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Autore: Laylath    16/12/2014    3 recensioni
(spin off di Un anno per crescere)
Le loro vite sembravano così tranquille e delineate, i piccoli grandi problemi dell'adolescenza che si accompagnavano al clima tiepido di quella fine d'estate. Rientrando a scuola nessuno pensava che i loro destini si sarebbero intrecciati in maniera indissolubile e che gioie e dolori li avrebbero accompagnati nel difficile percorso della vita.
E dopo i Falman ecco le vicende dei genitori di Kain e di quelli di Heymans.
Genere: Introspettivo, Sentimentale, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Heymas Breda, Jean Havoc, Kain Fury, Nuovo personaggio
Note: AU | Avvertimenti: Tematiche delicate
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- Questa storia fa parte della serie 'Un anno per crescere'
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Epilogo

1896. Promesse di nuovi inizi

 

 Laura venne svegliata dalla debole luce del mattino che filtrava dalle tende chiuse.
Immediatamente girò la testa e richiuse gli occhi, credendo di avere a disposizione ancora un’oretta buona di sonno, ma poi si ricordò che era il 1 settembre e che dunque i ragazzi cominciavano la scuola.
Con un sospiro si mise a sedere sul letto, districando le gambe dal lenzuolo che durante la notte si era avvoltolato. Si riassettò lievemente i morbidi capelli rossi con la mano, mentre gli occhi grigi, ancora mezzo chiusi per il sonno, andavano a sbirciare la sagoma addormentata accanto a lei.
Ormai c’era una netta separazione con Gregor: era come se a metà del letto ci fosse un muro invisibile che gli impediva di raggiungerla. E, se doveva essere sincera, era molto felice della presenza di quel muro.
Ecco, ci risiamo… un’altra stupida sveglia passata a rimuginare su queste cose.
Ogni tanto succedeva e sapeva bene che, nel mese di settembre, avveniva con più frequenza, così come a dicembre. Probabilmente perché erano i periodi in cui erano successi gli episodi più brutti della sua vita: la morte di Henry e quel ballo del 1 dicembre che aveva segnato l’inizio della sua rovina. Anche se, tuttavia, per questo secondo episodio preferiva sempre ricollegarsi alla nascita di Heymans, un motivo di estrema gioia che aveva la capacità di tirarla su di morale.
Tuttavia, guardando Gregor che russava lievemente con il viso rivolto verso di lei, Laura si chiese come c’era potuta essere tanta intimità tra di loro. Erano ormai quattordici anni che erano sposati, ma era abbastanza sicura che fossero almeno sette anni buoni che non avevano più alcun tipo di rapporto matrimoniale. Ogni tanto, nella sua mente, cercava di richiamare i ricordi di quell’apparenza di vita felice che avevano avuto nei primi anni, ma ripensare a lei che traeva godimento per merito di quell’uomo la faceva sentire inevitabilmente sporca.
Il tuo matrimonio è finito circa un anno dopo la nascita di Henry, è chiaro… ma diciamo pure la verità, Laura Hevans, non è mai iniziato.
Perché un marito non deve diventare una prigione, non deve tenere moglie e figli in uno stato di ansia perpetua, nell’attesa che succeda una tragedia. Perché Laura lo sapeva, era solo questione di tempo… tempo che sperava non arrivasse mai, che si portasse avanti ancora un mese, una settimana, un giorno. Di lei ormai non le importava più di tanto, ma voleva che ai ragazzi venisse risparmiato almeno questo.
Scuotendo il capo davanti all’idea della sua famiglia allo sfascio, si alzò finalmente dal letto e uscì dalla camera matrimoniale, sentendosi leggermente sollevata quando, chiudendo la porta, non sentì più il russare di suo marito. Ieri aveva bevuto parecchio ed era tornato tardi: avrebbe dormito per ore ed ore e questo le concedeva una mattinata relativamente tranquilla.
Stava per scendere al piano di sotto per iniziare a preparare in cucina, quando, spinta dall’impulso, si avvolse meglio nella leggera vestaglia verde ed andò in camera di Henry.
Alla luce soffusa che penetrava dalle tende, vide che il bambino era ancora beatamente nel mondo dei sogni, prono e con le braccia spalancate sul cuscino. Sedendosi sul bordo del letto, gli accarezzò la chioma rosso cupo, notando come i capelli, sebbene corti, fossero lievemente mossi come i suoi.
Henry era proprio la sua versione maschile, non c’erano dubbi.
Vedendolo così sereno Laura serrò gli occhi e desiderò con tutto il cuore trovare un modo per liberarlo dall’influenza di Gregor. Era per colpa di quell’uomo che suo figlio si comportava in maniera così stupida: a fine anno scolastico aveva persino rubato la bandiera della scuola per una di quelle dimostrazioni di coraggio che faceva con i suoi amici. Era stato sospeso in quinta elementare… ed invece di ricevere dei rimproveri, aveva avuto solo complimenti da parte del genitore. E quando lei aveva cercato di obbiettare, era stato come far risvegliare una bestia.
