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Autore: LoveChild    14/12/2014    1 recensioni
Questa storia ha partecipato al contest "Noi Amanti degli O.C. - Lunga vita al personaggio originale!" indetto sul forum da Emilia Zep classificandosi seconda. Il pacchetto scelto era il numero 18 "È una Tassorosso. Il suo professore preferito è Severus Piton. Sogna di sorvolare l’Atlantico su un manico di scopa come la famosa Jocunda Sykes. Ha una relazione segretissima con una delle Sorelle Stravagarie."
___
Dal testo "Amelia socchiuse le palpebre e respirò profondamente, come quando si preparava a volare; quando li riaprì la accolse uno dei sorrisi ammiccanti di Kirley, lui le prese la mano [...]"
Genere: Introspettivo, Sentimentale, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altro personaggio, Nuovo personaggio
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Altro contesto
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Questa storia ha partecipato al contest "Noi amanti degli O.C." indetto da emilia zep classificandosi Seconda
 
Nick sul forum e su EFP: LoveChild
Titolo: Amelia Shyheart
Rating: verde
Genere: Slice of life, romantico, introspettivo
Personaggi: Amelia (OC), Kirley Duke
Coppie (se presenti): Amelia/Kirley
Pacchetto: 18
NdA (facoltativo): all'interno del testo e alla fine della storia.

 

Amelia Shyheart 




Amelia era profondamente assorta nella lettura del suo libro preferito – Le mie memorie di Jocunda Sykes – quando Donaghan, tallonato da Perdita1, aveva fatto irruzione nella Sala Comune, le aveva letteralmente strappato il libro di mano e lo aveva sostituito con quattro spessi fogli di pergamena.
– Cos'è? – chiese perplessa Amelia, soppesando l'involto.
– Leggi! – Donaghan aveva gli occhi verdi che luccicavano come gli smeraldi nella clessidra di Serpeverde.
– Ma stavo rileggendo la parte in cui Jocunda sorvola l'Atlantico! – sbuffò Amelia, si rivolse speranzosa all'amica – Perdita, non puoi riassumere tu?
Perdita stava per rispondere, ma Donaghan la interruppe: – L'hai letto almeno venti volte! E comunque no, lo devi leggere da te.
La ragazza fece un respiro profondo, si risistemò sulla poltrona e si aggiustò una ciocca di capelli dietro l'orecchio. Cominciò a leggere pigramente la pergamena, poi ad un tratto i suoi occhi cominciarono a muoversi febbrilmente, leggeva le righe avidamente. Quando ebbe finito saltò su e cacciò un grido di gioia: – Vi hanno presi!
Tutta l'eccitazione che gli altri due avevano trattenuto scoppiò e tutti e tre cominciarono a parlare eccitatissimi di quell'inaspettata novità.
– Quando è arrivata? – chiese Amelia.
– Me l'ha spedita Myron
2 stamattina! Ne ha spedita una copia a tutti quanti!
– Quando è il concorso?
– Beh, questo sarà un po' un problema... – disse Donaghan aggrottando le sopracciglia – dovrebbe essere a maggio e...
– Kirley² ha i M.A.G.O. quest'anno. – mormorò Amelia.
– E Herman² i G.U.F.O. – aggiunse Perdita.
– Lo so, ma oggi ci incontreremo e ne discuteremo tutti assieme. Beh, voglio dire noi che siamo qui.– le rassicurò Donaghan.
– Myrion è sempre lo stesso! – disse Amelia stizzita – Pensa sempre solo a ciò che fa comodo a lui! Avrebbe potuto chiedere di inserirvi nel blocco di fine giugno!
– Dai, Amelia, probabilmente lo avrà chiesto e non sarà stato possibile...
Amelia guardò Donaghan con sguardo scettico: – Myron? Myron, che a luglio si è organizzato il viaggio in Francia per andare da Eugénie?
– Perché Myron va da Eugénie
3? – chiese ingenuamente Perdita.
Amelia e Donaghan le si rivolsero perplessi: – Perdita, ti ricordi la semifinale
4 per l'accesso alla Coppa del Mondo, quest'estate?
– Francia-Galles o Irlanda-Scozia?
– Francia-Galles.
– Sì, certo! Belvins si è quasi rotto l'osso del collo per provare la Finta Wronski e comunque non è servito a molto visto che Lescaut ha preso il Boccino...– Perdita si stava scaldando, il fallimento del Galles era per lei un punto dolente...
– Tutto giusto, Dita, ma non è su questo che volevamo attirare la tua attenzione. – le sorrise Donaghan – Credi che fosse un caso che Myron e Eugénie sparissero sempre nello stesso momento?
– Credevo andassero a cercare i legnetti per accendere il fuoco!
– Mai visti tornare con qualcosa che somigliasse a legno, ad eccezione delle bacchette? – suggerì Amelia.
– No.
– Ecco.
– Ah. – Perdita spalancò gli occhi. – Ohhhh!
– Già.
– Io esco, comunque. – disse Amelia.
– Così? All'improvviso? – chiese perplesso Donaghan.
Amelia fece spallucce: – Vado a cercare Tonks, ci dobbiamo mettere d'accordo per ripetere Pozioni... Poi credo mi metterò un po' a leggere, ci vediamo dopo.
Recuperò il libro che stava leggendo e, senza aspettare una risposta dagli altri due, sgusciò svelta fuori dalla Sala Comune di Tassorosso.
– Ma davvero Amelia vuole ripetere Pozioni con Ninfadora?– chiese attonito Donaghan.
Perdita annuì: – È molto coraggiosa, se si considera anche la storia del sorvolare l'Atlantico come la Sykes, mi viene da sospettare che il Cappello l'avrebbe dovuta mandare a Grifondoro...


