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Autore: KH4    16/12/2014    4 recensioni
Poteva farcela per qualche ora, certo, ma l’incrinatura apertasi nel suo cuore rischiava di tingere quell’amicizia tanto cara di tonalità false a ogni sguardo negato o sorriso forzato, con l’anima a supplicare di non avvicinarsi, impreparata e piena di colpa nei confronti di quell’amico che non poteva sapere – come lei, in fondo – quanto si fossero evolute quelle piacevoli e semplici sensazioni derivate dal comune aiutarsi. Non la entusiasmava, soprattutto perché non vi era possibilità per lei di nascondersi dietro muraglie impenetrabili, troppo facile da interpretare con quei suoi grandi occhi rossi che Kaa-chan le aveva regalato e c’era da stupirsi alquanto che Astral, ancora, non si fosse accorto di nulla.
 
Note: Gender Bender.
Genere: Generale, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Asutoraru /Astral, Yuma/Yuma
Note: nessuna | Avvertimenti: Gender Bender
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Il beneficio dei fulmini.
 
 
Quella notte il cielo aveva qualcosa di insolito. Astral lo osservava da una mezz’ora abbondante senza convincersi del contrario. Il manto sopraggiunto al calar del sole non possedeva alcunché  della limpidezza bluastra sprizzante piccoli luccichii diamantini; era fuligginoso, sporco e bitorzoluto, con nuvole plumbee altrettanto anomale da cui uscivano rami dall’imperiosità abbagliante che cadevano all’ingiù con fragore assordante. La prima volta lo avevano fatto sobbalzare fra le pareti  interne della Chiave dell’imperatore, l’eco sparso in ogni cunicolo a farne vibrare il metallo dorato. Colpi simili non rammentava di averli mai uditi, in quelle poche memorie appena riottenute: al loro passaggio, il cielo si tingeva di sfumature chiare, un indefinibile mistura che culminava con l’esplosione di cento botti concentrati in un unico colpo solerte trascinarsi per diversi secondi. Ne aveva contate otto, intuendone la caduta semplicemente osservando i fugaci bagliori che guizzavano fra le pieghe delle nuvole, ma c’era dell’altro che ne corrugò la fronte luminosa. Il vento pigiava contro il vetro della finestra con fare agitato, i lampioni della stradina si erano spenti all’unisono e il frusciare delle chiome appartenenti agli alberi lì attorno danzava all’impazzata. Stava per succedere qualcosa.

-
Yuna? Yuna, svegliati. – Da sotto un ammasso di coperte disordinate con i bordi a sporgere dall’amaca, si udì un mugugnare infastidito accompagnato da un movimento lento.
Il Numero Originale non demorse, chinandosi maggiormente sul mucchio di stoffe colorate e riprovando con voce più alta - Yuna? Yuna? –

- Per amor del cielo, Astral… - Una testolina dalle lunghe ciocche scarlatte, spiccanti in mezzo a una chioma arruffata e inchiostrata di pece nera, emerse con sbuffo esasperato – Quante volte dovrò chiederti… -
- C’è qualcosa di strano, fuori – Repentina, la creatura indicò la finestra – Il cielo ruggisce. –
- Il cielo ruggisce… - La lingua impastata di lei biascicò le parole con le palpebre a sbattere ripetutamente per mettere a fuoco la semi-ombrosità della stanza.

Meglio verificare di persona e sventare il pericolo prima che il treno per il mondo dei sogni la lasciasse con un pugno di mosche in mano e fosse costretta a salire su quello dell’Ora dei Quesiti, accompagnata da un potenziale intento omicida che già ballava a ritmo della sua pazienza drasticamente dimezzata. Fatte volare le coperte, i piedi nudi toccarono il pavimento di legno lustro rabbrividendo per il gelido contatto. Si concesse un attimo per passarsi una mano fra i capelli, scostandosi dalla guancia alcune ciocche impiccione per poi volgere gli occhi rossi e assonnati verso la finestra dell’attico, sprovvista di tende e inferiate.

