel fidarsi di qualcuno che di te, invece, si fida ciecamente?” gli chiese con un filo di voce.

Aki voleva soltanto fare la sua parte, dimostrargli che anche lei voleva sostenerlo più di ogni altra cosa. Gli era grata con tutta se stessa per tutto ciò che aveva fatto, ma non riusciva più a comprendere se lui se ne rendesse conto, o se minimamente ricambiasse. I dubbi l’avevano improvvisamente assalita, e lei non sapeva più cosa pensare.

Yusei sospirò: aveva appena realizzato che tacere adesso sarebbe stato ben peggio che raccontarle la verità, per quanto terribile potesse essere. Aki lo aveva involontariamente –o volontariamente? sperava di no- condotto ad un vicolo cieco: non c’era verso, doveva parlare, o si sarebbe giocato tutta la sua fiducia. Una volta Crow scherzando gli disse “Non puoi vincere una discussione con una donna, mai e in nessun caso!”: era la cosa più idiota e fastidiosa che gli balzò in testa in quel momento, ma… quanto diamine aveva ragione.

“Ti ho detto di essere cresciuto al Satellite, Aki. Ma non ho mai detto di esserci nato.”

Aki spalancò i suoi occhi nocciola, come se un fulmine le fosse appena passato accanto. “Come?”

Yusei rialzò lo sguardo, caduto verso il basso durante quella pesante discussione. Erano più duri di quanto la ragazza si aspettasse.

“Neo Domino è la mia vera città natale, non il Satellite.”

Aki osò proseguire con una domanda. “Ma allora… come ci sei finito laggiù?”

“Fu a causa dell’Inversione Zero. Tu forse non eri ancora nata quando accadde, le città dovevano essersi già scisse all'epoca; io mi salvai, ma in cambio mi ritrovai confinato nel Satellite, costretto dal fato a vedere da vicino cosa avesse causato mio padre.”

Il cuore di Aki perse un battito.

“Padre? Come sarebbe a dire padre?”

A quel punto, Yusei, inaspettatamente, le rivolse un piccolo sorriso malinconico.

“Ti sei mai chiesta… il perché di un nome tanto strano?”

Aki sbatté per un secondo le palpebre. Tra i significati attribuibili a “Yusei”, vi era anche “planetario”: effettivamente era curioso, ma pensava che fosse stato scelto per adeguarlo anche al significato di “stella cadente”, e non il contrario.  (**) Aki annuì sollevando un po’ le spalle.

“Mio padre mi diede questo nome dopo aver compiuto un’importante scoperta, riguardo l’energia confinata nel reattore Ener-D. Quella fu tutta opera sua, ma poi… Rudger, che all’epoca lavorava con lui, fece qualcosa che non avrebbe mai dovuto fare: spalancò le porte degli Inferi per rinascere come predestinato oscuro, causando quell’esplosione.”

“Rudger!? Ma allora fu colpa sua se accadde l’incidente!”

“Parte della colpa è anche sua. Ma sarebbe stata solo questione di tempo, prima o poi l’energia del reattore sarebbe andata fuori controllo sotto le mani di chiunque. Al contrario, se mio padre non avesse scoperto quelle particelle planetarie, nulla di tutto questo sarebbe mai accaduto, e migliaia di vite sarebbero state risparmiate. Anche quelle di…” si interruppe improvvisamente. Tagliò il discorso senza nemmeno provare a finirlo, stringendo i pugni a tal punto che se non avesse indossato i guanti, avrebbe ferito la sua stessa pelle. “Anche quelle dei genitori di Jack e Crow” avrebbe dovuto dire, ma preferì tacere, temendo che la sua voce avrebbe tradito il suo tono di freddezza.

“Le maledizioni dei genitori ricadono sempre sui figli” aveva sentito dire Aki una volta, ma non avrebbe mai immaginato che la questione potesse divenire così letterale. Era come se, paradossalmente, Yusei stesso avesse sulla coscienza tutte quelle morti, benché lui fosse assolutamente innocente –al contrario, aveva addirittura salvato entrambe le città, permettendo anche di riunirle. Aveva pagato il suo debito, ma tutti i suoi sforzi sembravano non essere ancora sufficienti a garantirgli la quiete d’animo sperata.

