Anime & Manga > L'Attacco dei Giganti
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Autore: Gio_Snower    14/12/2014    1 recensioni
Jean Kirshtein sta assistendo alla presentazione delle nuove Reclute; fra esse c'è un ragazzo alto, dagli occhi scuri e dai capelli neri come l'ebano. Le sue guance sono costellate da una miriade di lentiggini...
[Fanfiction ispirata a una delle fan art che in questo periodo girano su tumblr!]
Genere: Angst, Fluff, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Jean Kirshtein, Marco Bodt, Nuovo personaggio
Note: nessuna | Avvertimenti: Spoiler!
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Sogni Tramandati


Jean Kirshtein stava presenziando all'inserimento nel programma d'addestramento delle nuove Reclute. File di giovani ragazzi – con pochi anni di differenza fra loro – guardavano in avanti con sguardi diversi, alcuni seri, altri rilassati, altri ancora spaesati, pensierosi, lugubri; poi c'erano occhi che scintillavano, pieni di vita e dolcezza. 
E in occhi neri, così familiari per Jean, vide quella scintilla. 
Il ragazzo era alto, ma meno di lui. I capelli neri erano leggermente lunghi e gli cadevano sulla fronte verso sinistra, coprendo in parte le sopracciglia. Il naso era lievemente a patata e le guance erano costellate di lentiggini, che nonostante la pelle scura si vedevano chiaramente.
L'istruttore Shadis, un po' invecchiato, si fermò difronte a lui. 
“Ehi, tu!”, gridò, con voce così alta che alcuni tremarono, “Chi cazzo sei?!”, gli chiese, avvicinando così tanto il suo viso vicino a quello del ragazzo che per un attimo egli sobbalzò, preso in contropiede. Sistemò la posizione e con voce ferma si presentò.
“Isaac Bodt, Signore!”, rispose, e Jean sussultò. In verità se n'era reso conto prima. Tutta quella somiglianza, tutti quei segni... Non potevano essere un caso. Se c'era qualcosa che aveva imparato, in quegli anni, era che la vita non offre mai opportunità, ma solo scelte. “Città di Jinae, a Sud della Muraglia Rose!”.
“Perché sei qui?!”, urlò Shadis. Un lampo, sentendo il nome della Recluta, passò nei suoi occhi, ma scomparve immediatamente, cosicché nessuno lo notò.
“Per realizzare i sogni di mio fratello!”.
“È così?”.
“Sì!”.
“Dubito che riuscirai.”, mormorò l'istruttore cupamente.  
Per un attimo lo sguardo di Isaac si fece vago e pensieroso, poi si accese di testardaggine e ricambiò quello di Shadis. L'istruttore avanzò, soddisfatto quel tanto che bastava. Dentro di sé scuoteva la testa, quanti ne aveva visti così? Quanti fratelli, quante sorelle? Strappati alle loro famiglie dai giganti, convinti di sogni irrealizzabili. Però, una parte di lui, augurò al ragazzo di fare la differenza, di essere uno di quei pochi che riuscivano a portare a termine i loro obbiettivi.
Jean guardava verso il basso, preso dai ricordi. Il ragazzo assomigliava troppo al fratello, così tanto che il suo cuore gli faceva male. Avrebbe voluto parlare con lui, eppure i suoi piedi erano incollati al terreno, così come il suo sguardo. 
La presentazione delle Reclute continuò per un altro po'. 
Jean stava per andarsene quando sentì qualcuno avvicinarsi alle sue spalle, si girò, con la prontezza di riflessi tipica del soldato, e i suoi occhi si ritrovarono in due profondità nere simili a quelle che un tempo aveva tanto amato. 
“Tu sei Jean, vero?”, gli chiese Isaac.
Il giovane si ritrovò ad annuire, senza pensarci, senza pronunciare alcuna parola.
“Mio fratello parlava spesso di te, nelle sue lettere.”, gli riferì il ragazzo, con un sorriso aperto. 
“Come era?”, gli chiese Jean, guardando da un'altra parte.
“Vorrei dirlo. Era la mia famiglia... Ma ero ancora molto piccolo e, una volta ottenuto il reclutamento, abbiamo smesso di vederlo.”, rispose con tristezza Isaac. 
“Come era lui, eh?”, borbottò Jean. Il ragazzo puntò lo sguardo su di lui, ma egli non lo stava guardando. Era così assorto nei suoi ricordi, così tanti e dolorosi, così felici alcuni e così tristi altri. 
“A essere onesto era un cretino totale!”, sbottò. “Sempre a parlare di come dovessere essere bello e nobile servire il Re e dei giorni pieni di pace e merdate rosa.”.
Isaac lo ascoltava con un'espressione sconvolta, ma Jean non si fermò.
“Sinceramente, tuo fratello era un po' irrealistico... O questo è quello che ho pensato prima di incontrarlo.
Lui c'era sempre per te. Specialmente quando quel fottuto Jeager provava a rompermi le palle. Cercava sempre di aiutare gli altri, di essere okay, di far andare tutto bene con tutti, per tutti, e di renderli felici... Non potevi mai arrabbiarti con lui. Era l'unico sano di mente fra le persone su cui potevi contare. Lui era...”, e lì quel fiume di parole si spezzò. Qualcosa di caldo bagnò le guance di Jean, che per la prima volta guardò Isaac.
Il ragazzo stava piangendo.
“Lui era...”, provò, con voce spezzata.
“Oh, la ho! Lui era veramente eccezionale, no?”, gli chiese, sorridendo mentre le lacrime gli solcavano il volto.
Le lacrime iniziarono a sgorgare dagli occhi di Jean, che non potè più trattenere l'emozione. 
“Sì, lui era il migliore.”, confermò con un sorriso pieno di nostalgia.
Si ripromise, che prima di partire, sarebbe andato alla tomba di Marco a portargli dei fiori. 



La fanfiction è ispirata a delle fan art che girano da tempo su tumblr, quindi il merito dell'idea va tutta alla creatrice delle suddette vignette.
Cliccare su suddette o su vignette per raggiungere i blog di quelle che - credo - siano le autrici/l'autrice. 
   
 
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