Crossover
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Autore: ENS 2    15/12/2014    2 recensioni
Ci sono storie che vengono cantate attorno al fuoco delle taverne, gli avventori ben contenti di unirsi al coro. Ci sono storie cantate ad ampi pubblici silenziosi. Ci sono storie declamate a chiunque voglia ascoltare. Ci sono leggende. E questa è una leggenda che tutti conosceranno, e che nessuno avrà il coraggio di cantare. Perché non ne verranno mai più di migliori, e tutti avranno coscienza di essere stati salvati da un ragazzo. Senza neanche il cane.
Genere: Avventura, Commedia, Parodia | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Yaoi, Yuri | Personaggi: Anime/Manga, Cartoni, Fumetti, Libri, Videogiochi
Note: Cross-over | Avvertimenti: nessuno
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In una stanza molto ampia e molto buia c’erano cinque figure incappucciate in cerchio. Erano disposti su un enorme pentagramma disegnato col gesso sul pavimento e reggevano delle candele, l’unica illuminazione. Recitavano delle parole in una lingua incomprensibile.
Bussarono alla porta. Si voltarono verso il rumore, interrompendo il rituale.
La porta si aprì illuminando tutta la stanza: “Avete fatto?” chiese il nuovo arrivato, un uomo biondo piuttosto carino di nome Alistair.
Uno degli incappucciati, una donna, si arrabbiò: “No! Ci stiamo provando, se non ci interrompessi, imbecille!
Da dietro l’uomo sbucò una tizia in armatura “Come osi rivolgerti così al re!”
“No, è tutto a posto ser Cauthrien, davvero.” Alistair fece una faccia imbarazzata. “Scusate, non volevamo disturbare, adesso ce ne andiamo…”
Un’altra figura incappucciata, un vecchietto dallo sguardo affabile, disse: “No, tanto vale prenderci una pausa, è tutta la mattina che ci proviamo.”
I tizi incappucciati ruppero la formazione nel pentagramma e se ne andarono via dalla stanza, borbottando seccati chi più, chi meno.
“Giovanotto, perché non mi offrite da bere?” disse il vecchio sorridendo.
 
Dopo essere uscita da quella stanza buia ed essersi tolta quel mantello soffocante, Yuna si stava godendo il mercato della città seguita dalle sue guardiane. Quel rituale la seccava molto, ma ogni suo piccolo dettaglio faceva parte dell’incantesimo, persino quei mantelli pesanti e consumati erano intrisi di magia.
Era arrivata lì da due giorni e dopo mezza giornata in cui spaesata si era aggirata tra le varie tende improvvisate che riempivano quasi l’intera città, Rikku era tornata da lei con un affabile vecchio mago di nome Logan, che parlando con la bionda aveva scoperto che Yuna era una potente invocatrice e l’aveva reclutata per compiere l’invocazione. Certo, il rituale voleva cinque componenti ed avevano dovuto cacciare uno preso prima di lei, ma era solo una riserva.
Paine, una delle sue due guardiane, fece la faccia cattiva, tenendo una mano sull’elsa, ad un tizio che stava accanto a Yuna a guardare una bancarella. Quello spaventato si allontanò.
“Ma che fai?” le disse indignata Yuna. Paine era sempre nervosa ed aggressiva, ma così le avrebbe dato una pessima fama.
“Scusa” disse quella senza d’are l’impressione che le dispiacesse. “Questa città mi rende nervosa: troppo strana, e troppa gente.”
Yuna era d’accordo. Sigil era alienante. Ovunque persone dall’aspetto bizzarro, l’architettura ed i monumenti erano incomprensibili per loro ed alcuni angoli del mercato davano l’impressione di avere parecchi segreti. E la situazione attuale peggiorava tutto: le case erano strapiene di tutti coloro che erano venuti richiamati dalle divinità, tende improvvisate sorgevano un po’ ovunque e si vedeva gente di ogni risma. Ma non le sembrava un buon motivo per minacciare le persone.
Mentre guardava la merce di una bancarella (articoli da quattro soldi per maghi), una voce che conosceva la chiamò: era Rikku.
“Yunie!”
Per Yevon, la stava chiamando così in pubblico.
“Yunie!” Quella agitò rumorosamente le braccia per chiamarla e parecchi si girarono a fissarle. Yuna stava morendo d’imbarazzo, ma andò da lei. Accanto a Rikku c’era una donna che aveva conosciuto in quei due giorni: si chiamava Therru ed anche lei partecipava al rituale. Portava sempre un velo totale sul viso, probabilmente incantato per farle vedere chiaramente: luccicava di magia.
“Rikku, che vuoi?” chiese seccata Paine. Quella doveva proprio essere una brutta giornata per lei.
“Logan ci vuole tutti alla taverna! Vuole parlarci!”
“Quale taverna?”
Silenzio.
 