E Aki stava realizzando tutto questo solo adesso. Yusei aveva sopportato quell’angoscia per tutta la sua vita, e lei non aveva mai compreso nulla di lui, nulla di tutto ciò. Benché non fosse a conoscenza della storia di suo padre, non aveva nemmeno lontanamente immaginato una cosa del genere. Lui non lo mostrava, e lei si era sempre lasciata ingannare dalle apparenze.

La cosa più sconvolgente era che in una situazione tanto difficile Yusei avrebbe potuto reagire in mille modi diversi, ma tra tutti… aveva scelto di essere altruista e fare tutto ciò che era in suo potere per aiutare il prossimo, ogni minuto di ogni giorno.

Lei compresa.

Lei, che a lui era riuscita a donargli solo frustate e parole avvelenate. All’epoca della Fortune Cup pensava che la causa di tutti gli sforzi di quel “ragazzino imprudente” nascessero dal Segno, ma non poteva immaginare che la causa del suo altruismo andasse ben oltre quella coincidenza.

E lei continuava a chiedergli sostegno, come se nulla fosse. E Yusei, altruista e masochista com’era, accettava come se nulla fosse. Anzi, aggiungeva quelle pretese alle effettive responsabilità che si era già preso solo in quella manciata di mesi, prima con i Dark Signers, poi con Ghost e tutto il resto: a confronto, le richieste di Aki sembravano bazzecole.

‘Volevi la verità? Eccola qua, ora non lamentarti’ avrebbe preferito sentirsi dire. Forse le avrebbe fatto meno male.

Invece, solo Yusei sapeva cosa avrebbe dato per riavvolgere nel tempo gli ultimi cinque minuti di discussione. Ecco, si era lasciato trasportare e adesso aveva rovinato tutto tra loro. Tutto.

Ora sai perché preferisco dare aiuto piuttosto che riceverlo.

“Ti fidi ancora di me, adesso?”

La brezza del mare cominciò a spirare più forte. Un delicato e fresco profumo riempì l’aria; i capelli si scompigliavano, i vestiti ondeggiavano spinti dal vento, ma i due giovani rimanevano immobili come rocce. L’intensità dei loro sguardi avrebbe fermato il vento se fosse stata materiale.

Gli occhi di Aki, ambrati alla luce del sole, erano mesti: per un momento, la stessa luce scintillò riflessa negli occhi blu di Yusei, ma i suoi restarono duri come il ghiaccio, come se avessero voluto avvertirla di non avvicinarsi oltre, di non aggravare la situazione più di così.

Sembravano entrambi predatori immobili, in attesa di qualsiasi movimento dalla preda. Il paradosso era che non stessero affatto cacciando: stavano solo attendendo una reazione reciproca l’uno dall’altra. Aki, personalmente, non sopportava quella tensione. Ma poi, Yusei distolse bruscamente lo sguardo e cominciò ad incamminarsi a passo svelto in direzione opposta, lontano da lei.

“Lo sapevo. Sono davvero un idiota. Ed è la seconda volta che commetto lo stesso errore…”

Aki si morse le labbra: non era riuscita a dire nemmeno una parola, che stupida. Ma- Oh no, non l’avrebbe lasciato andare via così.

“Bene, sai che c’è? Al diavolo, al diavolo tutto quanto! Al diavolo le apparenze, le vecchie storie, i sensi di colpa… andassero tutti al DIAVOLO!”

Certo che si fidava di lui, e l’avrebbe fatto fino alla fine dei suoi giorni!

Gli corse incontro, infischiandosene del mondo intero e di tutto il suo galateo. Gli balzò sulle spalle abbracciandolo per il collo, spingendo involontariamente tutti e due sul suolo sabbioso. Fortuna che Yusei aveva i riflessi pronti, altrimenti sarebbe finito a terra con tutta la faccia. Si arrestò in ginocchio, rendendosi conto in quel preciso istante dell’entità del peso che gli fosse appena atterrato sulle spalle. Aki?!

“Chi ti ha detto che potevi andartene via?!”

La ragazza scivolò giù dalla sua schiena fino ad arrivargli davanti al muso, trattenendolo per il bavero della giacca con entrambe le mani: non aveva mai visto Yusei tanto stupito. La guardava come se fosse stata un fantasma apparso dal nulla, incapace di mettere in fila una frase di senso compiuto –e poi sembrava essere arrossito non poco per il contatto fisico tanto brusco, cosa che ad Aki, in fondo in fondo, non dispiaceva-.

“Come puoi pensare che io perderei fiducia in te per una cosa del genere?! Cosa vuoi che m’importi di quello che ha fatto tuo padre?!”