Amelia, intanto, stava salendo a passi lenti e cadenzati la scala che l'avrebbe portata verso l'ingresso.
Dove si poteva essere cacciata Tonks? Quella ragazza era tremenda: quando facevano lezione di Pozioni avrebbe potuto giurare che il povero Piton fosse sull'orlo delle lacrime ogni volta che guardava nel suo calderone. Di sicuro l'aveva reso nevrastenico. Tutti dicevano che era Piton il problema: odiava chiunque non fosse Serpeverde. Amelia non la pensava così: Piton era un ottimo insegnante e con lei era sempre stato gentile. No, forse, gentile no; forse gentile era eccessivo, però sicuramente non le aveva mai tolto punti per principio e l'aveva sempre valutata per quel che valeva. Di sicuro, il fatto che il suo piano B nella vita fosse diventare pozionista l'aiutava.
Aveva sempre pensato che fosse per reazione alla sua fame di volo, al suo desiderio di stare sempre all'aria aperta, che l'idea di stare chiusa in una camera ricca dei vapori di un calderone le piacesse così tanto. Le piaceva pensare di poter preparare pozioni curative per poter aiutare i malati del San Mungo, ad esempio. Sì, preparare pozioni le piaceva tantissimo, e Piton aveva contribuito nel cementare questa sua passione, ma il volo... Ah, il volo era ciò che più la emozionava. Non il Quidditch, quello non la sconvolgeva particolarmente, le piaceva semplicemente volare.
Era arrivata nell'atrio e si permise una digressione nella sua ricerca; Amelia si diresse verso il lato opposto dell'ingresso, dove si trovava la scala di accesso per i Sotterranei, e si fermò accanto alla statua di Jocunda Sykes, chiuse gli occhi e carezzò con una mano la superficie di marmo gelido. Sorvolare l'Atlantico in manico di scopa. Avrebbe dato ogni cosa, pur di poter emulare Jocunda Sykes!
Quando era piccola, sua nonna Mirabelle le raccontava spesso di quella sua compagna di classe che aveva sorvolato l'Atlantico in manico di scopa e Amelia ne era stata totalmente affascinata. Uno dei giorni più belli della sua vita fu quello in cui Jocunda Sykes in persona passò a prendere un tè con sua nonna; ognuno ha il suo modello, quello di Amelia era Jocunda.
Ne era genuinamente stregata, forse perfino infatuata, tanto la idolatrava: niente l'avrebbe fatta più contenta di seguire le orme di Jocunda Sykes, tranne essere Jocunda Sykes.
Poteva già immaginare il vento frustarle il viso, mentre percorreva miglio dopo miglio la distanza che la separava da Torbay, l'oceano blu e immenso scivolare sotto i suoi piedi, il senso di solitudine e libertà che l'avrebbero pervasa durante il tragitto...
Poteva quasi sentire lo stomaco sotto sopra per l'emozione.
Come con Kirley.
Al pensiero del ragazzo spalancò gli occhi castani e poi aggrottò le sopracciglia. Kirley aveva diciassette anni, rischiava seriamente di diventare famoso e diplomarsi entro la fine dell'anno scolastico, mentre lei non faceva un passo e si limitava a trattarlo da amico.
Da quando l'aveva conosciuto, ad Amelia era sempre piaciuto andarsene a spasso con Kirley. Era intelligente e divertente, la facevano ridere le sue imitazioni e segretamente ammirava quel coraggio Grifondoro che lo spingeva ad atti pseudo-eroici. Non che fosse totalmente cieca: non le piaceva quando si trascinava dietro Herman, Donaghan, Gideon e Heathcote
5 nelle sue scommesse al limite dell'espulsione... Eppure non riusciva ad avercela con lui troppo a lungo, forse anche per il modo teatrale e per la scintilla furbesca che aveva negli occhi quando raccontava l'ultima bravata.
Amelia sbuffò e si avviò verso il parco. A volte ne avrebbe voluto parlare con Perdita... Non lo faceva mai, comunque. Non sapeva esattamente il perché, ma quel sentimento le sembrava effimero e, allo stesso tempo, scomodamente reale. Soffriva della tipica gelosia di chi ama qualcosa che non ha e quindi sente il bisogno di tenersi tutto per sé, anche il più piccolo fremito del cuore. Amelia si vergognava un po' per questo; sembrava quasi che Kirley tirasse fuori il lato più indulgente e meno squisitamente Tassorosso di lei. In modi che non conosceva, Kirley la teneva legata e la soffocava un po', ma forse era colpa sua. Stringendosi di più nel suo maglione, avendo ormai rinunciato alle sue ricerche e decisa soltanto a godersi il freddo pungente d'inizio ottobre, cominciò a vagare nel parco; i cespugli di erica cominciavano già ad assumere il loro tipico colorito rugginoso.
Forse era colpa sua se si trovava così tanto legata a Kirley, forse era il suo modo per non affrontare chiaramente ciò che voleva fare una volta finita la scuola. Non che non avesse già preso a suo modo una decisione, ma la presenza di Kirley in qualche modo la frenava; si poneva continuamente dei se: se lui mi amasse, se io partissi, se non potessi stare lontana, se lui non volesse, … Amelia sapeva ciò che voleva da sé stessa e dalla propria vita, soltanto faceva fatica ad accettarlo e Kirley rappresentava il suo alibi. D'altro canto, lui non aveva mai fatto riferimento a nulla di più di un'amicizia che potesse unirli... nonostante ciò Amelia continuava a sentire un resistente filo rosso
6 che la legava a lui.
Mentre seguiva il filo dei suoi pensieri scorse una chioma sfacciatamente rosa.
– Tonks! – Amelia attirò l'attenzione della ragazza agitando la mano.
– Oh, Amelia! – Tonks le fece un enorme sorriso, stringeva un manico di scopa in una mano.
– Non mi dirai che stavi svolazzando per il parco?! – le chiese Amelia con aria di rimprovero – Piton ti mangerà viva se farai esplodere il calderone, lo sai...
Ninfadora, però, le sorrise e la stuzzicò – Hai ragione. Però la giornata era troppo bella per non farsi un giro... – le punte dei capelli cominciarono a farsi rossicce.
– Lo so cosa stai facendo, Dora, non funzionerà.
– Vuoi approfittarne? – Tonks la ignorò e le porse il manico di scopa.
Amelia si morse il labbro e strinse a sé il libro della Sykes. Non doveva, avevano una pozione da preparare, non poteva...
– Oh, dai qua! – alla fine, quasi esasperata dal suo poco autocontrollo, afferrò il manico di scopa e diede a Tonks il libro e la bacchetta. – Dopo studiamo però! – urlò quando stava ormai guadagnando quota. Sentì in lontananza la risata di Ninfadora e vide i suoi capelli ormai rosso acceso.