Per Therru quei momenti di genuino divertimento a cercare il locale, con quelle tre ragazze che erano chiaramente grandi amiche, fu piacevole. E triste, perché le riportò alla memoria la sua giovinezza, una giovinezza radicalmente diversa. Guardandole litigare e scherzare le faceva pensare ed immaginare a come sarebbe stato fare lo stesso quando era giovane.
Ma non aveva tempo per questo sciocche riflessioni. Avevano trovato la taverna e da fuori potevano già sentire Alistair fare una battuta e Morrigan lamentarsi. Entrate, Therru fu molto infastidita da tutte le persone dentro, seppur per una persona normale sarebbero persino sembrate poche. Apparte un paio di tavoli occupati, la taverna era tutta per loro, cosa strana con la calca in città. Ma per Therru quello era un grande disagio. Anche solo quella piccola forma umana era un disagio. Lei era un drago, una creatura di aria e fuoco. Aveva passato anni intrappolata in una prigione di carne, e dopo aver scoperto la sua vera natura neanche per una volta aveva voluto usare la sua magia per tornare umana. Si guardò le mani coperte da guanti. Ma era costretta: la stanza del rituale respingeva qualsiasi forma di magia che non fosse quella evocativa e come drago ne veniva annichilita. Persino gli elfi sentivano un lieve malessere entrandoci.
Elfi, poi.
 