No, purtroppo Henry era sotto il controllo di Gregor e per quanto cercasse di liberarlo non c’era alcuna possibilità. Ed era certa che  in fondo il bambino subisse la personalità del padre, piuttosto che esserne veramente attratto. Laura era certa di vedere il suo sguardo spaventato in diverse occasioni, come se fosse perfettamente consapevole di essere quasi un ostaggio di quell’uomo così malato.
“Amore, ti giuro che la mamma non permetterà che ti succeda niente – sussurrò, baciandolo sui capelli – ti proteggerà con tutte le sue forze.”
Dannazione, vorrei darti una figura su cui fare affidamento, una che ti liberi da tutto questo… non puoi andare avanti in questo modo Henry, non…
I suoi pensieri vennero interrotti da un lieve rumore nel corridoio. Per un tremendo secondo pensò che si trattasse di Gregor, ma poi si tranquillizzò nel sentire i discreti passi che provenivano dalla parte opposta rispetto alla camera matrimoniale.
Rimboccando il lenzuolo sopra la sagoma del bambino, Laura uscì discretamente dalla stanza  giusto in tempo per intercettare il figlio maggiore che stava per scendere le scale.
“Credevo fossi già in cucina – sorrise Heymans, già la tracolla in mano – o forse ti sei dimenticata che oggi iniziano le scuole?”
“Non me ne sono dimenticata, Heymans Breda – rispose al sorriso, mentre scendevano assieme le scale – stavo solo controllando che tuo fratello dormisse, tutto qui. Sono più che sveglia e pronta a farti la colazione, per chi mi hai preso?”
Arrivati in cucina l’atmosfera si distese del tutto: eccolo il loro angolo di serenità, quel momento meraviglioso che riuscivano a ritagliare solo per loro. Era il momento in cui a Laura piaceva fingere che fossero una famiglia perfetta e che tutto andasse bene: assieme al figlio maggiore si poteva permettere di cadere in questa piccola illusione per almeno una mezz’ora ogni mattina.
Oh, ma del resto lui è perfetto – pensò mentre metteva a scaldare il latte e lo osservava prendere le stoviglie per apparecchiare – è forse il mio miracolo più bello.
Perché nonostante l’infanzia che aveva vissuto, con un padre che non lo considerava ed un paese intero che non lo vedeva di buon occhio, Heymans era sbocciato in un adolescente così buono e perfetto che a volte a Laura sembrava impossibile, anche se a volte si diceva che era solo il cuore di madre che parlava in questo modo.
Vedeva tantissimo dello zio in lui, ogni anno che passava: per quanto, probabilmente, tutti gli altri vedessero solo la somiglianza con il padre, ed era innegabile che fisicamente Heymans fosse una piccola copia di Gregor, lei notava invece come la voce stesse diventando come quella di Henry, come il carattere si stesse piano piano sgrezzando mostrando tratti molto simili a quelli dello zio.
“Perché mi guardi così?” le chiese il ragazzo con un sorriso… identico ad Henry.
“Non posso? Comunque consideravo quanto sei bello, amore, tutto qui.”
“Bello io, andiamo, mamma! – arrossì lui finendo di apparecchiare la tavola – non prendermi in giro.”
“Sì che lo sei – sorrise avvicinandosi e accarezzandogli la cresta rossiccia – non hai idea di quanto mi ricordi una persona.”
Heymans la guardò con curiosità, inclinando la testa di lato: sapevano entrambi che non si stava riferendo a Gregor e dunque stava andando a riflette su chi potesse essere. E Laura si chiese quando sarebbe arrivato il giorno in cui gli avrebbe dovuto raccontare tutta la verità. Ma almeno sarebbe stata felice di potergli finalmente parlare di Henry, di far scoprire a quel ragazzo che non tutta la sua famiglia era marcia come ormai credeva.
Sì, ormai lo sai che i tuoi nonni non sono stati felici del mio matrimonio, anche se non immagini quanto profonda sia stata la loro crudeltà, ma ti assicuro che c’è stata una persona che è sempre stata diversa da loro, in tutto e per tutto… e tu gli assomigli così tanto.
“Chissà di che umore sarà Jean – si chiese il giovane, spezzando quel silenzio imbarazzato – i rientri a scuola sono sempre dei traumi per lui.”
“Sono sicuro che sarà comunque felice di riprendere la routine di vedervi ogni giorno.” sorrise Laura mentre si sedevano a tavola.
“Come se non ci fossimo visti ogni giorno per tutta l’estate!”
E ridendo sommessamente si godettero quei momenti di pace assoluta tra di loro, lasciando perdere i rimpianti, le paure, le ansie. Volevano solo stare tranquilli e godersi quell’angolo di quiete domestica.
 