 
***

Saliva in spirali concentriche, sempre più su, sempre più veloce. L'azzurro del cielo era sempre più luminoso, al punto da darle fastidio. Lei, però, continuava a salire. Sempre più su, sempre più veloce.
– Amelia, vieni giù! – la voce baritonale di Kirley la colse di sorpresa. Guardò verso il basso tentando di capire da dove la chiamasse, ma non riuscì a vedere altro che una distesa di acqua blu che scintillava sotto la luce del sole. Improvvisamente, perse il controllo della scopa e cominciò a precipitare, sempre più giù, sempre più veloce. Il vento le tagliava la faccia e Amelia vedeva solo la superficie piatta dell'acqua avvicinarsi. Quando, inevitabilmente, si schiantò la superficie s'increspò rumorosamente, poi si richiuse su di lei.


Amelia spalancò gli occhi e annaspò in cerca d'aria, come se l'oceano l'avesse inghiottita davvero; ci mise un po' prima di riprendere a respirare normalmente e abituarsi al buio del dormitorio. Si alzò dal letto, stando bene attenta a non far rumore, e alzò lo sguardo alla finestra circolare alla sinistra del suo letto
7. Era evidentemente una notte di luna nuova perché l'unica luce era quella fredda e fioca delle stelle.
Amelia si sentiva stanca, come se il volo che aveva sognato fosse stato vero; era un po' che faceva quei sogni, svegliandosi sempre allo stesso modo. Tornò verso il suo letto e cercò il suo orologio: era solo mezzanotte e cinque. Si stropicciò gli occhi e pensò al da farsi. Per una volta decise di abusare dei suoi diritti di Prefetto e optò per una cioccolata calda nelle cucine della scuola, a quell'ora gli elfi dovevano essere ancora svegli... Indossò la sua vestaglia blu polvere, infilò la bacchetta in una delle tasche e sgusciò fuori dal dormitorio. La Sala Comune era vuota, tranne che per Pallina, il gatto di Amber, che ronfava su una poltrona accanto al fuoco.
Mentre imboccava il cunicolo che l'avrebbe condotta nel corridoio, Amelia si chiese come ad Amber fosse venuto in mente di chiamare un gatto maschio e obeso Pallina. Pluffa le sarebbe sembrato più adatto...
Dopo essersi assicurata che né Pix, né Gazza o Mrs Purr fossero nei paraggi, si diresse verso le cucine, le quali distavano pochi metri dalla Sala di Tassorosso.
Amelia camminava trattenendo il respiro, ascoltava il silenzio come se fosse pronta a vederlo squarciarsi davanti a sé da un momento all'altro. D'un tratto, così concentrata sui rumori che non sentiva, trasalì nel vedersi riflessa in un'armatura. Si fermò, stupita, a guardare il suo volto, che appariva stranamente convesso, riflesso nella cubitiera. Non si guardava spesso allo specchio, o sarebbe meglio dire che non faceva molta attenzione a ciò che vi vedeva riflesso, così per la prima volta decise di osservarsi attentamente. La prima cosa che le venne in mente fu che si sarebbe potuta definire sbiadita. Tutti i suoi colori, eccettuati forse gli occhi, erano estremamente tenui. I capelli rossi, lo erano in modo discreto, di una tonalità così lontana da quella assunta dalla chioma di Ninfadora, giorni prima; la pelle era bianca, non pallida, ma nonostante fosse ricoperta di piccole efelidi non sembrava acquisire ai suoi occhi un'intensità maggiore. Amelia ricordava chiaramente di avere labbra e guance rosee, ma nel riflesso distorto che l'armatura le rimandava non riusciva a vederne traccia. Si sentì fastidiosamente esposta su quello spicchio di metallo e si chiese se ci fosse un modo per diventare intensa. Ninfadora era la persona più intensa che lei conoscesse, probabilmente aiutata dal suo essere un Metamorfomagus, ma anche Perdita, Amber e Eugénie erano intense, ognuna a proprio modo, perché lei non avrebbe potuto?
Amelia era certa di non essere sempre stata così... si allontanò dall'armatura come se si fosse scottata. Quell'essere così sbiadita doveva essere stato provocato da una causa esterna. Kirley. Lo stomaco le si accartocciò per l'ennesima volta quella notte. Possibile che quello che provava per Kirley, così attentamente tenuto nascosto, avesse trovato una via alternativa per sgusciare all'esterno? Doveva essere certamente così.
Si poggiò alla parete di pietra di fronte alla statua e chiuse gli occhi. Pensò alle grandi bifore che si trovavano ai piani superiori, immaginò di poggiare la fronte contro il vetro freddo, immaginò il sollievo e il brivido che avrebbe avvertito al contatto. Ad occhi chiusi poteva vedere le cime degli alberi ondeggiare leggermente al vento come se fossero dinanzi a lei. La voglia di librarsi sopra di loro le montò dentro.
