Fumetti/Cartoni americani > I Pinguini di Madagascar
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Autore: Koome_94    15/12/2014    5 recensioni
Soldato ha diciannove anni quando si iscrive al primo anno del College più rinomato degli Stati Uniti.
Timido e impacciato, si troverà subito nei pasticci, costretto dal regolamento scolastico ad iscriversi a uno dei mille Club Studenteschi.
Skipper, capo e fondatore del Club di Spionaggio, vede la sua associazione a rischio soppressione a causa della carenza di iscritti. Assieme ai suoi fratelli gemelli, il geniale Kowalski e l'esplosivo Rico, troverà nella giovane matricola dallo sguardo ingenuo la leva giusta per salvare il suo club.
Ma il Club di Spionaggio affonda le sue radici in una storia torbida e pericolosa, una vicenda di vendette e ricatti nella quale il giovane Soldato rimarrà suo malgrado invischiato.
Chi sono i misteriosi Johnson e Manfredi, che sembrano tanto tormentare il passato dei tre gemelli?
E che ruolo avrà Hans, il misterioso studente del progetto di scambio con la Danimarca?
Chi è il nemico che trama nell'ombra in attesa di vendetta?
Ma soprattutto, riuscirà Soldato a sfondare il muro di paura e rimorsi che attanaglia il cuore del capo del più folle gruppo di spie che l'America abbia mai visto?
Lo scoprirete solo se rimarrete con noi, fino alla fine~
[Human!College!AU]
Genere: Angst, Azione, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Yaoi | Personaggi: Altri, Kowalski, Rico, Skipper, Soldato
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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_Until the End_












La Domenica era in assoluto il suo giorno preferito.
Non vi era nulla di più bello in tutto l’universo di restarsene a letto rincantucciato fra le coperte fino ad orari impossibili, leggendo o guardando la tv immerso nel buio, i raggi del sole intrappolati fuori dalle tapparelle e incapaci di filtrare nel suo piccolo mondo ancora assonnato.
Non che Soldato fosse un dormiglione, ma una volta sveglio gli piaceva rimanere ancora un po’ a letto, assaporando il calduccio delle coltri prima di affrontare l’ennesima faticosa giornata.
Perso nei suoi pensieri, si sistemò meglio il cuscino sotto la nuca e si rotolò un paio di volte per trovare una posizione sufficientemente comoda.
Quando qualche giorno prima aveva lasciato casa sua diretto al College dove avrebbe trascorso i cosiddetti “anni più belli della sua vita” si era chiesto se sarebbe riuscito a dormire, così lontano dalla famiglia.
In effetti, Soldato non aveva mai lasciato il suo paesino prima di allora, e ritrovarsi improvvisamente catapultato nel brulichio del campus era stato un pochino destabilizzante.
Come se non fosse bastata la novità di tutte le regole e gli orari da imparare a memoria, era capitato in stanza con un ragazzo decisamente inquietante.
Come lui, aveva diciannove anni ed era una matricola, ma sembrava che sapesse già tutto della scuola e di coloro che la frequentavano.
Mortino, questo era il suo bizzarro e improbabile nome, aveva dimostrato fin da subito di essere un coinquilino piuttosto logorroico, ma nonostante la sua insana venerazione per Julien, un tizio dall’aria imbecille del quarto anno, gli era stato dannatamente utile per districarsi fra i corridoi e le aule dell’enorme edificio scolastico.
Era stato Mortino a spiegargli come dovesse compilare il suo piano di studi, era stato Mortino ad accompagnarlo a cambiare la divisa scolastica che gli avevano assegato –la camicia tirava un po’ in corrispondenza dei bottoni- ed era stato sempre Mortino a ragguagliarlo sulla Giornata dei Club che si sarebbe tenuta l’ultima Domenica prima dell’inizio dei corsi.
Era previsto che ogni studente fosse iscritto a un club scolastico –Atletica, Orientiring, Lettura, Teatro…- e per aiutare le nuove matricole e gli indecisi ad iscriversi al club giusto si sarebbe tenuta una sorta di piccola fiera nella palestra della scuola, dove ognuna delle associazioni avrebbe avuto un proprio stand come punto informazioni; a giornata conclusa, gli studenti avrebbero avuto una settimana di tempo per decidere a quale club iscriversi.