Heartland City si mostrava al mondo come un reame dalla magica artificialità, risplendendo di perenni luci arcobaleno estranee al riposo o a un’intensità minore di quella tipica della periferia affacciata sull’oceano, coricata invece in una piacevole quiete che le persone nate in quei quartieri frenetici non sarebbero mai state in grado di apprezzare pienamente.


- Ecco, guarda! –Un bagliore comparve sulla destra e l’indice di Astral lo puntò perché Yuna non mancasse di osservarlo.  
- E’ un fulmine –, sbadigliò lei, dopo che il frastuono da esso creato si fu placato - Sta per scatenarsi un temporale. –
-
Un temporale? –
- Una pioggia molto forte. Ogni tanto capita. - Già da sveglia contraeva serie difficoltà a spiegarsi se l’argomento era complicato e Astral non le dava tregua con ragionamenti di cui a stento capiva il capo, figurarsi in piena notte, dove le poche energie accumulate servivano per connettere cervello e gambe al fine di farle raggiungere la cucina – caso mai le fosse venuta sete - senza finire a testa in giù dalle scale.  

Si strofinò gli occhi con l’ampia manica della maglia giusto per dare un’occhiata alla stradina sotto casa sua e alla città che svettava orgogliosa con gli alti grattaceli incuranti del clima rabbioso. L’indomani si preannunciava tetro, dall’aria profumata di erba umida e i marciapiedi a zampillare d’acqua piovana che i tombini avrebbero sicuramente rigettato per l’essere già di loro troppo pieni.

Un ragione più che valida per reimpostare la sveglia – anzi, impostarla - su un orario che le permettesse di alzarsi, lavarsi, fare colazione e andare a scuola senza ridursi agli ultimi cinque minuti, dove il rituale mattutino si concentrava in una corsa a perdifiato con una fetta di pane imburrato incastrata in gola, la testa conciata come se le fosse esploso un petardo in faccia e la striminzita gonna rosa della divisa – anzi, lo stramaledetto straccetto di un colore che neppure le piaceva - a mostrare quanto invece preferiva coprire con i suoi amati e comodissimi pantaloncini bianchi, ma anche imponendoselo mentalmente, a Yuna sarebbe bastato udire lo scrosciante picchiettare della pioggia contro l’asfalto per abbracciare il cuscino, girarsi dall’altra parte dell’amaca e concedersi altri cinque minuti di comodo e caldo sonno – che poi sarebbero diventati dieci, quindici, venti... -

Un nuovo fulmine squarciò il tetto del mondo con frastuono accartocciato, schiantandosi lontano. Le lancette grassocce e rosse della sveglia segnavano le 02.45 del mattino, con la sottile stanghetta dei secondi a ticchettare impercettibilmente. L’idea di attraversare la città con l’acqua a batterle sulla pelle intirizzita dal freddo ne stava già facendo sprofondare l’umore nell’apatia, con la tragica certezza di arrivare a destinazione con la parte inferiore della divisa appiccicata alle cosce. Un minimo di buon senso le avrebbe fatto prendere in mano la sveglia e regolarla con la giusta manciata di ferma volontà ad andare contro i suoi ritmi mattutini, fintanto che l’intenzione ardeva intensamente, ma una rapida occhiata all'amico venuto dalle stelle mise da parte quel pensiero insieme ad un paio di sbadigli.

Astral stava scandagliando le increspature delle nuvole cercando di coglierne le flebili luminescenze per così prevedere la caduta dei fulmini, le braccia incrociate al petto dove i diversi tribali smeraldini ne decoravano l’intero corpo di cristallo semi-trasparente e gli orecchini d’argento a pendere dai lobi appuntiti. La vigilanza con cui osservava e analizzava l’ambiente a lui ancora ignoto si teneva ben distante dal toccarne le particolarità senza prima essere sicuro che queste non potessero nuocergli, gli era fondamentale comprendere se una cosa fosse da ritenere pericolosa o meno. Quei lampi saettanti erano affascinanti, qualunque manifestazione della natura riceveva un incondizionato rispetto da parte del duellante, tuttavia il loro esagerato fragore ne faceva fremere i lineamenti del viso con spasmo involontario, non certo un segno positivo.