“Tu non ne hai mai sofferto in prima persona, non puoi saperlo!”

“Ma ho sofferto esattamente come te! Non lo vedi? Gli anni passati, per me, sono stati un inferno, chi credi che avrebbe mai pensato ad avvicinarsi ad una come me?! Divine all’epoca aveva uno scopo, ma tu… tu no! Non avevi alcun motivo per aiutarmi. E allora perché? Perché mi hai teso la tua mano?! Cosa avevo fatto io per meritarmelo, eh?!”

“Tu non-”

“Niente, esatto! Al contrario, ho saputo soltanto farti male. Non vedi nemmeno questo?! Tu sai che cos’ho passato e che cosa ho causato alle altre persone! L’hai sempre saputo, anche quando mi hai detto quelle cose alla Fortune Cup! Ma a te non importava, perché tu guardavi soltanto me per quello che ero. Mi hai aiutata persino a riconciliarmi con la mia famiglia nonostante tutta la mia resistenza! E non mi hai mai abbandonata, mai. Al contrario, hai continuato a sostenermi senza chiedere niente in cambio. Non hai mai tirato indietro la tua mano: per me ci sei sempre stato, sempre.”

A quel punto, lo abbracciò. “Perché vuoi impedirmi di fare lo stesso?” sussurrò, stringendolo forte. La sua gola si era stretta dall’emozione, e temeva che trovasse una via di sfogo dalle sue lacrime.

Yusei non sapeva più cosa dire. Aveva finito tutte le parole a sua disposizione. Ma stavolta, non ne occorrevano più, era chiaro. Aki voleva dimostrargli la sua gratitudine, e in questo non poteva esserci niente di sbagliato. Sarebbe stato ipocrita se avesse rifiutato la mano di una persona a lui così cara: avere degli amici serve anche a condividere il bello e il brutto della vita, dunque avrebbe negato a lei un diritto essenziale. Anzi, avrebbe dovuto rimangiarsi tutti i suoi sproloqui sui legami e sull'amicizia con i quali aveva riempito la testa di tutti i suoi avversari in occasioni passate, quindi eccome se doveva accettare quella mano!

Il suo sguardo s’intenerì, mentre le sue braccia si avvolsero lentamente attorno alle spalle della rossa. Appoggiò la fronte ai capelli magenta della ragazza, rendendosi conto di quanto fosse piccola tra le sue braccia. E poi, quel profumo di rosa era da far girar la testa.

“Scusami, Aki. Sono stato stupido.”

“Non preoccuparti di nulla. Devi solo ricordarti che non sei solo, hai tante persone che tengono a te. Anche me, lo sai.”

Yusei rise lievemente. “Di questo ne sono più che sicuro, adesso.”

Aki ruppe timidamente l’abbraccio, lasciandosi trascinare da quel piccolo riso. “Sai, è raro sentirti ridere.”

“Questo perché non ho motivo di farlo, di solito.”

“Nemmeno con Jack e Crow che ti scorrazzano attorno giorno e notte?”

“Farebbero passar la voglia a chiunque a furia di litigare, credimi.”

“Che peccato. Dovresti farlo più spesso, sai?” suggerì, accennando un altro sfuggente occhiolino.

Yusei avvertì la sua faccia accaldarsi. Aki, se voleva, sapeva giocare con lui con un’innocenza di gestualità davvero sorprendente. Femmine, tutte uguali.

Il moro si alzò rapidamente dalla sabbia, allungando una mano ad Aki per fare lo stesso. “Meglio tornare indietro, che ne pensi?”

Aki annuì, accettando la presa. Yusei la sollevò rapidamente: una volta che la rossa fu alla sua altezza, lei non gli lasciò andare la mano: aveva ancora una piccola cosa da chiedergli. “Yusei… vorrei che questa conversazione resti qui, sai… non voglio che la condivida qualcun altro…”

Yusei sarebbe scoppiato a ridere se non fosse stata la cosa più sgarbata da fare in quel momento: concordava sulla questione, ma… andiamo, Aki sapeva bene com’era fatto. A chi mai avrebbe potuto dirlo? “Pensavo mi avessi fatto una critica proprio perché non parlavo a sufficienza.”

Aki gonfiò le guance, stringendogli più forte il guanto. Era arrossita di più, che carina.  “L’ho detto per sicurezza! Cosa ne so io di che cosa parli con i tuoi amici!”