Mortino sembrava avere già deciso ancora prima della Giornata dei Club, convintissimo che l’associazione più adatta per lui fosse quella che portava il nome “Amiamo Re Julien” –sul serio esisteva un club simile?-; per quanto riguardava Soldato, invece, non aveva la più pallida idea di che cosa scegliere.
Non aveva mai avuto qualità particolari, e nonostante fosse un tipo che andava abbastanza a genio alla gente, era in realtà molto timido e impacciato per quanto riguardava le nuove amicizie.
Domenica avrebbe fatto bene a svegliarsi presto e arrivare in palestra per tempo, di modo da poter studiare bene le proposte dei vari club.
Esalò un sospiro sconsolato, sopraffatto dalla fatica che gli si prospettava, salvo accorgersi con orrore di un particolare drammatico.
- Oh cribbio! –
Quel giorno era la fantomatica Domenica dei Club.
- Mort! Mort, che ore sono?! – esclamò, voltandosi di scatto verso il letto del compagno di stanza.
Con terrore crescente si accorse che il letto di Mortino era vuoto.
L’aveva abbandonato? Perché non l’aveva svegliato? Maledizione, che ore erano?
Ancora frastornato dal sonno, balzò in piedi e tirò le tende, lasciando che il sole già alto nel cielo entrasse con prepotenza nella stanza: una cosa era certa, le otto erano già passate da un pezzo.
Si lavò alla velocità della luce e si fiondò fuori da camera sua mentre ancora cercava di infilarsi una scarpa.
Saltellando come un ossesso, svoltò alla fine del corridoio pregando di non perdersi almeno quel giorno, la cravatta mal annodata che minacciava di strozzarlo e la camicia che continuava a uscire dai pantaloni.
Maledetto Mortino, gliene avrebbe dette quattro, il suo non era stato per niente un comportamento carino!
Scendendo gli scalini a due a due, finalmente riuscì ad annodarsi la cravatta in maniera decente e infilarla nel gilet. Nella fretta si era dimenticato di indossare la giacca verde petrolio della divisa scolastica, ma ai primi di Settembre faceva ancora caldo, non sarebbe stato un gran problema.
Fu al penultimo scalino che accadde la catastrofe.
Troppo impegnato a tirare verso il basso l’orlo del gilet di modo da nascondere la camicia, non si accorse che aveva mancato in pieno un gradino, posizionò male il piede e perse completamente l’equilibrio.
Al sentirsi il terreno mancare da sotto i piedi chiuse gli occhi e portò istintivamente le mani in avanti pronto ad ammortizzare l’impatto con il pavimento di marmo.
Peccato che ci fosse qualcosa fra lui e il pavimento di marmo.
Qualcosa di caldo, relativamente morbido e profumato di dopobarba.
Soldato spalancò gli occhi e avvampò: nella caduta aveva travolto un altro ragazzo, che adesso lo stava squadrando con un misto di odio e stupore negli occhi.
Aveva le iridi di una fredda tonalità di azzurro e i capelli neri come la notte erano sistemati all’indietro con l’aiuto di un po’ di gel. I suoi lineamenti erano abbastanza marcati, ma regolari e gli conferivano un aspetto maturo e intelligente.
- Oh cielo! Mi dispiace! – si decise infine ad esclamare, balzando in piedi e liberando lo sconosciuto del suo involontario ma saldo abbraccio.
Quello si alzò in piedi e si spazzolò la giacca della divisa, le guance appena arrossate dall’imbarazzo di una scena a cui avevano assistito almeno una decina di persone, poi gli rivolse uno sguardo di sufficienza.
- Matricola? Sbrigati, o ti fregheranno tutti i posti nei club più belli. – e, senza degnarlo di ulteriore attenzione, girò sui tacchi e se ne andò, le mani ficcate nelle tasche dei pantaloni e l’andatura un po’ troppo veloce per poter sembrare del tutto naturale.
Soldato, il visetto tondo infiammato dalla vergogna, si guardò intorno sorridendo imbarazzato, mentre gli altri studenti, svanito il momento di confusione, se ne tornavano alle loro faccende.
- Bravissimo, Soldato. Hai incominciato la tua carriera scolastica con la peggior figuraccia di sempre. – borbottò fra sé e sé quando fu rimasto solo nel corridoio.