Non sarebbe stato poi tanto difficile, si disse, appellare la sua scopa, salire le scale, spalancare una finestra e spiccare il volo...
No. Lei era una buona studentessa; sgattaiolare nelle cucine era un conto, rompere un migliaio di regole un altro.
Strizzò le palpebre con forza, come se fosse utile a scacciare desideri e paure, respirò profondamente e si diresse a passo svelto verso le cucine.
Ne riemerse tre quarti d'ora dopo, rinfrancata dal calore avvolgente della cioccolata, ma senza nessuna voglia di andare a letto.
Amelia ciondolava per il corridoio, indecisa fra l'avventurarsi in una camminata decisamente fuori luogo, o tornare in dormitorio, se non per dormire, quantomeno per evitare guai.
Fece il percorso all'inverso, finché non arrivò vicino all'entrata del suo dormitorio e controvoglia ripercorse il cunicolo che l'avrebbe portata in Sala Comune. La luce, nonostante fosse soffusa, la infastidì, dopo la semi oscurità del corridoio. Abbracciò con sguardo critico ciò che aveva intorno: avrebbe potuto sedersi a leggere, o semplicemente stare a fissare il fuoco, avrebbe potuto rivedere il compito di Trasfigurazione o quello di Pozioni, magari le era sfuggito qualcosa...
Si torse le mani con agitazione. No. Non sarebbe riuscita a stare seduta neppure un momento.
Amelia doveva volare.
Tenendo a freno il nervosismo per quello che aveva deciso di fare, appellò con voce bassa ma sicura il suo manico di scopa. Stava per uscire quando ci ripensò.
Un maglione.
Appellò anche quello, se lo infilò sulla vestaglia e uscì dalla Sala Comune stringendo spasmodicamente il manico di scopa per darsi coraggio.
Quando fu nuovamente nel corridoio buio, tese le orecchie per assicurarsi che non ci fosse nessuno, raggiunse le scale e cominciò a salire. Ebbe l'istinto di passare accanto alla statua di Jocunda Sykes, ma si trattenne. Attraversò l'atrio a passi leggeri e svelti, sempre più nervosa. Quando fu al primo piano si avvicinò alla prima finestra che si trovò davanti, l'aprì tentando di far meno rumore possibile. Il cigolio dei cardini le parve rimbombare fragorosamente per il corridoio, sentì quel suono metallico espandersi fino a raggiungere gli angoli più remoti della scuola; poté quasi vederlo, come una lingua, raggiungere punti di cui lei non conosceva neppure l'esistenza... ma nessuno venne.
Né Gazza, né Pix, né Mrs Purr, nemmeno uno dei professori.
Facendosi coraggio salì sul davanzale della finestra, si mise a cavalcioni della scopa e trattenne il fiato, pregustando il senso di vuoto che avrebbe provato alla bocca dello stomaco gettandosi nel vuoto.


Era meraviglioso, il freddo le pungeva ogni lembo di pelle lasciato scoperto dai vestiti, ma l'adrenalina scorreva così forte nelle sue vene che quasi non ci faceva caso, o semplicemente non le importava.
Impennava, virava, scendeva in picchiata, virava nuovamente e risaliva.
La notte era buia, ma bellissima. Tutto era bellissimo.
Sentiva l'euforia di librarsi, quando le sarebbe stato proibito, inebriarla, l'euforia di averla fatta franca, l'euforia di avere quel momento tutto per sé, senza che nessuno l'aspettasse a terra, senza che nessuno sapesse che stava volando.
Si spinse verso la sponda del lago opposta alla scuola, volando quasi a pelo d'acqua; poi salì più in alto, virò ad ovest e sorvolò la Foresta Proibita, fino a tornare nel parco. Sfrecciò sulle serre. Fece il giro della scuola, lambendo le cime delle torri, evitando cautamente quella di Astronomia; rallentò prendendosi la libertà di osservare tutte le merlature e gli elementi architettonici che dal basso non avrebbe mai potuto ammirare. Volteggiò su se stessa, si avvitò e continuò così, sfidando le regole e il suo buonsenso, ancora per un po'.
Quando, due ore dopo, tornò alla finestra un nodo le strinse lo stomaco: era chiusa.
Il panico stava per assalirla, quando una voce nella sua testa – terribilmente simile a quella del Professor Piton – le sussurrò irritata “Sei una strega, Amelia, non essere sciocca!”.
Amelia estrasse la bacchetta dalla vestaglia e sussurrò: – Alohomora!
Fu con sollievo che sentì lo scatto del nottolino.
Ripetette il percorso al contrario, circospetta, ma con una tranquillità che prima non possedeva.
Quando, dirigendosi al dormitorio, passò accanto all'armatura si specchiò volutamente nella cubitiera e con soddisfazione si accorse che guance e labbra erano rosa acceso. Ora sì, che era intensa anche lei.
Quando poggiò la testa sul cuscino, finalmente, si sentì piacevolmente risucchiata dal calore del letto e sprofondò nel sonno.