Nello stesso istante, una Ellie dall’espressione impassibile fissava con severità Kain che scendeva le scale con diverse scatoline bucherellate tra le mani. Quando il bambino arrivò all’ultimo scalino, istintivamente fece un passo indietro per allontanarsi, a titolo cautelativo, dalla fauna che stava dentro quei contenitori.
Cavallette, lucertole, cicale… persino degli scarafaggi!
“Forza, portali fuori… ed esci fuori dal cortile prima di liberarli!”
Kain la fissò con espressione mogia, cercando di impietosirla e poter tenere almeno per qualche altro giorno i suoi amici del regno animale. Ma un’occhiataccia di Ellie lo ridusse a più miti consigli e con un sospiro andò alla porta di casa che suo padre gli stava tenendo aperta.
Come il bambino fu sparito dalla visuale, Ellie sbuffò mentre Andrew si concesse una risatina divertita.
“Davvero divertente – commentò lei fissandolo con il broncio – a me scende un mezzo infarto quando una cavalletta praticamente mi salta addosso, e tu ci ridi sopra.”
“Veramente ridevo per l’espressione di nostro figlio, cara – mentì Andrew, ricordando la visione di Ellie che saltava come impazzita per la stanza di Kain con il bambino che cercava di recuperare l’insetto fuggito – non potrei mai ridere di te…”
“Andrew Fury! – sbottò, andandogli accanto e dandogli un lieve colpo di canovaccio sulla gamba – Sei su di giri da quando se ne sono andati i miei la settimana scorsa.”
Andrew fece finta di niente, ma non poteva negare che fosse vero. Quando finalmente il treno era ripartito avrebbe volentieri stappato una bottiglia di vino per festeggiare.
Tre dannate settimane con quell’uomo a marcarmi stretto! Ventuno giorni di continui insulti e vessazioni… e mi chiedi se sono su di giri? Certo che lo sono! Mi odia ed io odio lui con tutte le mie forze!
Ovviamente non era vero, ma era chiaro che Andrew non avrebbe mai trovato un punto d’incontro con suo suocero e l’elevato numero di scappellotti che aveva ricevuto, persino in presenza di Kain, non faceva che confermare quello che ormai era un dato di fatto. Nemmeno la lontananza aveva ammorbidito Nicholas Lyod, tutt’altro. Ma almeno era un supplizio durato solo tre settimane.
“Liberati tutti, mamma – annunciò Kain, tornando con le scatole ormai vuote – come mi hai detto tu.”
“Molto bene – annuì Ellie, riprendendo l’aria da sgridata – allora riporta su quei contenitori e prendi la tua roba: si sta facendo tardi per andare a scuola… e che non trovi più insetti o simili in camera tua, sia chiaro!”
“Va bene…”
“Beh, dopo la sculacciata che gli hai dato stamane direi che per un paio di giorni eviterà di portarne altri – considerò Andrew – ma non penso che desisterà. La natura lo interessa troppo, sebbene non quanto la sua amata elettronica.”
“Ogni volta che entro in camera sua mi vengono i capelli dritti!”
“Posso scioglierti la treccia per controllare?” chiese lui con aria maliziosa.
“E dai, smettila – ridacchiò Ellie, mentre veniva presa per la vita e baciata sulla punta del naso – dai che ora torna Kain e se ci vede così tutta la sgridata non avrà senso.”
“Stasera ti imprigiono a letto, Ellie Lyod – le sussurrò Andrew all’orecchio, baciandola con sensualità sul lobo – non pensare di scampartela…”
“E chi vuole scamparsela…” sussurrò lei di rimando, inebriata all’idea.
“Papà, io sono pronto – esclamò Kain, scendendo le scale e facendoli sobbalzare colpevolmente – possiamo andare.”
“Perfetto – annuì Andrew – allora ci vediamo a pranzo, meraviglia.”
“A dopo, caro. – lo baciò sulle labbra Ellie. Poi squadrò Kain che si era accostato a lei con aria implorante – Beh, e tu che vorresti?”
“Un bacio pure io.”
“Dopo che mi hai portato tutti quegli insetti in camera nonostante il divieto?”
“Scusami, mamma – la abbracciò il bambino – ti prometto che non succederà più.”
“Certo, come no – sospirò Ellie, prendendolo in braccio ed elargendo il bacio richiesto – lasciamo stare che è meglio. Il mio pulcino… in prima media, ancora non ci credo. E tra otto giorni compi undici anni.”
“Verranno i nonni alla festa, vero papà?”
“Certamente, come potrebbero mancare – annuì Andrew – allora ci muoviamo? Non vorremo fare tardi il tuo primo giorno di scuola media.”
Ellie rimase sulla soglia di casa ad osservare padre e figlio che scendevano assieme verso il paese.
Aveva un sacco di cose da fare quel giorno e una festa da organizzare per la settimana successiva, eppure si concesse di andare a sedersi sul basso muretto di pietra che delimitava il cortile. La visita recente dei suoi genitori l’aveva riempita di gioia, ma era stata anche un’occasione per riflettere su quanto erano cambiate le cose in quegli anni.
Dodici anni che siamo sposati… quasi undici che siamo genitori.
A volte le sembrava un’eternità di cui non si sarebbe mai stancata, altre volte, come quella mattina, si sentiva una novella sposa, smaniosa dell’arrivo della notte per poter fare l’amore con suo marito. Eppure ne era passata di acqua sotto i ponti da quando lei ed Andrew non perdevano occasione per rotolarsi tra le coperte.
Beh, certo che con un bimbo in casa bisogna essere più discreti.
Già, il suo piccolo Kain. Così speciale, incredibile… vederlo scendere le scale ogni mattina era qualcosa che non avrebbe mai smesso di farle battere il cuore più forte del previsto. Era così sano e bello da mozzarle il fiato.
Istintivamente si portò la mano al ventre: dalla sua nascita erano passati quasi undici anni nel corso dei quali aveva avuto tre aborti. L’ultimo risaliva a quell’inizio primavera e, ovviamente, non aveva detto niente ad Andrew. Ogni volta credeva di essere rassegnata, ma poi arrivavano quei ritardi che le riaccendevano sempre le speranze… ma erano solo, appunto, speranze. Non era mai arrivata al secondo mese di gestazione.
Oh, smettila, Ellie… gli avevano dato poche ore di vita, di che ti lamenti? La vita è stata dura, ma non ti ha portato via Kain e questo è l’importante. Lui ed Andrew sono sempre con me.
“Basta con queste sciocchezze – si disse alzandosi in piedi – ho oziato anche troppo.”
Stava per rientrare in casa quando vide che la pianta di gelsomini era in piena fioritura. Con un sorriso recuperò le forbici da giardinaggio che stavano lì vicino e ne tagliò diversi fiori, respirandone il profumo.
Era così bella la vita quella mattina.
 