Yusei le offrì un nuovo piccolo sorriso. “Non di questo, di certo. Non capirebbero nemmeno volendo.”

Aki sbuffò. “Conoscendoli, no, direi proprio di no. Ad ogni modo, grazie infinite, Yusei.”

“No… Grazie a te, Aki.”

La brezza del mare ricominciò a spirare, mentre i due ripercorrevano le stesse orme lasciate in partenza sulla sabbia. Yusei guardò il cielo: il sole di mezzogiorno aveva reso il cielo celeste pastello, mentre tutti i palazzi di Neo Domino sfolgoravano sotto quelle scintille dorate: Neo Domino pareva essere la perfetta simbiosi tra mare e megalopoli. Il ponte Dedalo si ergeva maestoso nella striscia di mare davanti a lui, come un’utopia, un sogno che pareva ancora troppo fragile da toccare, per paura di vederlo sfumare: eppure, era tutto vero. Grazie ai legami con i suoi amici, aveva superato i limiti imposti dal mondo intero. La questione, adesso, era riuscire a sorpassare i suoi limiti.

Guardò Aki, intenta a contemplare serena l’orizzonte: il vento le carezzava i capelli dolcemente, mentre le sue labbra si ammorbidivano in un lieto sorriso. Pareva un angelo.

“Devi solo ricordarti che non sei solo, Yusei. Io sarò sempre qui a ricordartelo.”

“Grazie, Aki.”


 

[Note dell’autrice per chi ha tempo di stare a sentire questa demente]

…ed ecco che il finale sfuma in una nuvoletta di misere smancerie °3° ok no, sono riuscita a dedicare uno spazio di introspezione profonda sia ad Aki che a Yusei in questa shot u.u mi ritengo soddisfatta u.u *prega che a tutti i faithshippier presenti sia bastato l’abbraccio e che non la lincino, se Aki_chan non ambienta tutto un botto avanti nel tempo non si deciderà mai a farli dichiarare sul serio*

Riassunto degli eventi (per i recensori ;D): all’inizio Yusei non riesce a dormire, chiacchiera con Crow, Aki va da lui, poi va via in anticipo per farlo dormire e gli dà appuntamento, vanno alla spiaggia, stanno seduti a guardare il mare, parlano della licenza, del Satellite, di Yusei, di fiducia e… poof, fine XD

Ah, a proposito eWe tempo fa ho trovato una teoria in una ff inglese (fic che personalmente adoro/ prendo come canone/vi ordino di leggere, “The Kingdom Becomes”) secondo la quale i poteri di Aki erano derivati da particolari radiazioni causate dalla stessa Inversione Zero: questo sarebbe significato triplo peso sulla coscienza di Yusei, ma onestamente è troppo angst da sopportare per me ç_ç *ci si potrebbe fondare una nuova fic, ma non ha intenzione di farlo lei*

Per chi aspetta il capitolo 12 del “Ritorno del Caos”… ehm, sono più o meno a un terzo del lavoro ^^” su, senza ispirazione non posso scrivere nulla decentemente TvT almeno ho steso sta cosa che supera le 20 pagine word, mi merito un premio uwu *schiva forconi al volo*



Un grazie va anche a playstation che mi ha aiutata a trovare l'ispirazione per la one shot stessa ^^ e aggiungiamo CyberFinalAvatar e Black_RoseWitch che hanno contribuito con i loro consigli XD magari passate a leggere le loro fic, sono belle u.u

   

Se avete richieste magari potrebbero diventare nuovi spunti per nuove one-shot *w* fatemi sapere con una recensione o messaggio privato ^o^

Intanto, suppongo sia meglio andare, è un po’ tardi… bye a tutti ^w^”

[Note vere]:

(*) citazione del mio amato Gerard di Fairy Tail <3 scusate, ci stava troppo bene <3
(**) Yusei vuol dire anche “stella cadente” oltre che “planetario”, l’ho scoperto leggendo una fic (sempre inglese) di una autrice che sapeva decisamente il fatto suo XD l’ho ritenuta una fonte attendibile, sapeva troppe cose per aver fatto affidamento sulla conoscenza popolare u.u







Ho aggiunto un disegno-collage sulle scene che più mi piacevano x3 (c'è il copyright sulla fanart [ma non sui personaggi] stavolta u.u) niente da dire *cerca di distogliere lo sguardo dalla zona in alto a destra del foglio*, solo... fatemi sapere che ne pensate, che mi fate tanto felice ^o^



 

  
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