 
***


Amelia, poggiata allo stipite della porta della Sala Grande, osservava Kirley. Era steso sulla panca destra del tavolo dei Grifondoro, con un braccio a coprirgli gli occhi. Sarebbe potuto sembrare addormentato, ma il respiro irregolare e alcuni movimenti poco fluidi fecero capire ad Amelia che si stava solo riposando.
Amelia si chiese se non fosse suo dovere di Prefetto riprenderlo per quel comportamento fuori luogo, ma d'altro canto la Sala Grande era semi vuota e a nessuno pareva importare che Kirley l'avesse scelta per schiacciarci un pisolino...
Come le accadeva spesso nell'ultimo periodo, sentì le viscere contrarsi. Se le Sorelle Stravagarie avessero vinto il concorso, e Amelia non vedeva perché dubitarne, Kirley si sarebbe allontanato. Parlargli adesso, che male avrebbe potuto fare?
Si staccò di malavoglia dallo stipite e, stando ben attenta a misurare i suoi passi, Amelia si diresse verso il tavolo dei Grifondoro. Allungò una mano verso il polso di Kirley per scuoterlo piano, ma quando lo toccò lui scattò a sedere così repentinamente da farla sobbalzare.
– Cavolo, Milly, sei gelata! Sei sicura di essere ancora viva? – proruppe il ragazzo.
Amelia storse il naso al nomignolo e si limitò ad una scrollata di spalle, poi aggiunse – Ti dovrei parlare un attimo, ti spiace?
Con un movimento perfettamente simmetrico a quello di Amelia, Kirley scrollò le spalle, poi si mise a sedere, si stiracchiò e si preparò a seguirla.
Amelia lo condusse nell'atrio, arrivata accanto alla statua di Jocunda Sykes si fermò.
– Merlino, dev'essere una cosa dannatamente seria, se siamo vicino a lei! – disse Kirley con il suo sorriso ironico indicando la statua – Hai ucciso qualcuno e devo aiutarti a nascondere il corpo?
Lei arrossì e fece una smorfia strana, a metà fra uno sbuffo e un sorriso.
– Mi sono innamorata di te, Kirley.
Il ragazzo sbatté le palpebre un paio di volte, poi scoppiò in una risatina incredula.
– Lo trovi divertente? – Amelia assottigliò lo sguardo leggermente infastidita.
– No, è che...– Kirley mosse le mani in un gesto evasivo – Non me lo aspettavo ecco. – gli sfuggì un'altra risatina.
– Non è che ti stia chiedendo di metterti con me, o cosa... è che fra poco te ne vai... mi pareva giusto dirtelo. Non è che mi devi rispondere... Cioè, non è che fosse una domanda la mia...– Amelia aveva cominciato a dondolarsi nervosamente sui talloni e faceva vagare lo sguardo ovunque. Quella situazione oscillava tra l'imbarazzante e l'assurdo.
– Mi piaci pure tu.– la voce di Kirley era imbarazzata e quando Amelia alzò di scatto la testa all'affermazione poté godersi un insolito rossore sulle guance di lui – Non muovere la testa di scatto, sembri un gufo.
Risero entrambi, sollevati, poi Amelia si fece di nuovo seria:– Possiamo non dire niente agli altri? Loro fanno sempre domande... Solo per un po'...
– Amelia.
– Sì?
– Respira.
Amelia socchiuse le palpebre e respirò profondamente, come quando si preparava a volare; quando li riaprì la accolse uno dei sorrisi ammiccanti di Kirley, lui le prese la mano e insieme scesero qualche gradino.
– Sai, per il nostro personalissimo Statuto di Segretezza...– spiegò in tono faceto, per poi chinarsi a baciarla, impacciato.