“Non porterò più insetti in casa, promesso!” dichiarò Kain, mentre lui ed Andrew proseguivano la loro passeggiata verso il paese.
“L’hai promesso anche l’ultima volta – lo prese in giro il padre, arruffandogli i capelli – ma ci caschi sempre. Cerca solo di non far scendere un infarto a tua madre ogni volta.”
“Senti, papà, perché non ci prendiamo un cagn…”
“Ti blocco subito – scosse il capo Andrew – sai bene quali sono le regole: niente animali in casa, quegli insetti sono già un’eccezione.”
Il bambino fece un breve lamento, mettendo il broncio e fissando il sentiero. Già da diversi anni aveva chiesto più volte un animaletto, ma lui ed Ellie non credevano fosse il caso.
Eppure, ad essere sinceri, quando aveva l’età di Kain, Andrew aveva un cane. A dire il vero era il cane di famiglia, il grosso e mansueto Lampo, ma ovviamente era lui a giocarci e ad usarlo come cuscino quando si sdraiava accanto al caminetto. Effettivamente tra lui ed Ellie era lui quello più propenso a cedere in questa determinata questione. Ma era una cosa per cui Kain non era ancora pronto ed Ellie era particolarmente irremovibile sotto quel punto di vista.
“Eccoci arrivati, ometto – disse, vedendo la scuola comparire davanti a loro – allora ci separiamo qui.”
“Buona giornata di lavoro, papà – salutò Kain, abbracciandolo – ti prometto che quest’anno sarà un nuovo inizio.”
“Me lo auguro proprio – annuì Andrew, abbracciandolo e sperando con sincerità che fosse vero – buona giornata a scuola, figlio mio. Fatti onore.”
Vedendo il bambino che correva verso il cortile pieno di ragazzi, Andrew sospirò.
Chissà forse le scuole medie avrebbero dato davvero una svolta alle difficoltà relazionali di Kain.
Stava per procedere verso il paese, quando da un altro sentiero vide arrivare un terzetto di ragazzi: una bimba dalle trecce bionde che saltellava felice, un ragazzo alto, biondo e muscoloso, con un broncio degno di miglior causa e…
Come sei cresciuto Heymans.
Ad Andrew si fermò il cuore nel vedere quel ragazzo così grande che sorrideva alla bambina bionda e le prendeva la mano. Per un istante ebbe un flash della sua infanzia e vide Henry fare il medesimo gesto con una piccola Laura.
Scosse il capo con violenza, mentre il trio arrivava al cortile della scuola e si confondeva con gli altri ragazzi.
A volte la mente poteva giocare davvero strani scherzi.
 