- Non ti piacciono, vero? – Sorrise Yuna, inclinando la testa in avanti. Si riferiva ai fulmini.
- Sono molto rumorosi -, affermò lui senza distogliere lo sguardo – Anche da dentro la Chiave dell’Imperatore riesco a sentirli. –

Si asteneva dal conferire un giudizio definitivo, tuttavia il filo di tensione che si innalzava al loro frastuono parlava chiaro; Astral aveva imparato a conoscere il significato della paura, sia nelle sue forme più blande che in quelle più devastanti, attribuendole un volto chiaro e distintivo che gli conferisse un maggior controllo delle proprie azioni, ma la ragazza, con un quantitativo di esperienza corposa quanto bastava da farle affermare con assoluta sicurezza che quel rombare avrebbe tenuto in piedi l’amico per le restanti ore notturne, era di mentalità più semplice e spiccia, con un’idea che – nonostante l’inconscio le stesse urlando di non attuare – avanzò ugualmente.

- Se non riesci a prendere sonno…Puoi sdraiarti insieme a me –, gli propose gentilmente, guadagnandosi l’attenzione stupita dell’amico – che fortunatamente non fece caso al leggero imporporarsi delle sue gote. -
- Ma io ho già un posto dove riposare. – Indicò il monile dorato che la corvina portava al collo.
- E’ solo per una notte, per farti prendere confidenza con i fulmini. – La corvina agguantò le coperte di troppo deponendole a terra, salvo una che lisciò per bene – La mia amaca è grande a sufficienza per tutti e due. -
-
Non voglio invadere il tuo spazio personale. – Non era un “Si”, ma nemmeno un “No”.
- Le eccezioni esistono per questo. Coraggio. – Lo incitò a sedersi, dando un paio di colpetti delicati alle corde col palmo della mano.
- Posso sul serio? –
- Basta che tu non mi chieda più nulla fino a mezzogiorno. –
- …D’accordo. – Allontanandosi finalmente dalla finestra, il Numero Originale planò dolcemente sull’amaca, distendendosi a pancia in su con le mani lasciate a ricadere lungo i fianchi e lasciandosi coprire da Yuna. Che percepisse o meno il calore della stoffa per lei non aveva rilevanza, il suo era un gesto puramente affettivo, attuo a dissipare quel fastidio in favore di un riposo ristoratore per entrambi.

Poteva farcela per qualche ora, si disse con un sospiro di auto-incoraggiamento, e una volta chiusi gli occhi non avrebbe dovuto fare altro che lasciarsi scivolare, con l’onda del sonno a sospingerla verso il largo. La convivenza con Astral oramai aveva consumato l’iniziale ridicolaggine per sfociare in una naturalezza che non dava più peso a chi la coglieva di sorpresa a parlare col vuoto. Ma bastava poco perché l’equilibrio si rompesse, un suo valicare quello spazio personale – così come lo aveva definito lui -, per smorzare le sicurezze e le difese che puntualmente la zittivano e spingevano a rintanarsi in se stessa per non dare a vedere qualcosa che perfino a lei non era del tutto noto.

Era legata ad Astral in più modi di quanti ne avesse immaginato all’inizio, vincoli sottili più dei capelli che le attorcigliavano le dita durante un attacco di nervosismo, importanti singolarmente quanto uniti e di un pregio da cui trasparivano sentimenti ora velati da una confusione che miscelava l’amicizia a domande mai poste prima, istanti dove la mente si soffermava troppo a lungo su ogni momento trascorso insieme,  cancellando i restanti quasi fossero di troppo.

Poteva farcela per qualche ora, certo, ma l’incrinatura apertasi nel suo cuore rischiava di tingere quell’amicizia tanto cara di tonalità false a ogni sguardo negato o sorriso forzato, con l’anima a supplicare di non avvicinarsi, impreparata e piena di colpa nei confronti di quell’amico che non poteva sapere – come lei, in fondo – quanto si fossero evolute quelle piacevoli e semplici sensazioni derivate dal comune aiutarsi. Non la entusiasmava, soprattutto perché non vi era possibilità per lei di nascondersi dietro muraglie impenetrabili, troppo facile da interpretare con quei suoi grandi occhi rossi che Kaa-chan le aveva regalato e c’era da stupirsi alquanto che Astral, ancora, non si fosse accorto di nulla.