 
***


I giorni erano passati; poi i giorni si erano tramutati in mesi, fino a diventare anni.
Kirley e le Sorelle Stravagarie avevano vinto il concorso e seguivano la loro brillante carriera musicale. Amelia lavorava presso una ditta che produceva pozioni e non volava più tanto spesso, sebbene lo sognasse ogni notte.
Amelia e Kirley stavano ancora insieme, eppure, dopo poco più di sei anni, non l'avevano ancora detto a nessuno.
Non che entrambi non professassero di volerlo fare, ma c'era sempre qualche motivo, qualche scusa, che impediva loro di farlo.
Così una volta era stata la notorietà di Kirley, un'altra i M.A.G.O. di Amelia, poi c'erano stati la fuga di Sirius Black e diversi altri Mangiamorte da Azkaban, il matrimonio di Donaghan
8, il troppo lavoro, il poco tempo e così via...
Non che i loro amici non avessero compreso ogni cosa da tempo, ma alla fine avevano smesso di porre domande e a volte pareva loro di essersi immaginato tutto.
Il sentimento adolescenziale che Amelia e Kirley avevano provato aveva finito, anziché rinforzarsi, per stingersi fino a quasi scomparire, affogato da un insieme di gesti consueti che si erano via via svuotati del loro originario significato.
I “Ti amo” erano divenuti meccanici, i baci sfuggenti, le carezze e il sesso distratti.
Probabilmente sarebbe continuato così lungamente, forse fino a che entrambi non si sarebbero trovati a morirne di noia, se non fosse accaduto l'irreparabile.


Amelia si era ritrovata, per motivi di lavoro, a recarsi dal suo vecchio insegnante di pozioni – e quale significato assunse quella parola, vecchio, quando Amelia se lo ritrovò di fronte.
Severus Piton non era, almeno anagraficamente, quel che si definisce vecchio, ma i suoi trentacinque anni erano stati sepolti da un cumulo di dolore e preoccupazioni a loro volta ricoperti da un viso arcigno. Non che Amelia ricordasse di averlo mai veduto sorridere, o che i suoi lineamenti le fossero apparsi veramente distesi, ma quando se lo ritrovò davanti, in quel sotterraneo umido e cupo a lei così familiare, non poté fare a meno di trasalire davanti a quel viso che non le parve altro che una maschera mortuaria.
Era ancora assorta nel suo groviglio di pensieri, quando passò accanto alla statua di Jocunda Sykes e fu uno sforzo non indifferente fingere di non sentire una fastidiosa sensazione alla bocca dello stomaco, così diversa da quella che sentiva prima di volare e così simile a un pugno dato con tutta la forza di un desiderio rancoroso.
Non furono però, né il suo professore, né l'effige della sua eroina a smuoverla.
Un moto di nostalgia la sospinse verso la Sala Comune di Tassorosso e fu mentre procedeva distratta che, come era accaduto anni prima, trasalì sgomenta.
Si rivide, ora come allora, riflessa nella cubitiera della vecchia armatura.
Sbiadita. E, 'sta volta, opaca.
Provò una forte repulsione verso quel malefico pezzo di metallo convesso che pareva votato a scombussolarla, rabbia verso quell'oggetto che, nonostante la sua statica vacuità, non faceva altro che mostrarle sé stessa, crudamente.
Sbiadita. Opaca.
Amelia non era il tipo di persona che agisse istintivamente. Valutava i pro e i contro con attenzione, per sé e per gli altri.
Amelia ponderava, ma il logorio di un amore stantio fu sufficiente a lasciare che il suo animo, squisitamente Tassorosso, scivolasse.
Fece ciò che negli anni di scuola non ebbe mai il coraggio di fare: seguì, contro ogni regola del buon senso, il corso di migliaia di scale finché non la condussero ad una delle torri; rubò, Appellandola, senza remora alcuna, la scopa di qualche ignaro studente, spalancò una delle finestre e volò.


Amelia volò di nuovo.
Volò in pieno giorno, sotto gli occhi di tutti, e si ubriacò ancora una volta con l'aria fresca, con le sensazioni travolgenti che il volo le donava.
Amelia volò, ma non si fermò.
Spinse la sua scopa, miglio dopo miglio, sempre più lontano.
Diresse con sicurezza il manico della scopa verso Keel
9.
Amelia non si fermò.
Eppure aveva studiato con attenzione il tragitto che ora stava finalmente percorrendo, l'aveva riprogrammato migliaia di volte...
Amelia sapeva che non ce l'avrebbe fatta.
Non aveva i vestiti adatti. Non aveva mangiato abbastanza. Dormito abbastanza.
Non conosceva il suo mezzo di locomozione abbastanza.
Buffo a dirsi, ma non conosceva abbastanza il viaggio che aveva sognato per una vita intera.
Amelia sapeva, ma volle ignorare l'evidente follia d'intraprendere un'impresa simile.
Amelia sapeva, ma la vita era noiosa e volare non lo era.
In fondo l'aveva sempre saputo che volare era l'unica cosa che la faceva sentire viva.
E quindi – quanto a lungo le era rimasta bloccata in gola quella domanda – morire sentendosi viva, era poi tanto peggio che morire essendo già morta, centinaia di volte, di noia?
Amelia volava, ma dopo qualche miglio quel piacere euforico cominciò a scemare. Certo il mare era meraviglioso, ma lei stava ricominciando a pensare.
Non era così, che l'aveva programmato. No.
Doveva essere qualcosa di estremamente bello, ripercorrere le tracce della sua eroina, ma ad Amelia veniva solo da piangere.
Non respirava più bene, il petto le pesava e quell'angoscia che l'affliggeva sembrava quasi tirarle vie le mani dal manico, costringendola ad allentare la presa.
Il vento le fischiava forte nelle orecchie e le gelava la testa.
A un tratto, direttamente dalla sua memoria sentì la voce baritonale di Kirley: – Amelia, vieni giù!
Lasciò che la scopa andasse da sola, che il vento le tagliasse la faccia, si lasciò precipitare senza opporre resistenza. Quando la superficie dell'acqua si fu fatta più vicina chiuse gli occhi, pronta all'impatto, ma l'impatto non venne.