Laura quella mattina aveva deciso di uscire.
Non per spesa o commissioni, semplicemente per un’improvvisa e pressante esigenza di andare via almeno per qualche tempo da quella casa. Adesso che sia Henry che Heymans erano a scuola la sentiva incredibilmente vuota e allo stesso tempo piena della presenza di Gregor e questo non lo poteva sopportare.
Tenendosi le braccia strette al corpo, quasi a proteggersi da un freddo inesistente per quella bella mattinata di settembre, i suoi passi irrequieti la portarono alla fine del paese.
Quello era il confine oltre il quale non si poteva spingere. Quando Andrew tornava dall’Università non le era consentito andare a prenderlo alla stazione, ma doveva aspettare lì, quasi ci fosse una linea invisibile che le impediva di andare avanti.
E quella linea era ancora lì, solo che le impediva di vivere la sua vita.
Vedendo quel sentiero che si perdeva nella campagna lussureggiante, Laura sentì l’impulso di correre, arrivare in stazione, salire sul treno ed andare da qualsiasi altra parte che non fosse il paese. Dove nessuno la conosceva, dove avrebbe potuto ricominciare dall’inizio… ma per quanto quel desiderio fosse insistente come quando era una ragazzina, adesso c’erano tremende catene a tenerla ulteriormente ancorata a quel posto. E due erano le più belle e dolci del mondo… quelle avrebbe voluto prenderle e portarle con sé.
“Ehi – una mano le si posò sulla spalla – ciao, follettino.”
“Ciao…” nemmeno si girò. Chissà perché aveva previsto che l’avrebbe raggiunta lì.
Arrivava sempre nei momenti peggiori, come se avesse un sesto senso che lo avvisava quando aveva maggior bisogno di lui. Dopotutto, non le aveva promesso di esserci sempre?
“Aspetti qualcuno?” chiese Andrew, mettendo le mani dietro la schiena e fissandola con curiosità.
“Nessuno di speciale… anni fa attendevo un ragazzo che tornava dall’università, ma forse lo conosci.”
“Probabilmente. Ora che mi ci fai pensare si chiama come me…”
“Un nuovo inizio… forse è questo che attendo. Ma pare che sia un treno destinato a non arrivare mai.”
Le braccia dell’uomo la cinsero con dolcezza e lei non si oppose.
Ecco un’altra catena che la teneva legata a quel posto: ma questa era una di quelle belle, una per la quale era felice di restare e di essere lì.
“Quest’anno sarà un nuovo inizio.”
“Che?”
“Me l’ha detto Kain dieci minuti fa, poco prima di entrare a scuola. Se può esserlo per lui, perché non per te?”
“Oh, Andy – sorrise tristemente lei – mio dolce e caro Andy. Non so come avrei fatto senza di te… persino adesso riesci a farmi sperare ancora.”
“E’ un bellissimo primo settembre, non credi? – commentò Andrew, fissando come lei il sentiero che portava alla stazione – non credo che in nessun altra parte del mondo sia così.”
“Se la metti in questo modo allora vale la pena restare, vero?” capì Laura, guardandolo con malizia.
“Direi proprio di sì, folletto mio. Non hai bisogno di un treno, fidati di me.”
“No, hai ragione… oggi no. Oggi voglio credere che quest’anno sarà un nuovo inizio per me e per i ragazzi.”
“Ehi, guarda che l’ha detto mio figlio – scherzò Andrew – è una fonte degna di essere ascoltata.”
“La parola di un Fury vale più di quanto tu creda, Andy – sorrise la donna, mentre si riavviavano verso il paese – e non sono stata io a dire questa frase…”
E chiacchierando serenamente si avviarono verso il paese, volendo credere fermamente a quelle parole che promettevano un nuovo inizio.
Con una così bella giornata, in quel piccolo angolo di mondo, era quasi vietato esser senza speranza.