- Yuna? –
- Gli voglio bene, gli voglio bene, gli voglio bene, gli voglio tanto, tanto, tanto, ma taaaanto bene…! – Non lo faceva apposta, era più forte di lui e lo sapeva, diamine se lo sapeva! Ma col trascorrere di sei notti su sette, tutte le sante settimane - e con i neuroni a minacciarla di un suicidio collettivo -, stava quasi cominciando a prendere in seria considerazione l’idea di strangolarlo – Che cos’altro c’è adesso…A-Astral! Che fai?!? -

Mancò poco che la ragazza cadesse per terra al riscontrare la troppa vicinanza degli occhi bicromatici che la fissavano con le splendenti screziature interne a cancellarne qualsiasi segno di impurità ombrosa, ma quasi avrebbe preferito che le sue dita non fossero state tanto leste ad aggrapparsi alle corde dell’amaca, se la caduta le avesse abbuonato un trauma alla testa con tanto di svenimento immediato. C’era una cosa, del suo legame con Astral, che aveva scoperto di recente: i Numeri custodivano le sue memorie, la sua storia e la sua vita, ma anche quelle capacità tipiche di qualsiasi essere vivente, umano o alieno che fosse, e la tangibilità era la novità del momento.

Toccarsi adesso era possibile, non sempre e non per una durata considerevole, in quanto era un’abilità con cui Astral stava prendendo – o riprendendo – gradualmente dimestichezza. Ma il delicato pigiare del palmo contro il suo dorso che l’aveva colta di sorpresa era incompleta, un’amara sensazione resa ancor più straziante per quell’essere spezzata brutalmente a metà. Non c’era calore, tepore o gelo che permeasse l’intrecciarsi delle loro dita, solo un’altra nota di rammarico a trasparire nel vermiglio che colorava le iridi di Yuna, piegate all’ennesimo riscontro.


- Ti tengo la mano. – Il duellante la riportò a terra con quell’infantilità che ne cancellava momentaneamente le doti di grande stratega - Così so che non andrai via. –
La corvina non resistette e si lasciò andare a una risata divertita - E dove pensi che possa andare a quest’ora della notte? –
- Non lo so, però a volte tu ti allontani ed io non riesco a raggiungerti –, le rispose pensieroso, socchiudendo le palpebre verso il basso.
- Come? – Yuna corrucciò la fronte senza capire – Ma, Astral, io non mi sono mai allontanata da te. Non potrei e ne lo vorrei. –

Ed era vero. L’inscindibilità che li univa si avvalorava di un affetto che impediva alla giovane di andare in qualche posto senza che al collo pendesse il suo ciondolo. Privarsene le avrebbe tolto il sorriso dalle labbra lasciando così sopraffare una tristezza incolmabile.


- Però succede ogni volta che chiudo gli occhi -, replicò lui atono. – Mentre così posso tenerti con me. Ma, se non vuoi… -
- No! – Prima che le falangi allentassero la presa, Yuna lo agguantò con l’altra mano – N-Non è un problema, davvero! E non devi pensare che quello che vedi quando chiudi gli occhi sia reale, lo diventa solo se glielo permetti! – Esclamò veemente – Va bene, dico sul serio! In questo modo…anch’io potrò essere sicura che tu non vada da nessuna parte… –

Dal vetro della finestra cominciò a farsi largo un leggero e sordo picchiettare, di ritmicità crescente che culminò con l’ennesimo fulmine schiantatosi da qualche parte, abbagliando l’attico di squarci di luminosità frastagliata. Le ombre si staccarono dal viso di Yuna per pochi secondi, le labbra strette e le ciglia nere a tremolare per come la chiusura forzata ne strizzasse la pelle delle palpebre. Un attimo sufficiente perché Astral potesse osservare con quanta intensità le sue mani incerottate stringessero la sua, riscontrare una vicinanza mai concessagli che ne fece affondare un battito nel mezzo di una pozza di fondo infinito.