Sospirò e si passò una mano fra i capelli e scese l’ultima rampa di scale che lo separava dalla palestra.
Nonappena ebbe varcato la grande porta antipanico si ritrovò in un ambiente immenso, rumoroso e colorato, dove studenti di tutte le età andavano e venivano con decine di opuscoli fra le braccia.
Gli stand erano dei tipi più disparati: alcuni erano sobri ed eleganti, altri molto artistici e pieni di fotografie e palloncini, alcuni invece erano semplicemente normalissimi banchi sovrastati da degli striscioni, segno che appartenevano a club appena nati e ancora privi di fondi da dedicare alla propaganda.
Dimentico di quanto appena successo, prese ad aggirarsi per la palestra con un grande sorriso di meraviglia sulle labbra, affascinato da quell’aria così ricolma di allegria.
- Soldato! Hey, Soldato! Eccoti qua! Dove ti eri cacciato? – la vocina stridula di Mortino lo fece voltare di scatto.
- Mort? Ma come sei vestito? – si sentì in dovere di domandare.
L’amico infatti non indossava la divisa scolastica, bensì una felpa spropositatamente enorme per il suo corpicino esile. Ad un’analisi più accurata Soldato notò che l’indumento, di un improbabile giallino che però si abbinava bene ai riccioli castani del ragazzo, recava stampata sul davanti una gigantesca J colorata e attorniata da un paio di cuoricini.
- Ti piace? E’ la felpa ufficiale del club “Amiamo Re Julien”! – spiegò quello con un sorriso soddisfatto.
L’altro inarcò un sopracciglio con la speranza che Mortino non si accorgesse della smorfia d’inquietudine che stava cercando di camuffare e annuì.
- E’… pittoresca. Ti sei già iscritto? – chiese poi, sperando di riuscire a cambiare discorso abbastanza velocemente.
Il compagno scosse la testa e lo prese per mano trascinandolo sapientemente fra la folla.
- Non ancora, le iscrizioni si aprono domattina alle otto. Però Julien mi ha già rivolto la parola! Guarda, gli sto portando il caffè! – cinguettò alzando appena il bicchierino di plastica che reggeva nella mano destra.
Improvvisamente, dal caos della palestra emerse uno stand gigantesco, completamente tappezzato di fotografie di un ragazzo alto e allampanato che Soldato riconobbe come Julien.
Ed era proprio Julien quello stravaccato senza la minima decenza su una pila di seggiole sistemate in modo da sembrare un piccolo trono.
- Oh, ciao! Le iscrizioni si aprono domani! Mi raccomando, il club si chiama “Amiamo Re Julien”. Ricordati di scrivere anche “Re”, non solo “Julien”! – lo accolse senza nemmeno chiedere come si chiamasse o presentarsi a sua volta.
Mortino veleggiò verso di lui e sembrò non notare nemmeno che lo studente lo aveva bellamente ignorato, interessato solamente al fumante bicchierino di caffè.
- Ehm, grazie… Ma io, ecco… pensavo di dare un’occhiata intorno prima di… - azzardò il povero Soldato, prontamente interrotto da Julien, sventagliato da un tizio bassino e grassoccio probabilmente fuori corso di un bel po’ che sembrava voler essere ovunque tranne lì.
- Facciamo un sacco di bellissime attività! Tipo “ammirare Re Julien” o “comporre odi in onore di Re Julien” o anche “dipingere ritratti a cavallo di Re Julien” e… - ma Soldato, terrificato da quell’ego dilagante, fece un balzo indietro e, con un sorriso tesissimo, salutò e sparì fra la folla.
- Magari ci faccio un pensierino! – fu l’ultima cosa che gli sentirono dire allo stand.
Nell frattempo, dalla parte opposta della palestra, un ragazzo alto e magro con una sottile montatura d’argento stava cercando di sistemare quattro fogli A4 incollati fra di loro in cima all’intelaiatura del loro stand.
Il cartello improvvisato recava la scritta “Club di Spionaggio”, in cui le O erano rappresentate da enormi lenti d’ingrandimento.
- Rico, dammi una mano invece di startene lì impalato a… RICO! MOLLA IL PROGRAMMA! – il giovane balzò giù dalla scaletta e strappò un plico di fogli di mano al suo compare giusto in tempo perché non divorasse il prezioso mucchietto di cellulosa.