Galadriel non era una donna presuntuosa e fredda come molti pensavano, ma certamente non apprezzava mostrare i suoi sentimenti a sconosciuti. E l’essere in una semplice taverna la straniva un poco, però ammise a sé stessa che una sensazione del genere non era positiva. Comunque, al suo tavolo non c’erano sconosciuti, ed anche se conosceva quelle persone da circa un mese erano suoi preziosi alleati e si stava comportando con più gentilezza del solito.
Al tavolo erano in sei, compresa lei, e con discrezione un paio di guardie di re Alistair giravano per la stanza guardandosi attorno. Quella donna, ser Cauthrien, invece si era piazzata al fianco del suo re e non lo perdeva di vista un attimo, forse neppure sbatteva gli occhi. … No, li aveva sbattuti adesso.
Logan diede un sorso al boccale e disse: “Grazie per essere venuti. Signorina Yuna, ci riuniamo per discutere di cosa stiamo sbagliando nel rituale” spiegò alla fanciulla dato che per lei era la prima volta.
“Sir Logan, in un intero mese cosa avete provato?” chiese lei.
La maggior parte di loro erano lì da un mese, i primi arrivati erano stati re Alistair ed i suoi seguaci dal suo mondo. Questo era anche il motivo per cui era lì anche lui: con il suo esercito si era occupato fin dall’inizio di tenere in ordine la zona e di proteggere il luogo del rituale. Chissà come ci riusciva senza che la Signora del Dolore, la padrona di Sigil, lo uccidesse. Probabilmente avevano un accordo. Poi avevano incontrato Logan, ed avevano iniziato a stilare i dettagli per l’incantesimo. Poi era arrivata lei. Alistair, nonostante non fosse un mago partecipava già da prima che lei arrivasse alle riunioni e Galadriel non si era lamentata. E comunque era piuttosto divertente, doveva ammettere. Certo, in realtà il re usava la magia: meditazione ed energie mentali per essere immune ad essa e sopprimerla e questo per Galadriel significava essere un mago, ed era anche discretamente esperto della teoria più convenzionale ma per qualche motivo lui e Morrigan litigavano sui maghi di continuo. Boh.
A rispondere a Yuna fu proprio Morrigan, quella strana donna dagli occhi feroci ed i vestiti che quando li aveva visti aveva strabuzzato gli occhi per tanta indecenza: “L’unica cosa che “loro” ci hanno detto è che dovevamo essere in cinque. Molto utile. Da lì abbiamo provato in molti modi: incensi, cerchi d’energia, formule di ogni tipo, gesti ed oggetti incantati. Abbiamo anche sacrificato degli animali.”
Yuna strinse leggermente le labbra. Doveva essere molto giovane.
“Nulla. Oggi abbiamo provato ad aiutarci con quegli orribili mantelli che un certo qualcuno” lanciò un’occhiata terribile ad Alistair “aveva comprato da un mercante che assicurava aiutassero a sincronizzare le anime.”
“Ehi, gli ho detto che l’avrei pagato solo se avesse funzionato: mica sono stupido!”
“Per me è una scusa.”
Ser Cauthrien guardò la mora molto male.
Per Galadriel tutto quello non era nuovo: già più volte si erano riuniti così a lamentarsi a vicenda di come nulla funzionasse. Galadriel aveva ottomila anni, e a giudicare da alcune storie che aveva sentito per Sigil da chi era venuto per la chiamata molte di quelle cosiddette divinità  che li avevano riuniti lì erano sia più giovani di lei che meno potenti. “Perché non proviamo a contattare gli dei per altre istruzioni?” chiese.
Gli altri la guardarono, compresa Therru. Galadriel poteva vedere sotto quel velo a causa di qualche strano contrasto tra gli incantesimi che vi erano infusi, fatto da qualche incompetente. Povera fanciulla.
“Perché ne sanno meno di noi” rispose sicuro Logan. Gli altri lo guardarono. “Questi dei” proseguì con una lieve insofferenza “ci hanno contattati in centinaia, da ogni angolo di questo grande Multiverso. La maggior parte di noi ha così scoperto con shock che non siamo soli, e che tra le pieghe dello spazio tempo siamo milioni e tutti diversi. Ci hanno detto che qui c’è il pilastro supremo di tutto il Multiverso, la base della realtà stessa. E che una minaccia infinita potrebbe spazzare tutto. Dunque ci siamo riuniti in città, a migliaia, ed a migliaia ogni giorno si aspettano che noi cinque andiamo da loro e diremo che abbiamo adempito alla volontà divina ed evocato colui che ci salverà.” Tranne Galadriel gli altri cinque lo guardarono dubbiosi, attratti dalla sua idea. “La verità è che hanno sì percepito una grande minaccia, o forse la vera entità suprema, poiché lo ammetto, i recenti sviluppi ed incontri mi hanno fatto accettare l’esistenza di un Dio, li ha avvertiti, e loro si sono gettati come mosche su una carcassa a cercare di comandare i mortali per far trovare loro una soluzione. E dalle molte storie che ho sentito in questo mese da i più disparati individui del Multiverso, è una cosa che fanno spesso!”
Nessuno controbatté. Galadriel era convinta delle sue parole, ed anche gli altri ne vedevano il senso.
La giovane invocatrice chiese: “Allora che faremo?”
Rispose Therru, cosa che faceva raramente. “Continueremo a provare.”
 
Io ero un ragazzo noioso, ed irritante. Ma queste cose le sapevo bene e non costringevo nessuno alla mia presenza, dunque speravo di essere considerato bene per questo. Da chi, dato che nessuno stava con me, non era dato saperlo. Nella mia mancanza di socialità stavo bene e non ero uno psicopatico untuoso e disperato in cerca d’attenzione. Avevo superato quella fase. Privo di cose da fare, di scopi e con lacunosi progetti per un futuro ancor più indistinto quel pomeriggio mi limitavo a godermi l’immeritato riposto steso sul mio letto, grattandomi la pancia in eccesso.
               Improvvisamente, sentii il pavimento freddo sotto di me. E parecchia puzza di gesso ed olio aromatico.
               “Sì, gli olii hanno funzionato! Signora Therru siete fantastica!” disse una giovane voce entusiasta.
               “Almeno non scivoleremo più camminando.” Era una donna. Mi sembrava di conoscerla… Ci fu un attimo di pausa. “Ma chi è questo? Quello è un pigiama?” Sembrava lievemente disgustata.
               Non era più il caso di grattarsi la pancia. Mi alzai in piedi di scatto, agitato, scivolai sull’olio, persi l’equilibrio e battei la testa. Buio.
  
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