Il corpo umano era sempre stato fonte di continue sorprese nei suoi primi giorni di esplorazione, così visibilmente diverso dal suo: pesante, bisognoso di attenzioni quotidiane e limiti che ne attraevano la curiosità. Poterci stabilire un contatto solido ne aveva aperto le porte su possibilità inimmaginabili, peculiarità capaci di rivisitare la versione del mondo costruita per lasciare così la propria impronta, eppure niente di tutto ciò poteva reggere il confronto con i fremiti ricacciati indietro in un groppo di saliva salitogli in gola troppo in fretta.

Forse era perché ancora non aveva recuperato tutte le sue memorie che si sentiva tanto disorientato nei confronti di quel che rendeva gli esseri umani delle creature tanto complicate, ma aveva sempre sperato che le mani di Yuna fossero calde come il suo cuore, di un’ingenuità contrassegnata dalle lisce cicatrici biancastre accumulatesi sulla pelle per tutte le volte che aveva lottato senza mai indietreggiare. E realizzare l’ingiustizia di tutto quel tempo trascorso, accrebbe il desiderio appena colmato di potersi avvicinare a lei ancora di più, assottigliare le distanze che ancora li separavano e dissolvere un altro po’ di quell’incorporeità che lentamente si stava trasformando in un ostacolo.


- Yuna, ti posso abbracciare? – Una domanda posta a bruciapelo che vide gli occhi di lei strabuzzare all’inverosimile.
- Scusami?!? –
- Voglio abbracciarti -, ripeté lui, candido, credendo che l’amica non avesse capito – E’ una cosa che gli amici fanno per dirsi che si vogliono bene, giusto? Un po’ come i baci. –

Ecco! Ci avrebbe giurato che quella faccenda sarebbe saltata fuori ancora!
Si sarebbe spiaccicata la mano in fronte se soltanto fosse servito a farla svegliare da qualunque cosa stesse sognando – perché non poteva essere reale quello che stava vivendo -, ma opporsi avrebbe significato ingarbugliarsi l’animo in un conflitto ancor più tragico e non c’era possibilità per lei di vincere, con Astral che riusciva sempre a trovare una breccia da cui attingere per costruire la sua contromossa. Finì per annuire senza accorgere, assordata dalla voce della vergogna che mentalmente le dava della stupida mentre il visetto dai lineamenti soffici si rintanava fra le spalle strette.

Al Numero Originale bastò allungare l’altro braccio e stringerne delicatamente la schiena per trarla a sé. La sensazione che ne conseguì, Astral la considerò come l’espansione del già confortante stringerle la mano; fra le dita intrecciate e i palmi a combaciare l’un l’altro si nascondeva una fiammella di rassicurante dolcezza, serenità che aveva sempre e solo assorbito tramite i sorrisi di lei quando lo guardavano con complicità a unirli in un frangente dove tutto si annullava e rimanevano soltanto loro due. Nessuna traccia di umidità da sfiorare con le dita, la prima differenza che riscontrò col nitido ricordo del bacio impressosi nella sua memoria da appena un paio di settimane. Il tatto regnava sovrano sugli altri sensi con dominio incontrastato, esplorava silenzioso e per livelli di profondità differente. I polpastrelli carezzarono il cotone della maglietta di Yuna dove le ciocche composte da fili di seta sfioravano l’incavo del collo scoperto, ricadendo disordinati all’indietro con le sue nocche ad avvertirne la straordinaria leggerezza; il cuore ne udiva i battiti cozzare con i propri, i brividi solleticarne la trasparenza senza per questo intimorirlo, ma era da quel tepore avvolgente scattato nel stringerla  sé, che nacque l’inaspettato, una constatazione apparentemente priva di importanza.

Yuna era davvero minuscola. Averne fra le mani l’esilità fisica che non ne nascondeva la piacevole morbidezza ne mosse la mano ad accarezzarne la nuca come se quella gestualità scaturita dal profondo di sé lo stesse guidando con l’inconscio dovere di proteggerla da un pericolo invisibile, le parti invertite in un gioco sempre più pericoloso per la sua incolumità.