Amelia non aprì gli occhi, ma seppe istintivamente che qualcuno la stava muovendo perché sentì il suo corpo scosso dai tipici sussulti dovuti al Levicorpus.
Tenne gli occhi chiusi per tutto il tragitto, e ancora per diverso tempo dopo che fu adagiata sulla terra ferma. Li tenne chiusi quando una coperta le fu poggiata addosso, quando le fu forzato un liquido caldo giù per la gola e quando sentì i passi di chiunque l'avesse portata indietro allontanarsi per non fare più ritorno.
Amelia non aprì gli occhi perché non voleva sapere, perché avrebbe dovuto ringraziare e, in fondo, non era sicuro di volerlo.
Quando si decise ad aprirli, si prese un momento per osservare ciò che aveva intorno. La vista del mare le provocò la nausea e non perse tempo a Smaterializzarsi a casa.

 
***


Amelia attese per molto tempo al buio del loro salotto, il proprio salotto, che Kirley tornasse a casa.
Quando lui rientrò, fu stupito nel vederla lì, immobile, a fissarlo con quell'intensità che fra loro ormai era inusuale.
– Io credo che dovremmo smetterla. – disse Amelia e fu con estremo sollievo che vide un sorriso sollevato aprirsi sul viso di Kirley.
– Già, lo credo anche io.
– Non è che io ti abbia tradito, o che non provi più affetto per te, ma non è più come prima... E io...
– Amelia, respira.
Si sorrisero l'un l'altra.
– Allora ok.
– Sì, ok. – Kirley sospirò – Ti scoccia se torno da me domani?
Amelia fece spallucce.
– Vado a prendere le lenzuola, allora, dormo sul divano.
Un risolino fermò il ragazzo – Una notte in più nello stesso letto non ci ucciderà. Fa troppo freddo per dormire sul divano, Kirley.
Amelia si alzò e gli prese la mano – Tanto io ci sarò sempre per te.
– Anche io, Amelia.

 
Fine 




 
Note:
1 Il primo è uno dei musicisti del gruppo Sorelle Stravagarie, la seconda è di mia invenzione. Ho scelto il nome Perdita perché il suo personaggio appare ne Il racconto di Inverno di Shakespeare, dove ce n'è anche uno di nome Hermione.
2 Componenti delle Sorelle Stravagarie
3 Personaggio di mia invenzione
4 Poiché sulla Harry Potter Wikia è riportato (riprendendolo da Pottermore) uno schema della Coppa del Mondo di Quidditch 2014 che ricalca perfettamente il modus operandi di quella calcistica, mi sono presa la libertà di supporre che anche l'accesso alla Coppa fosse regolato allo stesso modo. Le partite, così come i giocatori, sono di mia invenzione.
5 Altri componenti delle Sorelle Stravagarie.
6 Esiste una leggenda giapponese che racconta che le persone destinate l'una all'altra siano legate fin dalla nascita da un filo rosso, non importa ciò che facciano o dove vadano, prima o poi, grazie al filo rosso si ritroveranno.
7 Per la descrizione del Dormitorio di Tassorosso mi baso sulle informazioni trovate nella HPWikia, tratte da Pottermore. È locato sotto terra, ma ci sono delle finestre che permettono di vedere erba e denti di leone; mi sono presa la libertà di supporre che fossero stregate in modo da mostrare il tempo all'esterno, non foss'altro che vivere senza finestre sarebbe angosciante.
8 Secondo la HarryPotterWikia, nel 1995 su La Gazzetta del Profeta appare la notizia che Donaghan Tremlett, membro delle Sorelle Stravagarie, si sia sposato con una donna ignota.
9 Supponendo che Hogwarts si trovi in Scozia dalle parti di Kingussie e che Amelia debba arrivare a Torbay in Canada, ho eseguito i seguenti calcoli: Kingussie dista da Keel, in Irlanda, 770 km e quest'ultima da Torbay 3026 km, la distanza totale da Hogwarts a Torbay è di 3796 km. Non ci sono isole fra i due punti. Ho considerato che la velocità media della scopa appellata da Amelia sia di circa 160 km/h (viene detto che la Firebolt ha un'accelerazione da 0 a 150 mph, poco più di 241 km/h) quindi l'intero viaggio dovrebbe durare poco più di 23 ore. Le informazioni sulla velocità dei manici di scopa le ho prese da questo sito: http://en.wikibooks.org/wiki/Muggles%27_Guide_to_Harry_Potter/Magic/Brooms



Note Finali: Ho scelto di chiamare il mio personaggio Amelia per analogia con Amelia Earhart.
Non sono per nulla soddisfatta della seconda parte della storia. È evidente che l'ho scritta dopo troppo tempo e sopratutto in poco tempo. In più mi dispiace non essere riuscita a rispettare in pieno le caratteristiche del pacchetto.
Io ho la mia idea su chi sia l'ignoto salvatore, ognuno può scegliere il proprio, però.
Per quanto riguarda il finale, non volevo che si lasciassero così, ma avevo già deciso che l'avrebbero fatto. In realtà credo che si rimetteranno inseme, ma solo dopo molto tempo.