Il ragazzo, di poco più basso dell’occhialuto, emise un mugolio dispiaciuto e si lasciò cadere a peso morto su una seggiola.
- Come pensi che riusciremo a fare proseliti se non avremo nemmeno un programma da presentare? – lo redarguì ancora il compagno.
A quel punto una terza voce si fece sentire allo stand.
- Rilassati, Kowalski. Intanto nessuno si iscriverà al nostro club… -
Kowalski rizzò la schiena e spalancò gli occhi.
- Ma Skipper! – protestò, spiazzato da quella frase sconsolata.
Skipper, il più basso dei tre fratelli del Club di Spionaggio, raggiunse la seggiola più a sinistra e vi si lasciò scivolare sopra con appena un poco di grazia in più rispetto a Rico.
Sbuffò e indicò con un cenno della testa gli altri stand.
- Siamo onesti, quelli del Consiglio Studentesco hanno ragione! Questo club è un fallimento, fa schifo, e ormai siamo rimasti solamente noi. E lo sapete benissimo che se non troveremo un quarto iscritto entro la prossima settimana ci taglieranno i fondi e ci costringeranno a chiudere la baracca… -
Dopo che ebbe parlato calò un profondo silenzio alimentato dalla verità insita in quella frase.
Skipper aveva ragione, in quei due anni il Club di Spionaggio aveva sempre faticato a resistere, schiacciato dalla popolarità delle altre associazioni –in primis quella di Julien-, e nonostante lui e i suoi fratelli fossero abbastanza conosciuti all’interno del campus, nessuno sembrava davvero intenzionato ad unirsi a loro nelle attività extrascolastiche.
Il giovane spostò lo sguardo dalla palestra addobbata ai suoi compagni di sventura, lasciandosi sfuggire un piccolo sorriso di malcelato affetto nel ripensare a quanto, nonostante fossero gemelli, fossero completamente diversi per carattere e aspetto.
Kowalski, alto e studioso, era il più vecchio dei tre, e gli occhialetti dalla montatura sottile e i capelli sempre impeccabilmente pettinati da un lato mettevano in risalto il lato più preciso e puntiglioso della sua disposizione.
Poi c’era Rico, espansivo e solare, che un giorno aveva scoperto il rasoio elettrico nel cassetto del bagno e aveva deciso di farsi i capelli alla mohicana senza avvisare nessuno. Era il più giovane del trio, e nulla sembrava poter fermare il suo carattere esplosivo.
E poi c’era lui, Skipper, il gemello di mezzo. Con la leadership nel sangue, si era sempre occupato di prendersi cura dei suoi fratelli –specialmente di Rico- e non aveva mai accettato di doversi arrendere di fronte a qualcosa di più grande di lui.
Quella volta, purtroppo, avrebbe però dovuto imparare a chinare la testa.
- Skipper, non dirlo nemmeno per sogno! E’ scientificamente impossibile che nessuno scelga nostro club, considerando il numero di matricole iscritte al College ogni anno! Vedrai che prima o poi qualcuno prenderà un volantino e firmerà il modulo! –
La voce decisa di Kowalski fu accompagnata da una sonora pacca sulla spalla da parte di Rico che fece quasi piombare Skipper giù dalla sua sedia.
Il più giovane emise una serie di convinti gorgoglii fra i quali si riuscì a distinguere un “verranno” e un “coraggio”.
Skipper rivolse ai suoi fratelli un sorriso di gratitudine e portò le mani sulle loro spalle.
- Avete ragione, è ancora presto per gettare la spugna! – esclamò, ora più carico che mai.
Due ore dopo, quando  la folla stava scemando lentamente verso la mensa decisa a rifocillarsi prima di riprendere l’esplorazione della fiera, allo stand del Club di Spionaggio non si era ancora presentato nessuno.
Kowalski se ne stava seduto in mezzo ai fratelli, tutto intento a studiare una formula per calcolare i numeri primi all’infinito; alla sua sinistra, il gomito a fare perno sul banco e una mano a sorreggergli il capo, Skipper si stava annoiando come mai in vita sua, concentratissimo a scacciare i pensieri negativi contando le viti dell’intelaiatura dello stand di fronte al loro.