- Yuna. –

L’intensità della pioggia si levò alta attorno a loro, Le ombre dai riflessi bluastri lasciavano intravvedere il liquido ondeggiare riflesso nel vetro, frastagliato da sottili scie che si disperdevano in direzioni differenti. Pur impuntandosi ad ascoltare quel finissimo suono, il suo nome pronunciato da lui l’avrebbe strappata da qualsiasi dimensione onirica e irreale dentro cui fosse andata a incastrarsi, squarciandone i teli d’aria opaca per rivelarle un azzurro sfumato che ormai preferiva a qualsiasi altro colore favorito.

- Che…Che c’è adesso, Astral? – Non le farebbe mai del male, non si sarebbe mai permesso di fare qualcosa che possa ferirla. L’unica ragione per cui la sua fronte, nel sollevarsi appena, ne solleticò il mento con sfioramento accennato.
- Posso darti un bacio? –
- E questa come accidenti ti è uscita?!? – Fu una fortuna che in quel momento un fulmine fosse risuonato in cielo e avesse coperto lo stridere delle corde vocali. Yuna quasi ci si era strozzata.
- Non lo so, però voglio farlo. Sulle labbra. E’ normale? –
- Normale… - Lo era davvero? A esserlo, niente di tutto ciò l’avrebbe sconvolta a tal punto da vedere il suo cervello incepparsi come un disco rotto su quella parola che cominciò a far vorticare l’attico con tutti gli artefatti ad allungarsi.
- E comunque, penso che tu ne abbia bisogno. –, constatò Astral.
- Cosa…Dove…Perché? – In che senso ne aveva bisogno?
- I baci sono come una medicina, sei stata tu a spiegarmelo. – Certo che era stata lei ad averglielo spiegato e con tanto di dimostrazione pratica estorta! - Scacciano  tutti i mali e fanno sentire le persone meglio. E’ evidente che non stai bene. Il tuo battito cardiaco… - Le orecchie le fumarono di vapore ustionante al sentire il viso di Astral accostarsi al suo petto - E’ troppo accelerato. E il tuo viso… - Il Numero Originale passò ad accarezzarle le guance con entrambe le mani – E’ rossissimo. Credo che...Yuna? Yuna, è tutto a posto? Yuna? –

Aveva smesso di connettere, di provarci con disperazione finché il nero non era calato su di lei lasciando così Astral a domandarsi se lo stesse ignorando o se, per la troppa stanchezza, si fosse addormentata di colpo. La sola cosa che riuscì a svegliarla fu l’urlo disumano della sua Onee-san che la minacciava di bruciarle il deck, se non si fosse precipitata a scuola prima che i cancelli si chiudessero.
 


Note di fine capitolo.
Penso sia ufficiale: io, i finali comici, non li so fare o almeno non li so rendere tali come vorrei. Mi sa tanto di essere più portata per le tragedie e i momenti angosciosi, li credo di poter dare il meglio mostrando il peggio – se mai questa cosa abbia senso. Allora, sono di nuovo qui: l’idea iniziale era di fare un capitolo unico con tanti piccoli momenti sulla Keyshipping, ma essendo io lunga e non avendo molta voglia di iniziare una raccolta, ho deciso che pubblicherò one-shot – che poi se riesco, unirò in serie adeguate. So di aver detto che avrei provato a scrivere qualcosa su coppie nuove e lo farò, ma quando l’ispirazione mi prende non riesco a scrivere qualcosa di diverso da quello che penso (e infatti, la prossima, sicuramente, se non mi distraggo, in un futuro remoto, sarà una Sharkbaitting, sempre gender-bender). Per chiunque si chiedesse cosa sia l’Ora dei Quesiti o la questione dei baci più volte menzionate, legga il primo capitolo di Bonds, nella mia galleria. Sperando che non ci siano errori, auguro a tutti voi un Buon Natale, Santo Stefano e Capodanno!

 
  
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