Giudizio

SECONDO CLASSIFICATO 

Lessico e stile 5/5
Ho apprezzato lo stile fluido, scorrevole.I dialoghi sono scoppiettanti e ironici. Le scelte lessicali sono molto precise e mai banali. 


Grammatica e sintassi 4.9/5 
Non ho trovato errori, a parte una svista su un congiuntivo 
“Possibile che quello che provava per Kirley, così attentamente tenuto nascosto, ‘aveva’ (avesse) trovato una via alternativa per sgusciare all’esterno?” 

Caratterizzazione dei personaggi 15/15 
I personaggi sono caratterizzati tutti piuttosto bene. MI sono piaciute molto le atmosfere di gruppo, le dinamiche fra gli amici, come nella prima scena in cui Amelia e gli altri sono nella sala comune. 
Amelia Shyheart, poi, l’ho trovata davvero un bel personaggio. Ha dentro di sé una spinta forte, dirompente direi. Ha un sogno ambizioso come quello di ripercorrere le orme della sua eroina Jokunda Sykes – ho apprezzato tantissimo lo spessore e la credibilità con cui hai dato vita a questo aspetto del personaggio – ha un’ aspirazione forte alla libertà, al volo. Allo stesso tempo però è una ragazza riservata, tanto che delle volte si ritrova a sentirsi sbiadita se perde di vista quell’altra parte di sé. Ho trovato molto interessante e credibile questo contrasto. E’ molto bello vedere un personaggio affatto esplosivo avere invece dentro, custodita, una miccia simile. Un cuore timido ma allo stesso tempo estremamente acceso. 

Utiliizzo del pacchetto 14/15 
Mi è piaciuto molto l’uso che hai fatto del pacchetto. Ottimo come hai costruito Amelia attorno al desiderio di sorvolare l’atlantico come Jokunda. Hai davvero dato vita a questo aspetto di lei. Hai costruito il suo sogno in maniera precisa, i luoghi e l’itinerario che vorrebbe percorrere. Hai reso molto bene le sensazioni che prova quando vola, in maniera sia fisica che interiore. Anche i momenti in cui scegli di farla volare sono sempre significativi. Ottimo come hai costruito i suoi ricordi sui racconti della nonna Mirabelle a proposito di Jokunda, così da farne veramente un sogno di bambina. Molto bello anche il ricordo in cui Jokunda si presenta all’ora del tè. Inoltre ho adorato che tu abbia scelto di chiamarla Amelia! 
Ho apprezzato anche come hai trattato la figura di Piton ma forse il rapporto fra lui e Amelia poteva essere raccontato un po’ di più anche perché ci sono dei dettagli interessanti che fanno immaginare che lui avesse davvero importanza per Amelia, come quando lei trova la finestra chiusa, ad esempio, e la voce nella sua testa che le dice” Sei una strega Amelia, non essere sciocca!” suona proprio come quella di Piton. Questo è un particolare molto significativo e mi piace immaginare che sia stato proprio lui il salvatore misterioso. E’ così? 
Per quanto riguarda l’elemento della relazione segreta con una delle Sorelle Stravagarie, mi è piaciuto molto come hai parlato di loro, come li hai descritti nei loro primi passi di un gruppo che nasce già dai tempi della scuola. La segretezza del rapporto fra Kirley e Amelia però mi è parsa un po’ fragile. E’ credibile all’inizio ma dopo sei anni appare un po’ inverosimile. Sono interessanti le motivazioni che hai dato e non credo che sia impossibile che possa accadere una cosa del genere però allora forse era necessario dare un po’ più di rilievo al problema. Due persone che condividono, tra l’altro, amici e ambiente, se si ritrovano a vivere una relazione segreta per sei lunghi anni, senza mai dirlo a nessuno, si trovano in una condizione molto molto particolare. Mi viene da pensare che ci sia un rifiuto a dare concretezza alla relazione (cosa che in effetti si evince dal tuo racconto) ma non solo perché a un certo punto intervengano stanchezza e monotonia ma anche per qualche altra ragione pregressa. 

Trama 8/10 
La trama mi è piaciuta, è costruita bene. E’ una storia delicata e introspettiva, portata avanti con profondità e una bellissima ironia. Forse ho sentito il finale un po’ veloce. Mi ha emozionato però moltissimo l’ultimo volo di Amelia, così disperato, quasi suicida da cui però rinasce a nuova vita, in un certo senso. Spero tanto che dopo quello ci saranno ancora altri voli e che riuscirà davvero prima o poi ad arrivare a Torbay a bordo del suo manico da scopa. 

Originalità e creatività 10/10 
Sei stata originale, creativa e hai avuto inventiva sia nella creazione degli O.C ma anche nel dare vita a personaggi della saga appena accennati come le Sorelle Stravagarie. Hai rifuggito i temi classici delle storie di questo fandom e hai aperto immaginari e personaggi nuovi, tutti molto interessanti. Complimenti. 

Integrazione coerente col mondo della Rowling e I.C. dei personaggi della saga 10 /10 
L’integrazione col mondo di H.P. è sempre coerente e portata avanti con originalità. Mi è piaciuto molto l’inserimento di Tonks nella storia, i commenti che vengono fatti su di lei così come il rapporto che emerge tra lei e Amanda. In generale ho notato una documentazione molto attenta e precisa di tutti gli elementi che si rifanno a J.K. Rowling e in molti casi anche una rielaborazione personale e interessante nel restituirli. 
   
 
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