Solo Rico, irriducibile come suo solito, continuava a sventolare bandierine ricavate da fogli A4 da lui colorati con una scatola di pennarelli che aveva soffiato a quelli del Club di Arte.
- Rico, cosa diamine stai facendo?! – esclamò Kowalski dopo qualche minuto nell’accorgersi che il più giovane aveva preso a mitragliare i passanti con aeroplanini di carta da lui costruiti.
Quando gli sventurati osavano rivolgere loro lo sguardo, il ragazzo iniziava a sbracciare urlacchiando frasi inconsulte farcite di “CLUB!”, “QUI!” e “GHEGHE!” che terrorizzavano l’uditorio.
Skipper stava per intervenire e sedare l’entusiasmo del fratello, quando accadde qualcosa di imprevisto.
Uno degli aeroplanini di Rico andò a impigliarsi nei capelli di un ragazzo, che lo prese fra le mani e lo osservò incuriosito.
Guidato dai borbottii e dagli urletti dell’attentatore, individuò lo stand del Club di Spionaggio e vi si diresse a grandi passi.
- Ciao! Questo deve essere tuo! – sorrise con dolcezza nel riconsegnargli l’origami.
Rico annnuì e gli strinse la mano, accartocciando l’aeroplanino e gettandoselo alle spalle come se niente fosse.
- SPIE! CLUB! – esclamò, indicando freneticamente il cartellone improvvisato sopra le loro teste.
La matricola lesse con attenzione e annuì.
- Sembra interessante! Avete un programma? – domandò, mentre Kowalski gli consegnava il plico di fogli che ancora recavano il segno della dentatura del fratello minore, l’espressione a dir poco sconvolta.
Davvero quel ragazzetto aveva definito il loro club “interessante”?
Lo osservò attentamente mentre si mordicchiava il labbro inferiore, concentrato nella lettura.
Non l’aveva mai visto prima, doveva per forza essere una matricola, ma il visetto tondo incorniciato dai corti capelli scuri e la bassa statura lo facevano sembrare ancora più piccolo della sua età.
Si voltò per richiamare l’attenzione di Skipper, ma quello era già concentrato sullo sconosciuto, gli occhi spalancati di incredulità.
Aveva già visto quelle innocenti iridi color del cielo e quel sorriso delicato.
Non poteva essere.
Non voleva crederci.
Il ragazzino terminò la lettura e restituì il programma a Kowalski complimentandosi per la varietà delle attività proposte.
- Niente male, e se volessi iscrivermi dove dovrei consegnare il modulo? – domandò, ma Kowalski sembrava aver perso l’uso della parola, sconvolto dalla concreta eventualità di poter mantenere in vita il club.
Rico fece spallucce e indicò il loro capo e solo a quel punto la matricola notò che allo stand vi era un terzo elemento.
Le sue guanciotte paffute andarono a fuoco, mentre si irrigidiva in preda al più feroce imbarazzo.
- Oh cielo! – si lasciò sfuggire, leggermente stridulo.
Skipper gli rivolse quello che forse voleva essere un sorriso rassicurante, ma che parve molto di più un ghigno malefico.
- Buongiorno, matricola! Le iscrizioni si aprono domani, il modulo devi portarlo a me! – spiegò cercando di mantenersi tranquillo e celare la sua agitazione.
Forse quello era il loro giorno fortunato, forse sarebbero riusciti a slavare il club anche quella volta: il ragazzino che Rico aveva recuperato era proprio lo stesso che lo aveva travolto quella mattina in corridoio.
E questo significava che era in debito con lui.















 
Note:

Buonasera a tutti!
Innanzitutto grazie per aver letto questo capitolo fino in fondo!
Siamo Koome e questa è la nostra prima -e probabilmente ultima xD- fanfiction nel fandom dei Pinguini di Madagascar.
Avendo ignorato la serie tv per tutta la nostra infanzia perchè siamo tendenzialmente due sapiens estremamente stupidi, ci siamo completamente innamorate dei pinguini dopo aver visto il film.
Questo ha significato, fra le altre cose, shipping sfrenato e full immersion nella sopracitata serie tv.
Ne è uscita questa piccola follia.
Abbiate pietà.
Insulti, bombe ad orologeria e commenti di sorta sono più che apprezzati! xD <3

Bacioni,
Koome_94

 
   
 
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