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nda.
Ebbene sì siamo arrivati anche alla fine di questo spin off, fortunatamente prima della pausa natalizia. Mi avrebbe fatto troppa rabbia lasciare in sospeso solo l'epilogo.
E' stato più lungo del previsto, lo so, ma obbligatoriamente dovevo partire dall'adolescenza di Ellie, Andrew e Laura per spiegare tutte le dinamiche che li legavano. E poi, dopo la nascita di Heymans ed il matrimonio di Andrew ed Ellie le vicende hanno preso due sentieri paralleli tanto che molto spesso ero obbligata a dedicare dei capitoli solo ed esclusivamente ad una famiglia.
Effettivamente è venuto uno spin off che è praticamente il doppio di quello dei Falman, ma si sapeva da principio che queste vicende erano molto più complesse. 
Alla fine ne sono discretamente soddisfatta: certo alcuni argomenti li avrei potuti trattare meglio ma c'erano veramente troppe cose da dire. Ho cercato soprattutto di rendere più fisica la presenza di Gregor che nell'opera principale è quasi sempre una minaccia invisibile o poco presente. E poi ho inserito ex novo la figura di Henry, una cosa che mi ha fatto enormemente piacere e di cui sono molto soddisfatta.
Alla fine Ellie è stata coinvolta più del previsto nelle vicende di Laura, ma effettivamente nell'opera principale il loro legame è davvero forte e dunque andava in qualche modo giustificato. Proprio per quanto riguarda Ellie sono abbastanza soddisfatta di come ho fatto comportare lei ed Andrew nella fase pre-matrimonio... speravo sempre di non sconfinare nella pedofilia, avevo proprio gli stessi dubbi di Andrew, ma suvvia ce l'abbiamo fatta!

Bene, non mi resta che augurarvi buone vacanze (praticamente da domani mattina non ci sono e mi connetterò poche volte fino all'8 gennaio) e ci vediamo l'anno prossimo con lo spin off degli Havoc :)

Grazie per aver seguito anche questa fic ^^

 
  
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